martedì 4 gennaio 2022

MY PLAYLIST 2021


 

Secondo anno in compagnia del Covid, concerti e festival saltati, il settore della cultura e dello spettacolo annichilito, tanti scomparsi, musicisti e non. Il tempo non aspetta nessuno, se ci si mette anche il virus è una strage. Che dire? Un anno di merda e l’orizzonte non è affatto luminoso. Cerchiamo di consolarci, un po’ se ci riusciamo, con i dischi e i libri e magari qualche film rubato a sporadiche e mascherate escursioni al cinema. Ho guardicchiato le classifiche di riviste musicali internazionali, pluripremiato è Ignorance di The Weather Station che altro non è che la cantautrice Tamara Lindeman. Nulla da obiettare, i gusti non si discutono ma se un disco così pallido vince la playlist di tanti magazine, c’è da riflettere sulla musica dei giorni nostri, o meglio sui giorni nostri, veramente miseri. Non voglio infilarmi nell’annoso dibattito se fosse meglio la musica del passato ma un disco come Ignorance, (ignoro i testi), nei decenni del secolo scorso sarebbe passato inosservato, al più sarebbe stato un outsider. Considerato l’identico ambiente di musica intimista, rarefatta, a metà via tra pop, rock, jazz e canzone d’autore provate a confrontarlo con un album come Shine di Joni Mitchell del 2007, quindi nemmeno troppo distante nel tempo, quest’ultimo lo sotterra. Come mandare il Venezia, di cui sono tifoso( dopo l’Inter si intende) a giocare contro il Manchester City.




Per fortuna non tutti esprimono le stesse classifiche e playlist, la mia è sempre stata definita tradizionalista ma l’età è quella che è, e non posso perdere troppo tempo dietro a dischi che nel giro di due/tre anni nessuno ricorda più. Si chiamano classici e ci sarà una ragione se anche con ristampe e concerti ritrovati fanno ancora sobbalzare dalle emozioni. Prendete ad esempio The Legendary 1979 No Nukes Concerts, chi ha suonato dal vivo come Bruce Springsteen e la E-Street Band tra il 1978 ed il 1981? Nessuno, forse solo Tom Petty e i suoi Heartbreakers in qualche tour e Neil Young coi Crazy Horse, per rimanere in quel contesto di rocker/songwriter and his band. Guardatevi il video del Madison Square Garden con uno Springsteen trentenne al massimo del suo vigore rocknrollistico, d’accordo che l’iniziativa era a favore delle energie alternative e contro il nucleare ma quello show con la E-Street Band è una devastante esplosione atomica.



Raffiche di vento, tempesta elettrica, mitragliate di chitarra ed una galoppata selvaggia come solo il bisonte Neil Young sa fare. Way Down in The Rust Bucket è lo spettacolare show del 13 novembre 1990 al Catlayst di Santa Cruz in California con i Crazy Horse durante il tour seguito alla pubblicazione di Ragged Glory. Rock n’ roll potente, visionario, furioso, crudo e psichedelico, altra deflagrazione atomica come quella di Bruce. Del canadese è uscito nell’anno appena trascorso, e ancora coi Crazy Horse,  l’album in studio Barn, ma sarebbe meglio dire in fattoria visto che è stato registrato in un casolare di legno sulle Montagne Rocciose, ed è un buon disco, non un capolavoro ma valevole d’acquisto, per chi scrive il suo miglior lavoro dai tempi di Psychedelic Pills. Ballate  dolenti dal sapore rurale, un po’ di nostalgia nelle melodie e taglienti accelerazioni elettriche. Una ballata, Welcome Back, che si candida tra i migliori brani dell’anno. A chiudere il triangolo non ci poteva essere che Bob Dylan che dopo aver sbancato le classifiche lo scorso anno con Rough and Rowdy Ways quest’anno partecipa ai giochi col Vol.16 delle Bootleg Series. Non sono un tossicodipendente di bootleg series, ovvero non tutte me le faccio anche se nutro una stima infinita per il Sig. Zimmerman ma Springtime in New York 1980-1985 è grandioso, con “scarti” che abbracciano tutto quello che c’è da sapere su Dylan ed il rock n’roll di quel periodo. I dylanologi rigorosi non l’hanno incensato come sono soliti fare e questo è un buon segno, ci sono tanti Dylan e ognuno ama il suo. Questo del Vol.16 a me fa impazzire, ruota attorno alla nascita nel 1983 a New York presso il Power Station Studio di Infidels, un disco rockato, metropolitano, oserei dire springsteeniano, ma ci sono anche out-takes del discutibile Shot of Love e del bistrattato Empire Burlesque. Il box di 5CD è una fotografia della fredda primavera newyorchese dei primi ottanta con brani come Don't Fall Apart Me Tonight, Blind and Willie McTell, Jokerman, New Danville Girl, Neighborhood Bully, Sweetheart Like You, Union Sundown, Too Late  in grado di mettere in ginocchio chiunque. Musicisti come la sezione ritmica reggae Ainsley Dunbar-Robbie Shakespeare, tastieristi come Alan Clark, chitarristi come Mark Knopfler e Mick Taylor, qui la arruffata poesia di strada di Dylan si veste di caotico, elettrico folk-rock urbano e diverse out-takes sono lì a dimostrare che un album come Empire Burlesque sarebbe stato altra cosa se gli scarti fossero stati preferiti ai tagli ufficiali. Rimanendo nel girone Leoni & Ristampe ricordo che Summer of Sorcery Live!  di Little Steven coi Disciples Soul è un triplo Cd live per ballare e cantare, divertente e sgarruppato, coloratissimo e garage, registrato al Beacon Theatre di New York nel novembre del 2019, e sempre da New York ma dal Madison Square Garden  arriva la sontuosa celebrazione di uno dei gruppi americani più amati di sempre, la Allman Brothers Band. I pochi rimasti e i tanti che hanno suonato con loro, da Derek Trucks a Warren Haynes, da Jaimoe a Chuck Leavell, da Otel Burbridge a Reese Wynans, sotto il nome di The Brothers due giorni prima che il mondo venisse messo in lockdown, hanno dato vita ad un evento unico, omaggiando la musica e le canzoni degli Allman con una performance da lasciare senza parole e senza fiato, parte del cui ricavato è andato a The Big House la fondazione creata nella casa di Vineville Ave. a Macon dove tra il 1970 ed il 1973 vissero gli Allman. Musica galattica tra rock, blues, soul, jazz e psichedelia, tutto in formato jam, raccolta in quattro CD. Ancora un disco live poco chiacchierato ma piacevolissimo, da suonare ad alto volume in macchina, è Breaking Ground cronaca di un concerto della Steve Miller Band nel Maryland il 3 agosto del 1977 subito dopo l’uscita del disco Book of Dreams. Insieme al superlativo Steve Miller c’è l’armonicista Norton Buffalo, lo show è brillante, blues e cosmic-rock con tutti i cavalli di battaglia della SMB e qualcosa di più, catturato in un momento topico della loro carriera.



Il più bell’album di scarti della storia del rock rimane Tattoo You originariamente pubblicato nel 1981 e quest’anno riedito con l’aggiunta di un Cd intitolato Lost and Found:Rarities ovvero altri nove scarti di album precedenti, alcuni davvero notevoli nel focalizzare quei Rolling Stones tra anni settanta e ottanta ancora sporchi, febbricitanti, sensuali.

