Per tutti coloro che hanno amato la Allman Brothers Band ed
in generale il rock americano, la scomparsa di Richard Forrest Betts, nato il
12 dicembre 1943 a West Palm Beach in Florida, lascia un vuoto incolmabile
anche se ad onore del vero Dickey era uscito di scena qualche anno fa, da
quando nel 2018 era stato curato per una lesione cerebrale conseguente ad una
caduta e a causa di un ictus aveva dovuto annullare un tour. E’ morto a 80 anni
nella sua casa di Osprey nelle vicinanze di Sarasota in Florida, il suo manager
David Spero ha affermato che Betts era malato di cancro e di una malattia
polmonare cronica ostruttiva. Personaggio difficile ma chitarrista mostruoso
che suonava con sicurezza e creatività in uno stile unico e riconoscibile con
un fraseggio melodico dove confluivano country, blues e jazz, Betts in gioventù
aveva cominciato con l’ukulele per poi passare al mandolino e banjo nel road
show famigliare denominato World of Wonder. Optò per la chitarra elettrica per
far colpo sulle ragazze e all’età di 16 anni lasciò la famiglia per unirsi a
degli adolescenti che lavoravano in un circo itinerante. Facevano una decina di
spettacoli al giorno in una sorta di vaudeville e per Betts fu un modo di sentirsi
parte di un gruppo, ma man mano che la sua reputazione musicale cresceva anche
il suo lato selvaggio ne traeva vigore. Quando venne assunto da una band
dell’Ohio, i Jokers, per uscire dallo stato natale ebbe bisogno del permesso
del giudice perché era stato messo in libertà vigilata dopo aver scavalcato la
recinzione di un vicino e sparato ad una mucca. Con il bassista Berry Oakley, il tastierista Reese
Wynans e la moglie Dale diede vita ai Blues Messengers che il proprietario
dello Scene Club di Jacksonville, dove divennero la residency band, ribattezzò Second
Coming perché a suo dire Berry Oakley assomigliava a Gesù Cristo e quel
nome presupponeva un secondo avvento.
Le influenze musicali di Betts sono state varie e diverse fin dagli inizi, se
il primo approccio riguardava il bluegrass e l’hillbilly dei Monti Appalachi nel
tipico retaggio famigliare, poi arrivò la passione per il rock n’roll di Chuck
Berry e soprattutto il blues di B.B King e Albert King, ma amava anche il gypsy
jazz di Django Reinhardt ed il folksy sound psichedelico dei Grateful Dead. Un
background che assorbì senza porsi mai limitazioni di genere, possedeva un
orecchio incredibile ed il suo tocco poteva trasformare in un istante una
melodia gentile in un fuoco aggressivo. I suoi riconoscibili morbidi e melodici
assoli di chitarra, valga l’esempio di In
Memory of Elizabeth Reed e High
Falls, sapevano dipingere in note gli armoniosi paesaggi del suo Sud, quel
saliscendi di colline irrorate dal profumo delle magnolie che divennero un
segno distintivo del suo stile, specie dopo la morte di Duane Allman quando si
trovò ad essere l’unico chitarrista della Allman Brothers Band, una svolta
country-rock squisitamente espressa da titoli come Ramblin’ Man e Jessica e
da un album leggendario come Brothers and Sisters. Elogiato in
veste di chitarrista, Betts è altrettanto indimenticabile come autore e
cantante. Le sue prime composizioni per la ABB risalgono al secondo album, Idlewild
South (1970) dove firmò la monumentale In Memory of Elizabeth Reed divenuta nel tempo emblema del fluido e
torrenziale melting della band negli show dal vivo, sintesi di quel geniale
mescolamento jam che offriva a ciascun musicista la possibilità di divagare ed
improvvisare secondo un’attitudine jazzistica che traeva spunto dai dischi di
Miles Davis e John Coltrane, e Revival, una
canzone gioiosa e ritmata introdotta da una sei corde acustica, la cui linea
melodica ricorda Jesus is Just Alright dei
Byrds ed il cui finale si dilata fino a rammentare Love the One You’re With di Stephen Stills. Il debutto nel ruolo di
cantante solista nella ABB avvenne con il dolce e melodico country&western Blue Sky, assieme all’incantevole numero
