martedì 24 dicembre 2019

40 LONG YEARS: on the road of MANDOLIN' BROTHERS

Quaranta anni di attività musicale continuando comunque ad avere un lavoro al di fuori della musica per poter vivere e coltivare la propria passione, è una impresa che almeno in Italia ha dell'eroico. Eppure i Mandolin' Brothers pur con qualche alto e basso sono arrivati indenni (quasi) e pimpanti alla soglia del 2020 sfoderando tra l'altro 6, il miglior disco, almeno per chi scrive, della loro lunga avventura. Formatisi nel 1979, in tempi assolutamente non sospetti, grazie alle intuizioni di Jimmy Ragazzon, armonicista e cantante amante di Dylan e Vietnam, e Paolo Canevari, eccellente chitarrista per lo più Fender, i quali si inventarono un duo acustico per supportare i concerti della Treves Blues Band. Suonavano blues acustico quasi per divertimento dopolavoristico ma l'introduzione due anni dopo di un bassista e di un batterista portò il combo ad abbracciare sonorità elettriche con l'orecchio rivolto ai classici del genere ma disposti ad allargarsi verso il rock dei cantautori elettrici americani e a quello che ancora non veniva chiamato americana ma semplicemente roots-rock.
 
Le prime testimonianze a livello di registrazione dicono di una presenza nella compilation Dixie In Rock (1985) a fianco di nomi quali Tolo Marton e la Baker Street Band ed una cassetta autoprodotta nel 1994 con l'eloquente titolo Roots & Roll. Ma bisogna aspettare il 2001 per avere il primo e vero CD dei Mandolin' Brothers. For Real vede Ragazzon e Canevari contornati dal chitarrista e mandolinista Bruno De Faveri, dal bassista Riccardo Fortin, dal batterista Daniele Negro,  quest'ultimo ancora uno dei perni della band, e dal fisarmonicista Stefano Cattaneo. Dodici tracce di roots & roll music come amano definirla loro, undici scritte da Ragazzon con l'aiuto a rotazione degli altri, più la cover di Willin' dei Little Feat, altra passione del leader che non mancherà mai di citare la band di Lowell George come una delle "fisse" del loro background, una influenza che è diventata una vera radice del loro suono tanto che il recente 6 si apre proprio con My Girl In Blue, un esplicito omaggio allo stile dei Feats.


 

Non è comunque in discesa la strada per i MB, il fatto di cantare in inglese in Italia non apre molte porte se non quella della nicchia degli appassionati del genere, che ormai in Italia si conoscono tutti dato il numero non certo da capogiro, e poi alcune vicende personali portano il gruppo a perdere qualche pezzo. Devono passare ben sette anni, trascorsi nella più dura gavetta di concerti nelle periferie del rock e del blues, per respirare una boccata di ossigeno rigeneratrice. Nel gennaio 2007 i MB sono difatti invitati negli Stati Uniti per alcuni concerti al Broward Center for the Performing Arts e al China White Club di Fort Lauderdale in Florida. Una relazione  quella con gli Stati Uniti che non si esaurisce lì ma conoscerà seguiti importanti. Nella primavera del 2009 i MB sono ad Austin, Texas per suonare e per registrare alcuni nuovi brani nello studio di Merel Bregante, storico batterista country-rock, collaborando con lo stesso, con Kenny Grimes, Doug Hudson, Carl Lo Schiavo (Sarah Pierce Band), Lynn Daniel, Cody Braun dei Reckless Kelly e Cindy Cashdollar ( Dylan e Van Morrison). Nel luglio dello stesso vincono le selezioni dell'International Blues Challenge con la possibilità di esibirsi davanti ad un pubblico entusiasta al New Daisey Theater e al BB King Blues Club di Memphis. Ci arrivano forti di un album, Still Got Dreams co-prodotto con Massimo Visentini, ingegnere del suono di Paolo Conte e con una formazione rinnovata. Accanto a Ragazzon, Canevari, Negro e Bruno De Faveri sono ora il preciso bassista Giuseppe "Joe"Barreca ed il funambolico Riccardo Maccabruni, musicista dalle cento iniziative che aggiungerà col piano, l'organo e soprattutto la fisarmonica una versatilità roots ancora più marcata nel variopinto sound della band. Lo si vede soprattutto nei live scoppiettanti e coinvolgenti che diventano il miglior biglietto da visita dei Mandolin', sul palco ci sanno fare dal punto di vista tecnico ma pure con l'impatto fisico e lo sfruttano creandosi un seguito di fedeli che assomiglia a quello dei Cheap Wine e dei Gang, una tribù che si sposta per divertirsi e condividere il loro messaggio assolutamente genuino. Così nel giro di un anno fanno uscire ben due dischi live.