Se questi sono i pesi lordi che non possono mancare, altri titoli, forse anche minori, tengono in piedi quella grande fabbrica di sogni che è il rock n’roll, ogni anno messa a dura prova da cambiamenti estetici e socioculturali. Per chi continua ad accontentarsi del benessere indotto da un cantante che si destreggia attorno a chitarre, basso, batteria e qualche tastiera, il 2021 non è stato avaro. John Paul Keith è un autentico sconosciuto che vive a Memphis e con The Rhythm of the City ha rinfrescato un sound che negli anni settanta era di casa in quella città grazie alle registrazioni della Hi Records e della Sun, ovvero un mix di soul, rockabilly e blues con un pizzico di pub-rock al servizio di una voce calda  e confidenziale. Molto più conosciuto è Dan Auerbach, leader dei Black Keys, che oltre ad essere artefice attraverso la sua etichetta personale Easy Eye Sound di una riscoperta del soul di stampo vintage, assieme all’amico Patrick Carney, al bassista Eric Deaton e al chitarrista Kenny Brown, ha realizzato un sentito tributo al Hills Country Blues, quel ramo di Delta blues tipico delle colline settentrionali del Mississippi, sbocciato tra Oxford e Holly Springs, i cui padri hanno i nomi di Fred Mc Dowell, Junior Kimbrough e R.L Burnside. Delta Kream dei Black Keys è spigoloso e forte, come un sorso di bourbon distillato clandestinamente, trasmette quel ruspante sapore della cucina down-home, è volutamente provinciale e dimostra quanto rispetto nutra verso le radici blues  uno dei gruppi di pop e rock più popolari degli Stati Uniti. Chapeau. Rimanendo nel circondario, proprio dalla citata scuderia di Auerbach, arriva il secondo disco di Robert Finley per la Easy Eye Sound ovvero Shorecrppper’s Son, nuovo attestato delle capacità del cantante di Bernice, Louisiana, dopo una vita avventurosa e sfortunata, di usare il suo falsetto per un southern soul che anche qui attinge al Hills Country Blues, alle spezie down-home e allo stile delle registrazioni  Muscle Shoals. Georgiano di Atlanta il venticinquenne Eddie 9V al secolo Brooks Mason Kelly, con Little Black Flies si rivela un astro nascente della musica del Sud di derivazione blues, anche se il suo spumeggiante cocktail prevede massicci innesti di soul  Stax, di rockabilly e funky n’roll. Un disco energico, brioso e zeppo di feeling per un cantante e chitarrista, ma Eddie 9V suona un sacco di strumenti, che, arrivato di giovanissimo sulla scena, sa come maneggiare gli insegnamenti dei grandi vecchi mettendoci dentro istinto, passione, cuore e quel pizzico di sporcizia che ci vuole. Siamo agli antipodi di Joe Bonamassa. 



Che il Sud-Est degli Stati Uniti continui a sventolare la bandiera di una musica autentica e di cuore lo dimostra la dedica che Jason Isbell, pur essendo nativo dell’Alabama, con i suoi 400 Unit ha rivolto allo stato della Georgia dopo che questo ha voltato le spalle a Trump ed è passato sotto l’egida democratica. Il suo è un disco di canzoni “georgiane” i cui proventi sono andati in beneficenza, Georgia Blue questo il titolo del disco presenta composizioni dei R.E.M, Black Crowes, Drivin’ N’ Cryin’, Otis Redding, James Brown, Cat Power, Vic Chesnutt, interpretati da Isbell con la sua band e con alcuni invitati. Particolare menzione per la resa di Midnight Train To Georgia con Britney Spencer e John Paul White ed una sfavillante in Memory of Elizabeth Reed con Peter Levin. Molto applaudito dalle riviste nostrane, e mi unisco al coro, il texano James McMurtry con The Horses and The Hounds è ritornato ai suoi momenti migliori dopo alcuni dischi piuttosto routinari, e mi va di segnalare anche Open Door Policy degli Hold Steady per chi ama le atmosfere dell’heartland rock di spirito blue collar. L’affettuoso ricordo per la prematura scomparsa del figlio,  Steve Earle lo ha scritto in J.T bell’omaggio alle canzoni dello scomparso con calde sfumature country e folk ed una Harlem River Blues da antologia, mentre su altri lidi l’errabondo songwriter Israel Nash ha raggiunto il suo personale highlight con il rarefatto rock cosmico di Topaz, immergendosi in quei paesaggi lisergici che furono del Jonathan Wilson di Gentle Spirit.  All’insegna di un rock-blues alla cartavetrata e di un sana attitudine blue-collar è Get Humble  degli Handsome Jack, trio dell’area newyorchese che non nasconde l’amore per i Creedence Clearwater Revival e per quelle band proletarie sorte su imitazione dei Faces. Ma un disco che ho ascoltato parecchio e mi ha sedotto per gentilezza melodica, per il clima estatico di certe armonie, per la serenità e la tranquillità che infonde è Other You di Steve Gunn, un autore ed un chitarrista originale seppur legato ai paesaggi di un folk-rock pastorale basato su un artigianale lavoro strumentale. Meno d’impatto rispetto ai precedenti Eyes On The Lines e The Unseen in Between, il nuovo disco conserva la circolarità di ballate che disegnano un loop emotivo fatto di suoni cristallini e visioni bucoliche. Other You è il mio disco (nuovo) del 2021.

Passando al panorama italiano, vivace e fertile, cito quattro lavori diametralmente diversi l’uno dall’altro. Me and The Devil della J.F Band che è riduttivo dire italiana visto la presenza del percussionista Jaimoe degli Allman, dei chitarristi David Grissom (Joe Ely e John Mellencamp),Scott Sharrard (Gregg Allman Band) e del bassista Joe Fonda, è un potente, jammato ed improvvisato melting di jazz-rock e blues dove spiccano spiritate e stravolte versioni di Robert Johnson ed una Spanish Moon trattata jazz in grado di resuscitare anche Lowell George. Al polo opposto Warriors Grow Up and Die di Luca Milani è un disco  riflessivo, intimista, di colori autunnali e  note languide che segna uno scarto in senso cantautorale nella sua discografia, stesso passo intentato anche da Maurizio Glielmo detto Gnola ma in quell’area in cui il songwriting si fonde col rock e col blues. Aiutato dai soliti pards, Gnola con Beggars and Liars avvia un percorso ai confini del roots-rock di scuola Hiatt e J.J Cale iniettandolo di melodie southern soul. Uno strappo ragionato rispetto agli shuffle con cui ha brillantemente costruito la sua avventura blues tra dischi in studio e concerti dal vivo. I marchigiani Gang continuano invece imperterriti sulla loro strada col produttore Jono Manson e con un pugno di canzoni (Ritorno al Fuoco) che tra storie d’Italia, sentimenti popolari, coerenza, folk e rock allunga la grande tradizione del canzoniere italiano di natura sociale.



