venerdì 28 settembre 2012


THE KINKS     AT BBC        

Nulla è mai stato così completo riguardo alle registrazioni della BBC  come questo The Kinks at the BBC. Questo box di sei dischi, cinque CD ed un DVD, esplicita il matrimonio tra due grandi istituzioni inglesi: i Kinks e la BBC. Per la prima volta vengono rese disponibili tutte le registrazioni avvenute negli studi e nei teatri della BBC sia per quanto riguarda il materiale radiofonico che televisivo. Il sesto disco del box set è difatti uno splendido DVD di eccellente qualità audio e video che per oltre tre ore e mezzo testimonia a livello visivo l'iter del gruppo, dalle prime innocenti apparizioni in bianco e nero degli anni 60 con You Really Got Me, una esaltante e negroide Got Love If You Want It capace di dare punti agli stessi Rolling Stones sul terreno del R&B, con l'immancabile e amatissima Sunny Afternoon e gli altri hit dell'era, e poi degli anni 70, tra cui lo splendido quadretto country di Have A Cuppa Tea, all'unico episodio degli "infamanti" anni ottanta con i Kinks glamour di  Come Dancing a Top of the Pops fino ai più anonimi anni 90 con Over The Edge, Informer e Scattered. Un DVD esauriente delle loro trasformazioni anche a livello di look, dagli imbarazzanti capelli a caschetto dei sixties a certe coraggiose cotonature anni settanta, dalle camicie color pastello di Ray Davies con tanto di farfallino rosa incorporato al dandysmo glam di Dave Davies  (che canta Death of the Clown) alla trasandatezza hippie dei primi settanta fino ai colori sgargianti e alle giacche di taglio largo degli anni ottanta. Ma le vere chicche del DVD sono gli estratti degli show dal vivo fatti per la BBC al Rainbow nel 1972 dove i Kinks con capelli lunghi, barbe, pantaloni a zampa sono a proprio agio nel regno rock creato da Stones, Who, Faces, Led Zep ma a contrario di questi propongono un concerto che è una specie di  teatrale cabaret rock senza la aggressività elettrica dei loro colleghi. Un concerto del 1973 porta invece in scena i Kinks dell'epoca Everybody's In Showbiz-Preservation Act dove il gruppo fa uso di una sezione di fiati mentre due altri show, The Old Grey Whistle Test e The Kinks Christmas Album entrambi del 1977 offrono un Ray Davies quasi cantautorale, a proprio agio con le ballate (incommensurabili Sleepwalker e Celluloid Heroes)e con la chitarra acustica senza per questo dimenticarsi dei graffi hard-rock di You Really Got Me e All The Day and All The Night. Siparietti all'interno dei due show trattano della virata working-class country di Muswell Hillbillies e del teatrino trash di Schoolboys In Disgrace con le coriste abbigliate da insegnanti sexy con tacchi a spillo e giarrettiere e Ray Davies con maschera nei panni dell'arrogante capitalista Mr.Flash.  Un DVD stellare che mostra reperti e concerti inediti.
La parte audio è costituita da cinque CD, il primo ed il secondo di rispettivamente 37 e 28 tracce recuperate dalle varie trasmissioni radio della BBC,  dal Saturday Club, da Top Gear, Symonds on Sunday, Dave Lee Travis Show e John Peel Show raccontano l'evoluzione del gruppo dal rauco proto punk degli inizi agli schizzi sociali e satirici del loro pop colto e adulto, in primo piano la  maturazione del songwriting di Ray Davies. In questi due CD c'è tutto il meglio dei Kinks fino al 1972 compreso quell'  Acute Schizophrenia Paranoia Blues (Muswell Hillbillies) che rimane uno dei loro migliori episodi blues.
Il terzo e quarto CD testimoniano dei Kinks anni settanta  quando gli hit si fecero più rari ma il loro culto rimase inattaccato. Le registrazioni arrivano dai vari John Peel Show, The Johnny Walker Show e Dave Lee Travis Show, da un concerto tenuto nel 1974 e dal The Old Grey Whistle Tour del 1977 già documentato dal DVD. Il materiale ha il pregio di evidenziare la vitalità di una band che seppe trasformarsi senza perdere quella eccentricità e quella fantasia che la rendevano unica nel panorama del pop inglese, anche con una montante indifferenza da parte del pubblico che in quegli anni chiedeva gesti ben più spettacolari e altisonanti come quelli offerti da Led Zeppelin e Who.
Se gli anni ottanta  sono rappresentati solo nel DVD con la marginale esibizione di Come Dancing a Top of the Pops, gli anni novanta occupano una parte del quarto CD e del quinto CD con l'ultima apparizione per la BBC in ordine di tempo nel 1994. Dal Johnny Walker Show arrivano la sottovalutata Phobia ed una magistrale ballata hard-rock da far impallidire i Metallica, Wall Of Fire oltre al famigerato rock n'roll di Till The End Of The Day, dall'Emma Freud Show una dolcissima Waterloo Sunset solo acustica ed una muscolosa I'm Not Like Everybody Else dimostrazione della doppia anima della band.
Completano il quinto disco una serie di fuori onda degli anni sessanta con una qualità audio decisamente inferiore al resto del materiale, eccellente in ogni sua parte.
Il progetto di raccogliere e rimasterizzare l'intero patrimonio BBC dei Kinks lo si deve a Andrew Sandoval, un'opera brillantemente "impacchettata" con un formato libro vintage in stile radio days, commentata dalle note dal giornalista Peter Doggett e arricchita da fotografie proveniente dagli archivi più esclusivi. The Kinks at the BBC è un monumento al genio di Ray Davies e ad una delle più grandi band della storia del rock inglese.  

