Autore in precedenza di due album, Bone River Blues (2020) e Night Lore Blues (2021) Bonny Jack si rivela personaggio eclettico nel panorama blues e lo dimostra con questo Somewhere, Nowhere dove il linguaggio delle dodici battute fa da sfondo a ben altre contaminazioni. Intenso e suggestivo, l'album è un personale viaggio all'interno dell'universo sonoro dell'autore, il quale non manca di sorprendere per la capacità di adattare le sue radici blues ad una gamma di atmosfere che portano l'ascoltatore in un mondo esoterico fatto di visioni notturne e suoni che si dipanano tra folk, roots, country, rock e spiritual. L'atteggiamento di Bonny Jack è quello dello sciamano che mischia i vari intrugli in una pozione magica per far accedere l'ascoltatore in villaggi rurali persi in un western desertico dove serrati riff chitarristici si sposano con banjo, violino, fisarmonica, scacciapensieri, ritmiche, in un collante dal potere trance. Eppure si è in una dimensione pressoché acustica di blues primitivo ma le dodici canzoni hanno il vigore di trasportarci in un mondo altro, quel mondo che anni fa fu meravigliosamente esplorato dai 16 Horsepower e che Bonny Jack resuscita cantando nenie, ballate, filastrocche, canzoni che si appiccicano addosso e rendono prigionieri. L'ambientazione notturna e il decor esoterico sono evidenziate dalla grafica del foglio interno al disco dove accanto a colori terrei e teschi rituali spiccano i titoli, alcuni dei quali (Damajuana, Mexican Standoff) non nascondono i riferimenti a quel Messico misterioso di calaveras e sugar skulls che nella cultura regionale sono celebrati nel Dia de Muertos e che tanto hanno ispirato l'iconografia di molte band della Southern California e Tex-Mex.
Bonny Jack è abile a mantenere equilibrio, a cominciare da Uncle Jack e Carnival Valley lo spiritismo che le canzoni emanano non è mai un pachuco kitsch, c'è maturità sia nello storytelling che narra la sospensione tra vita e morte, sia in quel suono di frontiera che sa flettersi a seconda dei momenti al blues o al folk, al rock desertico e al gothic-country. La generale estetica dark delle storie quasi contrasta con la voce pulita e immersa nel mood di Bonny Jack che nei meandri della musica americana sembra esserci nato. Farsi rapire da questo piccolo gioiello made in Italy è solo questione di ascolti, poi dalla bellissima Tell Me al gotico sudista Me & My Allies, dalle trombe mariachi in salsa walzer di Mexican Standoff al Delta di Mother Moon, dalle voci in simbiosi di Devil's Saddle canto di lontane leggende sepolte dalla polvere alla cavalcata di Post Apocalypse Song, la sensazione è quella di trovarsi in un film che si è già visto ma adesso ritorna in tutto il suo fascino. Da qualche parte, nel nulla.
MAURO ZAMBELLINI AGOSTO 2025
15 commenti:
Livio. Bella scoperta. Matteo Senese, one man band (in origine batterista) ci regala un mix intrigante di Appalachi, taranta e Americana. Pare che il nome d'arte derivi da due famosi pirati...
Voce acuta e limpida, testi in inglese; tappeto strumentale estremamente vario e intrigante.
Atmosfere forse avvicinabili a tratti al bellissimo doppio Cruel Country (Wilco, 2022). Tanto x capirci.
Da sentire, assolutamente.
Intrigante la copertina e fa piacere sapere di una band nostrana. Ricordo con piacere non molti anni fa i Guano Padano rifarsi a certe sonorità care ai Calexico ma mostrando al contempo una propria personalità.Leggendo la tua recensione ci troviamo di fronte ad un lavoro che nulla ha da invidiare a certe grandi band d'oltreoceano o altrettanti songwriters in odore di border. Grazie Mauro...
Parlando delle nostre passioni è difficile a volte stare dietro a tutto o perlomeno a quelle cose che in un certo qual modo ci coinvolgono. L' età gioca spesso con prepotenza e a gamba tesa ma è altrettanto vero che la curiosità è il migliore antidoto per non farsi abbattere dalla nostalgia e dal dire quasi in automatico che i bei dischi di una volta non ci sono più!?! Spesso però mi trovo nel bel mezzo con la sensazione di non riuscire a capire quanto un ascolto odierno durerà nel tempo e se quel determinato lavoro sarà riascoltato e per quanto ancora. Ora i gusti sono strettamente personali ma in questi giorni mi è capitato tra le mani l'ultimo lavoro di Mary Chapin Carpenter " Personal Hystory" e dopo il primo ascolto ho avuto la sensazione di trovarmi davanti ad un dischetto che sicuramente saprà veleggiare attraverso le stagioni. Disco dalle tinte autunnali e non più strettamente legato a quella area country folk che l' ha resa nota agli appassionati. Per le visioni invece se siete abbonati a Netflix consiglio il bel documentario in tre episodi " Kathrina" : l'Uragano vent'anni dopo prodotto da Spike Lee,intrigante ed appassionante. Per le letture invece mi porto dietro da mesi un bel " mattone" *( solo per il formato..900 e passa pagine) " Lonesome Dove" di Larry McMurtry, libro preso in ritardo per poter rispettare in ordine cronologico e partire dal prequel " Il cammino del morto" uscito lo scorso anno .
