A Clarksdale la vita arriva quando cala il sole e soprattutto nel fine settimana perché sono in molti, ragazzi universitari e gente di ogni tipo e colore a riempire il Ground Zero e sudare e divertirsi al suono del il blues perché lì è ancora storia, passione, amicizia, pulsazione, sesso e alcol.
Il Ground Zero è di proprietà dell’attore Morgan Freeman che gli ha dato una bella spinta propulsiva. E’ un edificio ampio dentro corredato da una veranda in legno dove sono sistemati una vecchia stufa arrugginita e quattro o cinque vecchi divani che vengono presi d’assalto da chi vuole fumare (ma nel Delta si può fumare dappertutto) o solo chiacchierare o per smaltire la sbronza quando le birre sono troppe. Dentro il soffitto è alto, c’è la cucina, il banco per le t-shirt, i tavoli ed il lungo bancone per bere, il tutto attorniato da un pullulare di manifesti, scritte, fotografie e da un palco che diventa ribollente appena Super Chickan e le sue tre Fightin’ Cocks salgono ed iniziano a rollare un aspro ed eccitante Delta blues elettrico che va avanti per più di tre ore coinvolgendo ragazze, donne e uomini in una sfrenata danza del sabato sera. Ci si riempie con hamburger e soul food, si beve birra e tequila ma quello che fa la differenza è l’attitudine delle persone che in barba alla crisi ballano, ridono, scherzano, cantano, fraternizzano in modo spontaneo come da noi è orami impossibile vedere. Persone di tutti i colori, di tutte le età e di tutti i ceti sociali (c’era anche Morgan Freeman il 9 ottobre) in virtù di trasversalismo che fa la differenza e non erige barriere.
La crisi negli Stati Uniti è molto più evidente che da noi (senza ammortizzatori sociali e con la carta di credito sempre in mano i danni sono enormi) e non dico solo nella zona del Delta dove la povertà è sempre esistita ed i neri hanno sputato sangue da sempre. Anche a Memphis tappa iniziale del mio viaggio al contrario ovvero dal rock n’roll al blues e non viceversa come la storia insegna, la crisi la vedi perfino nel centro città, a downtown, a pochi metri da Beale Street, una volta malfamato quartiere nero e oggi via turistica ( ma c’erano solo americani) dove si va a bere e a sentire il blues ed il rock n’roll suonato da piccole e gagliarde formazioni locali che riempiono locali come il Blues Hall, il B.B King Blues Club, il Blues City Cafè e altri juke joint disseminati lungo i suoi marciapiedi. Basta svoltare l’angolo e le luci al neon scompaiono, il downtown diventa semideserto anche di giorno, poche le persone che passeggiano, tanti i negozi sbarrati o in vendita, un’aria desolata investe il centro anche se non ci sono sensazioni di pericolo, piuttosto sembra che la popolazione sia drasticamente diminuita ed anche il traffico automobilistico scarso. Si vedono persone solo nelle tavole calde per impiegati ed in qualche ristorante annesso agli alberghi o nei Val-Mart a formato ridotto che vendono di tutto, dai calzini ai farmaci. Tra downtown e midtown, dove ci sono i quartieri residenziali dei bianchi, la situazione è ancora più triste, non-luoghi affiancati a palazzi e grattacieli in acciaio e vetro dallo stile hi-tech sono occupati da squallide sterrate che servono a parcheggio o aree dimesse che in un futuro più florido potrebbero ospitare altri palazzi. In questa terra di confine nessuno passeggia tranne alcuni homeless che camminano guardando fissi a terra senza la forza di chiedere qualcosa nemmeno quando le auto si fermano al semaforo. Il traffico urbano è irrisorio se confrontato a quello delle nostre città, si gira in macchina potendo guardare attorno con agio e cambiando stazione radio, una vera goduria dell’andare in macchina perché oltre le community radio in A.M che trasmettono in certi orari della giornata del fantastico blues ci sono le FM divise per decadi (dalla musica degli quaranta fino agli anni novanta) oltre a Elvis 24 ore su 24 e alla E-Street Radio con all Bruce live e in studio.
Oasi di vita sono i tanti musei dedicati alla musica, splendido quello della Stax in un quartiere che è meglio arrivarci in macchina e di giorno, il Sun Studios che è sulla Union una delle arterie che tagliano la città da est a ovest, il Rock and Soul Museum vicino alla fabbrica e allo store della Gibson che sono nei pressi di Beale St. ed il commovente e curato Museo dei Diritti Civili in Mulberry St. ritagliato dentro il Lorraine Motel dove il 4 aprile del 1968 nella room 306 fu assassinato Martin Luther King. Il Lorraine è ubicato vicino ad una delle zone più trendy (ma prendete questo aggettivo per quello che può valere a Memphis, nulla a che vedere con le zone alla moda milanesi e italiote) ovvero il South Main Arts District popolato da cafè, qualche libreria, negozietti di abbigliamento e ristoranti tra cui l’ Arcade, una folkloristica tavola calda autenticamente vintage sopravvissuta agli anni 50 dove fu girato il film Mystery Train di Jim Jarmusch.
I quartieri residenziali a Memphis sono a midtown, belle case unifamiliari della borghesia bianca con annesso verdi e rigogliosi giardini senza steccati e station wagon parcheggiata e ampi parchi ( tra cui l’Overton cantato dai Lucero) nelle vicinanze di centri di cura e università. Poplar Avenue è un’altra delle lunghe vie che tagliano in senso orizzontale Memphis, al numero 1931 c’è l’Hi-Tone, un rock-club frequentato da studenti che bevono birra in quantità industriale e appassionati di ogni età (a contrario dell’ Italia nei posti dove si ascolta musica c’è spesso un pubblico trasversale che non ti fa sentire come l’ultimo dei mohicani)dove mi è capitato vedere uno scoppiettante show di J.J Grey and Mofro introdotto da un gruppo texano di rock-soul psichedelico chiamato Jonathan Tyler and The Northern Lights molto sorpresi di trovare degli italiani in quel posto. All’esterno ho capito la gerarchia delle band: i texani che facevano da supporter avevano un piccolo van, J.J Grey un vero autobus con tanto di Tv e toilette.
(1 - continua)
1 commento:
Beato te che ci sei andato !
Questi sono i viaggi della vita , altro che Maldive & co.
qualcosa ti resta dentro per sempre
..Real America..
see you
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