domenica 12 ottobre 2025

Nebraska 82: Expanded Edition Il suono di un uomo solo



 

 “Il mio nome è Joe Roberts e lavoro per lo stato, sono sergente di polizia stradale a Perrineville, ho sempre fatto un lavoro onesto, quanto onesto possa io essere, ho un fratello di nome Frankie e Frankie non è buono”. Questo verso apre una delle canzoni più toccanti di Nebraska, Highway Patrolman, una desolata ballata folk all’interno del disco più amaro di Springsteen, un lavoro cantato in solitario con uno stile asciutto, un’opera ruvida e misteriosa sull’impossibilità del sogno americano e di come questo fosse irrimediabilmente messo in crisi dal nuovo ordine liberista con l’elezione all’inizio degli anni 80 di Ronald Reagan. Le dieci canzoni del disco trattano dell’assoluta impossibilità di comunicare e dell’isolamento che ne consegue, di quello che succede alle persone quando vengono separate dai loro amici, dalla loro comunità, dal loro lavoro. E’ un disco tetro, crudele, profondamente onesto, è spoglio come l’inverno, cupo come l’angoscia che si porta dentro, netto come il bianco e nero sporcato di rosso della copertina, un’istantanea del fotografo David Kennedy scattata su una strada del Midwest, colta al volo attraverso il parabrezza di una macchina. Nebraska venne pubblicato nel 1982, nemmeno due anni dopo The River e fu un autentico shock sia per i fans del Boss che per il mondo del rock. Il critico Greil Marcus scrisse al tempo “Nebraska è la più completa e convincente affermazione di resistenza e rifiuto che l’America di Reagan abbia strappato ad un artista”. Quaranta tre anni dopo Nebraska 82:Expanded Edition documenta la storia per intero.






E’ labile, pressoché inesistente il confine tra Nebraska e Born in the Usa. L’anno è il 1982 e così lo racconta Bruce Springsteen nell’imperdibile libro di Warren Zanes, Liberami dal nulla (Jimenez, 2024) da cui è stato tratto il film attualmente in circolazione. “Born in the Usa nacque insieme a Nebraska, le prime canzoni che ho inciso per quell’album erano canzoni di Nebraska. Ero reduce da Stolen Car e Wrecking on the Highway, da quelle storie narrative, per cui in un certo senso cercai di seguire un po’ quel filone per capire dove mi avrebbe portato. E mi condusse dritto a Nebraska. BITUSA risaliva allo stesso periodo ma col tempo prese un’altra strada, quanto meno nella versione con la band al completo, era una cosa del tutto diversa. Il mio più grande errore fu lasciare la versione di Born in the Usa che avevo fatto per Nebraska fuori da quello stesso album. Avrei dovuto mettercela, avrei potuto facilmente inserirla in entrambi i dischi. Avrebbe avuto totalmente senso, sarebbe stata perfetta per quel disco”. Sicuramente la scarna versione acustica avrebbe evitato tutti i fraintendimenti circa il suo presunto significato patriottardo, finì poi per essere esibita in quella veste nel tour di Tom Joad.



