Due anni fa con
l'amico Roberto, organizzatore dell'Ameno Blues Festival, come premio per aver
raggiunto e guadagnato la pensione (un attimo prima della infausta riforma),
sono andato nel Mississippi a vedere dove è nato il blues, il padre di tutta la
musica che amo. Da Memphis siamo scesi a sud lungo la Highway 61 fino a
Natchez, deliziosa cittadina al confine con la Louisiana dallo stile e dall'
architettura francese sebbene ancora nello stato del Mississippi e locata sul
fiume omonimo. Poi siamo risaliti verso Oxford, passando dalla tomba di Robert
Johnson, ritornando a Memphis. Due anni dopo sempre con l'amico Roberto e con
Nicola, fotografo e chitarrista blues, abbiamo proseguito il viaggio
addentrandoci in Louisiana, per la precisione nella southern Louisiana a
ridosso della mitica Highway 10, la stessa che ha dato il titolo ad uno degli
album migliori dello slider Sonny Landreth. Non siamo ripartiti da Natchez
perché non esiste aeroporto ma da New Orleans, arrivandoci di notte, dormendo
in un motel vicino al Louis Armstrong International Airport e ripartendo by car
il mattino seguente verso la zona delle plantation che lambiscono
la Hwy 10 e arrivano fino a Baton Rouge, cittadina industriosa e poco
interessante a parte un locale in perfetto stile cajun chiamato Boutini's dove
abbiamo finalmente assaggiato i gamberetti in hot sauce, bevuto birra ambrata
ghiacciata (la Amida) e goduto del set a due di tale Lee Benoit, uno dei tanti
Benoit della regione che con moglie, chitarra e fisarmonica suona cajun music
cantata in francese. Il francese è la seconda lingua della regione,
anglofilizzata ed impastata di gergo locale tale da diventare un dialetto
proprio. La parlano in molti e ci si intende a meraviglia anche perché i locali sono fieri delle loro origini e ci
tengono a considerare questa parte d'America, la Acadia, diversa dal resto del paese. Si sentono i lontani discendenti di quella
migrazione che dalla Nova Scotia in Canada è arrivata fin sulle coste del Golfo
del Messico. Cajun è storpiatura di acadiens e loro sono ben felici di esibire
una cultura, una storia, una musica ed una cucina tutta loro. Cucina che si
traduce spesso in una fiera del fritto per quanto riguarda gamberi, crawfish,
ostriche e granchi e che offre una selezione di salse di indubbio potenziale atomico per quanto
riguarda le tonalità del piccante. Potete comunque salvarvi il fegato sapendo
che si può evitare il fritto ricorrendo all'etouffèè e al boiled, sempre che il
cuoco si impietosisca della vostra prudenza alimentare. Certo gli americani in
materia non sono un esempio da seguire e lo ha capito madame Obama con la sua rivoluzione dietetica a scuola perché,
specie in provincia e nelle classi più povere, l'obesità raggiunge ormai il 50% della popolazione e la statistica non
riguarda solo la comunità nera. Detto questo,
a Donaldsonville sulla strada per Baton Rouge c'è la Laura Plantation
che è la più bella ed importante piantagione di tutta la Louisiana meridionale,
creata nel 1805 da Guillaume Duparc e diretta per 84 anni dalla pronipote Laura
Locoul, esponente di quella aristocrazia creola che ha lasciato un segno
indelebile nella storia della Louisiana. Dodici edifici in legno restaurati,
comprese le dimore degli schiavi neri, un giardino enorme, la raffinatezza
francese, le piante con le banane e l'eco di Via col Vento. Nella sonnacchiosa
Donaldsonville, un paesotto da Ultimo Spettacolo, ho rinvenuto un suggestivo
DeVille bar, niente a che vedere con il nostro soulman preferito che anche da
quelle parti è passato come un fantasma e quasi nessuno conosce mentre sempre
sulle sponde del Mississippi, a St. Francisville, in una mattina radiosa come
poche ho respirato quell'aria del sud di cui parlano tante canzoni. E' una
delle più vecchie cittadine della Louisiana, vicino ci sono dei battleground
della Guerra Civile e sebbene oggi sia trasformata
in una specie, ma più modesta, Mendocino del sud con tanto di cafè in stile
europeo, piccoli negozi, librerie ed una pace che a me che vivo a ridosso di un
aeroporto ed in mezzo "al progresso" urbanistico lombardo sembra un
incanto, possiede quel fascino appartato e discreto dei luoghi in cui si
rintanano gli scrittori a vivere e scrivere libri. Quel po' di magia letteraria che spesso negli
Stati Uniti si incontra nelle blue highways,
villaggi e paesi che offrono una qualità del vivere invidiabile. Niente
musica però, almeno al mattino quando ci passiamo, tempo per un caffè all'italiana
nel bel bar-salotto che ha visto suonare qualche settimana prima Mary Gauthier e
via verso est passando da New Roads, mi ricorderò sempre il cocktail di gamberi
gustato sulle rive del lago con uno Chardonnay americano insolitamente discreto
e a buon mercato . Sole, cielo azzurro, temperature tra i 25 e i 28 gradi con
leggere brezze rinfrescanti, sarà così per tutto il viaggio e allora si capisce
come nel sud della Louisiana il mese top per festival musicali, gastronomici,
letterari e feste di paese sia ottobre, senza il caldo impossibile e l'umidità
dell'estate e con la possibilità di rimanere all'aperto anche di sera.