  MAURO ZAMBELLINI   

sabato 22 settembre 2012

Woody Guthrieʹs Night - concerto per il centenario 1912-2012 -
HARD TRAVELIN'

WOODY GUTHRIE'S NIGHT   LEONCAVALLO   21 SETTEMBRE  2012
Lo vedi lì magro, ossuto, fragile con la chitarra con su  scritto "questa macchina uccide i fascisti" e pensi sia solo uno di quegli altri disperati magari anche comunisti che lui cantava, uno di loro, di quelli che fuggivano le tempeste di polvere dell'Oklahoma e del midwest per andare a cercare la terra promessa nell'ovest, in California, la terra del lavoro e del sogno americano.

Più tardi arriva a New York e la definisce "una città di poliziotti, predicatori e schiavi"  dove se Gesù predicasse ancora come faceva in Galilea, lo inchioderebbero di nuovo sulla croce. Testimonia la rinascita economico che il new deal porta nel depresso nord-ovest e scrive la sua canzone più famosa This Land Is Your Land che ancora adesso tanti americani credono sia una canzone patriottica. Vive le speranze antifasciste della seconda guerra mondiale, compone canzoni sulla storia del movimento operaio americano, canzoni per i bambini, canzoni sulla amata Ingrid Bergman perché  Guthrie non era un santo e nemmeno un eroe, gli piacevano le donne e il cinema, Stalin e il vino, era guascone e aveva un caratteraccio.  Vive gli ultimi anni alle prese con una terribile malattia del sistema nervoso, la chorea di Huntington che lo costringe infermo a letto in una clinica ma ancora lucido. Sentendo le sue canzoni ci si accorge che l'America di allora è ancora così adesso ed è forse la ragione perché ci sono stati così tanti Woody's children, figli di Guthrie, a cominciare da quel tipetto arrivato dal Minnesota a trovarlo quando già era ammalato in clinica. Scrisse per lui Woody's Song si chiamava Bob Dylan anzi Robert Zimmermann e trovò nella musica di Guthrie un linguaggio semplice e diretto per parlare della dignità dell'essere umano, la cosa più grande della vita come diceva sempre Woody. Poi arrivarono tanti altri, Phil Ochs, Billy Bragg, Bruce Springsteen, Steve Earle, John Mellencamp, Ani Di Franco, Utah Phillips, qualcuno noto altri sconosciuti, tutti a cantare una musica che potesse migliorare la vita e gli esseri umani.
Cantare le sue canzoni senza dimenticare le sue ragioni questo è il messaggio che ha lasciato Woody Guthrie e Veronica Sbergia (ukulele, autoharp,voce), Max DeBernardi (chitarre e voce), Massimo Gatti (mandolino) e Dario Polerani (contrabbasso) hanno ricordato attraverso un concerto imperniato sulle sue canzoni, un set toccante e coinvolgente dove il materiale di Guthrie è stato interpretato con spigliatezza e freschezza nonché  con l'usuale bravura tecnica del quartetto. Il feeling, le voci e gli strumenti hanno contagiato il centinaio e più di presenti, trasformando il Leonka in un club dell'East Village. Suoni cristallini, impasti  vocali magnifici, l'atmosfera pura del folk senza le pesantezze del rigore a tutti i costi, anzi il brio e l'ironia che anche Guthrie metteva nella sua musica e che Max, Veronica, Massimo e Dario hanno riversato nelle loro interpretazioni. La Woody Guthrie's Night di venerdì 21 settembre al Leoncavallo,  un appuntamento snobbato da molti addetti ai lavori che si precipitano non appena è di scena l'ultimo degli sfigati d'oltreoceano ma non si accorgono che alle nostre latitudini c'è chi interpreta la roots music ad un livello eccellente, è stato il modo migliore per ricordare e far conoscere uno dei più grandi poeti della musica popolare americana. Sono cento anni che Woody Guthrie è nato ma la sua musica non ne risente, i quattro hanno fatto vivere lo spirito e le ragioni della sua musica offrendo una versione musicale ricca, suggestiva, colorata anche quando era la polvere la protagonista delle storie, supportati dalle immagini che scorrevano alle loro spalle, dalle eloquenti letture di  Michele Buzzi che con dei flash approfonditi ha commentato l'opera di Guthrie e dalla recitazione dei testi delle canzoni da parte del Gruppo Teatrale Leoncavallo.
Una serata assolutamente fuori del comune, uno spettacolo che, si spera, possa avere delle repliche.

