giovedì 22 ottobre 2020

THE ROLLING STONES Steel Wheels Live Atlantic City, NJ

          Basterebbero le esecuzioni di Little Red Rooster con l’invitato Eric Clapton, e Boogie Chillen con Clapton e John Lee Hooker per giustificare l’acquisto di questo ennesimo reperto d’archivio della storia live degli Stones, un doppio CD con annesso DVD riguardante il concerto che tennero al Convention Center di Atlantic City nel dicembre del 1989 al termine della prima frazione dello Steel Wheels Tour. Ma c’è dell’altro, soprattutto un concerto sontuoso che vide i Rolling Stones tornare in pista dopo sette anni di blackout e diverse avvisaglie di scioglimento. In realtà il tour iniziò nell’agosto dello stesso anno a Philadelphia e finì l’anno seguente in Giappone, poi ci fu l’appendice europea intitolata Urban Jungle, con relativo passaggio italiano. Li vidi allo Stadio delle Alpi di Torino il 28 luglio del 1990, uno splendido show, migliore di quello che vidi nella stessa città nel 1982. Ma a parte le considerazioni personali, Steel Wheels Atlantic City New Jersey è un documento che attesta uno dei momenti più importanti nella storia degli Stones, il ritorno in tour ed il superamento delle incomprensioni tra Jagger e Richards, oltre alla messa in campo di un disco, appunto Steel Wheels, che riallacciò i legami con i vecchi fans e portò sotto il palco una nuova schiera di pubblico giovanile che non si accontentava di vedere gli Stones come miti  ormai sbiaditi di un glorioso passato ma esigeva da loro concerti vibranti, tosti, emozionanti. Il fatto di saldare i vecchi hits come Satisfaction, Jumpin’Jack Flash, Start Me Up, Honky Tonk Women, Sympathy For The Devil, Midnight Rambler, Miss You, You Can’t Always Get What You Want  col nuovo materiale fu la mossa azzeccata per togliere la polvere dallo storico mausoleo e ripresentare una band di pluri quarantenni (ma Wyman aveva già 52 anni) ancora punto di riferimento per chi aveva a cuore il classico ed intramontabile rock n’roll. 

E gli Stones con quel tour ci riuscirono alla grande, al di là delle opinioni che si possono avere sul disco Steel Wheels, il concerto di Atlantic City è magnifico, eccitante e ricco di sfaccettature. Accattivante dal punto di vista visuale con l’inaugurazione dei faraonici palchi che sarebbero poi continuati nei tour seguenti, in questo caso una imponente struttura metallica ideata dall’architetto Mark Fisher e dal designer Patrick Woodroffe che simulava una sorta di raffineria abbandonata in un paesaggio alla Mad Max. La stessa struttura venne portata anche nello Urban Jungle Tour ma in una dimensione ridotta, il DVD in questione rende l’idea di come uno stadio venne trasformato in una fantasia post-industriale che si adattava al set duro e moderno degli Stones, un set che non era mai stato così lungo, più di due ore e mezzo di musica. E’ l’ultimo tour con Wyman in formazione, ma il bassista per tutto il concerto non fa una piega, statuario come la scultura di un presidente sul Monte Rushmore, sorridente solo quando viene preso in mezzo dalle avvenenti coriste Lisa Fisher, alla corte degli Stones a cominciare da quel tour, e Cindy Mizelle che gli fanno fare il doo-doo-doo-doo in una delirante versione di Sympathy For The Devil. 

