mercoledì 1 aprile 2020

THE DREAM SYNDICATE THE UNIVERSE INSIDE



Il secondo capitolo della avventura nel rock dei Dream Syndicate si è aperto lo scorso anno con These Times  anche se cronologicamente si è portati a credere che l'inizio sia avvenuto con How Did I Find Myself Here ? il disco che ha sancito nel 2017 la loro reunion. Per via di un titolo così esplicito e della musica che conteneva, quest'ultimo tracciava una linea di continuità col passato ovvero la band ricominciava dal punto in cui era rimasta elargendo un rock selvaggio ed underground costruito sullo sferragliare delle chitarre, su una sezione ritmica bollente e sulla voce di Steve Wynn che con le sue malsane ballate ricreava quel rock noir per cui il Sindacato del Sogno è giustamente amato e stimato. These Times  ha invece imposto uno scarto nei confronti del loro all guitars rock  introducendo variabili che pur non  contrastando con il loro riconosciuto stile, aprivano verso sonorità nuove dove l'elettronica, comunque ben dosata, giocava un ruolo di primo piano nel disegnare un immaginario di psichedelia in progress. Se These Times  riusciva però a mantenere un equilibrio tra il crudo hard-boiled rock del passato (Bullett Holes, Speedway, Still Here Now ad esempio suonano ancora col cuore in mano) e le innovazioni avanguardistiche, The Universe Inside è molto più radicale e drastico e dentro un concept di alterata psichedelia riflette un desiderio di sperimentazione ben più marcato che si traduce in ottanta minuti di paesaggi sonori dalle sembianze di una soundtrack da film. Un universo sonoro nel quale gli scampoli del sopravvissuto rock elettrico si fondono con oscillatori, elettronica, ritmiche concentriche, free jazz, kraut e space rock, frizioni elettriche.  Il risultato non è affatto male, per niente, basta che ognuno sia consapevole di salire a bordo di una musica più vicina ai War On Drugs o altre espressioni post-rock  piuttosto che al Medicine Show. Una volta accettato il fatto, il gioco diventa divertente, e come nei venti minuti di The Regulator ( assolutamente da ascoltare guardando il video di David Daglish) ci si sente proiettati in un viaggio panoramico (toilette comprese) nella città di New York, un trip sonnambulo, filmico e politico. Venti minuti di delirio sonico e visivo in cui Wynn lascia cavalcare tutta la sua immaginazione cinematografica e la sua galoppante curiosità musicale per dilatare i confini spazio-temporali della musica dei Dream Syndicate.
La voglia di cambiamento di Wynn era palpabile già in These Times  e la band ne è rimasta coinvolta visto che le note che accompagnano l'uscita di The Universe Inside  dicono della approfondita conoscenza della musica avantgarde europea del batterista Dennis Duck, della passione per il prog anni settanta del chitarrista Jason Victor, Soft Machine compresi, dell'esperienza del bassista Mark Walton per i collettivi di musica Southern-fried (mah), della fame di Chris Cacavas per la manipolazione dei suoni e l'amore dell' Wynn per l'electric-jazz vintage, per Miles Davis e John Coltrane. Personalmente aggiungerei anche Brian Eno e i Talking Heads di Remain In Light. Il disco si sarebbe potuto chiamare The Art of the Improvisers, in una sola session difatti la band ha registrato ottanta minuti di musica senza pause ed interruzioni, improvvisando come in una lunga ed interminabile jam." Tutto quello che abbiamo aggiunto era aria -afferma Wynn- oltre a voce, corni ed un tocco di percussioni. Ogni strumento è stato registrato in presa diretta". 
Cinque titoli della lunghezza media di nove minuti, solo The Longing dura poco più di sette minuti, una overdose sonica dove il cantato di Wynn implode nel magma sonoro, solo a tratti si percepisce il formato canzone, capita in The Longing e nella strepitosa parte finale di The Slowest Rendition. Qui la sua voce si eleva  sopra il mare di echi, oscillazioni, feedback, suggestioni free jazz, ipnosi ritmiche, riverberi e quant'altro. Una gigantesca ed in alcuni momenti solenne colonna sonora che spazia da momenti di caotico stridore metropolitano a pause estatiche e lisergiche.  Ai venti minuti di The Regulator  seguono in ordine The Longing, qui la canzone viaggia nel cosmo coi rumori siderali di un' altra galassia, Apropos of Nothing ovvero come sentire  War On Drugs rivisitare i Can sulla Luna, Dusting Off The Rust mixato col precedente in una sorta di ipnotico space-rock con le trombe e i sassofoni che rispondono alla metronomica sezione ritmica, e The Slowest Rendition, avveniristica nel suo rumorismo post-psichedelico, umanizzata dal talking ascetico di Wynn che si accompagna ad un superbo sassofono be-bop. Una chiusura maestosa in una atmosfera da Blade Runner dove comunque filtrano bagliori di estatico ottimismo.
Più che un disco di canzoni ,The Universe  Inside è un viaggio che stordisce e meraviglia in territori in cui occorre liberare l'immaginazione  e le sensibilità sensoriali, un'opera originale di ricerca musicale e libertà esecutiva dichiarata con coraggio e senza mezzi termini dai Dream Syndicate. Nessuna band tra quelle uscite agli albori degli anni ottanta ha saputo evolversi senza snaturarsi come loro. Personalmente mi ritrovo più negli equilibri tra rock e avanguardia di These Times  ma dimenticate il passato e salite a bordo dell'astronave, l' Universo Dentro oggi è questo. A meno di non guardare fuori dalla finestra ed accorgersi di essere capitati in un cupo e terribile film di fantascienza.
MAURO ZAMBELLINI  MARZO 2020
p.s  questa recensione la trovate sul numero di aprile del mensile Buscadero, una rivista che come tutti soffre  questo momento di crisi generale e  perciò invita  lettori e amanti del rock a contribuire o!lla sua tenuta, cercandola e acquistandola in edicola, dove possibile.
Il Buscadero di aprile uscirà regolarmente nelle edicole ma chi non può acquistarlo lì, può comprarlo on line al prezzo di 6 euro.
 