Di documentari musicali mi va di ricordare Summer of Soul, tenuto nel dimenticatoio per 50 anni e testimone della Woodstock afroamericana svoltasi a Morris Mount Park ad Harlem negli stessi giorni della missione lunare Apollo e nello stesso anno del più celebrato festival rock. Uno spaccato dell’altra parte d America con la sua gioia, la sua cultura, i suoi colori, i suoi dolori ed il suo ritmo, mentre per quanto riguarda le letture consiglio Leadbelly di Edmond G.Addeo e Richard M.Garvin, Muddy Waters di Robert Gordon, Bees Wing di Richard Thompson, New York Rock di Steven Blush, Storie Sterrate di Marco Denti e The Allman Brothers Band-I Ribelli del Southern Rock che ho avuto il privilegio di leggere in anteprima. E’ tutto, speriamo in un anno migliore, ciao.

 

MAURO ZAMBELLINI

41 commenti:

Armando Chiechi ha detto...

Come sempre farò tesoro di queste segnalazioni li dove non sono riuscito a prendere i titoli ancora a me mancanti. Sul versante ristampe, archivi e Legacy nulla da dire e concordo sul valore quanto sull' entusiasmo che mi hanno suscitato i vari Young,Petty, Springsteen e Stones. Per quel che riguarda le novità di questo anno appena passato, ho veramente acquistato poco. Mi sono piaciuti il Ryan Adams dolente di " Wednesdays" quanto l'allegro ed euforico Little Steven dal vivo, compreso quello al Cavern con il particolare omaggio ai Beatles. Sul versante blues ho goduto con i Black Keys e Robert Finley ma devo ancora prendere i Gov't Mule. Recuperero' presto il Dylan di " Springtime...". Sul versante ristampe ho ricomprato volentieri il Chuck E.Weiss di " The Other Side Of Town" anche per sostituirlo ad una vecchia copia rovinata e i Buena Vista Social Club del 25mo anniversario. Per quel che riguarda il jazz invece mi son piaciuti gli inediti di Monk e Coltrane dal vivo e la retrospettiva Riverside su Bill Evans. Cinema purtroppo poco o niente ma ho trovato bellissimo il film dedicato al Festival di Porretta " A Soul Journey" andato in onda su Rai 5.Per i libri direi decisamente quello sugli Allman del nostro padrone di casa e poi ho chiuso il ciclo noir di Charles Willeford. Sul versante narrativa ho recuperato un vecchio e divertente titolo di Mark Twain " Wilson Testa di Rapa..." e regalato a mia moglie " Fiordo Profondo" di una scrittrice norvegese segnalato da Mauro sull'ultimo Buscadero e che presto anch'io leggerò.

Armando

Unknown2 ha detto...

Livio. Non posso che concordare sul valore delle riedizioni, e sul pallore dei dischi 'nuovi' rispetto ai ruggiti delle vecchie glorie. Ne abbiamo già parlato tanto fra noi, e il Prof ha riassunto ottimamente nomi, dischi e motivi.
Sul piano 'arti visive' potrei fare un discorso analogo: spesso ti cadono le braccia (e non solo quelle) e allora tanto vale rifugiarsi sui vecchi classici. Rivisto di recente con immutato gusto 'A qc piace caldo', ma anche 'Sabrina' e la 1a trilogia del 'Signore degli anelli'. Un versante immeritatamente poco esplorato mi pare invece quello delle serie tv, di cui parliamo troppo poco ma che ha un grande sviluppo, grazie al lockdown e alla diffusione dei vari pay channel. Io vedo solo sky, ma American Rust, ad es., mi è parsa notevole, ma anche La Tamburina (dal bel libro di Le Carrè), Possessions, Detective Reyka, City on a Hill,Baghdad Central, Coyote, Fargo, Gomorra, Le Bureau, Omicidio a Easttown, Chernobil (agghiacciante), e tante ne dimentico.
Libri: io pure sono un dipendente da noir\gialli e vorrei qui segnalare alcuni autori italiani che nulla invidiano ai + celebrati scrittori stranieri. Nè buona scrittura, nè intelligenza, ironia, umanità e trame solide e strutturate, con protagonisti toccanti e non banali. Ai già noti ma validissimi Manzini, Robecchi, Dazieri, Carlotto, De Silva, aggiungerei qui Christian Frascella, Davide Longo, Fulvio Ervas, Gigi Paoli, Salvo Toscano, Gianluca Ferraris, Piergiorgio Pulixi. Dategli una possibilità.

Unknown2 ha detto...

Livio. Commento a parte x il libro sugli Allman di M. Zambellini. Ne ho già parlato ampiamente, ma vorrei ribadire il mio giudizio: CONSIGLIATISSIMO!
Non sono mai stato un lecca...piedi, e non comincerò certo alla mia notevole età. Semplicemente, il piacere che ho provato divorandolo in 2\3 giorni non ha prezzo. E' scritto con passione, e con passione va fruito. Punto

Unknown2 ha detto...

Livio. Qui invece riparo a una dimenticanza: andate ogni tanto a vedere Rai5 e\o SkyArte. Facilmente troverete eccezionali film\video\documentari\concerti live dedicati alla nostra musica. L'altro giorno su rai5 una biografia (con molta musica) di Paul Butterfield e un doc. sul making of di Styripped (M. Scorsese e Rolling Stones). Un peccato andare a dormire

armando ha detto...

Hai proprio ragione Livio a proposito di cinema e sulle serie tv.Considerando restrizioni covid, quanto poco cinema di qualità arriva nelle sale ormai e la difficile reperibilità di certe pellicole se non su canali alternativi,la cosa migliore sembra come tu dici,rimediare sulle pay tv.Personalmente non mi sono ancora organizzato in merito e certe vecchie serie le ho recuperate non molti anni fa in dvd o magari viste in chiaro.Ricordo sempre con entusiasmo "True Detective" (la prima indimenticabile,la seconda trascurabile e la terza non male)e una western molto bella ( Hells on wheels) dai forti connotati storici.Durante il primo lockdown non mi è dispiaciuta " Gotham" anche se a volte aveva dei risvolti quasi splatter che si potevano anche evitare !?! A parte questo non sono molto informato sulle serie e spesso mi blocca il fatto o l'idea di doverle seguire con impegno,cosa che il cinema non ti costringe a fare...ma ripeto è soprattutto una mia mancanza. Considerando poi che paghiamo un canone per una tv che non offre nulla,siamo messi proprio male !?! Tolta Rai 5,Rai Storia e un pò Rai Movie quando non si ripetono troppo,c'e' veramente poco a sollevarti spirito e visioni.

Armando

Luigi ha detto...

Per fortuna abbiamo insistito con il prof per non farci mancare nemmeno quest'anno la solita carrellata su dischi libri e altro.
Molto bello l'articolo e soddisfazione da parte mia per aver trovato un altro estimatore degli Handsome jack autori ,per me ,del disco dell'anno(Get Humble) e vera e propria reincarnazione dei Creedence

Dannylloyd75 ha detto...

Bella lista,d'accordo su tutto.
Grandi gli Handsome Jack,che per me, fan assoluto dei Creedence,sono fra il meglio delle ultime uscite.
In italiano segnalo l'album di Andrea Parodi, davvero splendido.

Paul ha detto...

