lunedì 22 novembre 2021

DION Stomping Ground


 Ci ha preso gusto Dion perché dopo l’applaudito  Blues  with Friends  replica con un'altra parata di grandi stelle. Di nuovo col produttore e polistrumentista Wayne Hood, che ha curato tutti gli arrangiamenti, e col partner Mike Aquilina con cui ha scritto la maggior parte delle canzoni, l’artista del Bronx rimette in pista diversi giocatori della prima partita, a cui se ne sono aggiunti altri per un mix di blues e rock n’roll dove la personalità dell’ospite, pur non dominando le melodie, regala un contributo significativo ai diversi brani, dividendosi con l’autore i meriti di una musica di classe e di cuore. A guardare ben Stomping Ground  è perfino meglio del precedente disco per una sfaccettatura maggiore dei vari brani, al di là della grande interazione strumentale, e per l’equilibrio tra personalità dei musicisti coinvolti e la magnifica voce di Dion, a ragione definito da Springsteen uno dei migliori cantanti di sempre, che a ottantuno anni canta come un trentenne. Questo è il secondo lavoro per la KTBA, acronimo che sta per Keeping The Blues Alive e non c’è di meglio che Dion e i suoi amici a “tenere vivo il blues”. Anche se dentro Stomping  Ground  c’è così tanto rock n’roll da rimettere in pista la New York dei primi anni ottanta, e non è un caso che l’autore sia fotografato in copertina all’uscita del metrò di Broad Street nella Lower Manhattan perché i riferimenti alla vita notturna della città abbondano, a cominciare da The Night is Young con l’asso della chitarra Joe Menza.

I brani guidati dalla chitarra, e che chitarre, dominano la prima parte dell’album, se Blues Comin’ On era il pezzo trainante di Blues with Friends con Joe Bonamassa, lo stesso è adesso protagonista del groove di Take It Back  mentre Eric Clapton tiene una lezione sullo strumento in You Wanna Rock n’roll dimostrando come un semplice brano possa avere un anima se il maestro, pur bravo, è umile e preferisce il basso profilo al colpo d’effetto. E su questa linea si muove anche il bravo e poco conosciuto  G.E Smith, pur avendo suonato con gente del calibro di Dylan, Bowie, Jagger, Buddy Guy, Roger Waters e Tracy Chapman, chitarrista il cui tocco è un marchio del sound newyorchese dell’epoca. Qui, la sua sobria finezza accompagna Dion in Hey Diddle Diddle, una delle perle dell’album, un rock urbano con una vena romantica irresistibile. Dopo di lui l’inconfondibile Mark Knopfler sottolinea senza possibilità di sbagliarsi la fluida e bluesata Dancing Girl mentre Peter Frampton si fa sentire nella melodica There Was A Time e Sonny Landreth si mantiene sottomesso in Cryin’ Shame, altro gioiello di Stomping Ground.  Tutti questi veterani della chitarra adottano un approccio molto ponderato e rilassato, senza mai sentirsi obbligati di mettersi in mostra e sfoggiare le proprie virtù strumentali, piuttosto assecondano il cantato di Dion, eccellente crooner metropolitano con il gusto innato del rock n’roll anche quando si tinge di blues e doo-wop.

La seconda parte del disco tende a ridurre l’attenzione sulle chitarre per aggiungere alcuni timbri musicali e temi lirici diversi. La linea di demarcazione è proprio la canzone che dà il titolo all’album con Billy Gibbons che si destreggia in mezzo ad una copiosa sezione fiati R&B. I duetti maschio/femmina si distinguono per varietà e le ottime armonie, Patti Scialfa e Bruce Springsteen vociferano nella penombra di Angel In The Alleyways, ballata di vago sapore western con colorazioni dark. Si sente più lei che lui ma il pezzo è bello, Marcia Ball e Johnny Vivino al contrario danzano allegri abbracciati a Dion nel rock n’roll tutto New Orleans di I Got My Eyes On You Baby e Ricky Lee Jones canta come era da tempo che non l’ascoltavo così smagliante, coadiuvata da Wayne Hood e Dion, una I’ve Been Working  da applausi. Oltre a ciò il trio Boz Scaggs, Joe e Mike Menza sono invitati nell’allegro stomping I’ve Got To Get To You , il pianista Steve Conn rende omaggio a Dr.John in That’s What The Doctor Said e la cover di Red House  viene impreziosita dalla slide di Keb’ Mo’ e da Dion calato nei panni di un bluesman del Sud.  

Molti dischi collaborativi cadono nella trappola commerciale di riportare un artista più anziano sotto i riflettori affiancandogli illustri invitati, non è questo il caso di Stomping Ground, primo perché Dion DiMucci con la sua storia passata e presente non ha bisogno di essere riportato sotto i riflettori, secondo perché questo è un album i cui vari punti di forza si rivelano ad ogni successivo ascolto grazie all’equilibrio raggiunto tra bellezza delle canzoni, limpidezza ed espressività della voce, raffinatezza negli arrangiamenti e varietà degli interventi. Un disco che non inventa nulla di nuovo ma che dice come il rock n’roll, il blues e la buona cucina hanno sostanzialmente solo bisogno di ingredienti giusti e dosaggi accurati.

 

MAURO   ZAMBELLINI     NOVEMBRE 2021