Le stesse coriste accompagnano con le loro voci, ma c’è anche Bernard Fowler, in gran parte dello show  Mick Jagger, il quale concede alla Fisher l’impennata di Gimme Shelter, una performance che diverrà una sorta di classico nel curriculum della cantante. Jagger è scattante, adrenalinico, debutta vestendo un chiodo di pelle nera anni 80, piuttosto largo ma in linea con lo styling dell’epoca, e camicia blu, al termine rimarrà in succinta t-shirt bianca a cantare l’esplosivo finale di It’s Only Rock n’Roll, Brown Sugar, Satisfaction (grandiosa versione) e Jumpin’Jack Flash. Keith Richards è in forma da morire, suona da mago sia ritmica che solista, niente a che vedere con quelle strampalate entrate heavy che fa di recente, Ron Wood non è da meno e tra una sigaretta e l’altra tira fuori la sua anima blues. Charlie Watts non si commenta, è, e basta, Chuck Leavell e Matt Clifford si preoccupano di riempire lo sfondo con piano e tastiere. Dal punto di vista del menù le novità riguardano Sad Sad Sad dove si vede Bobby Keys in giacca e cravatta soffiare il suo sporco R&B, Terryfing, una sfavillante e sferzante Rock and Hard Place, mentre dal passato prossimo arrivano la danzante Harlem Shuffle con gli Uptown Horns  più festaioli che mai, la cupa Undercover of The Night, Mixed Emotions ed una bella e trascinante versione di Can’t Be Seen che Richards canta e trascina assieme alle coriste, prima della consueta Happy. Ma le novità arrivano anche dal passato remoto perché Bitch è quello che si desidera dagli Stones quando fanno i teppisti, Salt Of The Earth ripescata da Beggar’s Banquet  fa la sua premiere dal vivo con Axl Rose e Izzy Stradlin dei Guns and Roses a dare manforte ad un gospel che cresce immenso, e 2000 Light Years From Home dopo il teatrale intro di Jagger permette ad una band di rock-blues di entrare nello space rock dei Tangerine Dream, per poi saldarsi senza soluzione di continuità con il tribale inizio voodoo di Sympathy For The Devil, qui in versione da capogiro, tra le più belle del loro lungo curriculum live. E poi ancora il barocco pop di Ruby Tuesday, romantico ricordo della Swingin’ London, una vita che non la si ascoltava, ed il rientro in scena ( considerato che è ancora in cartello negli ultimi tour) della frustata punk-dark di Paint It Black.

Il blues è omaggiato come ci si auspica da una band che ha iniziato proprio con le dodici battute, Little Red Rooster beneficia di un Clapton che ricama da Dio, John Lee Hooker in elegante completo nero con fazzoletto rosso e Gibson d’annata vocifera rauco e spiritato in Boogie Chillen accompagnato da Clapton, Richards e Wood ovvero l’Università della Fender. In Honky Tonk Women, ennesimo highlights, due bambole da bettola del Sud si gonfiano enormi sopra lo stage, scollate e minigonnate come richiede il tema della canzone, facendo il verso a Cindy Mizelle e Lisa Fischer, uno spettacolo nello spettacolo con le loro movenze, i tacchi a spillo e gli abitini maliziosi. L’armonica di Jagger fa faville in Midnight Rambler, Miss You grazie all’assolo di Ron Wood non sembra neanche più un pezzo da discoteca, e Keef gli risponde nell’assolo di Sympathy portando tutti all’inferno.


Uno show maestoso e lungo, che si gusta con gli occhi, il DVD, e si salta in aria con i due CD, di eccellente qualità audio. La band è vogliosa di ritornare in scena, Atlantic City li applaude dopo 57 date americane, siamo nel 1989 ma gli Stones hanno già sotterrato l’infausta bombastic music di quella decade. E’ solo rock n’ roll.

MAURO ZAMBELLINI   OTTOBRE 2020


 

24 commenti:

corrado ha detto...

Cavolo, sembra di essere presenti al concerto!
Complimenti, fa venire voglia di acquistare disco e DVD, come avevo fatto con Soulfire Live di Steve Van Zandt

Armando Chiechi ha detto...

Ricordo che mancai l'appuntamento con Steel Wheels ma presi il seguente live " Flashpoint" che pur non arrivando ad un " Love you Live" non era cosi male. Hanno fatto bene poi gli Stones da un po' di tempo a sta parte ad aprire gli archivi, anche per dare un senso di completezza a quei dischi live ufficiali, che nei formati singoli,in certi casi e per una questione di spazio e minutaggio,non potevano offrire una proposta più ampia, rendendo monche le relative scalette !

Armando

Zambo ha detto...

purtroppo sia still live e flashpoint erano poca cosa rispetto ai loro concerti, le ultime numerose pubblicazioni in DVD/cd hanno reso giustizia alla loro grandezza live, anche Non Security è debole rispetto a San Josè 99

Armando Chiechi ha detto...

Giusto Mauro. Peccato che certe cose escano solo ora..ma come si dice : "meglio tardi che mai " e poi anche se dietro ciò possono esserci operazioni commerciali e di puro marketing,ben vengano se possano regalare agli appassionati inediti o concerti completi. Ormai queste operazioni sono una via parallela e forse più indovinata di una carriera che per ragioni anagrafiche non può riservarci altre grosse sorprese...anche se riguardo gli Stones,tu hai sempre visto giusto dicendo che loro sono diversi da tutti perché sono gli unici ad aver fatto un patto. Eh si...Keith ci seppellira' tutti, ancora con un jack daniels in mano ed un accordo di Mi maggiore pronto a suonare un altro blues, alla faccia del tempo inesorabile !?!.