Andando a est sulla
190 si entra nella vera Regione Cajun, una esperienza che non lascia
indifferenti perché lì la cultura cajun pulsa autentica e vera, non è un
attrazione turistica ma l'espressione di una comunità che tiene in vita la
propria tradizione e i propri usi senza rinchiudersi. La gente è disponibile, cordiale, si fa in
quattro per darci una mano, è gentile e dato che di turisti italiani non ne
hanno visti molti da quelle parti ci tratta come fossimo una attrazione speciale
rimanendo senza parole quando gli diciamo che siamo andati da loro perché ci
interessa la loro musica e le loro tradizioni. Così capita che entrati
casualmente nell'ufficio turistico di Ville Platte per chiedere informazioni
sul record store di Floyd's, una istituzione dello swamp pop, venissimo
immediatamente dirottati poche ore dopo ad una gara di quadriglia nella
palestra del Centro Civico locale con tanto di orchestrina cajun, maestra che
fa cantare i bambini della scuola, i vecchi che applaudono e si commuovono,
tanti sulla sedia a rotelle , la locale stazione radio che registra, il sindaco
che fa il discorso e premia alcune "personalità" locali non so per
quali motivi visto che uno, tarchiato e con la faccia da italoamericano, viene
presentato come " the best gambler in town" e si guadagna una assurda
corona in testa come quella che Elvis Costello porta sulla copertina di King Of
America. Sembra di essere proiettati di colpo in un film degli anni cinquanta,
la nazione più potente al mondo ha squarci che da noi si vedono solo negli
archivi dei documentari Luce. Incredibile. A Ville Platte che è la capitale dello
swamp-pop perché è la sede della Maison de Soul, etichetta specializzata in zydeco e affinità
swamp, c'è il negozio di Floyd Soileau il più grande distributore (una volta entrati
è una mezza delusione anche se Floyd è un tipo simpatico e sagace, vende anche
radio e strumenti musicali in una specie di magazzino che è quello in cui hanno
girato la scena di Ray Charles in Blues Brothers) di dischi del sud della
Louisiana, colui che ha fatto incidere
per la sua Jin Records il re del genere, Johnnie Allan, uno che al terzo pezzo
lo lasciate dove sta e non lo riprendete più almeno che non siate un malato del
genere. Da Ville Platte arriviamo a Opelousas, bel nome indiano per quella che
è la co-capitale (l'altra è Lawtell) dello zydeco. Zydeco e musica cajun ai profani
possono sembrare la stessa cosa perché spesso i testi sono in dialetto
francofono e lo strumento principe è la fisarmonica ma il primo è di origine
afroamericana, c'è sempre l'asse da
lavare (washboard o rubboard) e quasi mai il violino, la seconda è invece bianca, c'è sempre il violino
(fiddle) e non sempre l'asse da lavare. Si balla e si beve con entrambi ma è
molto più facile trovare da quelle parti musica cajun che zydeco. Non sono
stato a Lawtell purtroppo ma Opelousas è
una cittadina anonima, anche un po' degradata dove i neri non hanno saputo
valorizzare la propria musica perché a parte un Visitor Center che ripropone una
ricostruzione dell'antica Opelousas come era un tempo e dove c'è una Hall of
Fame con i nomi dei santi della città tra i quali i musicisti Clifton e Clevelend
Chenier, Rockin' Sydney Simien, il cantante Rod Bernard ed il cuoco Paul
Proudhomme, non ci sono locali e club
dove si possa ascoltare del decente zydeco. Solo squallidi casinò e qualche
bettola, lo zydeco l'ho visto e sentito ad Ameno con Dwayne Dopsie e a Narcao
con Rosie Ledet ma nella capitale del genere, a Opelousas niente da fare, sono
andato a letto presto facendo zapping tra una partita di baseball ed una di
football americano, sport molto spettacolari ma di cui ignoro alcune
regole per cui alla fine preferisco
sempre il calcio. Questo non mi ha impedito di comprarmi una t-shirt di cui
vado fiero, con su scritto I Love (a forma di cuore) Zydeco che lascerà
perplessi molti miei concittadini.