In quel momento balenava nella mente di Springsteen l’idea di un doppio album, subito scartata perché a ridosso del doppio The River, ovvero prendere il materiale destinato a BITUSA e affiancarlo a un secondo disco registrato con la band e così Nebraska finì per essere l’unica uscita ufficiale nel suo catalogo senza che l’autore fosse consapevole di stare facendo un disco. Dopo il tour di The River in un momento di ripensamento si era isolato in una casa parzialmente ammobiliata a Colts Neck nel New Jersey e a ridosso del Natale 1981, nel tentativo di ritrovare quell’identità lontana dalle lusinghe dello star system e il conseguente bisogno di riflessione, con un rudimentale Teac Tascam144 a quattro piste che il roadie Mike Batlan aveva comprato in un negozio di musica del posto, mise insieme in poco tempo un ciclo di canzoni. “Seduto ai piedi del letto cantavo e suonavo la chitarra e avevo ancora due piste libere, per un’altra chitarra e l’armonica. Avevo piazzato dei microfoni economici Shure SM57 collegandoli al registratore. Si poteva sentire il suono della sedia scricchiolare, alcune canzoni come Highway Patrolman e State Trooper  le ho fatte in una volta sola, altre le ho incise un paio di volte, tre al massimo. La prima canzone che ho finito è stata Mansion on the Hill, l’ultima My Father’s House” (Bruce Springsteen). La canzone Nebraska prendeva spunto dalla vicenda di Charles Starkweather e Caril Ann Fugate, una coppia di giovani responsabili tra la fine del 1957 e l’inizio dell’anno successivo di una serie di brutali omicidi nel Nebraska e nel Wyoming, portata sullo schermo da Terence Malick nel film La Rabbia Giovane. Quella storia aveva proiettato Springsteen nel buio di un’America violenta e disperata, sprovvista di una luce che potesse suggerire se non un sogno almeno una salvezza. Non c’era da parte di Bruce la volontà di giudicare i personaggi ma solo narrare di persone che reagiscono a quello che li sta distruggendo, distruggendo a loro volta qualcos’altro. Se c’è un tema che attraversa il disco è quello della sottile linea che divide la stabilità dal momento in cui il tempo si ferma e le cose che ti legavano al tuo mondo, alla tua famiglia, ai tuoi amici, alla tua fede e ai tuoi amori, capitombolano. Furono altresì importanti i racconti di Flannery O’Connor e l’interesse nel confronto degli ambienti rurali e degli outsider, ed in generale dal punto di vista musicale la tradizione americana classica ovvero il Delta blues di Robert Johnson, il folk di Woody Guthrie, la country music di Hank Williams, il gospel. Ma Nebarska è solo apparentemente un disco folk perché trova connessioni con ciò che stava avvenendo in quel periodo nel sottobosco del punk, in particolare con la nichilistica visione del rock n’roll intentata dai Suicide. Una chitarra acustica Gibson J200 ed un’armonica (ma fu usata anche una chitarra elettrica, ibrido di Fender Telecaster ed Esquire) furono sufficienti per consegnare alla storia un’opera ancora oggi chiacchierata. Era il suono di un uomo solo. La notte del 3 gennaio 1982 fu fondamentale, uscirono canzoni che rivoltavano il comune sentire, specie se arrivavano da un autore in procinto di diventare una star mondiale. Canzoni molto cinematografiche, ancora oggi quando le senti, le vedi e non ti mollano più. Una volta realizzato il demo fu necessario trasferirlo su cassetta affinché potessero essere suonate su qualsiasi dispositivo in commercio, “ Springsteen utilizzò un Panasonic per effettuare il mixdown e fece passare tutte le incisioni attraverso un Gibson Echoplex, che spalmò su voce, chitarra, armonica e glockenspiel, una patina di slap echo modello Sun Records che ne rallentò la velocità, incupendo ancora di più l’atmosfera” (Warren Zanes, Liberami dal Nulla). Quella cassetta rimase nella tasca di Springsteen per qualche mese, ad aprile si imbucò negli studi del Power Station di New York e assieme alla band rifece Born in the Usa col rullante di Max Weinberg in grande evidenza e con Toby Scott in regia registrò Working On The Highway  e un rifacimento radicale di Downbound Train che provenivano da Colts Neck. Con due/terzi di BITUSA già in cantiere, sperimentarono versioni elettriche di Highway Patrolman, Nebraska, Atlantic City, Reason To Believe, Used Cars, Mansion on The Hill, Johnny 99. Il tentativo fu presto abbandonato: aggiungendo gli altri strumenti e perfezionando i brani, Springsteen ed il produttore Chuck Plotkin si resero conto che venivano a mancare sia l’intimità che l’atmosfera originarie, la batteria sovrastava il canto sommesso e discorsivo di Springsteen e il mistero di quella musica di frontiera-cruda e aguzza, dalle venature blues e dalle vibrazioni rockabilly-svaniva. Che suonasse con la band al completo, con i soli Max Weinberg e Roy Bittan o addirittura da solo, la magia scompariva. E cosi l’album che sarebbe dovuto diventare BITUSA fu ufficialmente messo da parte per oltre un anno e “qualcuno, non è chiaro se Jon Landau o Steve Van Zandt o Chuck Plotkin disse : perché non pubblichi quei demo così come sono?”. (Warren Zanes, Deliver Me from Nowhere). Il salvataggio dalla cassetta al vinile fu affidato a Plotkin, il disco uscì senza riportare il nome del produttore, la responsabile grafica della Columbia, Andrea Klein ingaggiò il fotografo David Michael Kennedy per la copertina. Lo spoglio layout e i caratteri cubitali contribuirono alla disadorna identità estetica del disco che fu portata dal regista di video Arnold Levine nel suo adattamento in b/n di Atlantic City, il primo video musicale del rocker del New Jersey.