Luigi ha detto...

Grazie Zambo
Adesso dopo gli amati Stones aspettiamo la tua opinione sul nuovo Bruce.
Piaccia o no sei stato tra i primi divulgatori in Italia del verbo springsteeniano.
Come Brera per Gigi riva
Veronelli per i vini
Fernanda pivano
per la letteratura americana.
Ascoltalo con calma e facci sapere......

Unknown2 ha detto...

Unknown2. ehi, e dire che a me no security è piaciuto un sacco! Certo qui ad atlantic city, specie wood e richards, hanno 10anni in meno di vita spericolata, e si sente tantissimo. Se poi aggiungi ad una band già stellare: un chuck leavell (pensate a cosa potrebbero essere le sue memorie, lui che ha vissuto dall'interno prima allman e poi stones!!!) brillantissimo, che regala un tocco southern allo stones sound, ed una lisa fischer, bomba sexy, voce inarrivabile, che rende, se mai ce ne fosse stato bisogno, gimme shelter ancora + immortale.....
Palpabile in qs lunghissimo (x gli standard stones) concerto la gioia di tornare ai classici di una carriera in forma dilatata e ricchissima di spunti chitarristici imperdibili, anche se forse personalmente preferisco le versioni più asciutte ed essenziali del 95 e 99 (parlo di rambler, honky, satisfaction... tutti quei fiati mi spiazzano un po'). E poi ospiti prestigiosi, hook e clapton + dei due guns, certo.
A Torino 90, e mi ripeto, ottimo show di una band felice di reincontrare i suoi fans, ansiosa di piacere, in ottima forma. 30anni dopo ricordo una sympathy strepitosa, con mick in cima ad una altissima struttura, ululante alla luna.
Sempre + lodevole la immane operazione d'archivio sui rolling. Aggiunge fascino alla leggenda. E che leggenda!!!
PS deciderà poi il padrone di casa, se dare spazio alla discussione su the letter... Oggi giornata piena: ho ascoltato prima il new boss, e poi gli stones dell'89. Che sbornia di rock!

corrado ha detto...

Le due coriste, no: cantanti, sono bravissime e bonissime! Gimme shelter è formidabile, sarò eretico, ma la preferisco all'originale...

Armando Chiechi ha detto...

Concordo con Unknow2 su No Security perché non era affatto male e con certi brani difficilmente sentiti su altri live. Buona anche la resa e gli interventi di Dave Matthews e Taj Mahal. Avesse solo avuto una scaletta un po' più lunga....?!?

Armando

Unknown2 ha detto...

Unknown2. Ancora qualche considerazione. Mi è piaciuta un sacco la definizione di "barocco pop" data da Zambo a ruby. In effetti, quel mitico 45rpm a doppia facciata A: ruby\let's spend, uscito in gb nel gennaio '67,
(e maledizione alle differenze fra i primi dischi usa e uk degli stones!!!!),
segnò il definitivo spiccare il volo da band devota a un canonico blues\r'n'b (su cui altri gruppi, come i bluesbreakers, ma non solo, costruirono una carriera) verso un repertorio peculiare e personalissimo. Certo, c'erano state avvisaglie nobili, come satisfaction, under my th., paint it, etc, ma credo che qui si entri davvero "ufficialmente" in quel suono, pop in superficie, scanzonato e ascoltabile, sotteso però da perverse profondità scandite dal canto sguaiato di mick, dalle frustate elettriche di keef, dalle felici (ancora x poco) sperimentazioni di brian. Una musica double face, gioiosa e demoniaca insieme; uno spessore, una complessità che i pur sublimi beatles mai raggiungeranno.
Un afflato sulfureo, supportato da vicende umane spinte al limite (e purtroppo anche oltre) che porterà ai 4capolavori del 68-72, con l'ultimo, exile, già affogato nell'eroina,purtroppo. Ma inevitabilmente: se vendi l'anima al diavolo, lui poi arriva a riscuotere.
E tra beggar's, let it bleed, sticky ed exile, la mia preferenza cade sul secondo: se si pensa che contiene: Let it bleed, midnight rambler, gimmie shelter, honky tonk women pt2, you can't always, +, tanto x gradire, love in vain e you got the silver... quale altro album, del rock tutto, può ambire tali "infernali" altezze?
Qs x dimostrare che non saranno mai troppe, nè superflue, le incursioni nei loro archivi live: x tanto tempo è circolata la fake che on stage fossero deficitari, poco professionali, annebbiati dalle polveri. Forse anche a causa della pessima discografia live ufficiale e\o delle condizioni spesso precarie in cui si trovarono ad esibirsi negli anni 60\primi70, si pensi solo al disastro di altamont...