 
Il primo 30 Lives! celebra i trentanni di attività con una selezione dei loro classici, in larga parte estratti da Still Got Dreams più un doveroso omaggio ai loro maestri David Crosby (Almost Cut My Air), Blind Willie Johnson e Fred McDowell (Dark Was The Night), Muddy Waters (Troubles No More), ancora i Feats di Dixie Chicken e i Neville Brothers di Iko Iko, il secondo, Moon Road-Usa 2010 registrato ad Austin, cronaca del loro viaggio negli Stati Uniti con brani inediti, invitati del luogo e set di immagini realizzato dal regista Piergiorgio Gay. I Mandolin' cominciano a raccogliere il frutto del loro tenace lavoro, nonostante alcuni eventi luttuosi incrinino il loro  ottimismo, ma è sul palco che si conquistano una rispettabilità che li rivela come il più brillante combo di americana esistente alle nostre latitudini. Sanno interagire l'uno con l'altro sfornando un crossover che fonde l'acuto songwriting del leader con suoni presi dal country-rock, dalle armonie west-coast in virtù di intrecci vocali plurimi, dal folk, dal blues, dallo swamp-rock e dalla roots music. Tra il 2012 ed il 2014 sono di scena al EuropaFest a Bucarest, al Folkest, al Narcao Blues Festival, a Windmill a Londra e nell'anniversario di pubblicazione di Highway 61 Revisited di Dylan nel 2015 allestiscono alcuni set dove suonano l'intero album. Ma il salto in avanti, discograficamente parlando, lo fanno quando sulla loro strada incontrano Jono Manson il quale cura e produce Far Out (2014) votato come secondo miglior album di rock italiano dal poll di lettori del Buscadero. Un album pieno, corposo, con una complessità sonora che beneficia di una line-up ormai definitiva e collaudata (al posto di De Faveri c'è la chitarra e il mandolino di Marco Rovino) e di guest di prestigio (John Popper con l'armonica, Cindy Cashdollar con la weissborn guitar, Jono Manson, Edward Abbiati), anche una sezione fiati che soffia potente in Hey Senorita, un titolo che sa di Willy DeVille. Un organico perfettamente sincronizzato ed un singer/songwriter capace di buttar giù canzoni con un taglio internazionale trovano nella produzione di Jono Manson quel quid di professionalità che conferisce al disco una qualità superiore. Che si riversa nei diversi aspetti, vocali, strumentali, di arrangiamento e di insieme. Ragione per cui nel 40esimo anniversario della loro "carriera" i MB  si rivolgondo ancora a Jono Manson per produrre 6, disco uscito da poco, presentato in anteprima il 30 novembre al Teatro 89 di Milano ed il 14 dicembre alla Parrocchia del Blues di Godiasco. Il 30 gennaio saranno in azione nell'amato SpazioMusica di Pavia.
6 è ancora più solido di Far Out pur essendone la naturale continuazione, avvalorata pure iconograficamente con una grafica delle copertine ed una scelta delle foto che rimanda all'immaginario country-rock americano degli anni 70, molto Flying Burrito Bros. per intenderci , con un tocco Dixie in più e senza le camicie di Gram Parsons. Un disco ed una estetica che immortala una band che è cresciuta in pubblico e sulla strada. A loro dire c''è voluto molta fatica e impegno per realizzare il nuovo lavoro ma ciò che esce è la fotografia perfettamente a fuoco di cosa siano oggi musicalmente i Mandolin' Brothers, con tutte le sfaccettature di un'orchestra rock che suona le radici dell'american music, dal southern mood alla Little Feat di My Girl In Blue all'heartland rock al sapore di Mellencamp di Down Here, dalla lenta e riflessiva It's Time segnata dal pianoforte di Maccabruni e dall'ottimo inciso di chitarra elettrica di Marco Rovino, agli scalpitanti Bottlerockets di Face The Music firmata dalla stesso Manson. Ma il menu è molto ricco perché le armonie rurali di A Sip of Life si accompagnano al folk sussurato blues di Lazy Day e l'urlo rock (l'inizio è alla Led Zeppelin) di Lost Love con la chitarra di Canevari in gran spolvero alle suggestioni The Band di If You Don't Stop dove fisarmonica e mandolino padroneggiano. E ancora l'intensa ballata rock Bad Nights impreziosita dall'Hammond di Maccabruni e dalla elettrica di Paolo Bonfanti, con la splendida cover di The Other Kind di Steve Earle, inno di resistenza e di "diversità" in cui i ragazzi si riconoscono. Sentirsi comunque dall'altra parte della strada, dopo 40 anni on the road, quaranta anni di canzoni uscite dalla propria anima rincorrendo ancora i sogni, con ancora molte cose da fare e ancora tante storie da raccontare, sono le parole con cui inizia 40 Long Years la canzone-autobiografica che chiude 6 e lascia aperta una meravigliosa avventura.
 
MAURO ZAMBELLINI   DICEMBRE 2019
















1 commento:

Mandolin' Brothers ha detto...

Grazie Mauro.Davvero grati per le tue parole.
Mandolin'Brothers