sabato 9 gennaio 2010

Like a Rolling Stone


Like a Rolling Stone

di
Gian Paolo Ragnoli detto Giambo

Francia del sud, anni ‘70
Lo so, lo so, qualsiasi idiota potrebbe dire c’ero anch’io, le backing vocals sono basse nel mix e non si distinguono chiaramente. Non ho mai capito se fosse stata una scelta stilistica di Keith e di Jimmy Miller o fosse capitato per caso, registrando nelle cantine di casa di Keith invece che in uno di quegli studi pazzeschi che gli Stones si sarebbero potuti permettere. Ma era un periodo strano, questo esilio francese, e il fatto che fossero quasi sempre quasi tutti strafatti contribuiva a dare alle cose un tocco surreale, a farti pensare che c’era un’accorta regia mentre invece le cose succedevano come al solito, come pare a loro, e noi stavamo lì a ricamarci sopra qualche disegno superiore, il tuo karma è negativo, amico, no , guarda, è solo che tu sei troppo fuori anche solo per capire l’espressione karma negativo, insomma dialoghi così, come un Corman girato a doppia velocità. Comunque c’ero anch’io, secondo voi il testo su Angela Davis chi l’ha scritto? Me ne stavo a Villefranche, guardavo il sole tramontare, bevevo Côtes du Rhône, aspettavo l’estate come se questo significasse che stavo facendo qualcosa di sensato. D’altra parte non mi capita quasi mai…

Keno’s ROLLING STONES Web Site

ROLLING STONES LYRICS SWEET BLACK ANGEL (aka Black Angel)
Mick Jagger wrote this song in support of Angela Davis, back when she was facing murder charges, using a text by Ted Malvern, a Nomansland poet friend of Gram Parsons who, in the Spring of ‘71, was living in the South of France, near the Keith’s mansion where the Stones recorded the most of Exile on Main Street. The song was recorded in one night, from midnight to six, the night between 20 and 21 March, 1971, the first day of Spring. The song was later released on Exile On Main Street in 1972. Lead Vocal & Harmonica: Mick Jagger Backing Vocals: Keith Richards, Gram Parsons, Ted Malvern Guitars: Keith Richards & Mick Taylor Bass: Bill Wyman Drums: Charlie Watts Marimbas: Richard “Didymus” Washington Percussion: Jimmy Miller

SWEET BLACK ANGEL
(M. Jagger/K. Richards) aka Black Angel (T. Malvern/M. Jagger/K.Richards)

Ho appeso al muro un angelo nero
E’ bella come un’attrice ma non è una star
E’ una prigioniera politica
E’ una sorella in catene
Perchè ha lottato per la libertà di tutti
I porci hanno tentato di piegarla
Ma non ci sono riusciti
Lei è un angelo nero
Non una schiava dei padroni
Sta contando i minuti
Sta contando i giorni
Aspetta di uscire per continuare la lotta
Liberiamo tutti i prigionieri del sistema
Liberiamo l’angelo nero

Questo testo lo scrissi di getto, per una rivista che usciva allora, The Red Mole, la dirigeva Tariq Alì e la pagava Vanessa Redgrave. Un po’ troppo trotzkista per i miei gusti, ma che”You can’t always get what you want” l’avevo già imparato. Angela, Angela Davis si chiamava l’angelo nero, era davvero bella come una star, ma era una professoressa, insegnava all’Ucla e, non so come mai, era amica di Lebowski. Siamo usciti insieme qualche volta, la guardavano tutti ma anche starla a sentire non era male. Era stata assistente di Marcuse, sapeva un sacco di cose, era marxista, femminista, incazzata ma sapeva anche essere divertente. Le piaceva Jim, naturalmente, ma in quel periodo lui era troppo sballato anche solo per metterla a fuoco correttamente sulla retina. Insomma, per farla breve c’era un’amica e una compagna in galera e si era creato un movimento di solidarietà intorno al suo caso, per cercare di tirarla fuori. Volevano appiopparle l’omicidio di un giudice, i porci.

Qualche tempo dopo ero nel sud della Francia, ad ammazzare il tempo a colpi di bottiglie di Côtes du Rhône quando a Villefranche incrociai in un caffè, La Fiancée du Pirate, Gram Parsons, che conoscevo dai tempi del giro folk, insieme a un tipo sconvolto che si presentò con impeccabile stile inglese, molto piacere, Keith Richards.
Keith aveva affittato una villa vicino a Villefranche e lì gli Stones stavano registrando il nuovo album, lontani dai guai londinesi, dal fisco, dagli arresti per droga, dal fantasma di Brian. Le cantine della villa erano state attrezzate a studio, c’erano Jimmy Miller, Andy e Glyn Johns, girava Robert Frank insieme a Dominique Tarlé, un fotografo francese che aveva fatto amicizia con gli Stones, e scattavano foto a tutti, Ian Stewart, Nicky Hopkins e un sacco di altri tizi erano pronti a suonare, in caso di bisogno. In realtà poi il vero “produttore” era Keith, anche se sempre strafatto quando era l’ora di suonare acquistava una lucidità sorprendente. Mick era spesso a Parigi, da Bianca, erano sposati da poco e lui sembrava più interessato alla sua vita privata che al disco da fare, ma alla fine arrivava in tempo per registrare la voce, un drink, un tiro e di nuovo via.