27 commenti:

bobrock ha detto...

una recensione spiazzante; o forse neanche tanto visto quanto espresso nel disco precedente. E' giusto evolversi musicalmente ? direi proprio di si.
si pero' come ? ho le idee chiare oppure copio a destra e sinistra un tanto al chilo ? perché il disco precedente che segna uno spartiacque tra i vecchi Dream e quelli nuovi non mi era piaciuto per nulla. Sparite le chitarre, un po' suonavano come i rem un po' come i wall of wodoo ma nel complesso poche idee e confuse. dal vivo comunque il nuovo mischiato al vecchio aveva funzionato ( per il momento).
ma questa recensione mi da l'idea di un gruppo che voglia fare un disco come direbbe Verdone (famolo strano) e i dubbi si stratificano.
Di sicuro lo compro ma sono molto prevenuto, al massimo lo butto via come fatto per il precendente. Ma ho molti dubbi sull'evoluzione di questo gruppo. Oddio parlare di evoluzione nel 2020 dopo che sono implosi negli anni 80' è risibile. Diciamo allora che nutro dei dubbi sulle loro idee attuali che mi sembrano confuse. E' anche vero che di geni in giro non se ne vedono più.
Tanti saluti a tutti.

Armando Chiechi ha detto...

Sono un po'confuso a dire il vero e non per la recensione di cui sopra. Il precedente lavoro "These Times", pur preso con certi timori e qualche mese dopo la sua uscita, tutto sommato non mi ha deluso. Certo.. come rimarcato sia da Mauro che da Bobrock niente a che fare con tutto quello che lo ha preceduto,ma onestamente sono pure "suggestionato" da quanto dice Bobrock.Giusto evolversi ma ancora mi chiedo fino a che punto ? Ho ascoltato il nuovo singolo in anteprima e sinceramente mi ha lasciato un po' perplesso...? Questa volta i timori sono aumentati e mi chiedo se prendero'o meno questo disco ? Intanto in questo periodo di fermo forzato, c'è comunque tempo anche per risentirsi un po' di vecchia roba e tra i vecchi Syndacate e il Wynn solista tanto da goderne. Ad ogni modo tenete duro ed un abbraccio a Zambo,Bobrock e tutti i fruitori di questo blog.
Armando Chiechi

Zambo ha detto...

Grazie Armando, questo disco è innovativo ma non penso lo si ascolti tante volte

Unknown ha detto...

Unknown2. Complimenti sinceri a voi, che ci trovate ancora del buono. Per me, è fuori da ogni orizzonte di fruibilità. Sicuramente x limiti miei, ma tant'è...
Qualcuno mi può spiegare xchè Medicine Show è escluso da spotify, come anche molta ottima roba dei Green on Red? Bullet with my name on it resta x me un must assoluto, così come Time ain't nothing dei G.o.R.
Tantissimi anni fa si scrivevano ancora canzoni formidabili. Sarà l'età, ma quanta nostalgia!!!
E comprate il Buscadero!!!

Zambo ha detto...

Unknown, posso capirti. Non penso anche io di ascoltarlo tante volte, spesso l'innovazione non va a braccetto con il piacere.

corrado ha detto...

THE UNIVERSE INSIDE Parte 1
Sarebbe divertente che su questo disco si creasse un bel dibattito logorante come quello dell'anno scorso su "Western Stars" di Springsteen, ma purtroppo Steve Wynn e i suoi Dream Syndicate suscitano decisamente meno interesse fra gli ascoltatori di musica rock.
Peccato, perché "The Universe Inside" è il classico disco divisivo e i sostenitori dell'una o dell'altra opinione rimarranno sempre irremovibili nelle loro posizioni.
Vorrei polemizzare col solito Bob Rock, ma stavolta le mie impressioni sono molto simili alle sue, tuttavia, dopo aver visto poco fa la presentazione del disco fatta in diretta su YouTube da Stewe Wynn (confinato in casa con la moglie, la splendida Linda Pythmon), mi è tornato il buon umore, vedendo il nostro molto solare che parlava, cantava in scioltezza brani un po' da tutto il repertorio dei Syndicate, mostrava una bellissima e divertente complicità con la moglie e con i fans.
E allora, giusto per proporre un piccolo contributo al dibattito provo a dire qualcosa su un disco che probabilmente non è riuscitissimo, ma che dimostra tuttavia una grande vitalità da parte dei suoi autori.

corrado ha detto...