Armando Chiechi ha detto...

Interessanti le considerazioni di Unknow 2 e mentre ho in cuffia il vecchio Johnny Cash con gli Heartbreakers in " Unchained" ( suggestionato dall'articolo di Petty sul Buscadero di questo mese) volevo cogliere l'occasione per ringraziare Zambo riguardo la ristampa di " Goats Head Soup" e quanto scritto su di loro a tal proposito. Un album sottovalutato e continuato ad esserlo in ogni retrospettiva a loro dedicata, tanto è vero che ho sempre evitato quella copertina e il suo contenuto. E' uno tra i pochissimi titoli degli Stones mancanti nella mia discoteca ma ora farò di tutto per recuperarlo. Ad Unknow per quel che riguarda il poker di cui sopra, dico che il mio preferito dei 4 è Sticky Fingers ma lo dico solo se devo per forza sceglierne uno..perché poi su questi è veramente dura sceglierne uno !?! Hi guys !!

Armando

corrado ha detto...

Ricordo ancora l'ottima retrospettiva sugli Stones pubblicata sul Mucchio, credo numero 53 o giù di lì. Venivano riesaminati sotto una luce più accurata anche dischi come quello sulla zuppa di capra. Può integrare l'ottimo post di Zambo dei mesi scorsi

Paul ha detto...

Anch'io come unknown2 ieri mi sono fatto la doppietta letter to you/ atlantic city!!!! Un po' di gioia infantile in questi tempi bui.
Mi astengo ovviamente sul commento al lavoro springsteeniano sul quale ovviamente aspettiamo il via del padrone di casa.
Oggi ho riguardato in sequenza atlantic city 89 e miami 94 (Voodoo lounge tour) e ammetto di essere in difficoltà se dovessi scegliere il migliore.
Nel dubbio domani mi farò tutti i 3 concerti totally stripped che credo rappresentare, a mio parere, il culmine delle performance live delle pietre degli ultimi 40 anni per intensità, gusto e urgenza.
Per fortuna è solo rock&roll!!!
Paul

Unknown2 ha detto...

Unknown2. Anch'io prediligo, x location, atmosfera, felice momento della band, scalette, qualità del suono, i 3 totally 95. Beato chi ha potuto presenziare. Il cofanetto è un investimento quasi obbligatorio.
Altro must, x me, è il some girls houston 78, autentico sberleffo al punk tutto. Violento, selvaggio, adrenalinico. Classe ed energia, gioia e potenza. Una linguaccia grande così a pistols et similia, da chi del sex, drugs and rock'n'roll ha fatto una ragione di vita già 15anni prima. E oggi, 30anni dopo, sono ancora lì...
Senza dimenticare che il loro ultimo cd in studio è una genuflessione al blues urbano da cui sono partiti. Ritorno alle origini, omaggio alla sorgente. Grandi

Armando Chiechi ha detto...

Vero, bellissimo " Houston '78" anche per via della scaletta oltre alla performance. Considero la stessa " Some Girl" un brano geniale nonché sunto della black music che dalle atmosfere dance e funk risale al blues con quell'armonica che quasi non ti aspetti !? " Lonesome & Blue" è stata una piacevole sorpresa e un disco che non mi stanco mai di riprendere e ascoltare come l'ultimo di Richards che insieme a " Cheap Talks" considero i suoi più belli.

Armando

Zambo ha detto...

Siete degli allievi fantastici , sono orgoglioso della mia classe. Sul mio fbook c è la botta a calda del mio primo ascolto di letter to you. Per la disamina dei singoli pezzi c è tempo ma if i sas a priest è enorme come lo fu a suo tempo the River, purtroppo è stato scritto un secolo fa.

corrado ha detto...

Tutti promossi, con la Didattica Digitale Integrata nella School of Rock del Zambo's place!!!

Armando Chiechi ha detto...

