venerdì 26 aprile 2019

LITTLE STEVEN & The Disciples of Soul SUMMER OF SORCERY

 
E' un felice ritorno quello di Little Steven dopo le ottime impressioni destate da Soulfire  e dai concerti che ne sono seguiti, un ulteriore modo di proseguire un avventura musicale che lo vede protagonista da quaranta anni a questa parte sia solo che con Springsteen e Southside Johnny. Little Steven ama la musica e lo si percepisce in ogni cosa che fa, inoltre è riuscito a tenere desto il ricordo di quell'Asbury Sound che tanto ha contribuito alle nostre gioie rock. Miami Steve Van Zandt oltre che musicista e produttore è un grande conoscitore di musica, in primis quella legata agli albori del rock come il garage, il soul psichedelico, il beat, la musica degli anni sessanta e tutte quei nuggets che hanno contribuito a porre le fondamenta di ciò che è venuto dopo. Se Soulfire  esplorava il lato più propriamente R&B con tanto di annessi e connessi in quello stile che lo stesso artista definiva soul horns meets rock n'roll guitars, per Summer of Sorcery  Little Steven va ancora più a ritroso spingendosi ai suoi anni di gioventù quando le canzoni facevano da colonna sonora dell'estate, di quell' eccitante stagione in cui ventenne ti innamoravi per la prima volta della vita, quell' emozione unica che ti faceva sentire vivo. E' questa l'idea guida attorno a cui è nato Summer of  Sorcery.  " I  miei primi cinque album degli anni '80 erano molto personali e politici", ha dichiarato Little Steven aka Steven Van Zandt,"volevo che il mio nuovo materiale fosse più romantico. Come i dischi che ascoltavo quando sono cresciuto, quando erano una forma d'arte. Il concetto alla base del nuovo album era di catturare e comunicare quella prima ondata di estate, l'elettricità nell’aria di quella sensazione di possibilità illimitate, dell’innamorarsi del mondo per la prima volta. Ovviamente ci sono riferimenti personali e cenni sparsi ovunque a tutto quello che sta succedendo socialmente, ma con questo album ho raggiunto l’obiettivo che mi prefiggevo. Ho creato una raccolta di scene di film immaginarie che trasportano l’ascoltatore in un’estate da favola".
 

Esiste una continuità con il precedente Soulfire  perché nell'estate di magia  di Little Steven permangono le fonti della sua musica ovvero il rock n'roll che si mischia col garage-soul, il R&B che si incontra con la musica latina in quella dimensione che era propria di certi sobborghi newyorchesi dove le contaminazioni e il melting razziale erano già diffusi negli anni sessanta. E poi le chitarre e le festose voci femminili, le percussioni portoricane e i fiati che grondano di soul, gli arrangiamenti del Wall of Sound e i coretti del doo-wop. Un collage sonoro allegro, apparentemente spensierato, contagioso, in grado di trascinare l'ascoltatore nel caldo umido di una estate nel New Jersey coi bambini che giocano sui marciapiedi inumiditi dagli idranti che rinfrescano e puliscono le afose strade della città e i fratelli maggiori che cercano un appuntamento con la Rosalita del quartiere. E' il New Jersey ma potrebbe essere Brooklyn, Harlem o qualsiasi altra città americana degli anni sessanta prima che l'America conosca il trauma del Vietnam e i protagonisti di tale amarcord diventino adulti. Innocenza, sensualità e magia , una musica  del corpo e dell'anima suonata da un team di musicisti di prim'ordine, scritta appositamente da Miami Steve Van Zandt e registrata nei suoi Renegade Studios di New York con la co-produzione del chitarrista e band-leader dei Disciples of Soul Marc Ribler (Darlene Love, Roger McGuinn, Carole King), mixato e rimasterizzato da Bob Clearmountain e Bob Ludwig ,due da sempre vicini alle produzioni di Springsteen. Con Little Steven e Ribler sono il tastierista Lowell "Banana" Levinger (Youngbloods), il bassista Jack Daley (Boz Scaggs), il batterista Joe Mercurio (Ben E.King), il percussionista Anthony Almonte ( Kid Creole), Andy Burton è all'Hammond e al piano e una ricca sezione fiati tra cui Eddie Manion (Springsteen e Southside Johnny) e tre coriste completano una vera orchestra  responsabile di uno sfavillante sound denso di colori accesi. Summer Of Sorcery è una raccolta di canzoni che evocano le meraviglie e la magia della stagione estiva: la spiaggia e il lungomare, la gente nelle strade delle calde serate in città, il primo amore e la sfrenata lussuria, l'innocenza e l’esperienza di qualcosa che dà inizio a tutto.