La riedizione di Nebraska 82:Expanded Edition include quello che è venuto fuori da quella stanza di Colts Neck ovvero il disco originario del 1982 rimasterizzato, le out-takes e i titoli scartati e la versione elettrica dell’album effettuata alla Power Station. In aggiunta c’è la performance dal vivo a porte chiuse dell’intero disco svoltasi quest’anno al Count Basie Theatre di Red Bank nel New Jersey.

Analogamente a ciò che è successo per BITUSA, il Nebraska originario rimane a mio modo di vedere il testamento migliore di quell’isolamento a Colts Neck, salvo aggiungere la Born in the Usa in acustico con cui si apre questa edizione espansa. E’ la prima di una serie di out-takes qui riportate che include Losin’ Kind e Child Bride, dolente e spoglia malinconia autunnale di un work in progress che avrebbe poi portato a titoli come Highway Patrolman e Mansion on the Hill. Del tutto differenti da quelle pubblicate su BITUSA sono Downtown Train, qui frenetica ed ansiosa su una base di rockabilly-punk derivato dallo stile dei Suicide, urla comprese, e Pink Cadillac invece rallentata a ipnotica nenia bluesy giocata sui bassi. The Big Payback, registrata quello stesso 3 gennaio e pubblicata poi in Europa come B-side del singolo europeo di Open All Night, e Working On The Highway preservano una scoppiettante fisionomia rockabilly completa di fendenti di armonica. On the Prowl è molto interessante, uno spettrale folk-blues con un secco giro di chitarra che attorciglia come una fune e trova Bruce sfoderare una intensità vocale da lasciare attoniti. Fu registrata in studio nel 1982 assieme alla lenta e apparentemente dolce Gun In Every Home, titolo che presumibilmente fu pensato per BITUSA ma che oggi potrebbe aprire un notiziario americano.

Atteso da tantissimi fans, l’agognato Electric Nebraska fu il tentativo nella primavera del 1982 di portare l’intimità di Colts Neck nella tecnologia della Power Station riversandolo nel suono elettrico della E-Street di Gary Tallent, Max Weinberg, Roy Bittan, Danny Federici e Steve Van Zandt. “Ci portai la band per registrare di nuovo quelle canzoni e mixarle, e riuscii solo a peggiorare il tutto. I personaggi erano scomparsi”. A detta dello stesso Springsteen e dei suoi collaboratori non funzionò, era come se l’atmosfera profonda di quella casa si fosse dispersa  tra le pareti dello studio, in qualcosa che non preservava né l’energia oscura tantomeno il potere filmico insito in quelle storie ai margini. Ciò che oggi viene consegnato è un buon disco di ossuto rock n’roll con venature folkie e rockabilly dove sono soprattutto la veemente e sanguinante esibizione in trio (con Weinberg e Tallent) di Born In The Usa senza i muscoli gonfiati ed il monumentale drumming della versione di BITUSA, una Mansion On The Hill da lacrime agli occhi, solo di poco arrangiata con il glockenspiel  e quella Atlantic City che già nella sua stesura primitiva sembrava creata apposta per le performance  full- band, le cose che si ergono in questa traduzione elettrica del poema originario. Delle dieci canzoni dell’album ufficiale sono escluse My Father’s House e State Trooper. Johnny 99 (di cui offrirà una bellissima versione un anno dopo Johnny Cash nell’album omonimo) sprizza ritmo a palla, rock n’roll, colpi d’armonica e un nervoso strimpellare honky tonk sopra pianure insanguinate, e Dowbound Train è rabbioso, urlato cow-punk ai limiti di legge. Solo un po’ più docile è Open All Night, accelerato rispetto all’originale ma senza essere  l’urlo di un lupo solitario nella notte di Colts Neck e Reason To Believe perde di enfasi drammatica ma non acquisisce fascino stradaiolo, in questa veste roots la facevano meglio i Beat Farmers di Tales of the New West.

