giovedì 22 luglio 2010

Messina, USA


Questa volta invece di scrivere io, lascio spazio a una bellissima lettera ricevuta da Federico Bartolo:

"Stavo mettendo un po’ d’ordine alla mia perenne confusione cercando di sistemare i giornali musicali che in oltre 30anni ho conservato quando una copia del Mucchio Selvaggio con Springsteen in copertina (numero 42 anno 1981) è saltata fuori. Il nastro dei ricordi si è riavvolto e magicamente seduto li in terra in mezzo alla polvere delle cose che stanno in soffitta ho riaperto quel numero che raccontava del concerto all’Hallenstadion di Zurigo. Lo ricordavo perfettamente quel reportage di Zambo parola per parola anche perché se non ho mai visto Bruce dal vivo in parte è colpa di quel meraviglioso resoconto. A quel tempo insieme alle canzoni di Bruce, Clash e Tom Waits, il Mucchio è stato la mia giacca per il freddo. Oggi rileggendolo ho pianto come in quella mattina. Lacrime sulla città Bad Scooter cerca il suo buco ed io sono solo assolutamente solo e non riesco ad andare a casa. A 18 anni quella mattina di Giugno sarei dovuto andare a scuola, ma passando dal tabacchi-edicola l’unico posto dove arrivava il Mucchio lo vidi appeso con la molletta da bucato che penzolava nel vento. In copertina c’era Bruce e Big Man per cui non ci pensai due volte a fare colletta dato che di soldi non ne avevo. Ma allora la gente era generosa e in breve tempo raggiunsi la somma necessaria comprai il giornale e mi incamminai verso il porto. Mi sedetti sugli scalini del molo dove alcuni anziani stavano pescando. Rimasi li tutta la mattinata leggendo e rileggendo quel racconto guardando le navi e lo stretto di Messina mentre le lacrime mi inondavano il viso. Poi bighellonai senza meta per la città, andai alla stazione a guardare i treni e poi al bar del porto , dove mi conoscevano tutti quelli che lo bazzicavano che non erano stinchi di santo, ma erano buoni con me. Vagai solitario per una zona radioattiva e ne usci con l’anima intatta mi nascosi nell’ira della folla ma quando mi dissero siediti io mi alzai oh.. crescevo.
Bruce lo conobbi per caso spulciando le copertine in un negozio di dischi che si chiamava Parametro, mi ritrovai in mano la copia di Darkness on the edge of town è fu un colpo al cuore. Guardavo quella faccia dura e spigolosa irriverente e malinconica guardavo quel teppista ed era come guardarmi allo specchio. Ma come al solito soldi non ne avevo quindi nascosi il disco nel reparto della musica classica per sottrarlo ad un eventuale compratore perché di copie ne avevano una sola. Non sapevo neanche chi fosse quel tizio dal cognome impronunciabile ma quella faccia mi aveva detto tutto, tutto quello che c’era da sapere. Conoscendomi sapevo che avrei trovato il modo per racimolare il denaro, mi serviva solo un pò di tempo. Il mio amico Sal (come Dean) mi venne in aiuto pochi giorni dopo. Trovò un lavoretto che avremmo fatto di domenica, si trattava di un trasloco. Ci spezzammo la schiena quel giorno, dalle sei del mattino alle undici della sera a trasportare una montagna di scatole, mobilia, suppellettili che non servivano a nulla ma si sa la gente ama circondarsi di cose inutili. Alla fine della giornata ero distrutto ma avevo i soldi in tasca ed era quello che contava. Di primo mattino suona il fischio della fabbrica l’uomo si alza dal letto, si veste prende il suo pranzo ed esce nella chiara luce del mattino. È vita, vita,niente altro che vita di lavoro. L’indomani il negozio che si trovava vicino alla scuola che frequentavo era aperto già di buon’ora dato che vendeva anche articoli di cartoleria per cui prima di entrare in classe comprai il disco che misi dentro la carpetta da disegno che ogni studente che frequentava il tecnico geometri doveva avere. Quelle sei ore