I
Rolling Stones hanno deciso di raccontare la loro storia con la pubblicazione
di DVD con annessi CD estratti dagli archivi. La serie From The Vault (per cui è
appena uscito No Security. San Josè '99) è il modo migliore per ricapitolare
la loro avventura live, ed anche se Voodoo Lounge Uncut non appartiene a quella "linea" è
altrettanto eccellente sia per grafica, packaging, audio e naturalmente
performance. Il tour è quello di Voodoo Lounge appendice americana,
il concerto quello del 25 novembre 1994. giorno di thanksgiving, presso il Robbie Stadium di Miami, show già
documentato da un DVD degli anni novanta scomparso presto dalla circolazione ed
oggi riproposto in maniera completa con l'aggiunta di dieci tracce mancanti
allora, più cinque bonus tracks provenienti dal concerto al Giants Stadium di
New York dello stesso tour. DVD e due CD (le bonus tracks sono solo sul DVD)
per un concerto visto da 56 mila persone
rapite dalla performance sontuosa di Jagger e soci che con l'arrivo del
bassista Darryl Jones ridefiniscono la loro leadership nel campo dei concerti
live. Se lo Steel Wheels/ Urban Jungle Tour di quattro anni prima era stato
un trionfo, il Voodoo Lounge Tour è un vero record di incassi e di mezzi: il
palco del costo di 3 milioni di dollari, progettato da Mark Fisher, è
caratterizzato da una imponente struttura costituita da un gigantesco semiarco
dalla cui testa a forma di cobra scaturiscono fiamme mentre centinaia di luci
illuminano il tutto. Sono milleduecento le luci, un gigantesco schermo chiamato
Jumbotron proietta immagini ingrandite della band, ed un impianto di amplificazione
di novanta tonnellata diffonde il potente sound degli Stones. Il tutto viene
spostato con non meno di cinquanta semiarticolati mentre il gruppo si muove su
un Boeing 727 preso a noleggio. Ma è la performance a fare la differenza, ulteriore
testimonianza di un biennio, il 1994/1995, fertile e brillante per la band
sotto ogni punto di vista, non solo commerciale. Due ottimi album come Voodoo
Lounge e Stripped, un tour mondiale esplosivo comprendente Nord e Sud
America, Giappone, Australia e Nuova Zelanda, Europa, più la sortita al
Paradiso di Amsterdam, all'Olympia di Parigi e alla Brixton Academy di Londra
con set meravigliosi, in parte acustici. Li vidi il 30 luglio del 1995 a
Basilea e posso confermare che quel tour rimarrà nella memoria per sempre,
forse il migliore concerto degli Stones visto dal sottoscritto, impreziosito
per di più dall'apertura dei Black Crowes.
Il
25 novembre a Miami è un altro appuntamento discografico da non perdere se si
vuole ricapitolare con metodo la loro storia, ed è uno show avente delle
caratteristiche ben diverse da quelli che arriveranno nel nuovo millennio.
Innanzitutto il nuovo album è di fatto presente nella scaletta, come se il tour
fosse di supporto al disco, cosa solo in parte vera perché già allora i diritti
d'autore coprivano a malapena le spese
ed il tour era il solo modo di sopravvivere e andare avanti. Gli Stones costituivano
peraltro una rarità perché lo spettacolo con cui si riempiva lo stadio era
ancora basato sulla musica, non si vedevano balletti, playback e giochi
d'artificio. "Un locale perfetto per il rock n'roll dovrebbe essere
un garage molto ampio fatto di mattoni, con un bar in fondo" ha
affermato Keith Richards, il problema è trasformare uno stadio in un locale
simile, buona fortuna al fonico. A Miami l'audio è eccellente e Voodoo
Lounge concede titoli come You Got Me Rocking, Sparks Will Fly, I Go
Wild, The Worst cantato da Richards, magari non memorabili ma coerenti con
l' aspetto fortemente rocknrollistico e poco plateale dello show. Show che si
apre, dopo la presentazione di Whoopi
Goldberg, con una tambureggiante versione di Not Fade Away, prossima ad entrare nella scaletta di Stripped,
e poi si rivolge al passato pescando la solita Tumbling Dice, una rara Rocks
Off, una tirata Satisfaction messa lì quasi all'inizio, Doo Doo Doo Doo (Heartbreaker) ed una Live With Me che vede Jagger dividersi i compiti con una Sheryl Crow piuttosto in difficoltà nel
tenere alta la tonalità. Non è l'unica invitata, meglio di lei fa un composto Robert Cray in Stop Breaking Down ed il pimpante Bo Diddley in Who Do You
Love? dove Wood e Richards sembrano divertirsi da morire. L'idea della
piattaforma che dal palco si allunga in mezzo al pubblico nasce in questo tour,
gli Stones virano acustici e offrono polverose e sentite versioni di Dead Flowers e Sweet Virginia mentre Angie in
realtà appare piuttosto moscia. Jagger non è squillante come in altre occasioni
ma sembra perfino più spontaneo e "umano", d'altra parte è ancora uno
di quei tour in cui fa circa 10 miglia a sera sul palco. Anche un brano non
trascendentale come I Go Wild serve
al loro arrembaggio rock, con tutti e quattro piazzati in linea, compreso
Darryl Jones e Jagger con la chitarra, le Pietre sembrano una guitar army. Lisa
Fisher è la sensualissima corista che non si risparmia in mise e mosse,
sculetta in una potente Miss You, grande
versione, si rivela una perfetta Honky
Tonk Woman nell'omonimo brano, si agita in Before They Make You Run cantata da Richards, flirta con Jagger, si scatena con l'ugola in Monkey Man e riempie con le sue danze e la sua presenza la sinistra
del palco assieme a Bernard Fowler mentre Chuck Leavell cuce con le tastiere da
sarto d'altri tempi e Bobby Keys comanda la sezione fiati come fosse una band
texana di rhythm and blues.
C'è
qualche momento in cui cala la tensione, It's
All Over Now non è propriamente memorabile ma Richards è in forma e Sympathy For The Devil la torbida
pulsazione erotico-voodoo che immette nel finale, una sequenza dei classici
degli Stones con infilato dentro l'intensa Monkey
Man nella quale ancora Jagger e la Fisher fanno il loro spettacolino a luci
rosse. Chiudono Brown Sugar e Jumpin' Jack Flash e Miami è in orbita,
ancora una volta i Rolling Stones mandano a casa tutti eccitati, contenti e
allegri. E' solo rock n'roll ma avercene.
Tra
le cinque bonus tracks segnalo bella versione soul di I Can't Get Next You di Al Green portata al successo dai Temptations e la Happy di Keith
Richards.
MAURO ZAMBELLINI NOVEMBRE 2018
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