“L’unica cosa che non abbia fatto sull’album Nebraska è stata quella di suonarlo dal vivo, quindi il mio primo pensiero quando abbiamo discusso di celebrare il disco era di fare un’esibizione con quel materiale, cantare questo disco dall’inizio alla fine” ha detto Springsteen ”mi interessava catturare un po’ della qualità inquietante del disco”. All’inizio di quest’anno al Count Basie Theatre di Red Bank a poche miglia da Colts Neck, con il leggero arrangiamento del multistrumentista Larry Campbell e del tastierista Charlie Giordano, Bruce ha rivisitato dopo 40 anni queste canzoni con le sottigliezze, le sfumature e la voce dell’età matura. Rob Lebret ha mixato il tutto cercando di mantenere l’integrità originale, Thom Zimmy ha filmato la performance, rigorosamente a porte chiuse, in questo Nebraska 82:Expanded Edition c’è sia il disco audio che il Blu-Ray. Recuperare il tempo perduto può essere un nobile motivo per rivedere quello che il passato ha lasciato al bordo della strada ed è la maggior virtù di questa performance, che regala momenti emozionanti come il superbo singhiozzo rockabilly di Open All Night e le commoventi StateTrooper e Highway Patrolman. Purtroppo, come cantavano un secolo fa i Rolling Stones, il tempo non aspetta nessuno e quello che suonava come un autentico grido di dolore in un’ America che oggi è solo peggiorata, si rivela un rispettabile esercizio artistico, ma, per forza di cose, senza  quella originale, primitiva e tagliente forza che quaranta tre anni un disco cucinato in casa senza nessun ausilio tecnico se non quello di un banale registratore seppe trasmettere ai cuori degli ascoltatori divenendo un punto di riferimento non solo nella musica rock ma più in generale nella letteratura americana contemporanea.

 

MAURO ZAMBELLINI      SETTEMBRE 2025

p.s lo scritto qui sopra comparirà sul numero del Buscadero in uscita a novembre, completo di un ampia riflessione sull'argomento a cura di Marco Denti


25 commenti:

Luigi ha detto...

Aspettavo questa recensione come il cofanetto ed il film .
Insieme allo splendido libro di Warren Zanes ora il quadro è completato.
In attesa di mettere le mani sul box e di sedermi in poltrona al cinema per adesso posso dire grazie Zambellini

Armando Chiechi ha detto...

Lucida ed intrigante come sempre la recensione del nostro Mauro. " Nebraska" nella sua veste originaria rimane sempre un grande disco per non dire il suo capolavoro narrativo non voluto. Insieme al libro di Zanes potrebbe essere il vero box ideale ed immaginario ma mi rendo conto che il mercato ha le sue regole per cui questa celebrazione segue le altre che la hanno preceduta e forse non è un male a parte il prezzo e ammirevole operazione rispetto a certi dischi davvero inutili prodotti da Springsteen. Sul film ho tanti dubbi ma è un mio limite perché non riesco proprio a guardare Jeremy Allen e pensare allo Springsteen che più abbiamo amato.