acustico Little Martha ultimo brano a
presentare la splendida armonizzazione di chitarre di Betts e Duane Allman in coppia. Dedicata alla
moglie di allora, una ragazza indiana di nome Wabegijig che significa “cielo
azzurro”, Betts chiese a Gregg Allman di interpretarla ma fu il produttore Tom
Dowd a convincere Betts nel cantarla lui stesso. Con le sue morbide linee,
quella canzone prefigura una pastorale cavalcata tra i bucolici paesaggi del
Sud-Est degli Stati Uniti con una sequenza di frasi chitarristiche che i due maestri sembrano eseguire rilassati
e senza alcun sforzo, Duane rendendo il suono simile a quello di una pedal
steel proiettandosi in uno degli assoli più tenui e delicati della sua
carriera, mentre Betts regge una salda linea melodica con meravigliosi turbinii
di note. La si trova sul doppio album Eat a Peach (1972) e non è l’unica
sua composizione di quel disco: il lungo strumentale Les Brers In A Minor , titolo che in francese cajun significa “fratelli in La minore”, anticipa i
cambiamenti in atto nella ABB seguiti alla scomparsa di Duane con un andamento
cinematico dettato dalla scioltezza esecutiva di accento jazz di Betts, dal
calibrato uso dell’organo da parte di Gregg, dal potente basso di Oakley usato
come una seconda chitarra solista e da strati e strati di percussioni in una
poderosa ma fluida sequenza sonora. Ma è con Brothers and Sisters che Dickey
Betts sale in cattedra affiancando Gregg nella scrittura delle canzoni,
assumendo il ruolo di condottiero della band, seppure in parte riluttante, in
un momento di sbandamento e di incertezze per le morti improvvise (dopo Duane
quella di Oakley)tanto che la stessa Atlantic non sembrò, a torto, credere al
loro futuro. I concerti del periodo immediatamente post-Duane non furono tutti
esaltanti e si può capirne la ragione ma ancora prima dell’entrata in scena di Chuck Leavell e del bassista Lamar Williams, Betts con l’orgoglio tipico
del southern man si rimboccò le maniche, imparò a suonare la slide in quello
che prima era compito del solo Duane e creò una valida alternativa a Gregg nel
cantare. Responsabile la dipendenza all’eroina di Gregg, assunse il ruolo di
leader e trainò la band verso una nuova stagione. Se ne ha dimostrazione nel
concerto del 7 aprile 1972 alla Manfield House della Syracuse
University (disco recensito su Buscadero n.474) dove nella anomala line up a
cinque, la ABB interpreta un’altra parte della propria storia con una sontuosa
e commovente performance nella quale Betts si erge mattatore, Oakley tuona con
un basso dal drive forsennato e Gregg con la sua voce trasforma il dolore in
gioia.
In Brothers and Sisters sono quattro i brani
firmati da Betts che sottolineano il naturale spostamento verso un originale
sound country-rock per una band che da doppia sezione ritmica e due chitarre si
tramutava in una band con doppia sezione ritmica e due tastiere complementari, il
pianoforte di Leavell e l’organo di Gregg. La cavalcata country-blues di Pony Boy scritta e cantata da Betts con
l’umore tipico delle liriche di Willie
McTell racconta la tradizione famigliare di uno zio bevitore che cavalcava un
cavallo verso casa da una taverna per evitare il controllo delle forze
dell’ordine sulla guida in stato di ubriachezza, mentre la scoppiettante Ramblin’ Man cantata con voce schietta
dallo stesso chitarrista, inizialmente considerata troppo country dal resto del gruppo,
divenne un hit nella top 10 di Billboard narrando della voglia di viaggiare di
un uomo "nato sul sedile posteriore
di un autobus Greyhound che percorre l'autostrada 41". La muscolosa Southbound cantata
da Gregg ma scritta da Betts dava modo
al nuovo arrivato Chuck Leavell di dimostrare quanto poteva arricchire
l’alchimia sonora della band, mentre l’interplay tra pianoforte e chitarra
solista raggiungeva l’apoteosi nello strumentale Jessica dedicata alla figlia.