Grazie maestro Zambellini...
Abbracci

Armando

Armando Chiechi ha detto...

Errata Corrige " Talk is cheap"

Unknown2 ha detto...

Unknown2. Forte del bel voto ottenuto in esegesi stonesiana (ma sapevamo di toccare il cuore del ns prof, siamo stati furbetti) e dell'apertura ufficiosa del contendere su letter, mi avventuro x 1° a parlarne. Al buio, xchè non frequentando i social nn so come ne abbia discettato il prof. Se prendo 5, pazienza, compenserò con l'altro voto.
Posto che l'atmosfera complessiva dei testi è depressa e depressiva, financo funerea, e che io non sono in grado di giudicarli ai primi ascolti (anzi mi ci vuole proprio lo scritto, meglio se tradotto) mi soffermerò sull'aspetto musicale, che x me è dirimente, comunque.
Voto 7. 3stelle e 1\2. 6 a 6 le canzoni: mi piacciono le tre vecchie(janey, priest, orphan) e letter(rivalutata), ghosts(sarà un live anthem) e l'ultima i'll see you in my dreams.
Le altre fatico ad ascoltarle. Resto basito leggendo che x qc "recensore" i capolavori del disco sono house of 1000(che purtroppo non è quella di willie nile) o last man... ma siamo in democrazia, no? In generale i pezzi nuovi suonano(per me), oltre che un filo già sentiti, anche facilotti nello svolgimento, con soluzioni melodiche un po' scontate, coretti lalala, assoli ruffianotti... Troppa ansia di compiacere il grosso pubblico, quello di bocca buona, forse. Rainmaker è proprio bruttina, sembra una outtake di rising, disco invecchiato maluccio, vero, brendan?
La voce del boss ha 71anni, è umano che la potenza non sia + quella, anzi, certe incrinature ne aumentano il fascino, ma insistere sul falsetto o sul sussurrato lo rende a volte un po' ridicolo.
Le canzoni: Janey è la + nostalgica, con quel glockenspiel che fa battere il cuore ed il finale urlato sul modello della backstreets\sad eyes del 78. Bella. Echi di Darkness(the song).
Priest è il capolavoro. Tutto funziona alla grande. Non ti stanchi di sentirla. Nè di chiederti xchè in un disco di quasi 1ora il solo finale di nils(i suppose) venga brutalmente sfumato. Delittuoso.
Orphans è una delle mie preferite da sempre(qs pezzo ha quasi 50anni) . Solida ballata springsteeniana, classico l'accompagnamento e.street dei momenti felici. Bella bella.
Di letter e ghosts si è già scritto tutto.
I'll see you è una chiusura sentita e commovente. A me piace un sacco.
The Band: immenso professor roy, il suo piano è ovunque, mai banale, creativo anche sui pezzi + scontati. Vera spina dorsale del disco.
Quasi sullo stesso livello metto ch. giordano. Il suo hammond tesse, cuce, riempie, con sublime misura, tenera poesia, verve deliziosa.
Garry w. è il perfetto professionista di sempre. Senza mai strafare, senza mai mancare.
Jake, beh, se portasse un altro cognome, dubito sarebbe lì dov'è. Spesso viene usata l'armonica, negli arrangiamenti, al posto del sax, e ho detto tutto. I rari assoli suonano troppo simili, x me, a quelli dello zio.
Mighty max è rimasto un po' fermo a busa. Inutilmente fragoroso, un po' boombastic, infila rullate + o meno a proposito. Non mi piace il drum sound in generale, in tutto il disco.
3 chitarre elettriche... si sentono relativamente poco. Da sempre si sa che è una scelta precisa di springsteen affidare la melodia a piano e tastiere, lasciando loro anche libertà di variazione, "relegando" le chitarre ad un ruolo comunque nobile di tappeto ritmico (maestro insuperato del genere è keith richards, che ne ha fatto vera arte) ma, sempre x i miei gusti, little steven e soprattutto nils si sentono un po' pochino.
Ecco, come al solito mi sono fin troppo dilungato. A voi la palla


corrado ha detto...