Unknown2 ha detto...

Livio. Sontuosa recensione di Zambo. Come sempre mette in luce con obiettività e un pizzico di affetto gli aspetti positivi e quelli meno convincenti della Boss-produzione.
Attendiamo film e box e comunque, nel deserto attuale, quella BUSA semiacustica in trio resta gigantesca.
Condivido qualche perplessità sul Nebraska risuonato in solitaria acustica in un teatro vuoto,
e caro Armando sono con te: JAW col suo nasone e il mento sfuggente è l'opposto del mandibolone americano di Bruce. Ma aspettiamo a giudicare. Vediamolo prima, sto film, ascoltiamolo il box.
Alla fine probabile che sia Tracks2 sia Nebraska82 siano nella mia top ten '25...

max de cart ha detto...

Bravissimo Zambo , come sempre del resto.
Il libro è bello e molto interessante da leggere con tranquillità, come il disco originale, speriamo lo sia anche film.
Il Box del Boss lo sentiremo.
Un salutone a tutti.

Armando Chiechi ha detto...

Vero Livio al di là di certe discutibili operazioni di marketing, incluso costi esagerati, il box dei 7 CD conteneva delle cose davvero belle. Come già detto non l' ho acquistato e mi sono dovuto accontentare del bignamino CD singolo per quello che può significare (!?) ma se dovessi scegliere due suoi dischi dal box tratto, direi " Somewhere of North Nashville" ed " Inyo" che ho ascoltato più volte su Spotify. Sarebbe stato bello averli fisicamente e singolarmente pubblicati perché contrariamente ad altri dischi li' inclusi, non sono demo e ritagli ma due dischi fatti e finiti come tra l' altro la colonna sonora per il film mai realizzato ma che non includo per una sensazione di progetto lasciato in sospeso. Se avesse ragionato diversamente e come il suo amico John di Bloomington.Indiana li avrebbe tranquillamente pubblicati insieme a " The Ghost Of Tom Joad" o vicino a " D&D" . Avremmo avuto ora dischi da ricordare e non dischi da dimenticare.
Per il " Nebraska" Deluxe 2025 sicuramente farò il preascolto su Spotify...

Ciao a tutti

Unknown2 ha detto...

Livio. Un grazie a Zambo x la cronaca del concerto dei Counting Crows a Milano (dal sito Busca). Anch'io li vidi, a Padova, nel 2014, restandone ammaliato, ma già ero un fan con la discografia completa.
Classic rock, certo, ma con una ricchezza strumentale, melodica e di passione che è ormai raro riscontrare on stage. Canzoni da urlare tuttinsieme, una grande band, un performer carismatico e trascinante.
La ricetta, semplice e perfetta, x un grande show.

bobrock ha detto...

Volenti o nolenti continuiamo a parlare di questo musicista . Nel bene e nel male .
Ci accompagna da una vita e nonostante le umane contraddizioni continuiamo ad essergli riconoscenti.

Armando Chiechi ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Armando Chiechi ha detto...

Vero Bob... anche quando non lo si percepisce o non lo si ascolta come un tempo, la sua ombra si allunga comunque attraverso i giorni e gli anni. Nel bene e nel male come tu dici ha fatto parte della nostra vita.

Unknown2 ha detto...

Livio. Amigos: ripeto: il tour mondiale 23-24-25 ha staccato quasi cinque milioni di biglietti! Popolarità planetaria, guadagnata in + di 5 decenni sul palco e in studio.
Alti e bassi, cadute e risalite, sempre mettendoci la faccia, ma se ripenso ai miei quasi 60anni da rockfan, sarò di parte ma Bruce nei top ten lo metto sempre.

Armando Chiechi ha detto...