La storia è nota, un processo a carico del roadie Scooter
Herring per traffico di stupefacenti e collusione con la Mafia Dixie, il patteggiamento
e la deposizione di Gregg nello stesso processo per evitare il carcere, quintali
di droga, liti, risse e matrimoni consumati come sigarette mandano in tilt una
band che fino a poco tempo prima era sinonimo di comune, se non addirittura di
famiglia. Esemplare la descrizione di Phil Walden, il creatore della Capricorn
Records: “a quel punto eravamo tenuti
insieme con lo spago, tutti conducevano una vita a dir poco sregolata,
spendendo soldi come se non ci fosse un domani, ognuno aveva la propria suite
d’albergo e la propria limousine, assumendo
quantità di stupefacenti a dir poco prodigiose, consumando in una sera
tanto alcol quanto ne consumava l’intera clientela di un bar ben frequentato in
un fine settimana”. Una sera Betts ubriaco demolì i locali della Capricorn
rivoltando scrivanie e sbattendo a terra i dischi d’oro appesi alle pareti, la
moglie Sandy altrimenti detta blue sky
divenne vittima di pesanti maltrattamenti e chiese il divorzio, il marito
accettò di pagare alla moglie un indennizzo di 56 mila dollari. La situazione andò
fuori controllo ma prima dello scioglimento del 1976 ci fu ancora tempo per
ottima musica. A detta del produttore Johnny Sandlin la realizzazione di Win,
Lose or Draw fu uno dei compiti più ardui della sua carriera, le
tensioni e le divisioni all’interno della ABB erano al massimo, Gregg stava costantemente a Los Angeles a consumare
la sua burrascosa love story con Cher, le assenze erano in numero maggiore
delle presenze, gli unici a suonare sempre insieme in studio erano Leavell,
Jaimoe e Williams, ognuno registrava separatamente i propri assolo, fu un
miracolo che quell’album uscì. Vituperato in maniera eccessiva dalla critica,
in Win,
Lose or Draw c’è a mio modo di vedere uno dei numeri più brillanti del
Betts musicista: High Falls. Quindici
minuti e oltre di armonioso e liquido jazz-blues con un inizio etereo e
sognante dove Betts si dileggia in una delle sue dolci e liriche geometrie
tanto da evocare paesaggi country pur facendo presagire uno stile “fusion”.
L’album fu pubblicato nel 1975 un anno prima di Highway Call, primo disco
di Betts a suo nome e meraviglioso affondo nella musica delle sue origini, il
bluegrass, con il virtuoso di violino Vassar Clements, il suonatore di pedal
steel di Conway Twitty John Hughey, il chitarrista Tommy Talton, il gruppo
bluegrass dei Poindexters e quello gospel dei Rambos, oltre a Chuck Leavell e ad
una sezione ritmica. Niente zucchero e sviolinate Nashville ma jam e libere
improvvisazioni in nome di un progressive
country con una attitudine tesa a scompaginare le regole del genere in un
mix di ballate, western swing, strumenti tradizionali ed elettrici. Il senso di
una musica solare e corale, sullo sfondo di una festa agreste tra le boschive
pendici dei monti Appalachi, canzoni che riconoscevano il desiderio di una
vita rurale più semplice, forse un riflesso della tensione negli incessanti
tour della ABB. Non fu l’unica sua iniziativa solista nel periodo “ognuno per la sua strada” della ABB, nel
tentativo di racimolare denaro causa i debiti per il divorzio da Sandy e grazie
agli anticipi della Arista si inventò una copia dei Brothers assoldando due
batteristi, il valente chitarrista “Dangerous”
Dan Toler, il bassista Ken Tibbets ed il tastierista Tom Broome per formare
i Great Southern. Un primo album firmato Dickey Betts and The Great Southern
(1977)
rappresenta il caldo viaggio tra bouganiville, palme, distese
marine all’insegna di un sinuoso blues dettato dal suo raffinato stile
chitarristico, un secondo lavoro col titolo di Atlanta’s Burning Down (1978)con
“Rook” Goldflies al basso ed il
fratello di Dan Toler, David alle percussioni, nonostante la presenza della
cantante Bonnie Bramlett e del tastierista Reese Wynans, indurisce un po’ la
materia ma sconta il modo in cui fu
prodotto ed inserite le parti vocali. Fu un flop ma col senno di poi è meno
peggio di quanto sembrò all’epoca, quando il fantasma della ABB continuava ad aleggiare
sulle scelte fatte dai singoli membri, Gregg con Laid Back ed il tour con
l’orchestra, gli altri con i Sea Level.