 

mercoledì 12 settembre 2012

Chris Robinson Brotherhood



Prima o poi sarebbero  arrivati i dischi giusti per Chris Robinson dopo  i due tentativi di New Earth Mud e This Magnificent Distance. Ha dovuto fare il rituale della grande luna per fare centro ma d'altra parte Chris con la psichedelia, il cosmo, le erbe e i viaggi lisergici ci è sempre andato a nozze. Big Moon Ritual  pubblicato nel giugno scorso e The Magic Door  reso disponibile a neanche due mesi dal precedente si presentano con copertine  che fanno tanto album degli Yes ma le sinfonie e i virtuosismi di tastiere, che sono quelle di Adam McDougall un altro Black Crowes, qui centrano poco perché sono piuttosto i Grateful Dead di Jerry Garcia i santoni di questo rituale. Big Moon Ritual è un disco psichedelico nel più classico dei modi, dalla copertina ai brani lunghi, tutti di durata al di sopra dei sette minuti, dal suono svolazzante e chitarristico, del tutto rilassato comunque, alle atmosfere cosmiche, sognanti, visionarie. Chris Robinson dopo avere suonato un centinaio di concerti tra la West Coast e New York ha realizzato il disco che ha sempre sognato di fare, un disco che focalizza il lato psichedelico dei Black Crowes con ballate lunghe, sinuose,  che si evolvono attorno ad una frase-tema ampliandola e dilatandola secondo una progressione strumentale da jam band. Non c'è molta attenzione al  formato canzone in Big Moon Ritual,  qui il bruciante rock/soul dei Corvi Neri è messo in armadio a vantaggio di un work in progress che vede le chitarre di Neal Casal involarsi in lande extraterrestri seguite dalle tastiere di McDougall e dalla brillante sezione ritmica di Mark Dutton al basso e George Sluppick alla batteria.  E' una formula che si ripete dalla prima all'ultima traccia, Robinson canta aiutandosi con la sua chitarra acustica, ad un certo punto passa la palla a Casal e McDougall, questi sviluppano in piena libertà il tema base girovagando per il cosmo, jammando e improvvisando, attorcigliandosi e defluendo nel tema principale per lasciare la parola ancora a Robinson che rientra ignorando bridge  e refrain, come stesse conducendo un monologo alla luna, poi di nuovo gli strumenti riprendono il viaggio astrale ed il brano si allunga fino a sciogliersi nell'etere. Nessuna irruenza, nessuna frizione, nessun selvaggio furore rock come coi Black Crowes, questa è musica per la mente più che per il corpo, suoni dilatati dell'universo Dead.  Star Or Stone e, se non fosse per l'inciso di moog, anche Reflection On A Broken Mirror  sembrano degli estratti di Wake Of The Flood  e poi ballate pastorali, un pò di Rolling Stones (Rosalee), fantasie psichedeliche morbidamente trattate jazz, passaggi che fanno pensare agli episodi più onirici di Amorica, qualche scampolo di country psichico lasciato indietro da Before The Frost Until The Freeze, questo  è il new cosmic California sound.
The Magic Door è sulla stessa falsariga del primo, copertina in stile orientaleggiante, stessa band, stesso produttore, Thom Monahan (Vetiver, Pepercuts, Devedndra Banhart) e probabilmente stesse session di registrazione al Sunset Sound di Los Angeles: il risultato è un altro fulgido disco di new cosmic California sound, un suono che evoca gli illustri passati del Fillmore West e del Topanga Canyon, oggi ancora in grado di mandare in visibilio migliaia di estimatori a cominciare dai lettori di Relix e dei fans dei Grateful Dead. Ma non solo, perché The Magic Door è la porta magica su una concezione del rock n'roll che prevede libertà espressiva a 360 gradi e capacità di espandere la fruizione sensoriale secondo uno stretto rapporto corpo-mente.