Personalmente ritengo che il tempo ha la forza di amplificare quanto distorcere la nostra percezione. Certe cose rimangono come punti fermi e inalterabili, altre ci scivolano dalle mani e rimangono chiuse nel ripostiglio del passato. Oggigiorno ma è già da tempo..diversi album di Springsteen non riesco più ad ascoltarli con la partecipazione di una volta, altri invece mi restituiscono le stesse emozioni. Stranamente se mi capita di riprendere certe sue vecchie cose superano la prova del tempo i primi due album, live annessi ( Live at Main Point) e " Nebraska". Mi piace ancora riascoltare " The Promise" e quegli album che videro la E.Street Band affiancare Gary US. Bonds. Nel bel mezzo ci metto diverse outtakes apparse nel primo Tracks, " Tunnel of Love" , " The Ghost of Tom Joad"," D& D" e la parentesi con la Session Band, ad oggi l'apice dei suoi anni zero più un paio di album tratti dall' ultimo Tracks II.Faccio fatica a riascoltare le maratone live di una volta seppure i vari Piece de Resistance e Live in The Winterland rimangono unsorpassed. Ad ogni modo sono solo miei personali impressioni dettate da tutto ciò che scrivo su ma tutto quello che si è vissuto non potrà mai essere cancellato.

Armando Chiechi ha detto...

Parlando di ultime uscite, riedizioni e Buscadero, bellissimo ed imperdibile lo speciale dedicato ai Dream Syndacate che vede coinvolto il nostro Mauro , Marco Denti, Fabio Cerbone ed altre firme del Busca , incluso La Bianca da poco nuovo ingresso tra quelle pagine. Che emozione riascoltare quel disco meraviglioso che a distanza di anni non perde un grammo del suo originario fascino. In questo preciso istante invece sto ascoltando su Spotify il " Nebraska" di cui sopra e le sensazioni sono le stesse riportate dal nostro. Tra le nuovissime invece ieri sera ho avuto modo di apprezzare l'ultimo di Robert Plant. A conti fatti mi sembra di capire che questo 2025 è stato piuttosto ricco,almeno da un punto di vista discografico.

Unknown2 ha detto...

Livio. Bene, benissimo parlare di Medicine Show con tante pagg di Busca dedicate! Lettura tonificante, se il passato è d'oro. Peccato che io abbia già acquistato due volte qs disco, all'uscita in vinile nell'84 e in 1a ristampa cd nel 2010. La cover resta molto brutta. Decisamente non farò il tris.
Nebraska '82. Il vero interesse verte sui 1i due cd (e poteva essere uno solo). Il remaster e il live '25 sono riempitivi x portare il prezzo ai 60€. Temo non sarà un successone di vendite, ma la sony può sopportarlo.
Musicalmente: interessante il primo, con altri 9 pezzi in stretto, scabro, scheletrico stile Nebraska. Ben rappresentati tensione e disagio peculiari al periodo vissuto da Sp. al tempo. Bella rendition x Workin' on t.h., meglio della fracassona su BUSA. In generale ottima prova vocale di Bruce, che vince e convince.
Disc two: mi piace un sacco! L'impressione è di un demo, un work in progress con idee che (x fare un nome) Little Steven avrebbe potuto sviluppare ulteriormente e migliorare ancora sul fronte produzione.
Bella Nebraska, con un cantato più morbido e accattivante e strumentazione spartana ma già + ricca. Atlantic c. già la conosciamo x l'eccellente rendition full band, ma qui abbiamo l'originale. Per Mansion vale quanto detto x Nebraska: diventa bellissima e struggente solo con un filo di tastiere e di basso. Johnny 99 è un uragano rockabilly, potente ed energetica.
Downbound, come già la versione su disc1, è irriconoscibile e decisamente bruttina, con Bruce sguaiato e in difetto di fiato. (Riflessione: la versione su BUSA è uno dei miei pezzi preferiti di tutto il disco. A volte il produttore conta quanto e + del compositore...). Anche Open convince poco, con quel minuto finale di ululati canini. Invece BUSA(the song) in trio ho già detto che mi ha fatto riconciliare con qs canzone e col suo spirito autentico: grande versione, definitiva x me. La conclusiva Reason t.b., già, a mio avviso, il pezzo migliore di Nebraska, non può che guadagnare da basso\batteria\electric guitar. Ottima rendition.
In sintesi: non raccomando l'acquisto, ma un ascolto intensivo su spotify(o altro) di disc1 e soprattutto DISC2 assolutamente si!!