Risposatosi con un’ amica di Cher, Paulette e risolti momentaneamente i suoi
problemi grazie alla frequentazione degli Alcolisti Anonimi, Betts si
riconcilia con Gregg dopo che alla rivista Rolling Stone, a seguito della
deposizione dell’Allman contro Scooter Herring, aveva confidato di non volere mai
più salire sul palco con lui. Si porta appresso dai Great Southern, Dan Toler e
David Goldflies e nel novembre del 1978 la ABB si ricompone attorno a Gregg e
Dickey con Butch Trucks, Jaimoe e i due nuovi arrivati. Enlightened Rogues fa ben
sperare e Dickey Betts ne è protagonista firmando cinque canzoni su sette, tra
cui Blind Love con l’amico e attore Don Johnson ma la resurrezione dura
poco, due album mediocri se non pessimi come Reach For The Sky e Brothers
of The Road segnano la fine della prima era della ABB. Corrispose all’arrivo
degli anni ottanti dove tutto cambiò: trend musicali, look, suoni e marketing.
Con il debutto del compact disc sul mercato, una sempre maggiore diffusione di
sintetizzatori digitali e batterie elettroniche oltre ai campionamenti, aveva
stravolto le modalità di registrazione della musica, il synth-pop sostituì le
chitarre, fu un periodo duro per i musicisti vecchio stampo. Il Southern rock
aveva assunto un significato dispregiativo, divenne un marchio che andava
stretto all’ufficialità del rock, e scomodo per il business che ormai non ne
voleva più saperne di stivali, cowboy, capelli lunghi e jam chilometriche. Con Mtv,
l’ art department poteva svoltare la
carriera di un artista, la cultura visuale della popular music cambiò
radicalmente da un giorno all’altro. Gregg Allman fu costretto a mettersi alla
ricerca di serate nei bar per tirare a campare, barcamenandosi in situazioni
quantomeno approssimative suonando davanti a veterani e vecchi hippie, Dickey
Betts mise insieme i BHLT con
Leavell, Trucks e Jimmy Hall di Wet Willie
esibendosi nei night-club, si proposero per registrare un album ma
trovarono porte chiuse ovunque. Alla fine Gregg assemblò una piccola band coi
fratelli Toler e grazie al vecchio manager della ABB Willie Perkins allestì un tour nel Nord-Est degli Stati Uniti e per
economizzare sui costi unì le forze col vecchio amico Dickey nel Double Bill
Tour ovvero prima suona uno, poi l’altro e alla fine jam insieme. I biglietti
si volatizzarono in un attimo a dimostrazione che molti fans non li avevano
dimenticati e quello fu un prologo della reunion. Nel 1987, a sorpresa, Gregg
riuscì a pubblicare un album I’m No Angel che diventò disco d’oro
mentre Dickey Betts dopo continui cambiamenti d’organico, ridefinì la sua band
ingaggiando il talentoso emergente chitarrista Warren Haynes ed il tastierista Johnny Neel che andarono ad aggiungersi a Matty Privette e al batterista Matt Abts, il quale tempo dopo sarebbe finito nei Gov’t Mule.