THE UNIVERSE INSIDE Parte 2
Vediamo un po', cominciamo da Bob Rock, perché è troppo stimolante confrontarsi con lui,da grande fan Alanfordiano qual sono.
Il disco precedente, col senno del poi resta ancora un disco molto coraggioso con splendidi suoni e lì la svolta si apprezza davvero e con piacere. Svolta che ho ben accolto anche vedendo gli ottimi concerti del tour, con la band in bilico fra vecchi e nuovi suoni. Un alternarsi bello e stimolante.
Il problema di "These Times" era la qualità delle canzoni.Laddove il precedente disco, quello del ritorno, aveva dei brani solidissimi per qualità, potenza, suono, nel successivo la caratura dei brani si abbassa e questo non lo si può non notare. La seconda parte di "These Times" sembra composta di scarti di registrazione, ma non dobbiamo dimenticare che i primi cinque brani sono davvero ottimi: se il materiale fosse stato tutto di quel livello...
Ma le chitarre non scompaiono, Bob, sono trasformate, rielaborate.
Io sono un chitarrista (sicuramente scarso), ma ti assicuro che nel disco c'è un grande lavoro di produzione sulle chitarre, che certo non suonano come in un classico disco rock che siamo abituati ad ascoltare. Ma proprio questo è il bello: personalmente mi trovo perfettamente a mio agio con questo tipo di approccio, da frequentatore di nuovo rock e sperimentazioni portate a anti dai musicisti e dalle band degli ultimi 15 anni.
Riguardo al fatto che i Dream Syndicate siano implosi negli anni Ottanta e che quindi non potrebbero avere molto da dire oggi, non sono d'accordo. Se la band aveva finito di dire qualcosa, certo non aveva finito di dirlo Steve Wynn, che ha tirato fuori i primi quattro dischi solisti uno più bello dell'altro, culminati col superbo "Melting in the Dark", in cui si fa accompagnare dai Come di Thalia Zadek.
E anche negli anni successivi. Wynn, pur fra alti e bassi, ha tirato ancora fuori diversi dischi interessanti e ha partecipato a progetti molto particolari, che lo hanno visto collaborare con musicisti di formazione e gusti anche piuttosto lontani dai suoi (mi viene in mente la bella cover di Psycho, qualche anno fa). Tornare a suonare coi vecchi compagni (Jason Victor è un collaboratore di vecchia data e su Chris Cacavas ogni parola è sprecata), lo ha portato a non ricercare una réunion tanto per ricordarsi i vecchi tempi. Anche questo è un valore importante.
Però credo che Bob Rock stavolta abbia ragione sul nuovo disco. Forse i nostri hanno preteso troppo senza avere le idee sufficientemente chiare e i mezzi tecnici per realizzarle. Forse hanno volato un po' troppo alto per le loro reali possibilità.
Un disco che, come ha detto Zambo, è innovativo, ma che non ascolteremo molto spesso.
Probabilmente per la sua eccessiva lunghezza e per il suo avvitarsi in soluzioni troppo cerebrali e che fatalmente ricadono dentro il kraut rock.
Certo la lunghezza può scoraggiare l'ascolto di dischi belli (ad esempio non riesco ad ascoltare tutto intero "Psychedelic Pills" di Neil Young, mentre mi trovo incredibilmente più a mio agio con l'ultimo "Colorado").
Ma in fondo stiamo qui a parlare di un gruppo che dopo quasi quarant'anni incuriosisce, divide,ma ancora appassiona.
Vedrete che quando torneranno in concerto (e questa quarantena finirà), saremo lì ad ascoltarli rapiti ed elettrizzati come se tutti questi anni non fossero mai passati.
Bob Rock, non ci conosciamo, ma ti stimo parecchio e grazie a Zambo per lo spazio

Zambo ha detto...

non ci sarà mai un dibattito caro followers come con Western Stars perché la maggior parte (non tutti beninteso) dei fans di Bruce conoscono a mala pena, oltre al loro idolo, solo Little Steven

corrado ha detto...

E va be', come si dice dalle nostre parti: "Poca gente, buona festa!"... Un caro saluto

Unknown2 ha detto...