Concordo ragazzi su questa ennesima annata balorda che ha visto da una parte avare nuove uscite degne di nota e invece uno scrigno di pietre preziose arrivare dal passato e dintorni:
Nuove uscite: su tutti, per distacco il disco di james mcmurtry, davvero enorme. Tra gli inseguitori, peraltro su strade musicalmente lontane fra loro, ci metto il tenebroso e notturno ryan adams, l'acidamente cosmico israel nash e gli affidabili blackberry smoke. Cito con sorpresa anche il disco di Clapton, che mi ha piacevolmente impressionato per raffinatezza ed eleganza (non pensavo ma non è così lontano dal meraviglioso unplugged di 30 anni fa').
Ristampe: una valanga di musica meravigliosa, in ordine sparso: dell'incanto della qualità della bootleg series di Dylan, alla furia live irriproducibile dello springsteen di no nukes, dalla magia compositiva del Petty di wildflowers ai primi brucianti versi gracchianti dei Corvi Neri, dal quel combo di talenti puri del Buena vista social club, alla urgenza del cofanetto dei primi Georgia satellites.
Chiudo citando il meritorio tributo a quella cometa di talento che è stato neal casal: non tutto è indimenticabile ma è un prodotto fatto col cuore e qualche interpretazione è veramente significativa.
Senza ripetermi con i complimenti già fatti al prof. per la sua fatica allmaniana segnalo la nuova "soulshine" per l'anno nuovo: "Stubborn pride",nell'ultimo piacevolmente ruffiano disco della zac brown band che ha un intervento vocale e solistico di marcus king da pelle d'oca (zio warren ne sarà orgoglioso).
Se nuove restrizioni non si metteranno ancora in mezzo tra febbraio e marzo sarò sotto i palchi di blackberry smoke e di counting crowes....non nego una certa emozione mista ad ansia...a presto zambosheads

The tired banker ha detto...

Grazie MZ, era tanto che non ti leggevo o ascoltavo e mi rendo conto di quanti bei consigli mi sono perso

Unknown2 ha detto...

Livio. Armando: io sono un imbranato totale su internet, ma mi assicurano che uno smanettone nella media ti potrebbe far entrare nelle serie sky e netflix senza problemi. Certo, eticamente siamo al limite, ma non penso Rupert Murdoch cadrà in povertà x qs, tenendo anche conto che io lo foraggio da decenni con + di 100euri\mese... Lo steso dicasi x le piattaforme di streaming musicale: se pagano centinaia di milioni x i cataloghi delle star, potranno ben sopravvivere a un po' di 'sana' pirateria...
Bootleggers, roll your tapes!, come disse Bruce dal Roxy, L.A., quel magico 7 luglio '78. Taaaanti anni prima dei 550mln...
Fa piacere che grazie agli Handsome Jack si torni a parlare un po' degli immensi Creedence. Californiani ma del tutto estranei alla psichedelia, inanellarono una serie pazzesca di hit tra il '69 e il '71, pari solo a giganti quali Beach Boys, Beatles, Stones, Who, Zeppelin...
Poi, improvvisamente com'era sgorgato, il talento di John Fogerty si inaridì nei veleni con brother Tom e il famigerato boss della Fantasy, Saul Zaentz. Ehi, Prof! Un bel libro non ci starebbe male, mentre svaniscono i fumi di omicron...

Armando Chiechi ha detto...

Grazie Livio ma non ricorrerò a nessun smanettone ( bella battuta 😉) perché preferisco sempre pagarle le cose che possiedo e non mi sottrarro' se dovessi decidere di abbonarmi ad una di queste piattaforme. Seguirò i vostri suggerimenti sugli Handsome Jack, anche perché i Creedence sono una di quelle band che non ho mai smesso di amare e mi hanno sempre affascinato per quel mix di suggestioni sudiste e misteriose atmosfere voodoo. Fogerty è stato uno tra i più lucidi songwriters della sua generazione. Le sue songs contengono pochi accordi ma un cantato accattivante e ricco di sfumature. La loro maggiore qualità la precisione e una libertà che non ti puoi permettere,nel senso che se non rispetti la chiusura del verso e non casi in quella battuta sei perso. Insomma non puoi improvvisare, mai in quei 2/3 minuti vi è tutto un mondo !!

Armando

Zambo ha detto...

In quei 2/3 minuti vi è tutto un mondo.esattamente, forse è la ragione per cui non sono mai stato sedotto dal prog, 30 o 40 minuti di canzone, più fumo che arrosto. Ma sono tentato di prendere la ristampa in 4 cd degli affinity gruppo inglese definito prog ma piu vicino al jazz. Vedremo, intanto un grazie a tutti voi friend

Unknown2 ha detto...

Livio. Hai ragione Armando, anche a me piace pagare il giusto x ciò che consumo. Infatti, come ti dicevo, lo faccio da sempre con sky. In qs modo credo si apprezzi anche di + ciò che si acquista, visto che è frutto di denaro duramente guadagnato, e proprio x qs l'acquisto è anche attentamente ponderato.
C'è chi parla di 'pop' in merito ai pezzi sotto i 3minuti. Io credo invece che sia difficilissimo concentrare un capolavoro in 180secondi condizionati da un sacco di 'paletti' formali. Altro che pop (ammesso che il termine abbia necessariamente e sempre accezione negativa. Ricordate i Cars del compianto Ric Ocasek? Avercene!). Se 'Fortunate Son' è pop, allora beh, non ci capiamo. O 'I Need to Know', 'Satisfaction', 'Jealous Guy', 'Wouldn't it be Nice', o... continuate voi.
Concordo sull'allergia al progressive, e tenderei ad aggiungerci anche certe sbrodolate cosiddette 'psichedeliche', nonchè determinati eccessi narcisistici delle 'jam band'.
Wiwa i pezzi max di 5minuti, in cui è concentrato un mondo (esatto!) da godere senza respiro, e magari mettere in loop finchè dura la voglia.

Armando Chiechi ha detto...

Vero Livio...2/3 minuti non sono sinonimo di pop ne tantomeno i CCR sono country-rock come in Italia molti ancora pensano. Piuttosto direi i padri del rootsrock ma inutile specificarlo,almeno su questa pagina. Di pop penso che ce ne sia di bello ed elegante e mi vengono in mente i Beatles, i Beach Boys di Per Sounds che adoro e certe cose di Elvis Costello,giusto per fare qualche nome. Il progressive ai tempi del Mucchio per me indigesto, l'ho recuperato un po' tardi ma perché ritenevo giusto farmene un' idea e non ignorarlo completamente ma dei vari gruppi quelli che mi hanno sempre entusiasmato fino in fondo sono i King Crimson. La psichedelia americana e le jam bands invece le adoro,anche se a volte ed in alcuni momenti certe lungaggini sembrano più dei riempitivi o forse dipende anche dalla predisposizione all' ascolto che non tutti i giorni funziona.

Armando

Paul ha detto...

Non ne farei una questione priapistica di lunghezza: sarebbe il rock visto dai geometri (con buona pace della professione).
Lo spessore lirico, la qualità del suono e l'ispirazione compositiva determinano il valore del pezzo, difficilmente collocabile tra gli assi cartesiani di ascisse e ordinate.
Altrimenti dove li mettiamo una Dreams o una Mountain jam che molti di noi hanno sicuramente risentito recentemente sull'imbeccata zambelliniana??
Mica le bolleremo come prolisse composizioni autoreferenziali?

Armando Chiechi ha detto...