Nello
studio Pegasus di Butch Trucks a Tallahassee, ospite del disco, come Dickey
Betts Band registrarono Pattern Disruptive, un solido e
dignitosissimo compendio di rock, blues e country. Ma fu la pubblicazione nel
1989 di uno dei primi box in CD, Dreams con cui si ricapitolava la
storia della ABB, e la nascita di un nuovo format radiofonico, il classic rock, a favorire la resurrezione
degli Allman. Per quegli strani corsi e ricorsi della storia le radio americane
avevano avviato un parziale cambio di direzione rispolverando la musica di un
tempo riproposta con rinnovato entusiasmo, il blues riappariva in scena grazie
a Steve Ray Vaughan, Fabulous Thunderbirds, Robert Cray, e Rolling Stones e Who
tornarono on the road coi loro show. La Allman Brothers Band li seguì
andando in tour ancora prima di pubblicare il nuovo disco con la Arista. Di
nuovo Gregg, Dickey, Jaimoe e Trucks si trovarono a fianco l’uno dell’altro,
con le aggiunte di Warren Haynes e Johnny Neel sopraggiunti dalle session di Pattern
Disruptive, e del bassista Allen
Woody transfugo dal gruppo del batterista dei Lynyrd Skynyrd Artimus Pyle.
Dopo che gli Allman si ricomposero, molti giornalisti scrissero di un ritorno
dei dinosauri, chiedendosi se fossero ancora in grado di fare buona musica, la
cosa non fece che dare più spinta e determinazione a Dickey, Gregg e compagni
che sul campo risposero con ottimi dischi(a cominciare da Seven Turns del 1990), e
grandi tour rilanciando una epopea che li avrebbe portati fino al concerto
d’addio al Beacon Theatre di New York nel 2014. Seven Turns fu un cambio
di rotta rispetto alle scialbe prove con la Arista, le chitarre di Haynes e
Betts resuscitarono il classico sound della ABB e Gregg riacquistò carisma pur
essendo ancora in lotta con la dipendenza. Riassunsero il produttore di At
Fillmore East, Tom Dowd il quale fu decisivo per un album
importante nella ricostruzione di un rapporto umano e artistico tra i due
leader, e Betts si ritrovò di fianco un chitarrista, Haynes, di grande tecnica
che lo poteva liberare nei suoi assoli senza che avesse l’impegno della slide.
Sette canzoni su nove sono scritte da Betts con le parti vocali distribuite tra
lui, Johnny Neel, Haynes e Gregg. Tra le cose migliori spiccano Good Clean Fun, lo strumentale True Gravity una poderosa escursione sui
sentieri del jazz con Ornette Coleman nella mente, altro amore di Betts, e la
canzone che dà il titolo album dove Dickey ricrea l’atmosfera di Blue Sky attraverso un delicato arpeggio
di chitarra acustica prima di immergersi in una vera e propria ballata. I
seguenti Shades of Two Worlds (1991) e Where It All Begins (1994)convalidano
la sinergia esistente tra Betts e Haynes e quest’ultimo acquista peso nella
composizione in titoli come End of The
Line, Kind of Bird e Soulshine ma
il vecchio timoniere ha ancora colpi in canna e basta Nobody Knows per far capire quanto il suo ruolo sia stato
fondamentale nell’intera storia della ABB, coniando con il suo stile un sound
che quando di lì a poco sarà allontanato dalla truppa, non sarà più lo stesso. Nel
1995 la ABB fu inserita nella Rock and Roll Hall of Fame ma Gregg era troppo
ubriaco per fare il discorso di accettazione, fu il passo decisivo per dare un
taglio a tutto, comprese le sigarette, e ripulirsi. Introdotti da Willie Nelson,
Betts si cimentò in un esplosivo assolo nell’esecuzione di One Way Out ma poi, imperterrito continuò nella sua dieta a base di
alcol e complice il suo atteggiamento dispotico assunse un comportamento
molesto nel confronto degli altri compagni. Spesso se ne stava in disparte,
raggiungendo sbrigativamente l’albergo a fine dello show, venne arrestato e
tradotto in cella nello stato di New York per resistenza a pubblico ufficiale e
turbamento dell’ordine pubblico a seguito di un violento alterco con la sua
quinta moglie Donna. Sul palco si limitava ai suoi assoli e appariva svagato ed
insofferente, era diventato aggressivo e pericoloso, in Oregon prese a pugni
Allen Woody e quando Haynes si allontanò temporaneamente dalla scialuppa per
andare a formare i Gov’t Mule, il sostituto Jack Pearson, già sofferente di
acufeni, fu sottoposto agli esagerati decibel imposti da Betts così da abbandonare
la band. L’innesto di Derek Trucks diede
entusiasmo a Betts, contento di trovarsi un giovane a fianco ma quando Trucks si
cimentava nel suo assolo, si metteva in disparte osservandolo come un falco.