Io rimango ancora sugli Stones, in attesa di un post dedicato a Letter to you.
Ho riletto d'un fiato la retrospettiva di Blue Bottazzi sul numero 53 del Mucchio e la trovo ancora valida, così ho cominciato a riascoltare i dischi degli Stones degli anni '70 e fino a Tattoo you, del 1982. È un sukno che, incredibilmente resta attualissimo, alteo che morte del rock: se usassero un qualunque branodi quegli anni per una qualche pubblicità, migliaia di ragazzini brufolosi si scaricherebbero il disco nel loro dispositivo e andrebbe a far concorrenza agli idoli della trap.
Per quanto mi stia simpatico Ron Wood, con Mick Taylor era un'altra cosa.
Il cd con dvd del live di Atlantic City è arrivato oggi nei negozi della mia città, ma ha un prezzo per mespropositato, lo cercherò in qualche offerta su internet

Armando Chiechi ha detto...

Non vorrei inoltrarmi su " Letter to You" visto lo spazio qui riservato ai Rolling, ma siccome siamo in aula e certe volte i compagni di classe si distraggono il mio giudizio è affine a quello del professor Zambo. Non è un capolavoro ma un gran bel disco come non lo si sentiva da tempo. Su tutte spiccano i vecchi tre brani e " One minute..." ti scioglie il cuore. Lo trovo un disco onesto e per me i suoi punti deboli sono " The House of Thousand Guitar" ripetitiva e con quel " guitars" che cade male ed esce dal bordo e " Rainmaker" rovinata dal ritornello..ed è un vero peccato perché gira bene tranne il chorus. La voce si porta dietro tutti i suoi 71anni e ci sta. Un plauso al lavoro live in studio.

Saluti a tutti

Armando

corrado ha detto...

E va bene, sono sulla stessa linea du Armando e del professore, ma mi riservo ascolti più meditati e la lettura dei diversi punti di vista degli altri compagni di classe

bobrock ha detto...

Atlantic City è uno dei migliori live che abbia ascoltato dei Rolling; avevo sia il bootleg cd (ottimo) che quello video(scadente). Gli anni 90' per loro sono stati una ripartenza dopo il tour del 82' che a me personalmente non mi aveva particolarmente infiammato. Ero stato a Lione città scelta perche' temevo i soliti casini italiani che comunque sono andati avanti ancora per un po' (nello stesso anno a Redecesio di Segrate ho preso una bella sassata nella schiena ai Talking Heads concerto interrotto dopo 70 minuti per l'uso indiscriminato di lacrimogeni.)
A Lione per buona parte dello show avevano faticato ad ingranare e soltanto nella seconda parte avevano imfiammato un pubblico un po' distratto. C'e da dire che spesso i francesi li ho trovati poco partecipi.
Mi ricordo che dopo pochi giorni in cui avevo assistito al concerto di Bruce a Milano 85 volai a Parigi ma la differenza di pubblico e anche di concerto era veramente abissale.
A Torino 90 i Rolling sbancarono a dispetto di uno stadio non completamente pieno. Ma sia l'impatto visivo ( il palco era stupendo) e la performance mi avevano veramente esaltato.
Atlantic è ancora meglio, un suono pazzesco e loro veramente in palla.
Prescindendo dagli ospiti, è proprio l'esecuzione di ogni singolo brano che rende la serata memorabile.
Rivedendo il video trovo altresì grottesco Axl Rose e il suo modo di ancheggiare, quasi imbarazzante. E devo fare ammenda perchè ai tempi avevo avuto una infatuazione per i gunners culminati con due pessimi concerti (sempre Torino e poi Modena col risultato che buttai nel cesso i loro dischi).
Resta un mistero (stesso discorso fatto piu' volte anche con Bruce) la gestione della discografia dal vivo. Vero che erano altri tempi, vero che i dischi live servivano a riempire intervalli creativi dei vari artisti ma se c'era un gruppo che doveva essere testimoniato e che invece soffriva per uscite mai appaganti o incomplete erano proprio i Rolling.
Stupendo Get yer, bello Love u live ma poi era il vuoto.
Per fortuna e meglio tardi che mai ci sono state le uscite dell'ultimo decennio. Non si capisce pero' perche' pubblicare Brema e invece relegare Leeds e Bruxelles nelle super de luxe (due concerti da urlo).
Ma sappiamo bene che gli stones non fanno prigionieri e come ha detto Ron Wood pagare 800 dollari per un loro concerto è un prezzo adeguato.........

Unknown2 ha detto...

Unknown2. Solo x dire che io da tempo ho scelto spotify. E' solo x qs che riesco ad ascoltare tutto in tempo reale e magari commentarlo (fin troppo) a caldo.
Poi ho sempre tempo di acquisire il supporto fisico, se ne vale la pena...