Livio. Sì Armando, hai ragione. Nel mio caso è un po' la pigrizia, il calore della comfort zone dei dischi + o - vecchi che conosco e so essermi piaciuti (abilmente vellicata dalle major che producono superbox sempre+ costosi e in gran parte inutili ma allettanti),
ma, ammettiamolo, anche la desolante constatazione che di roba veramente buona ne esce sempre meno!
The golden age of rock 'n' roll (Mott the Hoople, 1974) se n' è ormai andata insieme alla mia giovinezza: tanto vale prenderne atto con abnegazione e affidarsi all'enorme mole di ottimi prodotti usciti nei decenni passati. Anche il ns Buscadero, mi pare, pigia molto (e fa bene) sul passato glorioso + che sul presente periglioso...
Poi leggiamo con fedeltà il giornale anche xchè ci vengano segnalate le poche ma buone novità!
Sul fronte visivo io ho sky, e la proposta è sempre meno ricca, con repliche a iosa. Anche qua è forse la pigrizia che mi impedisce un cambio radicale. Devo anche dire che ho provato netflix x un paio d'anni, rimanendo profondamente deluso da film e serie autoprodotti. Mi rifugio sempre + spesso su roba già vista e semidimenticata. Registro con mysky dalle tv commerciali e durante la visione faccio scorrere fast la pubblicità mefitica che ormai impesta non solo la tv ma anche e soprattutto il web...
Restano i libri, e quelli, se scegli bene gli autori, non deludono quasi mai.
Mi permetto di segnalare Mick Herron, inglese, autore di spy del 21° secolo: classe superiore, scrittura eccellente, rivitalizza un genere che pareva defunto dopo il crollo del Muro. La serie Jackson Lamb è da non perdere.
Condivido il tuo entusiasmo x Larry McMurtry. Se vuoi seguire la cronologia dopo "Il Cammino Del Morto"(544 pagg) viene "Luna Comanche" (908 pagg), poi "Lonesome Dove"(976 pagg) e infine "Le Strade Di Laredo"('solo' 516 pagg).
Io non li ho letti in ordine ma mi sono divertito ugualmente un sacco. Lo stesso Autore li ha scritti e pubblicati "in disordine": terzo, quarto, primo, secondo. Puoi leggerli e goderteli anche come opere singole.
Si giusto Livio..
Thanks !
Scusate la sicura overdose springstiniana che provocherà l'ennesima uscita discografica ma in tutta sincerità qualche anno fa avrei dato un braccio per un box che raccogliesse le session di Nebraska con relative versioni elettriche
Non si può dire che la attesa sia spasmodica ma lo attendo con grande gioia e curiosità insieme al film.
Il libro di Warren Zanes era bellissimo
Livio. Eccoti accontentato, Luigi! 17 ottobre Superbox 4cd + blu ray. 1) Outtakes 2) Electric, 8 pezzi 3) Nebraska risuonato (immagino full band) al Count Basie Th. 4) Remaster + 5) blu ray del concerto al CB Theatre.
Come sperato e largamente ipotizzato, poco prima del film altro boxone da ? 150 ? Di più?
Vedremo: x fortuna c'è sempre spotify, anch'essa aumentata del 10% xaltro...
Personalmente di fronte a certe uscite non so mai come comportarmi. Da una parte mi allettano quando il contenuto ha uno spessore tale da giustificarne l' acquisto ma dall' altra dipende anche su quale costo si aggirano. Certo al giorno d'oggi le case discografiche fanno leva su un certo tipo di acquirente ( noi principalmente per sommi capi) ma è anche vero che chi cura certe uscite ha un metodo di approccio non sempre allineato a tutti gli altri. Ad esempio al momento ritengo che le uscite "extra" degli Stones siano quelle che riescono ad accontentare tutte le tasche e quelle più intelligenti nel proporsi. A seguire ci metto Dylan con le sue Bootlegs Series ma talvolta ci sono state pure lì delle esagerazioni. Belle quelle Younghiane se parliamo dei suoi archivi ma anche tanto materiale ripetuto. Mi è piaciuto molto anche il lavoro fatto con gli archivi della Mitchell . Su " Nebraska" non mi esprimo e preferirei farne un preascolto su Spotify quando sarà disponibile ma ho tanti dubbi su un prezzo che a pelle non credo sarà tanto accessibile....poi magari mi sbaglierò?!?