Certo Paul,il tuo ragionamento fila liscio e non si discute. Quelle presunte lungaggini da parte mia erano più che altro delle sensazioni riscontrabili solo in alcuni momenti e relative soprattutto
a quelle band di "nuova generazione", venute dopo gli Allman Brothers ecc.che a volte, sembrano faticare a chiudere dei lunghi soli. Ma a volte certe sensazioni le ho riscontrate pure in molti dischi dei
mitici Dead.
Adoro le jam bands in tutte le loro varianti e declinazioni,dai Grateful Dead agli Allman Brothers, da questi ai vari Phish, Gov't Mule, Dave Matthews Band.

Armando

Unknown2 ha detto...

Livio. Sacrosante le vs puntualizzazioni. Se la qualità è alta, ben venga un minutaggio 'large'. Di certo gli Allman sapevano mantenere il timone dritto anche nelle mezze ore di Elizabeth Reed. Il loro mitico groove non perdeva un colpo, e salda permaneva la coerenza ritmica, melodica e armonica dall'inizio alla fine. Per non dire di pezzi storici come Layla o Light My Fire o Hey Jude o Midnight Rambler, cui la lunghezza senza dubbio aggiunge, anzichè togliere.
Ma la qualità, la classe, l'ispirazione, il talento, in quanto tali non sono da tutti. Dal mio punto di vista (soggettivo e parziale, come ribadisco sempre, da appassionato + che esperto), mentre sui 3minuti in qualche modo è meno arduo uscire da un'aurea mediocritas, sul lungo percorso forse occorrerebbero una cultura e una preparazione di tipo jazzistico che a me mancano come fruitore, ma che temo facciano difetto anche a molti, troppi di coloro che negli anni si sono avventurati sulle 'lunghe distanze'.
Poi, tanto x smentire me stesso, almeno Allman e Mule anch'io li ascolto abitualmente con grandissimo diletto.
Come sempre, parliamo di gusti individuali, cercando faticosamente di stabilire dei paletti + o - condivisi che ci aiutino a distinguere nella massa l'oro dalla ferraglia. Mica facile

corrado ha detto...

Ciao a tutti, non proporrò,almeno per il momento la mia lista del 2021, ma prenderò spunto dalla prima parte del post di Mauro per fare altre considerazioni, sperando possano essere utili o quantomeno simpatiche da leggere.
L'altro giorno con mia moglie ci siamo fatti un regalo: un giradischi per vinili. Dopo oltre vent'anni ho potuto riprendere ad ascoltare i dischi con cui mi sono formato e il primo è stato, significativamente, "Harvest" di Neil Young. Il 18 marzo 1976 mia sorella lo aveva ricevuto in regalo dalle sue compagne di Terza media, io avevo 9 anni ed è stato il primo disco che ho ascoltato per davvero in casa mia. L'anno successivo sarebbe entrato in casa anche il numero 1 del "Mucchio Selvaggio", appunto perché aveva Neil Young in copertina. Da lì tutta la mia vita avrebbe preso un indirizzo ben preciso. Avevo dieci anni.
Questo episodio si ricollega a quanto scritto da Mauro nel suo post, riguardo ai tempi miseri che stiamo vivendo oggi, non solo per quanto concerne la musica che si produce, ma più in generale per la povertà di idee, proposte ed entusiasmo che si respira attualmente.
E dire che io ero pronto a fare la madame De Stael della situazione, per dire a noi, me compreso, che ci stiamo attardando a guardare al passato, mentre in giro per il mondo c'è tutto un brulicare di vita di idee, di entusiasmi.
Sennonché... Sennonché intorno a me negli ultimi anni non vedo nulla di nuovo, poco di interessante, pochissimo che mi possa un minimo scaldare il cuore. E finisco per pensarla allo stesso modo del nostro padrone di casa e di tutti voi. Per cui, davvero, le cose che mi hanno fatto maggiormente piacere sono state grosso modo quelle di cui si parla in questo spazio.
E rimpiango il periodo 1998-2015, che per le "nuove proposte" aveva visto uscire dischi come "Ok Computer" dei Radiohead, "Scraps at Midnight" di Mark Lanegan, "Moon Safari" degli Air, "Mark to prove It" dei Maccabees e, per l'Italia (a parte i Cheap Wine, fuori concorso) "La moda del lento" dei Baustelle, "Il nuovo mondo" del Teatro degli Orrori, "Socialismo tascabile" degli Offlaga Disco Pax.
Si tratta di grandi dischi, dei classici che mi piace ascoltare al pari dei grandi artisti dei quali discorriamo su questo blog. Il fatto che trovavo bello scoprire queste novità serviva anche per dire a me stesso che il mondo andava avanti lo stesso, senza ascoltare solamente i grandi classici del passato, Coi quali pure mi ero formato.
E ora non trovo un nome nuovo che possa minimamente essere accostato che so, ai Sonic Youth per i Novanta, agli Smiths per gli Ottanta, per non parlare di Springsteen, Waits, Petty, Clash, per i Settanta e prima ancora Dylan, Dead, Allman Brothers, Young, Velvet Underground, ecc.
Se il miglior disco del 2021, come ricorda Mauro è quello di una pallida imitatrice di Joni Mitchell, allora siamo proprio ben messi...
Voglio pensare che è tutta una congiuntura negativa, che prima o poi passerà, perché il mondo è sempre andato avanti, rinnovandosi senza dimenticare però il passato, che ci libereremo della metodica tendenza a scambiare il semplice intrattenimento (spesso anche mediocre) per arte. Credo che accadrà così, ma che ci vorrà del tempo e forse la nostra generazione non sarà in grado di coglierne interamente la portata. Staremo a vedere...

corrado ha detto...

E oltre a quelli citati prima, i Beatles i Rolling Stones, David Bowie, Van Morrison, Willie De Ville, J. J. Cale, Bob Marley i Television, i Joy Division, i Dream Syndicate, i Green on Red, John Cougar, gli Hüsker Du, Jesus and the Mary Chain, Julian Cope, Stray Cats, Los Lobos, Blasters, Jason and the Scorchers, Nick Cave,Jane's Addiction, i Moving Hearts Paul Weller, David Sylvian, Jeff Buckley, Radio Birdman... Giusto quelli che sto riordinando in questo momento dalla mia collezione di vinili, ma la lista potrebbe proseguire per ore

Armando Chiechi ha detto...

Per quel che mi riguarda e a proposito delle cosiddette novità,credo ci sia sempre qualcosa di interessante se si è curiosi e voglia di conoscere ma al tempo stesso nulla per cui gridare al miracolo o a qualcosa di veramente rivoluzionario. Gli anni zero ci hanno donato tanto, soprattutto sul versante Americana e New Southern, rinnovato e rinfrescato tutto il filone jam band, trovato nel blues un nuovo modo di contaminarsi ma forse l'unica novità rilevante credo sia stata parte della world music,anche se forse la novità può essere stata per noi, lontani dalle aree geografiche subsahariana e nordafricane !?! Poi alla fine l'età e un certo orecchio ormai smaliziato ti portano a rivedere tanto,passato e presente, a ridimensionare o ad esaminare musica come se fossi davanti ad un microscopio, oppure sono questi tempi tristi a non riuscire a farti sperare in un futuro e a riportarti indietro in quella stanza dove un tempo sfilavo da una busta un disco dei Doors, dei Rolling Stones o di Neil Young. Del domani nessuna certezza, spero solo di conservarne il cuore !!!?!

Armando

Unknown2 ha detto...