La festa inizia con Communion , si cita Higher and Higher di Sly Stone, un carico di trombe, sassofoni e voci femminili sostiene il tutto e ad un certo punto  un cambio di ritmo ed una  chitarra distorta spingono verso un garage soul compreso di clapping e coretto doo woop. E' solo il preambolo perché Soul Power  è ancora più esplicito e sembra di avere Twistin The Night Away di Sam Cooke  in versione Asbury Sound.  Party Mambo!  non è nient'altro che un mambo nella versione pachuca di New York, più Buster Poindexter che Little Steven con tanto di botta e risposta tra Little  Steven ed il backing femminile. Gli ottoni, le percussioni alla Tito Puente, la chitarra che entra e se ne va rimandano anche a  Kid Creole and The Coconuts.  Gravity non è troppo distante da un simile groove, una rullata e parte la salsa rock con gli archi, l'ugola arsa di Steven, le voci di risposta, la voglia di ballare, il clarinetto e la tromba in una estemporanea pennellata jazz. Soul funky.
 

Le vecchie amicizie non si dimenticano, Love Again pare uscito da un disco di Southside Johnny, è rock and soul corale e romantico, all'opposto Vortex  si apre con le sirene della polizia in una rocambolesca atmosfera blaxpointation. L'orchestrazione è utile  al decor cinematografico, basso e fraseggio nervoso della chitarra strizzano l'occhio a Shaft,  il flauto sa di Herbie Mann, siamo in un ghetto dei sixties. A questo punto Little Steven si ricorda di avere un lato romantico, supplica in A World of Our Own nella quale fiati poderosi riempiono una tappezzeria sonora imponente alla Phil Spector,  Suddenly You  si fa ancora più notturno e sommesso, la chitarra acustica dirige una tenue love song  che pare estratta dal repertorio di Josè Feliciano, affascinante pur in contrasto con l'usuale stile di Van Zandt. Il rock n'roll bussa con Superfly Terraplane,  chitarre sguainate, immagino le coriste che sgambettano a destra e sinistra, un po di trombe pompose a metà ed il tiro di Springsteen  della Detroit Medley ma concentrato in una canzone.

Negli anni sessanta anche nei 45 giri c'era chi aggiungeva un tocco classico o esotico, un clavicembalo, un corno francese, un sitar, un violoncello. Considerato l'intento di ricreare quell'ingenuo senso di avventura Little Steven introduce Education con sitar e tabla prima che i Disciples of Soul spostino il raggio d'azione  verso un latin flavour,  i toni sono però smorzati rispetto al resto e anche la voce di Little Steven è bassa.  L'omaggio al  blues è risolto con I Visit The Blues , West Side di Chicago, una chitarra butta fuori rabbia e durezza ed una citazione di Killing Floor  di Howlin Wolf.  Rimane da dire del finale e allora un disco divertente e nostalgico di un'era musicale inebriata dalla gioventù, che alle orecchie del sottoscritto suona un gradino sotto Soulfire, dà il meglio di se con un pezzo da favola. Summer of Sorcery  è una rock ballad dove le chitarre arpeggiano di fianco alla voce del pirata che qui tira fuori tutto il romanticismo di cui è capace e  rimanda a quando lui, Southside e Springsteen incantavano le estati del Jersey Shore con le loro storie di amore, fuga e desiderio. Adesso sono rimasti solo i ricordi ma non c'è puzza di nostalgia e la canzone è tutto tranne che autoreferenziale, è si una stretta al cuore e la sgangherata voce di Little Steven raggiunge un tono epico così da rammentarci un tempo in cui eravamo alle porte del paradiso e non ce ne siamo accorti. E' una canzone emozionante pur strutturata su tempi mediamente veloci,  commovente con quell' assolo di sax che resuscita  Clarence Clemons e  lo staglia lì davanti a dirci con il suo inciso regale che nonostante tutto i sogni giovanili non muoiono mai. Strepitosa,  uno dei pezzi più belli di questo scorcio d'anno, con una orchestrazione da manuale che ne aumenta l'enfasi, il pathos, l'abbandono. Un gol decisivo al novantesimo minuto.

La copertina è opera dell'art-director Louis Arzonico che si è ispirato alle illustrazioni di Frank Frazetta artefice delle copertine dei dischi dei Molly Hatchet.

MAURO   ZAMBELLINI   APRILE  2019







2 commenti:

bobrock ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
bobrock ha detto...
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