Livio. Possente, scabra, rabbiosa la Born in the USA 1982 in trio con Max e Garry. Bellissima.
Se Reagan avesse sentito qs versione non avrebbe certo equivocato il messaggio!
Costo preventivato tra i 70 e gli 80 euro
Però si tratta dell’album ripetuto all’infinito su 5 supporti. E al momento sono piuttosto tiepido .
Avrebbero potuto fare un bel doppio con la rimasterizzazione sul primo cd e la versione elettrica sul secondo a 20 euro ma ……perché non fare spendere di più gli hardcore fans
Ha ragione Armando quando cita gli stones ; doppi cd prezzi nella norma ..
Complimenti a chi cura le loro uscite
Livio. Vero. Forse sarebbe bastato addirittura un solo cd x outtakes e versioni elettriche: troppo spesso dimentichiamo che un cd può contenere fino a 70minuti di musica!
Su Sony Music Italy lo danno a 59,90. Poi ognuno farà le sue scelte.
L'assaggio però è ottimo: io che non ho mai amato la Born in t. USA ufficiale, elettronica e ipertrofica, studio o live non fa differenza, riscopro un grande pezzo.
PS: sempre lode agli archivi stonesiani x qualità, quantità, sobrietà. Mai un'uscita sbagliata: rispetto x i fan e comunque montagne di $ x loro, ma onesti!
Livio. Finalmente sulle piattaforme il Mad Dogs & E. di TedeschiTrucks. Mi associo all'entusiasmo del Prof e della sua magistrale recensione.
Vorrei solo aggiungere due parole sull'originale del marzo 1970, frutto di un tour americano di 55 concerti in 45 città in 2 mesi. Una benefica follia tenuta in piedi solo da alcol e droghe in quantità, con litigi, ego ingombranti e gelosie (Cocker era follemente innamorato di Rita Coolidge, che non ricambiava). Eppure il risultato fu strepitoso, orchestrato dall'estro New Orleans di Leon Russell (con 45anni in meno) e supportato da una formidabile orchestra: tre batteristi (con le superstar Gordon e Keltner), due percussionisti, i fiati degli Stones di Sticky, Chris Stainton (ancora tastiere), Radle al basso, 10dieci10 coriste sopraffine (un coro gospel, in pratica), e Don Preston chitarre.
E poi la voce inimitabile di Joe Cocker, minatore gallese catapultato al n°1 da un album di cover in cui suonano S.Winwood, J.Page, M.Fisher. Voce possente, soulful, rabbiosa e tenera, sfonda a Woodstock con l'urlo catartico divenuto simbolo del festival. Purtroppo, sprovveduto e mal consigliato, nonchè perso in una voragine di bevande e polveri, sprofonda presto nell'anonimato, da cui risorge nel 1986 x una seconda carriera meno glamour grazie al brano di R.Newman nel film di A.Lyne.
Ma gli anni d'oro furono il '69 e il '70, con due dischi ottimi, Woodstock e l'apice live Mad Dogs, di cui esistono svariate versioni, anche dvd e boot, con scalette sempre diverse, ma immutato felicissimo spirito rock\blues\r&b\soul\gospel, sull'onda dei coevi Delaney & Bonnie (con Clapton).
E pur lodando gli sforzi vocali di Susan Tedeschi e ribadendo la qualità dell'omaggio di TTB, siamo ben lungi dalla forza\pathos\gioia\sofferenza di Joe Cocker, artista da riscoprire assolutamente!!
Livio. PS: naturalmente la celestiale chitarra di Derek Trucks è invece l'elemento in + che rende imperdibile il live at Lockn'.
Non ho ancora ascoltato l'ultimo omaggio della Tedeschi Trucks Band ma mi riprometto di farlo nei prossimi giorni. Di quel doppio storico conservo il vinile che puntualmente ogni anno o quasi riprendo per riascoltarlo. È uno di quei live storici che al pari di altri titoli leggendari non invecchia mai e che talvolta, complice un pizzico di sana nostalgia, ti riporta a quei giorni lontani e a quei tempi magari non facili ma sicuramente diversi dall' orrore che ci circonda. Purtroppo a volte la curiosità mi spinge ad un confronto sui social ma vedo che è davvero difficile chiamarlo in questo modo. L'odio ed enormi falsità la fanno da padrone e il dibattito è puro distillato di veleno. Resistere e vivere in una società occidentale davvero in declino non è cosa facile ma come diceva un brano a noi caro : " ci deve essere un motivo per continuare a crederci..." !!
Buona Domenica a tutti
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