unknown2. Mi permetto di intervenire anche se non chiamato direttamente in causa, ma trattandosi di uno spazio aperto...
Credo che dovremmo avere il coraggio di dire che un disco non ci piace, a prescindere dal nome dell'autore, e pur consapevoli del dolore che tale constatazione ci procura, che si tratti di Springsteen, dei Dream Syndicate o di chiunque altro. Tale affermazione non implica necessariamente un giudizio estetico assoluto sull'opera o sull'autore: "non mi piace" è molto diverso da "non è bello", sentenza che non mi sentirei mai di proferire, visto che non ho nè la cultura nè la preparazione per definirmi un critico musicale.
Ho però un patrimonio di ascolti e di passione che parte da molto lontano, almeno 55 anni fa, all'uscita dall'infanzia. Pertanto ritengo di non azzardare giudizi a capocchia, su artisti che ho sempre seguito ed amato, esprimendo un parere sincero e talvolta doloroso.
E purtroppo un glorioso passato non può far mutare un sentimento negativo su un disco nuovo che non suscita quei brividi, quella pelle d'oca, quel calore, quel piacere che tutti ben conosciamo.
Anzi, le imprese del tempo andato possono essere un'aggravante se confrontate con (quello che io sento come) un passo falso nel presente. Nessuno si azzarda a discutere la grandezza di Steve Wynn e dei suoi lavori, sia da solista che in gruppo.
Ho tutto dei Dr. Syn. anni '80 e li ascolto con piacere tuttora. Kerosene man fu un gran disco e il live di Danny (Stuart) e Dusty (Wynn) in Nuremberg 07 è una gioia. Il resto, (PER ME, ripeto) un po' meno. Di How did i... amo Filter me through you. Poi... boh
Ed è inutile che io mi ripeta quanto è coraggioso il buon Steve a sperimentare strade nuove e sconosciute, se il risultato non mi accende. A quel punto devo avere l'onestà di dire umilmente "a me non piace". Sarò limitato io, ma così è, e non dev'esssere un dramma, sarò pronto ad ascoltare il prox lavoro con tutta la benevolenza (e purtroppo le grandi aspettative) che la grandezza dell'Autore merita.
Ciao a tutti, state a casa e ascoltate buona musica

bobrock ha detto...

Ciao a tutti e grazie Corrado per le parole di stima (al buio). Apprezzo quello che hai scritto che denota una grande passione che personalmente è la molla che mi spingeva (prima del covid che tra parentesi mi sono beccato ma nella sfiga è andata bene con un mese a casa e 17 giorni di febbre ma ad altri è andata molto molto peggio) a continuare a seguire in tour i miei/nostri beniamini.
Come dici tu per "polemizzare" cosi' diamo un po' di pepe alla corrispondenza è vero che ho scritto che i DS sono implosi ( questo è innegabile al terzo disco avrebbero dovuto fare il botto e si sono sciolti come una candelina...sob) pero' non ho detto che non hanno piu' nulla da dire. Mettiamola cosi' oggi hanno deciso di battere altre strade, piu' complicate, con pochi collegamenti col passato. Semplicementi differenti.
Io pero' con questo nuovo suono faccio fatica. Non mi ci trovo.

bobrock ha detto...

parte 2:
Vuoi che sia tragicamente nostalgico (sicuramente), conservatore (musicalmente e non politicamente), pero' These Times ho provato a farmelo piacere. Lho ascoltato e riascoltato ma alla fine mi sono arreso.
Corrado c'e' una tua frase che per me e' illuminante: tu dici " nel disco c'è un grande lavoro di produzione sulle chitarre, che certo non suonano come in un classico disco rock che siamo abituati ad ascoltare".
Questo è il punto focale. Io ho ancora un disperato bisogno di un disco rock. mi rendo conto del mio limite. Sono disposto ad ascoltare qualcosa di realmente differente ma devo avere la percezione che tu musicista stia facendo qualcosa di bellissimo anche se al momento non riesco a capirlo.
Ti faccio un esempio a 18 anni circa in pieno orgasmo da Springsteen ( correva il 1982)sono andato ad ascoltare Miles Davis al teatro tenda di Milano; ero in prima fila e osservavo questo marziano che suonava la tromba dando di spalle al pubblico. Ero totalmente digiuno di musica jazz e aggiungo che mi ci sono tenuto sempre ai margini ( sono tuttora convinto che se ascolti jazz non ascolti piu' altro e.. io adoro le chitarre) comunque per farla breve non capivo un accidente di quello che accadeva sul palco, troppe note, troppo complicato, ma avevo la percezione che stessi assistendo a qualcosa di grandioso.
Ascoltando these times ho la sensazione di chi vorrebbe uscire da uno schema fisso senza pero' avere né il lampo di genio né quella scintilla che all'ascoltatore fa dire " ok ti seguo comunque perché stai attirando la mia attenzione.)
Nell'ultimo album che per inciso non ho ancora ascoltato tranne i venti minuti di "the regulator" che se associati alle immagini possono essere piacevoli ( ma senza la parte video perde di interesse) mi sono basato sulla recensione di Zambellini.
Recensione che sempre per aggiungere un po' di benzina mi sembra un po' contraddittoria. Perche' da una parte ti racconta di questo cambiamento e sembra apprezzarlo ma poi nei post successivi mi sembra che prenda le distanze dal disco stesso dicendo che piu' di tanto non lo ascolteremo.
Comunque ….lunga vita ai DS in un modo o in un altro, le loro canzoni restano indelebili…
questa e' l'unica cosa che conta. Io continuero' a seguirli magari dicendo che non mi piacciono piu' come una volta ma continuando a volergli bene perché S. Wynn di bella musica ne ha fatta parecchia e personaggi cosi' non finiro' mai di ringraziarli-

Unknown2 ha detto...