di lezione furono lunghissime di tanto in tanto sbirciavo la copertina cercando di memorizzare quel cognome, ma continuavo a fissare il volto ero ipnotizzato da quello sguardo. Ero prigioniero, mi sentivo soffocare cercavo la mia strada , ma qual’era la mia strada. “tutto mi sembrava un vicolo cieco il r’n’r arrivò in una casa dove non esistevano né musica nè libri né qualunque scampolo di creatività, e s’infilò ovunque” Suonai quel disco a tutto volume per giorni ero il terrore del vicinato tutti si lamentavano con i miei genitori ma a me non dicevano nulla di certo il mio aspetto e il mio sguardo faceva la differenza cosi evitavano di affrontarmi alla fine non dissero più nulla deposero le armi e di certo mi odiarono. Quelle canzoni le mandai giù a memoria ogni nota ogni passaggio lo conoscevo perfettamente quelle canzoni erano state scritte senza filtri senza veli , dopo Woody, era la voce della classe operaia , di chi aveva perso tutto, era la voce dei perdenti, dei ribelli sognatori a qui ridava dignità rispetto speranza. Sì la speranza, di credere in se stessi che non è cosa da poco. Sei nato con nulla e cosi sei felice appena hai qualcosa mandano qualcuno per cercare di portartela via.
Nessuno tolti i Clash dopo DARKNESS è riuscito a cantare quei temi con quella violenza e quel romanticismo disarmante perché certe cose non vengono dal nulla ma ti abitano dentro dopo sarai libero di respirare, l’angoscia se ne andrà, svanirà nel buio e pagherai un prezzo perché c’è sempre un prezzo da pagare. Bruce non le canterà mai più con quel intensità che aveva nel tour del 1978, non avrebbe mai più potuto farlo. Ma da lui in quei giorni imparai a lottare e a non arrendermi mai. Le illusioni ti indeboliscono i sogni e le possibilità invece ti rendono forte”.
Sono cresciuto nella periferia nord della città in una valle dove c’era una sola strada e la Fiumara (il mio fiume). Ero circondato da alberi di limoni e mandarini e c’era una grande gebbia dove d’estate mi tuffavo insieme alle rane ai girini e al lippo (muschio) dopo aver giocato scalzo al pallone con 40 gradi di temperatura perche un paio di scarpe da calcio non le ho mai avute. Con il mio amico Pino andavamo a caccia di tiraombra e a mangiare le nespole e le ciliege dagli alberi ed avevo sempre un cane randagio con cui dividere il mio panino con il pomodoro, e c’era mia madre affacciata al balcone. Ho imparato a tenere la guardia alta e a difendermi dai più furbi ho fatto a botte ne ho prese e ne ho date è stata dura avvolte ma crescevo solitario e forte. Sto pensando, sono un perdente su questo percorso sto morendo ma non posso tornare indietro perché dall’ombra sento invocare il mio nome e ti accorgi di come ti hanno giocato questa volta. Sono tutte menzogne ma sono impigliato nei fili di ferro di queste strade di fuoco. Molto presto mi resi conto che non avrei avuto molte possibilità per la mia vita se non quelle già tracciate da altri prendevi un diploma poi facendo le giuste anticamere ovvero leccando il culo al politico di turno potevi finire a fare l’impiegato alle poste o in ferrovia o prendere il posto di tuo padre se era stato servizievole con il suo padrone. Se decidevi di fermarti alla terza media finivi a fare il manovale o a vendere la frutta per strada. Io di leccare il culo non ne ho mai avuto voglia pertanto ero in fuorigioco ero una scheggia impazzita in un sistema perfetto a renderti una nullità il rock mi ha salvato la vita, Bruce mi ha salvato la vita.
Sono andato giù al fiume e mi sono giocato il tutto per tutto da solo con le mie forze. C’è chi nasce sotto una buona stella e chi invece la buona stella se la procura in qualsiasi modo. The River me lo regalò (mesi dopo l’uscita ufficiale) mio cugino per il mio diciottesimo compleanno.

