martedì 17 dicembre 2019

CATHOLIC BOY THE JIM CARROLL BAND


Un nome da scolpire sull’Empire State Building ed un disco che ancora oggi suona potente ed esaltante, ristampato oggi in vinile dalla Fat Possum una etichetta che solitamente si occupa di North Hills e Delta blues. Quella di Catholic Boy è invece pura poesia rock urbana ma una poesia al serramanico che nel 1980 deflagrò nella New York post punk. Jim Carroll inizia come scrittore e poeta ( Jim Entra Nel Campo di Basket, Jim ha cambiato strada  e Living At The Movies) ma come Patti Smith  decide di sostituire la macchina da scrivere con la musica per rendere ancora più diretto e lancinante il suo linguaggio crudo e senza mediazioni, frutto di giovanili storie personali tra campi di basket, collegi, droga e prostituzione. Un' esperienza diretta che lo lega ad una New York molto prossima a quella di Ultima Fermata a Brooklyn di Hubert Selby Jr. ovvero degrado, violenza  ed un solo uno spiraglio di redenzione, quello di uscire dall'eroina con la prosa e la poesia dopo aver tentato invano la fortuna con la pallacanestro. E' la New York che Alan Vega dei Suicide così dipinge " una città sporca che puzzava di bancarotta, un buco degradato con spazzatura ovunque, ratti che regnavano sui bidoni dell'immondizia stracolmi, senzatetto che dormivano per strada, punk rocker maltrattati, gang di delinquenti e graffiti. era un mondo perfetto."  Catholic Boy  è un album di rock secco, spietato, affilato come una lama di coltello, un esordio al fulmicotone che mischia testi al neon, flash allucinati, stringati assoli di chitarra ed una ritmica a mitraglia. E’ l’urgenza di chi vive all’angolo della strada aspettando il suo uomo con sei dollari nella mano  ma spera che la vita diventi qualcosa di diverso dall'avere una scimmia sulla schiena. Baudelaire è nella testa ma le chitarre sorreggono un messaggio che ha bisogno di elettricità e forza, oltre che di cuore.  Forse i soli Lou Reed e Willy DeVille hanno raccontato l'inferno urbano come Jim Carroll, il quale da una esistenza in costante pericolo di caduta estrae pillole di bellezza come la ballata dai colori  lividi scritta con Allen Lanier dei Blue Oyster Cult (Day and Night ) e come la lunga e meravigliosa City Drops Into The Night, una cavalcata rock dove soffia notturno il sax degli Stones Bobby Keys. Non a caso Jim Carroll fu il primo artista assieme a Peter Tosh ad entrare nella scuderia delle pietre rotolanti anche se poi il disco uscì per la Atco con la co-produzione di Earl McGrath e Bob Clearmountain.  La nuova ristampa non aggiunge nulla a quello che è già un capolavoro, il primo ed il migliore di tre album a firma Jim Carroll, morto di attacco cardiaco nella sua casa di Manhattan l'11 settembre 2009. Con Carroll è un quartetto di squinternati che non ha certo nella bravura tecnica le proprie virtù, Wayne Woods picchia la batteria come la volesse punire, i chitarristi Brian Linsley e Terrell Winn sono cresciuti a pane e Ramones, Steve Linsley è un bassista alla Paul Simonon, insieme sono una gang che mira al sodo per rendere la poesia del leader il miglior rock n'roll espresso dai bassifondi della Grande Mela in quel cambio di decade. Il disco inizia con Wicked Gravity ed è una fucilata, stacchi e ripartenze, il ritmo accelerato dalle pillole, la voce di Carroll è orgogliosamente lapidaria, le chitarre metalliche evocano i BOC, la teppa urbana è a raccolta. Non sono da meno Three Sisters, Nothing Is True e soprattutto People Who Died, anfetamina in note rock usata da molti, diventata nel tempo un brano iconico. E' finita nel film del 1985 Tuff Turf, nel repertorio di John Cale, degli Hollywood Vampires, dei Drive By Truckers e di qualche altro. L'unica ballata del disco è la commovente Day and Night ( un voluto capovolgimento temporale rispetto al classico di  Cole Porter) che conta sulle  tastiere di Allen Lanier , il quale si fa sentire anche in I Want The Angel, una supplicante preghiera esposta con l'urgenza di chi la vita non dà gli tregua.