Livio. Anch'io anni fa dovetti riacquistare un giradischi, x non vanificare il patrimonio vinilico (e affettivo) accumulato in tanti anni. Anzi, fu uno dei primi acquisti online, visto che i negozi hi fi della mia zona non ne tenevano più ('è roba morta!' mi dicevano).
E pure io 'nacqui al rock' intorno ai 10anni, orecchiando in radio Satisfaction e Like a Rolling Stone. Una scossa elettrica, la prima scelta autonoma della mia vita, per di + osteggiata in famiglia, xchè, ai tempi, rock era sinonimo di droga, vizio, delinquenza. Era solo x (quel che credevano) il mio bene, naturalmente, e io volli dimostrare loro che si sbagliavano, aumentando l'impegno negli studi epperò mai + uscendo da quella felicissima dipendenza. Anzi, coinvolsi anche mio fratello, con cui iniziò una gara infinita su chi x primo acquistava, con la magra paghetta, il disco del momento (impensabile allora averne una copia x uno!). E di seguito 'Per voi giovani' in radio , e 'Ciao 2001' in edicola...
Certo avemmo la fortuna, me ne rendo conto oggi, di crescere davvero nella Golden Age of R'n'R. Sarà stato il dopoguerra, o non so che altro, ma vi fu un ribollire di tutte le arti, musica, letteratura, cinema, mai + rivisto, x quel che mi riguarda.
Oggi è tutto diverso. Se è vero che il 65% del mercato musicale è appannaggio di ristampe e deluxe (ri-ri-ri)edition, resta ben poco su cui costruire carriere nuove, miserrimi budget x investire su artisti promettenti. Nessun produttore visionario, ormai. Vanno solo sul 'sicuro' (???), ed ecco i famigerati talent, con quel che ne consegue.
Non vedo qc che possa catturare l'entusiasmo dei giovani come allora accadde alla mia generazione. Nessuno oggi perde il sonno o si ribella ai genitori x un disco, un concerto, una canzone. Peccato.
Auguro alle nuove generazioni di provare prima o poi un entusiasmo almeno simile a quello che scosse e bruciò me, allora.
Chissà, intanto i concerti di primavera sono in alto mare, e x portare le mie nipoti a vedere Springsteen dovrò forse attendere il 2023. Mah: tempi bui, nuvole nere sulla Terra di Mezzo...

Armando Chiechi ha detto...

Anch'io Livio ho fatto lo stesso anni fa. Poi la pandemia e il conseguente lockdown o una maggiore propensione a stare in casa rispetto a prima per ovvi motivi, ci hanno regalato più spazio da dedicare ai dischi nel tempo libero.Tanta roba ho ripreso a far girare,dischi che vedevo lì in un angolo e sognavo di poter riascoltare di nuovo, almeno quelli che non trovavo e non riprendevo in formato cd attraverso normali ristampe o in versioni Deluxe. Rimettere sul piatto " On Stage" di Loggins & Messina, i Quicksilver di " Happy Trails"," Jazz" di Ry Cooder ( mai trovato in CD),i Traffic o ancora vecchi vinili blues, oppure certi dischi Jazz della Blue Note o altri introvabili di Chet Baker, giusto per nominarne qualcuno,mi hanno regalato particolari emozioni, ma al tempo stesso credo sia anche un modo di attaccarci alla nostra gioventù e alla memoria, visto anche come di questi tempi la vita sia sempre più diventata così fragile ed un bene così prezioso che fino a qualche anno credevamo così scontata !?!

Armando

Luigi ha detto...

Mi piacerebbe condividere una riflessione storica.
In percentuale quante persone amavano la musica rock in tempi anche lontani in italia?
Sono un "giovane" che frequentava la scuola superiore nella seconda metà degli anni 70
Quasi sempre si usa dividere il decennio come progressive west cost nella prima metà e punk new wave nella seconda.
Per amore di verità e per esperienza personale le cose non andarono così.
La seconda metà dei seventies in termini di popolarità furono appannaggio della disco music.Si andava di Saturday night rever e similari ovunque ti girassi.
.
Nessuno in italia o quasi conosceva ad esempio Costello
Nick lowe o i mink de Ville o i Ramones.
Tutti al contrario la Disco ed i suoi derivati.
Ben lontano da essere un sostenitore di sonorità danzerecce mi piacerebbe ristabilire un po' di verità storica su quello che fu la musica popolare nel nostro paese.
Il ricordo nitido che ho io di quegli anni è un notevole isolamento in fatto di gusti musicali ed il rapporto numerico tra noi( pochi) rockettari e la massa che seguiva becero pop dance era impietoso.

Armando Chiechi ha detto...

Caro Luigi, la tua riflessione non fa una piega ma credo dipenda molto anche dall'eta, dai canali e vari mezzi d' informazione, dalla città in cui si è cresciuti e relativi punti in cui reperire certo materiale. LItalia non è mai stata un' isola felice ma quanta musica ci è stata " negata" prima che arrivassero i vari Mucchio Selvaggio e Buscadero ? E qui ci sta che si era già al 1977/'80 e forse si era già in ritardo per certe cose ma per altre invece nemmeno poi tanto. Ad ogni modo penso che anche se in ritardo meglio averle amate e conosciute che non averle assaporate affatto e di questo sarò sempre grato al nostro padrone di casa per avercelo fatte conoscere.

Armando

Unknown2 ha detto...

Livio. Vero. L'industria dell'intrattenimento, x coinvolgere sempre + consumatori, storicamente ha sempre teso ad annacquare i contenuti, a rendere innocui i messaggi, a normalizzare attori e fruitori. Ma è anche vero che chi nel rock ha sempre visto qc in + del puro entertainment non si è fatto sviare. Che poi dipendesse anche dall'ambiente circostante posso testimoniarlo personalmente: quando x motivi di studio stavo a Bologna (2a metà anni '70) non mi sentivo + una mosca bianca, ero parte di un branco!
X alcuni, sempre meno purtroppo, rock, letteratura, cinema, arti figurative sono (e sempre saranno) cibo x l'anima. X tanti altri (ma non mi sento di giudicare nè tantomeno condannare: dipende anche dalle possibilità che uno ha avuto di far crescere mente e cuore, oltre che indubbiamente da un'attitudine innata), x tanti altri, dicevo, erano e sono solo pura evasione, necessario anzi provvidenziale stacco dalle angosce della vita e del lavoro.
Quante battaglie, non sempre perse, ho combattuto quando 'la compagnia' doveva scegliere il film x il sabato sera: fra un vanzina e un montesano a volte riuscivo perfino a infilare uno Scorsese o un Bertolucci...
Poi in discoteca ci andavo anch'io, eccome, e ogni tanto qualche dj illuminato riusciva a piazzare Ramones, Deep Purple e Lou Reed in mezzo a tanta disco dance. Sorrisoni isolati fra gli astanti...
Comunque non avviliamoci: di Neil Young, Stones e Dylan si continuerà a parlare x mooolto tempo, di boney m e amanda lear un po' meno

Zambo ha detto...