unknown2. Bobrock, Armando, il sottoscritto: concordi nell'esternare perplessità su Universe Inside. Credo che anche la "contraddittorietà" del recensore professionista e ns ospite si possa tranquillamente tradurre in un attestato di stima sempiterna x SW, nonostante il mezzo passo falso attuale.
Anch'io cerco CHITARRE nel mio rock, e non solo. Anche un pizzico di Hammond non guasta, e basso e batteria sono necessari, ma soprattutto voglio CANZONI che mi entrino in testa e non escano più dal cuore. Alla base di un buon disco è ineludibile un lavoro di scrittura e riscrittura rabbioso, accurato e soprattutto ispirato.
Mi fa rabbrividire leggere che "la band in una sola session ha registrato 80min di musica senza pause e interruzioni, improvvisando come in una lunga e interminabile jam". O sei uno dei geni assoluti del jazz più estremo, genere che anche a me risulta estraneo, o non può che uscirne una marmellata psichedelica anni '70 che (x me) necessita di additivi chimici x essere fruita e anche solo minimamente apprezzata.
Presumo che Corrado abbia una mente più giovane della nostra, non ancora stipata da decenni di dischi e concerti, e sappia xtanto apprezzare anche quanto di buono e di nuovo a noi sfugge in the universe inside.
Ha ragione lui, abbiamo ragione noi. Sì, ce l'abbiamo tutti, finchè parliamo di musica con la passione nel cuore.
E lasciatemi concludere con un grandissimo applauso a bob che ha sconfitto il covid e con un ricordo commosso x chi, pur lottando con tutto se stesso, non ce l'ha fatta

bobrock ha detto...

ciao Unknown2 ti ringrazio, ma non ho sconfitto il Covid ho avuto soltanto più culo di altri a cui non è andato bene. La componente fortuna nella vita volenti o nolenti conta. Una volta agli Universal studios ho perso il portafoglio e lho ritrovato agli Oggetti Smarriti ( col classico gigantesco uomo di colore che mi disse you are a lucky man…..).
Corrado sicuramente è piu' giovane di noi e aggiungo avrà una prospettiva e un modo di guardare differente , più moderno o semplicemente meno sclerotizzato del sottoscritto.
questa mattina sentendo questo nuovo brano dei rolling mi sono detto..però..un altra bella zampata.
Concludo dicendo che quando questo periodo orrendo passerà io ad un concerto dei Dream Syndicate ci sarò sempre.
Buon xxv aprile a tutti.

NB: è anche superfluo che lo scriva ma nel dubbio lo faccio. Ho una stima massima per Zambellini e quindi non mi dilungo. Se parlo di contraddittorietà è perché in prima battuta mi sembrava che questo disco gli piacesse ma poi mi è sembrato il contrario o quanto meno si sia raffreddato molto . tutto qui. Senza polemica.

corrado ha detto...

Voglio proprio partecipare a questo bel dibattito, ci sarebbero tante cose interessanti da dire e quindi mi prendo il giusto tempo necessario. Continuo a sostenere che questo blog è uno spazio prezioso per idee che circolano in flusso stimolante

Zambo ha detto...

La recensione è contraddittoria? può esserlo, nel senso che apprezzo la voglia di ampliamento sonoro dei DS, a me comunque These Times piaceva molto, e rispetto il loro desiderio di cambiare, lo trovo al passo con i modern sounds, quindi apprezzo e condivido la loro scelta "intellettuale" trovandola coraggiosa, per quanto riguarda il gusto personale, essendo uno che viene dal passato del rock e le chitarre sono per me fondamentali più delle tastiere, anche se mi piace tanto il pianoforte e l'Hammond come li hanno fatti sposare gli Allman, trovo che questo disco mi piaccia meno dei precedenti, e col senno di prima, penso che l'overdose prog-psycho-avant-jazz di Universe Inside alla fine non faccia voglia di rimettere sul piatto o nel lettore il disco con continuità come si faceva per gli altri. Magari una volta al giorno e nemmeno tutti giorni, perché l'effetto sfinimento è dietro l'angolo con un suono così totale. Ma non è WS, bolso e tronfio, è esplorazione di un nuovo universo, piaccia o meno

Armando Chiechi ha detto...

Innanzitutto un grande abbraccio sincero a Bobrock e per il resto, un augurio a Zambo affinche' questo spazio possa continuare ed essere condivisione di passioni in comune e di uno scambio civile di opinioni.Su i Dream Syndacate continuo ad avere le mie riserve per un prossimo acquisto e sui Rolling Stones attendo il nuovo album. Sara' che ho ancora nelle orecchie gli echi del chicagoano Blues & Lonesome (per quanto fatto da covers blues) ma il nuovo singolo non mi ha colpito piu' di tanto.Mi riprometto di risentirla. Ad ogni modo non si puo' essere sempre in sintonia per quanto questo spazio e' quello sempre piu' da me letto in rete, pero' voglio che Zambo sappia che tanto mi ha dato in termini di conoscenza e ricerche musicali e che e' bello confrontarmi con voi tutti !! Lo so...ho ecceduto un po'in sentimentalismo ( saranno le mie origini meridionali) e a Bobrock dico che rispetto il suo punto di vista... ma si puo' anche amare il jazz e contemporaneamente il rock.Tutt'alpiu' non amo i jazzisti italiani ( a parte qualcuno ) ma rimanga tra noi...ora vado a mettermi su Chet Baker...con simpatia
Un grande abbraccio...