La facciata B del Lp parte con City Drops Into The Night, la band gira a mille e Jim Carroll trasforma quella che è un reading di poesia in una sferzante dimostrazione di quanta verità può esserci nel rock n'roll se eseguito con sincerità e realismo. Crow e It's Too Late sono due fiondate elettriche degne di Johnny Thunders e Catholic Boy è l'acido e sarcastico manifesto di un album che non dovrebbe mancare in nessuna collezione rock che si rispetti. Nel giro di pochi mesi in quell'era uscirono London Calling dei Clash, The River di Springsteen, Remain In Light dei Talking Heads, il primo Willie Nile e appunto Catholic Boy, si poteva chiudere bottega lì.

 

MAURO ZAMBELLINI    DICEMBRE 2019

6 commenti:

bobrock ha detto...
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corrado ha detto...

Un disco che ho consumato e consumato... Preferisco non aggiungere altro per evitare di essere banale, ma per me, davvero, Jim Carroll è una figura sullo stesso piano dei nomi che hai citato. Come De Ville, ha raccolto molto meno di quanto merita, ma chi se ne frega, basta che lo amiamo noi

armando ha detto...

Anche io mi aggiungo ai "ragazzi del coro" di cui sopra. Ho adorato questo vinile,che tra l'altro prendo ogni tanto e lo faccio rigirare sul piatto come facevo anni fa,quando ho voglia di rivivere quelle vecchie, ma elettriche vibrazioni.Ho ancora nella mente gli speciali dedicati a Carroll sulle pagine del caro Wild Bunch e nonostante siano passati parecchi anni da queste pubblicazioni....mi sembra sia accaduto solo l'altro ieri. Potenza del buon rock !!!
PS : A Zambo e a tutti voi un grande abbraccio e tanti Auguri

Armando Chiechi

bobrock ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto...

Unknown2. Anch'io comprai all'uscita catholic e dry, adorandoli. Penso siamo tutti ex-lettori del Mucchio(quello vero). Lettori di Zambo. E allora con quasi tutti i dischi anche di (Mink)Willy, e dei talenti sconfinati del famigerato club 27....
Quanta musica, quanta gioia, quanta vita ci hanno rubato le polveri...
Ma è anche vero che se fossero stati tutti borghesi perfettini, la grandissima musica che ci hanno regalato nn sarebbe mai esistita. Anime perse, fragili, solitarie, indifese e abbandonate. Come siamo stati anche noi tutti in certi momenti della ns vita.
Loro non hanno saputo (voluto?)trovare la strada x tornare indietro...
Troppo grandi x una vita minima?
Di certo la loro musica, scrittura, poesia... ci aiuta quotidianamente a tirare avanti. Eredità incomparabile a fronte di pochi miseri quattrini.
Buon venti-venti a tutti

corrado ha detto...

Ecco cosa intendevo dire quando scrivevo che Bruce (ma anche Willie, Jim, Lou, Neil...) continuano a salvarci la vita ogni giorno, a prescindere dai risultati più o meno belli delle loro opere più recenti.
La nostra è una generazione che ha potuto godere di strumenti di crescita, di formazione, di critica che oggi non vedo, ecco perché ci ritroviamo tutti qui, da Zambo, strudove quegli strumenti continuano a essere proposti e a funzionare. Senza nulla togliere alla molta buona musica dei nostri giorni che esiste, certo in quantità minore che in passato, ma esiste.
Buon anno a tutti!