Unknown2 ha detto...

Livio. Mi tocca aggiungere che anche disc3 ha il suo fascino. C'è una vita intera tra l'originale 1982 e il live 2025, e si sente tutta. Voce + bassa, roca, un po' rotta, meno potente ma sofferta, + espressiva. Devo ammettere che le canzoni, ricantate così e magari confrontate con l'originale di 43anni prima, hanno un loro xchè. Solo x fans, naturalmente, ma siamo in tanti....

Armando Chiechi ha detto...

Concordo con te Livio. Improponibile il prezzo di questo box ( Nebraska '82 Extended) per cui anche io ho goduto dell' ascolto su Spotify, considerando che diverse tracce seppur non ripulite sono disponibili sul bootleg di tre CD " Genuine Track" o almeno se ricordo questo dovrebbe essere il titolo. Ad ogni modo concordo sul fatto che il primo CD è davvero molto bello con le chicche di" Losin' Kind" davvero cinematografica nella sua narrazione da b movie alla New Hollywood e una " Child Bride" a ricordare nei primi versi le liriche di " Factory" e musicalmente quelli che saranno gli arpeggi di alcuni brani del Nebraska a venire. Idem per la versione elettrica con alcune versioni davvero interessanti e che ti fa capire la genesi di un lavoro, il perché qualcosa è rimasto o cosa al tempo messo da parte caratteristica principale di un box e di un modus operandi. Concordo anche sulla tua lettura riguardo il set live ma credo avrebbe fatto più piacere sentire almeno un po' più Larry Campbell e Charlie Giordano.

Unknown2 ha detto...

Livio. Dal last Busca, oltre al lavoro su CSNY live e alle 16pagg su Medicine Show, splendido anche l'articolo di MZ su Ron The Mod.
In generale il "nuovo" Buscadero mi piace un sacco: retrospettive a profusione! E non si parla di "classic" nè tantomeno di "dinosaur", ma semplicemente di ROCK. Pagine somme di storia della ns musica, riviste con il punto di vista odierno e riscoperte in tutta la loro grandezza. Ottimo

Unknown2 ha detto...

Livio. Errata corrige: Ronnie Wood, naturalmente

Armando Chiechi ha detto...

Vero Livio. Ritengo che il Buscadero sia in una forma più che perfetta. Si parla di musica non solo riguardo ciò che ci piace e non solo di quel rock oggigiorno definito " Classic Rock" . Si spazia dal passato al presente includendo pure quel che si è volutamente anni fa ignorato e mi riferisco a certe pagine legate al prog o a certo cantautorato.Personalmente ho apprezzato molto l'pprofondimento fatto con i Dream Syndacate includendo il legame con letteratura e film noir ma questo chiaramente vale anche per altre band o artisti.

bobrock ha detto...

Su Nebraska avete detto tutto voi e concordo su tutto . Se il prezzo scende se ne può parlare altrimenti..posso serenamente farne a meno .
Caro Livio se Miami Steve fosse stato sempre in cabina di regia avremmo avuto albums differenti e di livello superiore.
Sul nuovo Busca che è veramente migliorato …fatevi una domanda sul perché . Io non posso scriverlo altrimenti vengo bannato nei secoli dei secoli .
Ps: aspettando il tour degli Stones …

Unknown2 ha detto...

Livio. Certo Bob, la scelta di Morello producer è una delle tante scelte sbagliate, e non la meno grave, del Boss.