Finalmente
Lafayette. A parte il traffico indescrivibile, al sud non rispettano i limiti
di velocità e i truck piombano come dei missili, arroganti e prepotenti, facendomi venire in
mente Duel e impaurendomi con la loro stazza micidiale, ( al sud si può anche fumare quasi in ogni locale con tanti saluti
alla salutista California), Lafayette è una città vivace e urbanisticamente
umana con un centro popolato di ristoranti, bar, negozi e numerosi locali per la musica. Nella
zona verso l'aeroporto esiste una bella e ariosa ricostruzione di
Vermilionville, la originale Lafayetta fondata dai migranti di origine francese,
in cui si mangia bene cucina cajun con pochi dollari e in cui spicca un
magnifico auditorium tutto in legno dove il 12 ottobre suonerà John Hiatt con
il suo combo. Nell'area del villaggio ci
sono dimore antiche, laboratori artigianali, depositi per le merci, barche per
la pesca nei bayou, attrezzi da lavoro, un laghetto, magnifiche piante autoctone e
l'atmosfera tipica dell'Acadia. Il francese qui è di casa, Parigi è più vicina
di New York anche se qui la Francia è il Quebec. A Lafayette sentiamo
finalmente musica come si deve. Non è difficile trovarla perché è la settimana
dei Festivals Acadiens et Creoles che si
tiene dal 12 al 14 ottobre per cui in città ci sono diversi musicisti che si esibiranno in quell'occasione
e i locali pullulano di concerti. In particolare al Blue Moon Saloon è festa
tutte le sere, zeppo di gente di tutte le età e provenienze (tanti i canadesi
scesi a sud per il festival ma anche sudafricani e messicani), quasi tutti
bianchi, che balla e plaude i migliori gruppi cajun che mi sia capitato di
vedere in assoluto. La sera del 10 ottobre sono in cartello i Courtbouillon,
nome preso da un piatto cajun a base di salsa di pomodoro, cipolle, aglio,
peperoni e pesce gatto che si accompagna col riso, ovvero un supergruppo
formato da musicisti di tre generazioni cajun, i fisarmonicisti Wayne Toups e
Steve Riley ed il violinista Wilson Savoy. Cantano tutti e tre, si alternano
negli assoli e con gli strumenti imbracciando anche le chitarre, aiutati dal
contrabbasso e da un rullante riversano sugli astanti una musica che alterna
walzer e incalzanti two-step creando un flusso continuo di piacere ed energia
che col passare del tempo ha l'effetto di una ipnosi tanto da diventare quasi
psichedelica. Nelle ballate esce la voce malinconica e triste di un canto di
terre lontane e di migrazioni ma quando il ritmo si impenna i presenti si
lanciano in danze sfrenate a cui non è possibile resistere. Il locale è molto
alla buona, legno, un piccolo palco, un bar ristretto che offre birra e
margarita a 5 dollari, un giardino attiguo con delle sedie a dondolo, nessuna
porta, impianto elettrico da seconda guerra mondiale, qualche t-shirt in
vendita, ventilatori vetusti di ferro,
enormi come ruote, che da noi non solo verrebbero vietati ma il proprietario
del locale andrebbe dritto in galera. Eppure tutto funziona, tutti si divertono
e la musica è di prima qualità. Il copione non cambia quando la scena è presa
da Steve Riley e i suoi Mamou Playboys, forse più tradizionali e meno contaminati
dei Courtbouillon ma egualmente travolgenti e a tratti evocativi quando intonano ballate
malinconiche e brumose. Ballate, walzer, two step, violini e fisarmoniche in
gran spolvero, ritmo incalzante, grande musica cajun, l'orgoglio di sentirsi
acadiens e born on the bayou, camice a quadri e cowboys boots ma anche
l'abbigliamento informale dell'americano di provincia e i capelli grigi di chi
è oltre la mezza età ma anche se è solo martedì è in pista a ballare e
divertirsi . Il copione non cambia la sera seguente quando di scena è Ray
Abshire, altro accordionist di razza pura autore con la sua band di una cajun
music molto legata alla tradizione ma comunque aperta al tocco innovativo e
"progressive" di giovani musicisti tra cui il bravo fiddler Louis Michot
dei Lost Bayou Ramblers, special guest nel disco di Dr.John con Scarlett
Johanssen.