Nel frattempo Zambo sul numero 35 (nov. 1980) del Mucchio scaldò i motori non pago della recensione con un articolo e un paio di testi tradotti. Sulla copertina del disco c’era sempre lui ma stavolta era un Bruce agreste non più metropolitano da bassifondi. Con camicia a scacchi e il viso sicuramente più rilassato sembrava un novello John Fogerty. The River al di là delle apparenze è un disco di canzoni folk vestite di rock. Canzoni che si possono suonare con una chitarra acustica a differenza di quelle di Darkness, disperate, elettriche fino al midollo. Quando finalmente arrivò sul piatto del mio piccolo HI-Fi fu una festa di paese, la mia casa si riempi di amici avevo fatto proseliti anche nel vicinato curiosi di ascoltare una musica diversa da quella che passavano in radio. In quell’estate del 1981, complice il fatto che i miei genitori partirono per andare a trovare una zia, bevvi birra a fiumi e fumai come un turco ascoltando uno dei migliori dischi di sempre. Wreck on the Highway è una ballata folk di tre accordi struggente e bellissima una delle migliori di questo gigantesco doppio ed è la fine di The River e l’inizio del capolavoro Nebraska. A volte mi sveglio nell’oscurità e osservo la mia bambina mentre dorme poi mi metto nel letto e la stringo forte. Rimango li la notte pensando ai rottami sull’autostrada. Quel concerto lo avevo sognato lo sentivo nel profondo che quella era la mia occasione di vedere il mio Bruce ma al solito dovevo fare i conti con le mie possibilità che erano uguali a zero. Quando quel giorno lessi quella diretta del concerto di Zambo capi che quella magia era irripetibile avevo perso la mia occasione dopo non sarebbe stato più lo stesso. Arrivò Nebraska e poi i giorni di gloria, cosi al bivio me ne andai per le mie strade blu, in cerca delle mie possibilità come lui mi aveva insegnato. A volte il vecchio fuoco si è riacceso penso a The Ghost of Tom Joad, a 41 Skin, Devil & Dust. Ma quando ho voglia di rincontrare il mio vecchio amico è sempre al fiume che scendo, al buio ai margini della città. La porta a vetri sbatte il vestito di Mary svolazza come se fosse una visione balla sotto la veranda mentre la radio suona con Roy Orbinson che canta per le persone sole.
Telefonai a mia madre da una cabina telefonica verso l’una per tranquillizzarla, sapevo che era in pena per me mi vedeva smarrito e silenzioso. Verso le otto di sera andai alla fermata degli autobus ed aspettai il sette sbarrato per far ritorno a casa. Quando scesi alla fermata vicino la chiesa alzai gli occhi e la vidi affacciata al balcone anche lei mi vide e rientrò in casa. Mi incamminai lentamente sali le scale del palazzo e suonai il campanello. Lei venne ad aprirmi e con la sua ruvida dolcezza mi chiese dove fossi stato tutto il giorno. Senza neanche stare a pensarci gli risposi a Zurigo mamma con Mauro Zambellini , mi guardò sorniona e pensando che la stavo prendendo in giro mi rispose "ed io a New York". Le sorrisi e l’abbracciai e fu la prima volta che lo facevo.

