giovedì 16 ottobre 2014

GARY CLARK Jr. LIVE

 

      Basterebbe l'ascolto di questo potente ed infiammato doppio Live per zittire quanti reputano il blues un genere cristallizzato ed incapace di evolversi, sono proprio i chitarristi a dargli vita e imporre quello scarto di novità per cui ad un certo punto arriva un manico da novanta e i lampi cominciano ad illuminare il cielo. Negli ultimi anni se ne sono visti di tipi simili, anche se non tutti ascrivibili ad uno stile puramente blues, senza andare molto indietro basti ricordare i nomi di Warren Haynes, Derek Trucks, Kenny Wayne Shepherd, John Mayer, Joe Bonamassa, per rimanere in un ambito elettrico e spettacolare, ma Gary Clark Jr. ha qualcosa che altri non hanno, è selvaggio, incontrollabile, primitivo come poteva esserlo Hendrix quando sbarcò in Inghilterra. Gary Clark Jr. non è Hendrix, beninteso, di Jimi ne esiste(va) solo uno ma con Hendrix ha più di un elemento in comune, primo l'essere un nero che suona blues elettrico per un pubblico di bianchi, cosa inusuale in un'era dove tutti (o quasi) i bluesman che cavalcano i palchi del rock sono bianchi e i neri strimpellano le loro resofoniche  nei juke joint del Mississippi o in qualche club di Memphis e New Orleans. Lasciamo perdere i vari Eric Bibb, Keb Mo e acustici vari, qui si sta parlando di robusto, sulfureo, dissonante blues elettrico contaminato col rock, roba tosta insomma, materia incendiaria che scandalizza i puristi e sconvolge la scena come quando arrivò Steve Ray Vaughan, texano come Clark.
Gary Clark Jr. non è figlio del nulla, è nato il 15 febbraio del 1980, cresciuto ad Austin in quella grande scuola di blues che è l'Antone's sotto l'egida del promoter Clifford Antone e sotto la protezione di Jimmy Vaughan, il quale lo aiutò ad inserirsi nella comunità musicale della città facilitando la sua ascesa in quel ring di fuoriclasse che è il Texas Blues. Il fatto di partecipare nel 2010 al Crossroads Guitar Festival di Eric Clapton non ha fatto altro che aggiungere ottani ad una carriera già avviata sulla corsia di sorpasso con apprezzamenti, riconoscimenti, attenzioni, premi, partecipazioni. Fa da supporter ai Rolling Stones in alcune date del tour del cinquantesimo, lo si vede prima di Neil Young al concerto di Locarno del 2013, nello stesso anno il suo set incendia il festival di Glastonbury, esce il suo primo album, Blak and Blue  per una grande label  ma gli habituè del rock/blues storcono il naso per le concessioni al funky e all'hip-hop. Dal vivo è un'altra cosa e lo dimostra questo atomico Live,  in cattedra sale il blues e Gary ClarkJr. regala una performance ( le registrazioni arrivano da tappe diverse del tour 2013/14) che è un fiume in piena, una macchina senza controllo, un tornado nel deserto, una forza della natura. Passionale, viscerale, violento e romantico,  Gary Clark Jr. maneggia il blues con l'entusiasmo del ragazzino di fronte ad un nuovo giocattolo ma possiede  l'abilità del professionista e la disinvoltura di chi è nel blues senza barriere e preconcetti. Suona pesante e raffinato, tecnico e cruento, canta con disperazione e dolcezza, incanta con una ballata, Things Are Changin', che farebbe morire d'invidia Lenny Kravitz e stende un intero stadio con una When My Train Pulls In che è un treno in corsa lanciato a folle velocità, dichiara guerra al passato legando la distorta Third Stone From The Sun di Hendrix con il ritmo sensuale di If You Love Me Like You Say  e sgocciola zucchero e nostalgia in Please Come Home, una ballad che parte come una languida love song e poi si trasforma in un magnifico assolo di blues urbano. Distorce la sua Gibson facendola urlare nel vento come solo Neil Young riesce a fare in Numb e omaggia la classicità, Catfish Blues di Muddy Waters, e il Texas blues, If Trouble Was Money di Albert Collins, come uno scolaro che è andato troppo avanti e spiazza i propri insegnanti sia con la tecnica che con l'inventiva Prendete ad esempio Bright Lights, evidente la parentela se non la derivazione dal classico di Jimmy Reed, il quale rimarrebbe di stucco davanti ad una interpretazione tanto ipnotica e strascicata quanto stordente e apocalittica nel suo feedback hendrixiano, un piece de resistence che da sola fotografa un Live  di una potenza devastante. Ma il menù è ben più ricco e se da una parte il pensiero va a Steve Ray con If Trouble Was Money  e Travis County dall'altra parte c'è l'attesa spasmodica di Blak and Blu prima del diluvio, il tono notturno e jazzato di Three O'Clock Blues   e le corde acustiche, la voce infine luminosa e l'armonica di When The Sun Goes Down.  Due dischi, quindici brani, una band, King Zapata è l'altro chitarrista, Johnny Bradley il bassista, Johnny Radelat il batterista, che è una Experience degli anni duemila, una copertina in bianco e nero con Gary Clark piegato sulla Gibson davanti ad una folla rapita in qualche metropoli del mondo,  Live  è uno di quei doppi album live che fecero la stagione d'oro del rock/blues, non occorre passare da Spotify prima di acquistarlo, è il disco blues del 2014.  
MAURO   ZAMBELLINI      OTTOBRE  2014