Armando

bobrock ha detto...

Ciao Armando si hai ragione il brano dei Rolling non rimarrà nella memoria , piacevole e con queste venature reggae . Però al tempo stesso non è una canzone che ti respinge il che tenuto conto degli anni dei 4 mi sembra più che dignitosa.
Come doom and gloom .
Comunque facessero un nuovo disco di cover di blues magari con un suono più sporco o low fi sarebbe molto apprezzato .
Nb: comunque per i DS abbiamo movimentato discretamente la conversazione adesso me lo ascolto con calma e poi faccio due considerazioni.

Unknown2 ha detto...

Unknown2. Living in a ghost town entra di prepotenza nella mia playlist, ma io non faccio testo, sono troppo parziale: se dovessi definire la MIA musica credo che Let it bleed ci andrebbe molto vicino, e dovendo proprio scegliere il miglior brano di sempre, beh... Gimme shelter potrebbe essere un' ottima candidata.
Comunque, tornando a Ghost, avete sentito il lavoro di Keef alla ritmica? Come nei giorni migliori... meglio di una solista. I suoi controtempo ancora fanno scuola. E l'andamento simil reggae del brano indica anche una sua buona presenza a livello compositivo (le atmosfere giamaicane spopolano nei suoi lavori solisti). Almeno stando al video, stavolta l'apporto di Ron si limita all'accompagnamento vocale. Le guitars sembrano essere tutte di Keith.
E che dire dell'armonica di Mick? Una bella coltellata, altrochè.
Dài ragazzi, qs vanno x gli ottanta, si sono fatti di tutto e ancora sfornano un pezzo così. Perdipiù "agratis"!
X me molto meglio dei due pezzi "pandemici" di Dylan (un po' di benzina...)
It's only rock,n,roll, but I LIKE IT

armando ha detto...

Concordo su quanto dite...poi certo bisognerà ascoltare l'album e comunque rimane il fatto come avete già rimarcato in merito a l'età che non è poca cosa ! Vedremo quel che sarà e che sarà di noi !?! Un augurio a tutti voi fratelli....

Armando

Unknown2 ha detto...

Unknown2. Altra benzina...
Che ve ne pare del nuovo di Lucinda W.? Tanta, troppa, rabbia. Voce costantemente forzata su toni bassi, roca, innaturale. Suoni cupi, ovattati, troppo uniformi. Disco ipoprodotto, grezzo, sbrigativo, quasi tirato via. Canzoni debolucce...
E Stuart Mathis sarà anche un ottimo artigiano della seicorde, una beast of burden (alla Poncho Sampedro x intenderci), ma i purosangue (Greg Leisz, Bill Frisell) stanno altrove, e + precisamente sui dischi precedenti, purtroppo. X non parlare di assenze dolorose tipo il wurlitzer di Ian Mc Lagan, le chitarre di Doug Pettibone, Tony Joe White, Val Mc Callum, le keyboards di Patrick Warren, un po' di background vocals...
Lucinda Williams (come Steve Wynn e Springsteen) resta tra i miei top assoluti, naturalmente (ho tutto da car wheels in poi, e non mi stanco di ascoltarli), ma proprio xchè le aspettative erano alte devo dire che anche qs cd mi pare un po' sottotono...
Pare a me, singolo ascoltatore di priferia. Voi che ne dite?
State ancora a casa, ma se proprio dovete uscire indossate la mascherina!!!!

corrado ha detto...

Chitarre, chitarre e ancora chitarre (1)
Ho riflettuto sul fatto che le chitarre nell'ultimo Dream Syndicate suonino diverse e mi sono fatto una domanda in stile Bob Rock: Ma io le suonerei quelle parti di chitarra? Mi gaserebbero con le stesse eozioni delle chitarre di Halloween o di Merritville? La risposta ovviamente è scontata, ma non per questo "The Universe inside" è un brutto disco o un disco che non sa dove andare.
Il problema siamo evidentemente noi e mi ci metto in mezzo pienamente.
Negli ultimi mesi, prima del Corona virus stavo aiutando u caro amico a completare alcune sue composizioni con delle parti di chitarra. A me sono piaciute e in parte anche a lui, pur se in uno stile new wave anni '80, con richiami ai Joy Division e a certa musica elettronica sperimentale. Solo che il principio che mi chiedeva era il seguente:
Oggi le chitarre suonano "diverse", niente lunghi assoli, riff, accordi e simili. Prova a immaginare suoni più liquidi e rareffati, con una nota qua e una là, a livello di suggestione. La chitarra deve essere una delle tante componenti della musica, senza essere necessariamente in primo piano o sempre in primo piano.
Dev oringraziare questo amico, perché mi ha un po' scosso dal mio approccio abituale alla chitarra e mi ha fatto scoprire (con mio colpevole ritardo) artisti interessanti come Trentmoller...
Tra parentesi, il mio amico ha fatto poi ascoltare al suo professore di composizione elettronica i brani che avevamo registrato. Il suo commento?
"Sembravano delle cose interessanti, ma perché hai voluto banalizzare tutto inserendo le chitarre?"
No Comment...

corrado ha detto...