Messina 30 GIUGNO 2010 BARTOLO FEDERICO

A MAURO ZAMBELLINI CON PROFONDA GRADITUDINE

6 commenti:

Blue Bottazzi ha detto...

Tutto molto bello, però l'articolo su Bruce su quel Mucchio l'ho scritto io ;-)

luciano ha detto...

Dato a Blue, quel che è di Blue (ovvero lo “speciale” Springsteen del numero 42 del Mucchio), mi aggiungo ai ringraziamenti per Mauro Zambellini, autore della recensione di “The River” sul numero 35 del Mucchio, nel novembre del 1980.
Che comprai abbastanza per caso: sapevo di un articolo sui Doors pubblicato sul Mucchio, ma arrivai, di fatto ,con un mese di ritardo all’edicola.
Ma in un solo giorno scoprii il Mucchio (che ancora leggo, più per la parte extramusicale, ormai), Mauro Zambellini (che continuo a seguire sul Buscadero e che continua ad essere per gusti e competenza uno dei miei riferimenti assoluti in campo musicale) e soprattutto - Mauro non me ne voglia – Bruce Springsteen.
Di cui già qualcosa sapevo e avevo letto e forse anche ascoltato, ma la passione con cui Mauro ne parlava su quel vecchio numero del Mucchio (ovviamente sopravvissuto ad un paio di traslochi) fu contagiosa: tutto quello che è venuto dopo (dischi, concerti, libri e quant’altro) forse, senza quella recensione, non ci sarebbe mai stato.
Ed è bello vedere – trent’anni dopo !!! – Blue Bottazzi e Mauro Zambellini, i due massimi springsteenologi del Mucchio di allora, che ancora ne parlano con identica passione (così come per mille altri artisti: vedasi l'elegia del rock americano anni 80sul blog di Blue in questi stessi giorni), rincorrendosi nei rispettivi blog (ed offrendo pure a noi lettori di trent’anni orsono, la possibilità di dialogare con loro)
Per vicinanza geografica, mi è capitato di incrociare Mauro diverse volte per locali e concerti nel corso degli anni (l’ultima volta al Caffè Scorretto di Parabiago, la sera in cui hanno suonato i Mandolin Brothers), ma ho mai avuto modo di ringraziarlo di persona per quella recensione (e per tutto il resto, venuto dopo).
Lo faccio quindi molto volentieri e pubblicamente qui.

Stefano Corsini ha detto...

Che carico di emozioni,ricordi e gioie ha trasmesso questa lettera!!!E'un flashback che accomuna tanti R'N'R romantics ma sopratutto springsteeniani che sfogliavano avidamente quelle pagine e ne facevano ragione di vita.Il mio amico Corrado rilego' tutti quegli articoli e me li regalo'in un attimo di follia....beh conservo ancora con cura quella limited edition nostrana e la copertina è proprio quella con Bruce e Clarence.Ogni tanto rileggo quelle pagine e penso alla prima incisione del Boss che ascoltai....proprio il concerto dell'Hellenstadion prima ancora di River e Darkness.Ah,una frase mi rimase,fra le altre,fissa in testa:Dio esiste,l'ho visto a Zurigo!!!(Stefano mio omonimo chitarrista milanese,ovunque tu sia adesso....avevi proprio ragione!!)E allora grazie Zambo,grazie Blue,continuate cosi(faith will be rewarded)e grazie a Federico....Quell'amico americano lo puoi trovare ancora e senza andare troppo indietro, ad Hyde park,dove un pò ingrugnito,un pò afono e se vogliamo dirla tutta "colorato",dà la polvere al 99% della scena Rock odierna.(Sempre grazie a Corrado per avermi insegnato la strada di casa....)

Andrea ha detto...

Bellissima lettera, grazie per averla condivisa.
Io ho scoperto Bruce grazie a Mister Fantasy (quel video estratto da No Nukes con Thunder Road...), ma ho scoperto Il Mucchio e Zambo grazie a Bruce, anche se solo nell'84, appena prima di Born In The USA. Oltre a Blue e Zambo, vorrei ricordare Maurizio Bianchini, altra grande penna (purtroppo ritiratosi molti anni fa) che sapeva raccontare Bruce e fartelo entrare nell'anima trasmettendo l'intensità della sua musica.

SoloDinamo ha detto...

i vostri ricordi sono meravigliosi, e segnalerò questo grande blog un po' in giro....io sono rimasto "folgorato " 3 anni dopo rispetto a Zurigo, in ogni caso Bruce ha lasciato un segno tangibile nella mia vita anche se (purtroppo) ho potuto assistere a pochi concerti diluiti in 25 anni...
saluto

BLUESSURIA ha detto...

...essendo del '72 ho condiviso l'elemento emozionale e ho iniziato a seguire in ritardo le gesta del Boss. Questa fetta di vita vera descritta da Federico, vivida, mi ha spolverato nella memoria tanti ricordi, schiette emozioni, la purezza e il contatto con l’amato, consumato vinile che scrutavo di nascosto nella collezione di mio padre ( a lui devo oggi il possesso delle copie del Mucchio di allora – a quell’informazione appassionata, domestica e di corridoio – ormai estinta nulla è come allora). Grazie Federico