Una vera manna il
Blue Moon Saloon di Convent Street a Lafayette per chi ama le musiche del
bayou,nella stessa settimana il cartellone prevedeva concerti di Cedric Watson et Bijou Creole, The Bluerunners, Lost Bayou Ramblers ,
Feufollet, Jimmy Breaux Band, Michael Doucet dei Beausoleil, Pine Leaf Boys
ovvero la crema del genere. Altro posto da non perdere, alterna cajun music con
songwriters e blues, è il Cafè des Amis di
Breaux Bridge, la capitale cajun della Teche County nonché, dicono loro,
capitale mondiale dei gamberi. Il Cafè
des Amis è un posto delizioso gestito da giovani che serve un ottimo gumbo. Il
gumbo è il piatto tipico della cucina della Louisiana, più della jambalaya, e lo servono dappertutto tanto che nella
stessa stagione dei festival musicali ovvero ottobre è tutto un fiorire di sagre dedicate al
gumbo. Le più rinomate sono il Gumbo
Cookoff di New Hiberia, il Gumbo Festival di Chackbay, il Bridge City Gumbo
Festival e il Louisiana Seafood Festival
di New Orleans, tutti in ottobre e purtroppo spesso sovrapponibili a quelli
musicali. Il gumbo è una zuppa con intruglio di spezie louisiane (gumbo base),
okra, farina, brodo che prevede la variante col pollo e quella con seafood
(gamberi, granchi,ostriche) e fettine di salame piccante come il nostro
calabrese. A scelta si aggiunge il riso bollito che nelle migliori versioni
viene servito a parte. E' molto gustoso e nutriente, ottimo quello del Cafè des
Amis e ancor di più quello dell'elegante
Blue Cafè di Lafayette, ristorante dove sono in mostra i quadri di George
Rodrigue, il pittore più alla moda della Louisiana, creatore di un simpatico
cagnolino dagli occhi tristi e allucinati che ormai tappezza librerie, gallerie
e locali e viene riproposto sulle tele
in mille modi e con gli sfondi più diversi.

Breaux Bridge non è
molto distante da Lafayette ed è in direzione di Henderson. Lì si lascia la Hwy
10 e si sconfina nel bacino dell' Atchafalaya, la miglior area di bayou da
visitare in Louisiana. Non è difficile trovare Mc Gee's un casolare in legno
a ridosso delle paludi che fa anche da bar e ristorante (la specialità è
l'alligatore in salsa piccante) dove
organizzano escursioni in barca nelle paludi. Ci andiamo molto volentieri
perché ognuno di noi tre ha ancora vive nella mente le immagini dei Guerrieri
della Palude Silenziosa e anche noi,almeno per un giorno, vogliamo essere dei
perfetti cajun. Sulla barca siamo una decina, tre italiani, tre canadesi, due
texani e due louisiani più il simpatico "navigatore" che spiega vita,
morte e miracoli della swampland e sa dove trovare ad un certo punto un pigro e
sonnolente alligatore da fotografare. Il paesaggio è affascinante, una immensa
regione palustre formata dai meandri del Mississippi, con cipressi (niente a che vedere coi nostri), salici
ricoperti di spanish moss, acqua, alghe, liane e una misteriosa foresta che
affonda le sue radici nell'acqua. E' il regno silenzioso dei castori, dei
mocassini, degli alligatori, degli ibis e degli aironi, che se ne vedono tante.
In passato questa regione abitata dagli indiani Chitimacas accolse centinaia di
acadiens in fuga dalle persecuzioni inglesi subite in Canada. E' una delle
poche aree degli Stati Uniti in cui gli immigrati abbiano vissuto in perfetta
armonia con gli indiani. Quella dell'integrazione è un discorso ostico in
Louisiana, se a New Orleans neri e bianchi apparentemente sembrano completamente miscelati, lo stesso non si può
dire nelle cittadine della provincia dove i quartieri sono divisi e passando in
macchina o passeggiando basta un colpo d'occhio per accorgersi in quale
comunità ci si trova anche se bastano pochi blocchi per passare da una realtà
all'altra. Manifestazioni di intransigenza non ne ho viste e anche la
proverbiale pericolosità nell'addentrasi in certi sobborghi è spesso un luogo
comune ma che sia tutto easy questo non è proprio vero, anche nella dolce e
rilassata Louisiana acadienne. Alla prossima tappa.
2 commenti:
prima o poi lo farò questo viaggio nelle terre del blue.prima o poi...
Fantastico poter rivivere il viaggio che abbiamo fatto, nelle tue parole!!
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