Visto il film "Liberami dal nulla". Tanta gente in sala, leggo che è secondo in classifica in Italia, anche se mi chiedo se un non-fan non lo possa trovare un po' noioso, ma si vede di no.
Produzione ricca (55mln, chissà se rientreranno...), ambientazione perfetta: macchine, ambienti, luce, perfino le suppellettili minime, tutto rimanda al fatidico 1981, quando in Bruce esplose la depressione covata da una vita, e nel film attribuita quasi esclusivamente alla non-figura paterna, mentre probabilmente un grande ruolo l'ha avuto anche il dna...
J.Allen White è proprio bravo nel tratteggiare una figura sfaccettata e con molti lati oscuri, mentre Jon Landau è descritto quasi come un santo che sopporta tutte le bizzarrie del Boss e lo protegge a spada tratta contro tutto e tutti.
Magistrale Stephen Graham\Doug Sp.steen, è un attore strepitoso che ho sempre ammirato.
Un po' stucchevole la storiellina romantica (del tutto inventata, pare) ma funzionale forse a descrivere l'incapacità, all'epoca, di Bruce di creare legami duraturi e stabili.
Avrei preferito certo una maggiore presenza della E-St.Band, che compare solo x pochi secondi in studio impegnata su BUSA(the song).
In generale per tutto il film si martella ossessivamente sulla mancanza della figura paterna, a discapito, fatalmente, della parte musicale, che tutti noi avremmo voluto preponderante.
D'altra parte anche x lo stesso Bruce è IL tema, specie negli ultimi 10anni. Prendiamone atto.
Concludendo: buon film, visione preziosa specie x i fan. Non ho ancora letto il libro di W.Zanes, non so quanto fedelmente sia stato reso.

corrado ha detto...

Visto il film con mia figlia.
Anche io avevo fatto le stesse riflessioni sulla poca presenza della E Street Band e in particolare di Steve Van Zandt.
Mia figlia mi ha fatto notare, con efficace sintesi, che era giusto così, perché il film non è incentrato sulla vita di una rockstar e sui suoi rapporti con la band, ma sul personaggio al di fuori della musica e dunque la storia doveva seguire quel percorso con determinati personaggi, come l'amico meccanico.
E comunque, le parti dove entrano in scena le canzoni e la loro storia compositiva sono ugualmente belle.
Per il box penso che appena possibile lo acquisterò. Questo per un semplice motivo: la mia copia in vinile, acquistata nel 1982 quando avevo 15 anni era danneggiata all'origine, per cui ho passato una vita ad ascoltare Nebraska la canzone che saltava implacabilmente nella prima strofa... Questo fino a quando, molti anni dopo ho finalmente ascoltato una copia del disco masterizzata in CD.

Unknown2 ha detto...

Livio. Lasciatemi solo aggiungere che l'ultimo verso di Open All Night recita: "oh rock'n'roll deliver me from nowhere".
Il r'n'r come antidepressivo: non male

Armando Chiechi ha detto...

Alla fine mi state convincendo ad andarlo a vedere e se comunque non riuscirò in questi giorni mi sono ripromesso di recuperarlo in DVD quando sarà disponibile e credo che non passerà molto tempo visto che quello su Dylan a pochi mesi dalla sua uscita era già disponibile in edicola. Per il resto e forse come già detto credo che questa sia stata una buona annata sia per le nuove uscite che per le ristampe in genere.

Unknown2 ha detto...

Livio. E celebriamo gli 80anni del Bisonte! Compleanno speciale x un grandissimo della ns musica.
Passi falsi? Una caterva. Gestione dell'archivio? Demenziale. Scorbutico, imprevedibile, permaloso...
Nel privato, quantomeno discutibile.
Eppure la sua musica ha permeato x quasi 60anni le ns vite.
Una serie incredibile di strepitose canzoni. Solo Dylan e VanM. forse possono stargli alla pari. La sua voce, poi: unica e irripetibile.
E continua imperterrito, come un giovanotto, a incidere, a combattere, a litigare, a incazzarsi.
80 x lui sono davvero solo 20 (x 4).
AUGURI Neil Young. E grazie di non cambiare mai

Armando Chiechi ha detto...

Mi associo Livio