Chitarre, chitarre e ancora chitarre (2)
Anche dopo esperienze simili ecco che, quando penso a cosa mi piace veramente, dal profondo, vedo che torno ai soliti noti: Neil Young, Bruce Springsteen, Velvet Underground, Dream Syndicate, Clash, Stooges, Radio Birdman, Television, The X e una lista infinita di chitarristi dagli stili più svariati, ma riconducibili a un approccio che oggi direbbero "convenzionale", se non datato.
Ecco perché, pur non facendomi impazzire, il disco dei Dream Syndicate mi piace: accontenta quella parte di me che si predispone sempre all'apertura di orizzonti musicali "nuovi" o inusuali, ma allo stesso tempo mi rassicuro coltivando i musicisti coi quali mi sono formato e che non ho mai abbandonato, nemmeno nei momenti di massima apertura alle sperimentazioni.
Questo spazio è prezioso, perché personalmente mi mette a confronto con musiche, discorsi, vissuti che mi sono molto familiari, che ho vissuto profondamente. Certe volte si ha l'idea di entrare in una sorta di camera del tempo che ti riporta indietro come minimo di trent'anni. Ma non provo alcun imbbarazzo a farlo. La musica è bela in ogni decennio, forse in questi ultimi anni la qualità si è abbassata e tutto pare un qualcosa di estremamente omogeneo, inoltre i geni sono veramente pochi e se ci sono non li ho individuati.
Continuo a pensare che Akron Family, Modern Studies, Maccabees (scioltisi, purtroppo) e altri ancora siano nomi da seguire con grande interesse. Ma come posso dimenticare che i dischi che mi hanno fatto battere il cuore, negli ultimi anni, sono stati quelli di Iggy Pop? Che anche Neil Young, con tutti i limiti dell'età e dei problemi fisici continua a dare prove di vitalità e coerenza? Che Van Morrison sa scrivere ancora belle canzoni?
Oggi, con la mia famiglia, dopo due mesi siamo usciti a fare una passeggiata verso la spiaggia e mangiare qualcosa fuori (Cagliari permette un po' più di elasticità, rispetto ad altri luoghi). Cosa abbiamo ascoltato in macchina? Non il pur bel disco di FKA Twigs o gli Alah Las, ma... "Soulfire Live" di Little Steven. Allegria, vglia di vivere e un generale menefreghismo di non essere alla moda!
Quando uscirò una notte da solo, per raggiungere gli amici in qualche pub, ascolterò volentieri gli ultimi due dischi dei Dream Syndicate!
Ciao e scusate la mia solita prolissità...

bobrock ha detto...

Corrado le chitarre e la musica rock in genere non solo non sono piu' di moda (termine orrendo),ma hanno terminato (da tempo) il loro percorso creativo.
Se prendiamo come data di partenza il 1956 (ma potremmo anche andare un po piu' indietro, se non ricordo male nel 1949 Fats Domino è stato il primo ad utilizzare la parola rock )arriviamo alla fine del secolo scorso con un congruo numero di artisti, proposte e soluzioni innovative a cui dobbiamo molta riconoscenza. E oggettivamente è un bel lasso di tempo.
Negli ultimi venti anni il flusso creativo si è inevitabilmente spento, gli interessi dei giovani si sono moltiplicati, non mi metto a fare un discorso di sociologia ma i ragazzi oggi hanno stimoli e interessi differenti.
io sono conscio che la festa è finita ecco perche' continuo ad inseguire i rolling stones, e compagnia cantando perchè quando non ci saranno piu' (e mi duole dire manca proprio poco) non ci sarà piu' nessuno di quelle genera
zioni che hanno partorito musica pazzesca con una creatività infinita.E sono fortunato di essere riuscito a vivere una pezzo di tutto questo.
Come ti ho già detto mi piace la tua apertura mentale, sicuramente ti fara' apprezzare anche altro, ma all'insegnante di musica con la puzza sotto il naso bisognerebbe ricordare che le chitarre hanno salvato la vita a molti di noi ....jimmy page a zurigo 1980, al di meola/paco de lucia john Mc Laughin in un affollato palalido , Frank Zappa a redecesio, jeff Beck allo smeraldo....Adrian Belew palalido 1980...stevie ray vaughan al palatrussardi. . ma li avra mai ascoltati l'insegnante ??




Unknown2 ha detto...

Unknown2. Piano, a dare x morto il rock! Ci hanno già provato in tanti... Pensate solo all'uragano punk. Musicalmente ci ha lasciato pochino, specie quello british, ma che rivoluzione. Raso al suolo tutto, a parte i grandissimi, alcuni dei quali recuperati ad hoc (Iggy), ha permesso una incredibile rinascita...
Che poi la nascita vera non è proprio anni '50. Country, new orlean's jazz, ma soprattutto il BLUES, per non parlare dell'eterno pop(ular) o degli Appalachi sono radici profondissime e ineludibili x la ns musica, proteiforme quant'altre mai, e proprio x qs a basso rischio estinzione. Certo, magari con meno chitarre, e riuscendo a non piacere x nulla a dinosauri come me (che xaltro sopravvivono benissimo grazie allo sterminato patrimonio passato ma anche presente dei grandi che fecero la storia) ma sempre vivissimo e in movimento.
Lo testimoniano le ricerche di Corrado, e non prendiamocela x quell'insegnante, poverino. Lui sì imbalsamato senza speranza.
Gli direi di andare a vedersi qc di Ezio Bosso, un grande uomo cui tutti dovrebbero inchinarsi, direttore d'orchestra, compositore di livello internazionale... e bassista degli Statuto, che 30anni fa facevano reggae, anzi ska all'italiana. E mica se n'è mai vergognato, Cico, anzi!
Che la terra ti sia lieve, e grazie per il tuo messaggio

bobrock ha detto...