Ho avuto una gioventù fortunata, a 16 o 17 anni il mio compagno di banco all'Istituto Tecnico mi fece conoscere i Lovin Spoonful, io ero passato attraverso il beat italiano di Rokes, Corvi ed Equipe 84 (ma mi è sempre piaciuto Battisti) e presi alla Fiera di Senigallia a Milano i 45 giri di Barbara Ann dei Beach Boys e Like a Rolling Stone di Dylan. Era il 1967 e durante una bigiata da scuola andai alla Ricordi di Milano che aveva alcune cabine per ascoltare i dischi, stetti tutta la mattinata ed uscii dal negozio con in mano il primo album dei Doors. Alla Ricordi tornai spesso durante le bigiate, dividendola con il Cinema Meravigli che alla mattina dava film di seconda visione ( al tempo c'era pure quella) ma bisognava stare ben abbottonati perchè sia il Meravigli che il Centrale era popolato da guardoni e sessualmente diversi. Tempi felici, poi da Carù presi Cheap Thrills di Janis Joplin e Boogie with Canned Head ma la fortuna era anche frequentare un cerchio di amici con gli stessi gusti. Ci si trovava al sabato in uno scantinato dopo che la settimana ognuno aveva frequentato le proprie scuole ed il collegio e si mettevano in comune i dischi, cosi c'erano 45 giri che usavamo per ballare nella festicciola a luci spente con le amichette della nostra età, e poi album dei Rolling Stones, Beatles, Kinks, Yardbirds, Cream, soprattutto roba inglese prima di attraversare l'Atlantico con Byrds e Buffalo Springfield , che avvenne quando ormai eravamo maggiorenni. Fece scalpore sia Sgt.Pepper che Goin Home degli Stones che durava una lunghezza fuori dal comune. Quando arrivò il tempo dell'Università ognuno prese la sua strada, chi coi Beatles, chi con Zappa, chi col blues di Mayall, chi con gli Stones, chi con gli acidi. Quelli che mollarono si fidanzarono e si sposarono presto, altri abbracciarono la politica (di sinistra), io riuscii abilmente ad unire anarchia e allman brothers.

corrado ha detto...

Un bel racconto, che richiama alcuni ricordi che ho fatto in tempo a conoscere pure io, come le cabine di ascolto dei negozi di dischi. Ognuno di noi ha visto cambiare la sua vita grazie anche a momenti brevi e imprevedibili, per forza che poi ci segnano indelebilmente. Bello bello bello!

Unknown2 ha detto...

Livio. Grande Prof. Mi hai fatto tornare in mente la 'tavernetta' allestita nello scantinato di un amico, dove anche noi imparavamo i rudimenti degli approcci col gentil sesso alle note suadenti di 'Samba pa ti' o ci scatenavamo con 'Travelin' Band'. Anche lì ero il più estremista in fatto di musica, e a Pappalardo e Marcella Bella opponevo Animals (House of t.r.s.) e Joe Cocker (With a Little help fmf, versione Woodstock con l'urlo, durante il quale era consentito stringere un po' di + la gentile partner!).
Più di 50anni fa, ma sono ancora + o meno in contatto con i (e le) protagonisti\e di quell'avventura, perchè anche noi, al di fuori dei 'festini', come ambiziosamente li chiamavamo, del sabato sera\domenica pomeriggio, ci ritrovavamo spesso x cazzeggiare ma anche parlare di cose serie, conoscerci, vivere la ns adolescenza. Insomma, uno spazio nostro, allestito e arredato e soprattutto autogestito da noi, con la nostra musica, i nostri pensieri, le speranze x il futuro.
Il tutto durò non + di 2 o 3 anni, xchè poi ognuno ha seguito la sua strada, ma ci ha segnato profondamente e tuttora lo riviviamo con immutato piacere.
Che bello. Auguro agli adolescenti di oggi, con tutto il cuore, qc di simile

Armando Chiechi ha detto...

Belli i vostri racconti e preziosi ricordi, dove credo ognuno di noi, con piccole variazioni possa riconoscersi. Da parte mia.. le mie prime passioni musicali furono verso la West Coast in tutte le sue forme e il British Blues con i vari Bluesbreakers, Clapton ecc. Da lì risalii ai padri del blues e contemporaneamente scoprii Dylan, gli Stones, Bob Seeger e il Southern Rock.Nel frattempo durante questa fame di musica e prima del Mucchio Selvaggio, sfogliavo Popster e Ciao 2001, ma mi sentivo come un 👽 alieno, quando con quella cerchia di amici più fidati mi recavo alle feste o in casa di nostri coetanei.Con l'uscita del Mucchio Selvaggio e Buscadero mi sentii meno solo e felice che in Italia non ero l'unico ad amare tutta quella musica.

Armando

Luigi ha detto...

Non c'è bisogno di promuovere qui il nome di john mellencamp.
C'è però bisogno di sottolineare che questa volta ha fatto un disco bello ed importante. Non influisce più di tanto la presenza di springsteen apprezzabile ma marginale,il valore sta nelle canzoni,nella voce splendida ed adattissima al mood del disco,nei suoni giustamente misurati .
Per me un buonissimo album.
Ascoltatelo,godetevelo e via al dibattito......

corrado ha detto...

Per me già il fatto che dei settantenni, pur fra alti e bassi, continuino a scrivere qualche buona canzone basta e avanza. Così per Springsteen, così per il gradevole ultimo Mellencamp, per il sempre battagliero Young e per altri, ancora, non molti in verità.
E a proposito di altri, la nostra Lucinda Williams, ripresasi dal grave problema di salute, sta tornando a esibirsi, anche se il perdurare del covid l'ha costretta a tagliare alcuni concerti.
E sempre a proposito di "vecchietti", i MOVING HEARTS. Ho deciso di prendermi una pausa dalle mie pubblicazioni medievistiche e scrivere finalmente il libro su di loro che per molto tempo ho tenuto fermo... Una delle più trascurate ma significative rock band europee degli ultimi 40 anni. Per scriverlo spero di non metterci 40 anni anch'io...

Unknown2 ha detto...

Livio. Concordo: bello e significativo il nuovo Mellencamp, e quasi ininfluente l'apporto springsteeniano, forse + un supporto spirituale, o ideologico, ecco. Detto ciò io preferisco ancora il John 'Cougar', quello + rock, e vorrei avesse usato meglio due chitarre come Andy Yorke e Mike Wanchic. Non a caso una delle mie preferite è Did you say... Ma comprendo, apprezzo e ammiro Mellencamp per essersi evoluto verso una purezza folk che gli fa onore, e di certo non lo arricchisce.
Ecco una possibile strada x lo Springsteen futuro. Prima o poi pure lui dovrà muoversi in una direzione + intima, riflessiva, consapevole e consona all'età che avanza, senza dimenticare che con i tre dischi acustici e le Seeger Sessions ha ben dato prova di mente aperta e cuore grande. Riuscirà a staccarsi da quel che resta della sua E-Street Band?
Ai postumi, diceva un amico mio....
Corrado: dài, i Moving Hearts!!! Mio fratello li adorava, e Faithful Departed è anche x me una delle + belle canzoni di sempre. Solo, non vorrei fare il bastian contrario, ma non vedo molto 'mercato' in Italia x un libro su di loro... Augurissimi, comunque, e di certo sarò tra i primi acquirenti (versione kindle, mi raccomando!).
E a proposito di Kindle: la nuova fatica di Marco Denti su Neil Young ha un prezzo per la versione e-book di circa il 50% superiore ai + celebrati blockbuster: ma perchè??? Sia chiaro, in assoluto è una cifra comunque accessibile a tutti, ma non mi pare qs il modo di promuovere al meglio un critico attento e preparato e un artista nel cuore di tutti noi.
Il libro del Prof sugli Allman costa 1\3 in meno, pur non essendo meno valido. Mah, misteri editoriali...

corrado ha detto...