Tutte le tracce superano abbondantemente i cinque minuti, con una escursione record nei quasi quattordici minuti di Vibration & Light Suite, una cavalcata lisergica che tra momenti estatici e pindariche evoluzioni strumentali, in primis la chitarra di Neal Casal mai così vaporosa, riflette la nuova avventura  cosmica e mistica di Chris Robinson. A dirla tutta The Magic Door è anche meglio di Big Moon Ritual perché qualche forzatura progressive là presente qui si è definitivamente sciolta in un attitudine jam che rivela disinvoltura, affiatamento, rilassatezza.,  La conferma viene proprio dal brano più lungo, Vibration & Light Suite che sgorga liquido e senza grumi con una melodia ariosa che irradia benessere e vi trasporta nei paesaggi più luminosi della West-Coast music evocando Big Sur, le onde del Pacifico, il surf, i Quicksilver, il viaggio, un'era felice e spensierata di comuni illusioni. Non è un esercizio passatista e di revival perché Robinson e i Brotherhood non suonano con la carta carbone, inventano del nuovo, sono creativi e moderni e sanno come cambiare scenario per non ripetersi e tediare, a metà della lunga suite difatti induriscono i suoni secondo una mai sopita  attitudine rocknrollistica e arricchiscono il tutto con un atteggiamento jazzistico che regala  libertà di improvvisazione. Vibration &Light Suite è la dimostrazione di quanto possano essere visionari Chris Robinson Brotherhood ma non è la sola perla di The Magic Door.  Il loro essere eclettici  riesplode negli otto minuti e mezzo di Sorrows of Blue Eyed Liar  una ballata lenta che cresce attorno al cantato dolente di Robinson e poi si invola nel cosmo con le magnifiche tastiere di Mac Dougall a disegnare paesaggi astrali e la chitarra di Casal che fluttua nel vuoto.
Che Chris Robinson continui ad essere il miglior rocker della sua generazione lo conferma la ruvida ripresa del classico di Hank Ballard Let's Go Let's Go Let's Go e una Little Lizzie Mae sospesa tra echi di Stones virati country, refoli di jazz e scoppiettanti botti sudisti, perché qui Neal Casal si dimentica dell' Lsd e si procura una bottiglia di buon bourbon. Della stessa sponda è anche Someday Past The Sunset  un rock sporco da marciapiedi di Los Angeles, un solitario peregrinare nel buco nero della città con la bestia dentro ed una gran voglia di dimenticare tutto. Sa di alcol, di blues, di Black Crowes, di peccato e di slide, quella che Casal mette in strada per  trascinare i Brotherhood su per il sudicio Sunset. Splendida.
Sono invece delle ballate Appaloosa , nientemeno che il brano che compariva in Before The Frost Until The Freeze  qui leggermente riarrangiata e Wheel Don't Roll che col suo sapore agreste e pastorale, segnata comunque da un tocco di chitarra alla Jerry Garcia, ricorda gli episodi più rootsy di quell'album dei Black  Crowes.
Due dischi eccellenti che se fossero stati assemblati assieme sarebbero stati l'assoluto capolavoro rock di questo 2012.
MAURO   ZAMBELLINI        SETTEMBRE 2012