ciao Unknown2, io ho scelto il 1956 come data di partenza per il rock conscio che comunque quella data non fosse corretta.
Tu porti le lancette molto ma molto piu' indietro ma a questo punto si parla di musica popolare e di tutte le trasformazioni e mutazioni che sono avvenute.
la musica è un flusso ininterrotto di note che ha preso forme differenti, e che giocoforza per motivi prettamente commerciali ha avuto bisogno di essere catalogata e imbrigliata secondo alcune etichette.
Se ricordi bene negli anni 80' tra Costello/Joe jackson/sting facevano a gara per dire che il rock era morto. Poi è arrivato il grunge e ancora una decina d'anni di nuove proposte le abbiamo avute. ma adesso mi sembra proprio tutto fermo. da anni. Spero di essere contraddetto ma temo siamo agli sgoccioli. Mi auguro proprio nuove aperture. Ho ascoltato il disco dei DS alcune cose mi piacciono altre sono tirate troppo in lungo. Chissa' quella notte cosa hanno preso.....
NB: bella la tua dedica a Bosso, mi duole dire che lo conoscevo solo di fama, ma istintivamente guardandolo in faccia mi sembrava una bella persona.

Unknown2 ha detto...

Unknown2. Scusa Bob, arrivo con un po' di ritardo. Il senso del mio scritto era che forse ognuno di noi appassionati ha un' idea sua di rock, legata tantissimo all'età anagrafica e di conseguenza all'imprinting musicale subìto in età prepuberale. Io sono nato al rock nella seconda metà anni '60, e x me resta la golden age. Non starò a fare nomi, ci vorrebbero settimane. Ho seguito e amato visceralmente la mia musica leggendo religiosamente prima ciao2001 (sì, lo ammetto, e mi aiutò anche molto a capire ed amare l'ambiente, nonostante la sua impostazione più gossip che critica. Foto bellissime però) poi il Mucchio. La vita va avanti, lavoro e tutto il resto. Negli anni 90, con la nascita dell'hip hop e il voltafaccia editoriale del mucchio mi sono un po' disamorato, continuando a seguire solo alcuni dei miei artisti 'epocali' e la scena grunge, ma restando profondamente deluso da ciò che sentivo nelle radio e da quel che sparavano le classifiche. Non era + la mia musica. Solo per fare un esempio: gli U2. Dopo 'one' pochissime cose valide, x me, ed erano uno dei miei fari.
Poi a metà '00 libero da impegni lavorativi [scelta di vita: potevo ormai permettermelo e sono felice di aver mollato la professione a 50anni] ho riscoperto il Buscadero e uno stuolo di critici e di artisti che alla grande portavano avanti il 'mio' suono, ho capito che x me tutto ruotava intorno al blues, ho imparato ad ascoltare solo quel che mi piace, senza pretese enciclopediche, e sono felice con la mia musica.
Premessa troppo lunga e noiosa x ribadire che ognuno di noi ha una visione soggettiva del 'rock'. E ovviamente la mia vale quanto quella di chiunque altro.
Non voglio fare il ruffiano, ma hai diritto e ragione di delimitare i 'tuoi' confini di rock. Ed io i miei. E tutt'e 2 di godere come ricci ascoltandolo e parlandone fra appassionati.
Per salutare un altro grande falciato dal covid, ti dirò che ho riscoperto John Prine, artista sensibile e gentile. Ma non solo folk acustico x lui. Ascoltatevi, dopo aver letto il bell'articolo di G. Callieri sull'ultimo busca, il Live on Tour del 1997: una Lake Marie full band, chitarristica, poderosa e irresistibile, una Storm Windows toccante, una You Mean so Much to Me (non è quella di Bruce) struggente, da lacrime. Grandissimo.
Il rock è morto? Viva il rock!!!
Una volta pensavo che il critico rock fosse il mestiere + bello del mondo. Ora nn lo credo +: dovrei seguire ed ascoltare anche artisti che non amo, sforzandomi di essere obiettivo ed informato su tutta la loro produzione... Faticaccia. Arriverei forse ad odiare la musica che tanto amo e che ha avuto tanta importanza nella mia vita...
In conclusione: fai benissimo a portare avanti la tua idea di rock, ad ascoltare roba nuova, a cercare il santo graal del nuovo gruppo epocale. Magari sfrutterò i tuoi suggerimenti....
Io mi sono fermato, sto coi miei vecchietti. Piango John Prine ascoltando i suoi capolavori.
Buon rock a tutti, e Unicuique suum (a ciascuno il suo)