martedì 5 aprile 2016

TELEVISION Trezzo D'Adda 31/03/16

 
 
Due anni dopo il loro passaggio milanese i Television sono tornati a riscaldare i cuori di chi non ha dimenticato una delle pagine più significative del rock newyorchese. Non erano in molti ad accoglierli, si e no duecento persone, al Live Club di Trezzo D'Adda ma la serata è stata di quelle che si ricordano perché Tom Verlaine e compagni hanno riconfermato, a 35 anni dal loro debutto, di essere l'aristocrazia del rock underground, quel rock  aguzzo e visionario che attraverso soli tre album, il terzo arrivato molto tempo dopo nel 1992, è assurto a storia. E loro non sono cambiati, non hanno perso lo spirito di una band sotterranea che in concerto rischia e sperimenta, senza sedersi sugli allori e tantomeno imponendo una parodia della loro musica come capita di vedere per band e artisti titolati con passati gloriosi alle spalle. Sono anziani e lo si vede dai capelli ingrigiti e dalle rughe ma suonano con una attitudine giovanile sebbene gli anni e la strada gli abbiano regalato esperienza, tecnica, misura, padronanza.


In particolare non ho mai visto Tom Verlaine così affabile come nel concerto di Trezzo D'Adda, artista schivo e umbratile che si è invece concesso a sorrisi, battute col chitarrista Jimmy Rip, l'attuale sostituto del membro originario Richard Lloyd, scambi col pubblico. Un leader ed una band in evidente stato di grazia, più in palla dell' esibizione milanese di due anni fa dove avevano presentato l'intero Marquee Moon, ancora oggi l'ossatura dello show visto che non hanno album recenti da promuovere e tantomeno merchandising da vendere. Sono una band fiera di essere underground anche nel 2016, pur nello spazio non certo angusto e ribollente come fu il CBGB dei loro esordi ma ampio e tranquillo come il moderno Live Club, ed il loro set è un concentrato di precisione, pulsione e sperimentazione, dove convivono Velvet Underground e Grateful Dead, Patty Smith e Talking Heads in modo del tutto originale ed irriconoscibile. Sono la quintessenza del suono della New York anni settanta resuscitata senza trucchi e fronzoli e senza che il tempo ne abbia scalfito l'importanza.


Fred Smith e Billy Ficca sono una sezione ritmica metronomica, insistenti, ossessivi nel creare una base ritmica che in qualche frangente rasenta il sincopato dei Talking Heads ed in altri diventa un martello pneumatico in azione. Jimmy Rip è un chitarrista dallo stile classico, meno funambolico di Lloyd ma è vivace, estroverso, ha scatti di blues e la sua Fender è una lama che girovaga tra assoli torcibudella che rammentano  lo stile del povero e grandissimo Robert Quine, il miglior chitarrista della New York underground degli anni 70 e 80, e stravaganze che permettono a  Tom Verlaine negli interplay di trasformarsi da chitarrista ritmico a solista. Cosa che succede in più di un momento nel concerto, quando vanno in scena Tom Curtain, ripescata assieme all'iniziale Prove It, alla magnifica e dolente Elevation, a See No Evil, alla sognante Guiding Light e a Venus da Marquee Moon, e soprattutto in titoli come The Sea e Persia estranei alla loro discografia ufficiale. Qui Tom Verlaine contrappone alla sua voce malinconica e lamentosa una chitarra famelica di note dissonanti, rumori e feedback, scale elicoidali. L'interplay tra lui e Rip è la cifra stilistica del sound dei Television, specie quando il brano si dilunga e diventa un assordante free-jazz da Knitting Factory che assalta le certezze dell'ascoltatore, oppure si dilata in una sorta di urbana psichedelia dove i Velvet Underground si tengono a braccetto con i Quicksilver Messenger Service. Magari lasciando trapelare una linea melodica arabeggiante come si ascolta in Persia o l' espressionismo visionario di 1880 or So, unico ripescaggio dal disco del 1992.


Di tempo ne è passato ma i Television paiono uscire ieri dalle immagini  di una New York scura e pericolosa ma fervida di creatività rock, ricordo condiviso dagli appassionati accorsi a rivivere quella sensazione. E la magia si ripete, come fossimo nel 1977 e non può che essere l'incipit geometrico ed ipnotico di Marquee Moon a suscitare l'entusiasmo generale.
E' l'ultimo pezzo dello show, prima dell'encore di Sapphire, dopo quasi due ore di concerto, ed il riff chitarristico di Jimmy Rip spinge gli ascoltatori a chiudere gli occhi ed imbarcarsi per New York o per la luna. La versione è splendida, maestosa, il magma sonoro cresce e sale, si amplia a macchia d'olio mantenendo comunque tensione e intensità, la sezione ritmica è un misto di rigore e brutalità, Tom Verlaine manda segnali dallo spazio e con la sua Fender si infila non appena Rip allenta il suo assolo, il caos controllato e potente di Marquee Moon è la celebrazione di un rock che è fantasia, controllo ed estasi, un rock che non esiste più ma che i Television l'hanno ibernato per l'eternità.
 
 

MAURO ZAMBELLINI   APRILE 2014  
Le foto sono di Rodolfo Sassano 











3 commenti:

armando ha detto...

Il tuo resoconto spiega in modo chiaro quale dovrebbe essere il modus operandi per dei vecchi rocker come la band in questione. Replicare il passato glorioso è inutile e il tempo non è in grado di restituircelo e personalmente mi farebbe tristezza salire sulla macchina del tempo ammesso che da qualche parte ce ne fosse una disponibile(?) Quindi ben vengano le rughe e i capelli bianchi e soprattutto la lucidità e l'onestà....ed è quello,credo... che noi vogliamo dai musicisti in avanti con l'età ! Keep on rockin'..

Armando Chiechi

bobrock ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
bobrock ha detto...
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