Continuava ad ingurgitare ettolitri di birra e spesso farfugliava sulle canzoni
suonando ad un volume incredibile, alla fine gli altri lo invitarono a staccare
momentaneamente la spina per una cura disintossicante. Avrebbero suonato senza
di lui per qualche mese ma le cose non si sistemarono affatto, Betts continuò
ad accusare Gregg di averlo licenziato con una telefonata, alla fine fu lui
stesso a lasciare i Brothers e la diatriba finì in un arbitrato davanti ad un
mediatore per i diritti delle canzoni ed il merchandising. Betts era stato uno
dei fondatori della ABB, oltre che una pedina fondamentale per il loro
particolare stile rock-blues, il cowboy che in tante occasioni aveva guidato la
carovana e risollevato la baracca dopo la morte di Duane ma il suo nome non era
mai comparso in quello della band che faceva riferimento solo ai fratelli Allman,
e ciò lo indispettiva. Non stette a leccarsi le ferite per tanto tempo, nel giro
di un anno aveva già messo in cantiere un gruppo con tanto di sassofonista ed
inciso il traboccante Let’s Get Together
un bel album con parecchi
riferimenti al be-bop e qualche brano, Rave
On e One Stop Be Bop, che i
Brothers avevano suonato negli anni precedenti dal vivo ma poi lasciato da
parte. Riformò i Great Southern con un manipolo di bravi musicisti tra cui la
cantante Twinkle e soprattutto il figlio Duane, degno continuatore di una
lezione musicale ed uno stile chitarristico da salvaguardare nel tempo, come
dimostra l’eccelso suo album Wild & Precious Life del 2023. Il
brillante The Official Bootleg riporta estratti del tour nord-americano
di Betts coi Great Southern del 2006
dove trovano posto tutti i classici del suo songbook, da High Falls a Blue Sky, da
Seven Turns a Elizabeth Reed, da Southbound
a Jessica e Ramblin’ Man mentre
per la serie Rockpalast i Great Southern con in squadra Duane Betts e l’altro
chitarrista di scuola allmaniana, Andy
Aledort, li troviamo nel 2008 in un set altrettanto incandescente.
Purtroppo i vecchi rancori con Gregg Allman non consentiranno una reunion con
la ABB, Betts ritornò a suonare a New York nell’intima Concert Hall a pochi
isolati dal Beacon Theatre nel 2014, ma
sebbene invitato non prese parte al concerto d’addio della Allman Brothers Band
nell’ottobre dello stesso anno. Insieme a suo figlio Duane, partecipò sabato 3 giugno 2017 a
Macon al funerale di Gregg Allman alla Snow's Memorial Chapel, sepolto vicino
al fratello maggiore Duane e al compagno di band Berry Oakley nello stesso
cimitero di Rose Hill a Macon dove erano soliti scrivere canzoni tra le lapidi,
non lontano da quella US Highway 41 cantata da Dickey in Ramblin' Man. L’ottantesimo compleanno di Richard Forrest Betts
coincise con uno spettacolo alla Van Wezel Performing Arts Hall di Sarasota
dove Dickey viveva con la quinta moglie Donna, ed in quella occasione Devon
Allman, figlio di Gregg, e Duane Betts unirono le loro chitarre. Dopo la morte del padre, Duane ha affermato. “Sono così grato di aver avuto un padre come
lui, è sempre stato il mio eroe, il mio mentore e il mio chitarrista preferito
al mondo. Voglio ringraziare tutti voi che avete inviato messaggi, pregato e
trasmesso buona energia alla mia famiglia e a lui."
Per tutti noi che abbiamo amato le gesta della Allman
Brothers Band, Dickey Betts rimane un faro acceso che non si spegnerà mai.
MAURO ZAMBELLINI
MAGGIO 2024