martedì 1 agosto 2017

UN DISCO PER L'ESTATE

 
C'è più di una ragione per considerare questo disco intitolato The Magpie Salute (come il gruppo stesso), la più credibile eredità di quello che sono stati i Black Crowes, l'eccitante band americana che nel fin de siecle ha tenuto testa al grunge con la loro esplosiva miscela di rock, soul psichedelico e blues. In primis il fatto che quattro dei suoi membri arrivino direttamente da quella storica formazione, innanzitutto il chitarrista e cantante Rich Robinson, fratello del più noto Chris, l'altro chitarrista Marc Ford che, a parere di chi scrive, è stata una delle pedine fondamentali dei loro album migliori per quel suo suonare funambolico e fantasioso, giusto alter ego al rigore blues-rock di Rich. E poi il diligente Sven Pipien ed il magistrale tastierista Eddie Harsch, purtroppo scomparso alla fine delle registrazioni di questo album. In più possiamo aggiungere una delle voci di supporto, Charity White, anche lei un tempo alla corte del gruppo di Atlanta, qui in compagnia di John Hogg (ex Hookah Brown), Adrian Reju, Danielia Cotton e Katrine Ottosen. Completano la band il batterista Joe Magistro, il tastierista Matt Slocum ed un altro chitarrista, Nico Breciartua. Un ensemble di dieci persone, una band ad ampio raggio di azione come nella migliore tradizione del sud, capace di rievocare gli esordi hard dei Crowes con brani duri e sferraglianti, è il caso dell'iniziale Omission e nello stesso tempo di ripristinare l'esaltante sound del periodo d'oro della band con una fluida e magistrale versione di Wiser Time pescata da Amorica e poi camminare nelle nuvole di Before The Frost.... con una What Is Home che qui sembra uscita da un disco di Crosby, Stills, Nash & Young prima di concludersi in una jam allmaniana. Basterebbe questo per chiudere la pratica su chi spetta l'eredità dei Black Crowes e accantonare le pretese lisergiche di Chris Robinson Brotherhood e i fluttuanti tentativi di Rich Robinson con la sua band. The Magpie Salute anche per via di una ispirazione senza steccati e pressioni è  accattivante e appagante come lo erano i dischi dei Corvi Neri e se ciò non basta a rendere la vostra estate ancora più calda delle temperature che si registrano in questi giorni, c'è dell'altro.
 

Goin' Down South ad esempio, scritta dal jazzista Bobby Hutcherson, è una jam strumentale che cresce attorno al vibrafono di Karl Berger e ha i numeri per dare lezioni a quanti si cimentano in jam e crossover varie. Sorniona, ipnotica, jazzata nelle tastiere, molto Grateful Dead nelle chitarre, qui Rich Robinson se la spara alla grande, si libera leggera attraverso 7 e passa minuti di musica liquida e celestiale, ottenendo in un sol colpo quello che CRB ha cercato di  fare con quattro album. Eccelsa, splendidamente psichedelica. Anche War Drums tratta dal repertorio dei War rivanga quella stagione della west-coast tra sessanta e settanta. Altri nove minuti di amabili fusioni, tra jazz, psichedelia, rock, blues, incroci strumentali, divagazioni libere, collettivo ed individualità che si amalgamano come in un ensemble jazz di provata esperienza. Forse manca la canzone vera e propria ma chi se ne frega, qui c'è un sound che entra sotto pelle e libera quel piacere fisico che regala la musica quando sgorga spontanea, improvvisata, istintiva. Il disco è difatti registrato dal vivo per la maggior parte, e si sente, a Woodstock negli Applehead Recording Studio dove è solito lavorare Rich Robinson. Il finale del brano è un fiume in piena e scrosciano gli applausi.
 

Nemmeno le radici dei Black Crowes sono andate perse con i Magpie Salute, il traditional Ain't No More Cane è un evidente omaggio al suono e allo stile di The Band, la suonavano anche loro, con quell'atmosfera pacata, corale e bucolica delle ballate rurali sporcate di rock, ottimo l'interplay tra chitarre e Hammond, misurato il lavoro della sezione ritmica.  Glad and Sorry va direttamente al cuore, ad una delle band più amate dai fratelli Robinson ovvero i Faces. E' una composizione di Ronnie Lane che i Magpie Salute rivedono con grande compostezza ripristinando l'umore malinconico, sognante e british che Ronnie Lane sapeva trarre dal suo songwriting. Bellissima e arricchita da uno squisito solo di chitarra che sposta lo scenario verso il Dickey Betts di Brothers and Sisters . Pregevole è pure Fearless presa dall'enorme serbatoio dei Pink Floyd e qui americanizzata a dovere per poter entrare nel contesto del disco. Disco che si chiude con il profetico reggae-soul di Time Will Tell di Bob Marley, altra valida ragione per attribuire ai Magpie Salute l'eredità dei Corvi Neri,  faceva da finale al fantastico The Southern Harmony and Musical Company.

Amanti delle cucine del sud, c'è bisogno di altro per dirvi qual'è l'ingrediente con cui dovete speziare la vostra estate?

MAURO   ZAMBELLINI    1 agosto 2017