Ragazzi, io temo che con i libri a tema musicale qui nessuno si arricchisca... Ma preferisco così! D'altronde ho visto pochi soldi anche col Medioevo...

Armando Chiechi ha detto...

C'è sempre tanto da prendere e a tentarci.
Mi intriga molto il libro di Denti su Young come a suo tempo mi stuzzicò e soddisfò quello di Stefano Frollano sempre sul loner.Mellencamp è sempre una garanzia e ospiti o meno,solitamente un pensierino su lo faccio sempre !!

Armando

Zambo ha detto...

Livio, John Mellencamp questa strada l'ha intrapresa tanto tampo fa, almeno dai tempi di Rough Harvest, andando a fondo della tradizione folk e bluesy americana pur con testi, suoi, riflettenti l'odierno vivere. Ha lavorato, ha studiato, si è portato appresso musicisti di vaglia e fedeli, quando ha cambiato batterista ne ha trovato uno che al rock tuonante di Aronoff fosse congeniale al suo mood. E' stato lontano dai riflettori, si è immerso nella cosa che sa fare meglio, la musica. Mi sembra non abbia fatto la stessa strada Springsteen, ha coltivato la sua immagine, ci ha spaccato più volte i maroni sempre sulla stessa storia del padre, ha reso nota la su depressione, ha fatto due giri a Broadway sempre con le stesse canzoni e le stesse storie, è diventato un portavoce politico dimenticandosi della musica perchè a parte i tre pezzi di un tempo anche Letter To You col senno di poi è solo un dischetto di rock mainstream. Non è mai riuscito a scegliere un produttore come si vede, cosa che deve aver deluso anche lo stesso Little Steven. Non ha mai approfondito la musica, non ha mai studiato, ricercato, vorrei sbagliarmi ma si è fermato solo su se stesso.

corrado ha detto...

Credo che sia in buona parte così. Diciamo che ha scelto di essere un mito del rock, ma con una sua onestà di fondo, cosa da non disprezzare

Armando Chiechi ha detto...

Non per allungare il brodo e nemmeno per tediare nessuno, ma stimolato da questo confronto tra Mauro e gli amici su Mellencamp-Springsteen,mi riconosco in quello che dice il nostro Zambo, seppur a volte fa male pensarci. Ad ogni modo però ritengo, non che Springsteen non abbia studiato,solo si sia stancato e arenato in un'area autocelebrativa inutile. Le Seeger Session hanno dimostrato il loro potenziale e dove poteva eventualmente sviluppare un cammino parallelo proprio al Mellencamp degli ultimi anni, con tutte le differenze e affinità possibili. Solo questo, poi se dovesse tornare di nuovo sulle strade della " Vecchia Repubblica" ne sarò felice !!

Armando

Unknown2 ha detto...

Livio. Mah, secondo me Mellencamp ha iniziato a impegnarsi in favore dei farmer del midwest, taglieggiati dalle banche e flagellati da un tempo atmosferico straordinariamente inclemente, fin dai tempi di Scarecrow, 1985, e allora faceva del Rock potente ed elettrico con Kenny Aronoff (uno dei drummer che preferisco, anche con John Fogerty, Willie Nelson, Bob Seger, Alice Cooper, Smashing Pumpkins,etc etc) ai tamburi, e chitarre, oltre a Yorke e Wanchic, come David Grissom e Larry Crane. Dico solo che preferisco il Mellencamp rock a quello folk\americana. Dieci anni con la Mercury hanno prodotto un capolavoro come Lonesome Jubilee, ma anche dischi degnissimi come Big Daddy, Whenever... e Human Wheels.
Ribadisco l'ammirazione per la successiva produzione Columbia (con l'intermezzo di Rough Harvest, Mercury, x obblighi contrattuali), stimatissima dalla critica mondiale, ma la protesta e l'impegno civile possono ben vestire anche l'elettricità del rock, e di esempi ne avremmo a bizzeffe, ognuno citi i suoi preferiti. Tutto qua. Alla fine, come sempre, di gusti personali si tratta, e ben venga se non sempre coincidono: che dibattito sarebbe altrimenti?
Springsteen: ho già detto in passato sulla povertà di Broadway carta carbone addirittura x 2cicli, o sulla delusione x l'autobiografia che avrei voluto centrata su musica e storia del rock, quando si è ridotta invece quasi solo a un (umanissimo, x carità) outing sui suoi problemi psichici. Però personalmente non posso disconoscere il coraggio di Nebraska, Tom Joad e Devils and Dust e la gioia pura del Seeger Tour. Vero che tra Morello, Byrne e via discorrendo non ha imbroccato un produttore 'giusto', ma non sparerei su Letter. Credo che I'll see you... la urleremo tutti in coro, se e quando tornerà su un palco, e penso che avere pezzi 'vecchi' (ma quasi sconosciuti) come i tre sull'ultimo disco sia un pregio, non un difetto. Viste le vendite, avrebbe potuto benissimo continuare sul genere Western Stars, e allora sì che sarebbero stati guai...
Mi ripeto, ma credo che Bruce sia troppo 'dipendente' dall'affetto e dall'approvazione dei suoi fans, e pertanto non penso, purtroppo, che vedremo grandi sconquassi nel suo sound. O meglio, ci saranno dei cambiamenti sì, ma come sempre in passato prontamente seguiti da un rapido ritorno al suono (mainstream, senza dubbio) di una E-St. Bd sempre + imbolsita e ingessata. Proprio come lui, certo, ma anche come me, e io lo amo anche x qs.
Quanto sopra è solo opinione personale criticabilissima di un appassionato senza pretesa alcuna. Sono portatore di un punto di vista, non di un giudizio, e continuo a riconoscere al Padrone di Casa il diritto e il dovere di riprendermi quando, secondo lui, sgarro. Ma + di 50anni di ascolto appassionato non li posso reprimere facilmente.
E qui mi sento a casa xchè non vige il pensiero unico, ma solo tanto rispetto reciproco.
Sempre e comunque Rock On!

Armando Chiechi ha detto...

Concordo Livio, i gusti e le opinioni sono sacrosanti e fortunatamente in questo spazio vige un confronto civile ed umano che in certi talk-show politici se lo sognano ! Per il momento stringiamoci quello che di buono abbiamo avuto e quello che ci capita al momento...poi solo il tempo potrà dirci cosa ne sarà !?

Armando

Armando Chiechi ha detto...
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Armando Chiechi ha detto...

Ho dedicato un preascolto all'ultimo di Mellencamp e così di getto l'ho trovato bello dalla prima all'ultima traccia. Grande disco. Seppur un po' in ritardo, ho preso anche " Heavy Load Blues" dei Gov't Mule ( ringrazio Bob per il consiglio) e mi ripropongo di ascoltarlo con più calma domani mattina,così colgo l'occasione di ascoltare anche il bonus disc tutto live. Ad una mia prima impressione è chiaramente un disco blues, ma dove i nostri non dimenticano in certi brani l'attitudine tipica di una jam band,dilatando il suono per non essere confinati in un canonico modo di suonare le 12 battute, ma ad ogni modo voglio risentirlo e mi ripropongo di farlo attentamente !!

Buon weekend a tutti !!

Armando

Armando