sabato 18 giugno 2016

WILKO JOHNSON presents THE BLUES



Ci sono molti modi per realizzare una compilation di blues, tanto tempo fa mi divertivo a togliere dagli scaffali gli Lp di quegli artisti che avevo conosciuto tramite le canzoni dei Rolling Stones, Them, Yardbirds, Animals, Spencer Davis Group, e via dicendo, e registrare su cassetta C120 i loro pezzi più conosciuti o rappresentativi. La infilavo nello stereo della macchina e quello era il modo per sopportare con allegria lunghe code, semafori, noiosi spostamenti, col doppio risultato di  far conoscere quei vecchi blues ad amiche e amici quando erano ospiti dell'abitacolo. Quelli erano i grandi vecchi che avevano dato vita al rock n' roll e i cui nomi comparivano in piccolo nei dischi che compravamo, sotto il titolo della canzone dell'artista o della  band di turno. Così imparai che Statesboro Blues degli Allman era in realtà di Will McTell o che I Need You Baby degli Stones era di BoDiddley e Take Your Hand Out Of My Pocket  non era di Van Morrison ma di Sonny Boy Williamson e Smokestack Lightning degli Yardbirds e di non so quanti altri gruppi arrivava da Howlin' Wolf. Fu il percorso che tanti giovani bianchi, musicisti compresi, fecero per risalire all'origine di tutto, il blues. Poi arrivò il CD e non fu più la stessa cosa, le cassette scomparvero, le registrazioni casalinghe pure, case discografiche di terza categoria vendevano nei mercatini antologie con infime registrazioni di quei santi vecchi col titolo The Story of the Blues, raggruppando capre e cavoli senza nessuna logica, spinti dall'unica ragione di possedere un qualche diritto su canzoni di cinquanta, sessanta, settanta anni prima. Col Pc fu ancora peggio, la barbarie tecnologica dilagò,  scaricare da un archivio in rete la storia di un popolo in musica, metterlo su chiavetta oppure masterizzarlo su CD, senza titoli e nomi. Non è roba che fa per me, sono nato in un'era di Long Playing, 45 giri e cassette e vivo distante da simili alchimie elettroniche, anche se al prossimo cambio di macchina dovrò adeguarmi visto che le auto di recente produzione non hanno più il lettore CD ma solo un'arida uscita Usb per le chiavette.
Sarà per l'età ma in quelle antiche compilation c'era  un romanticismo, una ricerca da certosino negli angoli nascosti di un genere, il blues ed il R&B, o di un artista, un minuzioso lavoro di assemblaggio, che oggi è svanito o almeno non riflette la passione di quella fase pionieristica quando amici, solo per il fatto di condividere un viaggio in macchina o una vacanza assieme, pur non essendo acquirenti di dischi, entravano in contatto con una cultura musicale che li avrebbe comunque condizionati per il resto della vita. Ho amici, amiche, ex fidanzate, compagni, che attraverso quelle cassette possono sbandierare un sapere musicale che altrimenti non avrebbero mai avuto. E come il sottoscritto c'erano tanti che si divertivano a passare le ore a compilare le C90 e C120 col meglio del blues, del rock n'roll, del southern rock, del British blues, del rhythm and blues, per poi condividerle allegramente con altri o addirittura regalarle. Il chitarrista Wilko  Johnson  che di blues è maestro anche se inglese, recentemente tornato in auge per essere stato diagnosticato un paio di anni fa malato terminale (ma è ancora qui vivo e vegeto, tiè!) e aver realizzato un eccellente disco di R&B inglese con Roger Daltrey degli Who, ha rinnovato quella antica pratica della compilation sfruttando il proprio carisma per spingere la Chess, etichetta e studio di registrazione storici del blues urbano afroamericano, a compilare un doppio CD con i brani topici della sua antica produzione in materia. Lo ha potuto fare perché il disco con Daltrey, Going  Back  Home,  uscito per la stessa etichetta e primo disco con materiale nuovo pubblicato dalla Chess  dopo il 1977, ha ottenuto un discreto successo commerciale. Sotto il titolo The  First Time  I  Met The  Blues   Wilko Johnson ha setacciato gli Essential Chess Masters selezionando quaranta titoli per un doppio CD di ottima qualità audio, corredato da un libretto che oltre a note e fotografie racconta l'intera storia della Chess, dai giorni gloriosi di Chicago con i fondatori Leonard e Philip Chess ai vari cambi di proprietà, fino ai giorni nostri.  E' materia che molti conoscono a memoria per essere  la base di tutto il rock che conta ma può costituire argomento di studio e di conoscenza per chi volesse partire adesso, sia esso un giovane o qualcuno che ha deciso, anche in tarda età, di impugnare uno strumento. The First Time I Met The Blues  è la Bibbia sacrilega della nostra musica, da qui non si scappa, ci sono chitarristi, armonicisti, cantanti/e, tutti di rigida origine afroamericana, che senza colpo ferire hanno fatto la miglior rivoluzione del XX secolo, contagiando generazioni di ogni razza e popolo. Sono annoverati grandi vecchi  come Muddy Waters (I Can't Be Satisfied, Lousiana Blues, Hoochie Coochie Man, Just Make Love To Me, Muddy Waters, The Same Thing), John Lee Hooker (Sugar Mama, I'm in The Mood), Howlin' Wolf ( Smokestack Lightning, Howlin' For My Darlin', Spoonful, Back Door Man, Goin' Down Slow, Killing Floor), Sonny Boy Williamson (Bring It On Home, Checkin' Up On My Baby, Help Me, Don't Start Me Talkin'),  Little Walter (Juke, Blues With A Feeling, Last Night, My Babe), c'è la generazione di mezzo del Chicago blues ( Buddy Guy, Otis Rush), ci sono i "rockers" (Chuck Berry, Bo Diddley), ci sono nomi meno noti come Tommy Tucker (High Heel Sneakers, I Don't Want Cha, Long Tall Shorty) e Sugar Pie De Santo (Slip in Mules, Soulful Dress), c'è insomma la storia  del blues urbano scritta con l'archivio della mitica Chess. Ci sono i semi che hanno fecondato Rolling Stones e Animals, Yardbirds e Who, Led Zeppelin e Humble Pie, Allman Bros.Band e Canned Heat, Johnny Winter e Black Crowes, Van Morrison e Rory Gallagher, Cream e Jimi Hendrix Experience, Dr.Feelgood e Nine Below Zero, Willy DeVille e John Hammond Jr, solo per fare alcuni nomi, c'è un patrimonio musicale senza il quale saremmo qui a cantare le canzoni di Perry Como e Pat Boone, la storia di un'avventura musicale che ha indirizzato le nostre orecchie ed il nostro cuore da un'altra parte. Da parecchio tempo ce ne siamo resi conto ma se ancora fosse necessario una ennesima testimonianza,  grazie Wilko Johnson, lunga vita a te e al blues.
MAURO  ZAMBELLINI   GIUGNO 2016