Una sera Keith suonava vecchi pezzi country con Gram, eravamo in giardino, stava cantando Send Me Back Home di Merle Haggard. Mi unii al coro, cantammo un po’ di vecchie cose, sapevano anche The Union Maid, Keith mi disse di aver sentito il Collettivo, una volta, bella voce quello col banjo, disse, ma mi sembra un po’ strano. Detto da Keith Richards…Arrivò anche Mick, appena tornato, come seguendo l’invito di Haggard. Tirò fuori una bottiglia di Château Latour, un sacchetto di Acapulco Gold (il ragazzo sapeva vivere, va detto), poi di colpo mi fissò e disse: ma non sei tu quello che ha scritto il testo su Angela Davis? Sì Mick, sono proprio io. Mick e Keith sembravano due a cui non fregasse assolutamente nulla del mondo esterno, ma ero già abbastanza vecchio da averne conosciuti altri che indossavano questa maschera di indifferenza come una corazza per difendersi dal dolore, dalle delusioni, dai tradimenti. Venne fuori che leggevano Red Mole, ogni tanto la finanziavano, conoscevano Tariq e la sua banda di trotzkisti internazionalisti. Mi venne una delle rare buone idee della mia vita, dissi a Mick: Hey, perchè non ci fai una canzone da quel testo? Avere gli Stones dalla nostra parte avrebbe un certo peso, non so se mi spiego. Avevo fumato troppo, cominciavo a sentirmi la testa pesante. Mick rispose: chi lo sa, Ted, potrebbe anche darsi…La notte dopo, a mezzanotte circa, Mick tirò fuori l’armonica e disse agli altri musicisti, gli Stones più Jimmy Miller e un altro percussionista, Didymus:
bene, stasera facciamo un pezzo nuovo, da un’idea di Ted, l’amico di Gram. Voi due potete cantare, se sapete le parole, disse rivolto a noi, ridacchiando assieme a Keith.
Poi partì il pezzo. Se l’erano già studiata, era quasi perfetta. Alla seconda take entrammo nel coro anche io e Gram, la canzone avrebbe potuto non finire mai, era un momento di gioia condivisa, fuori dallo spazio e dal tempo.
La seconda take poi fu pubblicata su Exile e quindi lì ci sono anch’io, ma soprattutto di lì a poco Angela fu scarcerata.
La rividi anni dopo, ad un corteo contro una delle tante guerre americane. Le raccontai la storia di Black Angel, lei mi guardò e disse: Ted, solo un anarchico piccolo borghese come te può pensare che mi abbiano liberato i Rolling Stones. Guardando la faccia da idiota che stavo facendo scoppiò a ridere e aggiunse: sei proprio scemo, Ted. Ti pare che direi sul serio una frase simile? Dai, andiamo a farci una birra, paghi tu, tanto sei amico degli Stones, sarai anche tu pieno di soldi…

Dopo molti anni mi tornò in mente questa storia e la scrissi per una rivista diretta da un amico irlandese, The Wild Rover. Pensavo fosse finita lì, ma pochi giorni dopo ricevetti una lettera da Villefranche, scritta da Madcap, un amico dei vecchi tempi.

Villefranche-sur-Mer (Alpes-Maritimes), le 3 juillet 2008
Mon vieux, ça c’est vraiment bizarre! J’ai reçu ton message pendant que je prenais mon pastis exactement au café de la Fiancée du Pirate de Villefranche: ça c’est un signe du destin incroyable. Je suis de passage ici, en train de me déplacer vers l’Atlantique: j’ai un rendez- vous demain à La Rochelle avec un étrange type qui m’a promis des trucs très intéressants pour ma recherche sur le période vendéen de Simenon (je suis payé par l’Université de Liège, ça va sans dire). J’ai passé tout la soirée de hier à parler du bon vieux temps avec Jannot, le patron du café, qui m’a montré quelque photo que lui avait donné Dominique à ce temps-là. Dans la première série on voit Keith avec une incroyable chemise hawaiienne et Anita ravissante dans sa robe blanche au centre d’un bordel de camionettes, de caisses et de cartons: peut-être que c’etait le jour de l’arrivée du RS Mobile Unit chez Keith. Dans la deuxième série on voit l’intérieur du café et ç’est facile de reconnaître Gram avec toi et une jolie femme qui rit avec vous (c’etait Tina Aumont, peut-être?). Le lieu n’est pas trop changé, l’enseigne de la bière Pelforth est toujours là. Derrière le zinc, à coté de l’affiche de Manuel Amoros en maillot bleu, il y a un exemplaire de Exile couvert de signatures (on peut lire très clairement: Ted, Charlie, Nicky…). Merde, ça fait du mal aussi de se plonger dans le passé. Bon, de toute façon ton message m’a fait vraiment plaisir. J’attends avec impatience ton nouveau livre à mon adresse bourguignon (6 rue Bocquillot, 89200 Avallon). Nathalie t’embrasse bien fort. Le carton de Chablis est toujours sur la rampe de lancement… Hasta siempre.

Madcap

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