lunedì 8 settembre 2008

BRUCE SPRINGSTEEN & THE E STREET BAND MILANO SAN SIRO 25 GIUGNO 08



È stato un concerto memorabile per l’entusiasmo di tutti, in primis Bruce ed il pubblico ma anche della E Street Band che è apparsa un po’ meno “legata” rispetto al concerto milanese del 28 novembre. Non sono d’accordo con chi dice che questo è stato il concerto di Bruce migliore di sempre ma certo la gioia e la commozione e l’entusiasmo che hanno avvolto San Siro sono stati un evento biblico tanto che ad un certo punto, prima del finale con Twist and Shout, Bruce ha guardato negli occhi Little Steven e ha proferito unbelievable! Incredibile in tutti i sensi, uno show in cui Bruce è stato tutto, rocker e giullare, entertainer e songwriter, soulman e bluesman, capace di essere contemporaneamente Bo Diddley ed Elvis Presley, Bob Dylan e James Brown, Eddie Cochran e the saint of the city. Peccato non ci fosse nella scaletta a richiesta It’s Hard to Be A Saint of The City ed invece la bella ragazza delle prime fila preferisse una piuttosto anonima None But The Brave, degna solo di essere abbastanza rara ma non certo emotivamente storica. Ma i gusti non si discutono, visto che se avessero chiesto a me avrei suggerito Roulette visto che Scajola è in fregola col nucleare e magari ricordare cosa sia successo a Three Miles Island non fa male oppure Candy’s Room che Bruce ha prontamente letto nel mio pensiero e l’ha fatta senza battere ciglio. Peccato fosse nella prima parte dello show quando mi trovavo nel prato abbastanza a ridosso del palco e l’audio sembrava quello di uno scadente bootleg dei primi anni ottanta. Basso pompato, chitarre impiastrate, distorsioni a palla e la voce che si faceva fatica a sentire. Ho temuto il peggio e quasi mi mettevo a piangere, ho solo avvertito l’onda d’urto di Summertime Blues, ho fatto finta di gioire con Spirit of The Night, uno dei miei pezzi preferiti e ho cercato un rimedio all’ incapacità tutta italiana di offrire un suono come si deve rifugiandomi nelle note di Darkness. Poi ho deciso di allontanarmi e di spostarmi sulla destra del palco, più o meno nella zone delle birre ed è stato un altro concerto, il sound è migliorato, la notte è scesa, Bruce si è illuminato e San Siro si è incendiato. Libero da vincoli, da resse, dall’impegno di ricordarmi per forza tutti i passaggi del concerto, tutti i trucchi e gli assoli, cose tipiche di un recensore attento e responsabile, mi sono liberato e ho vissuto la musica di Bruce e della E Street Band come fosse stata la prima volta che la vedevo e la vivevo dal vivo.

È stata una epifania, sono nato di nuovo come springsteeniano, ho gioito come un bambino, ho ballato come uno sballato, mi sono emozionato come un innamorato, ho abbracciato e baciato la mia ragazza su I’M On Fire, ho suonato la chitarra con Because Of The Night come fossi stato al Bottom Line di New York nel ’78, sono salito in cielo quando è arrivato il sontuoso, imponente, mistico e sublime finale di Racing In The Street, roba mai sentita prima in una versione di così tanto lirismo anche se sono un veterano della Zurigo del ’81, ho scambiato la mia birra col primo che passava perché entrambi avevamo il sorriso e la felicità addosso quando Bruce cantava Long Walk Home. Mi è perfino sembrata bella Last To Die e ho goduto sia nel sentire un’altra volta, l’ennesima, l’asfalto bruciante Born To Run sia nel non sentire Thunder Road che come ho confidato ad Antonio e Matteo, lì vicini, ebbri di birra e kilometri (otto ore per venire da Portogruaro a Milano su quella infernale autostrada che non è assolutamente fatta per correre) a costo di essere lapidato da uno stadio intero, non ne posso più di sentirla, con quel coro oh oh oh thunder road oh thunder road che mi fa venire in mente l’ ecumenismo dei papa boys . Non abbiatemene a male ma preferisco il rock laico. Ho sudato l’ultima goccia di una giornata torrida con la Detroit Medley ricordandomi di tutti quei bootleg comprati negli anni settanta quando Springsteen era una cosa da carbonari ma quei carbonari sapevano già che fantastico come lui nel rock non ci sarebbe stato nessuno, nemmeno Elvis e Dylan, Young e Van the Man e poi ad un certo punto mi è venuto il magone perché quando è arrivata Bobby Jean mi ha assalito la paura, una malinconia infinita, una stretta al cuore, quasi una certezza vedendo quell’uomo così generoso e forte ma non più giovane e quegli amici ormai un po’ malconci e stanchi che facevano di tutto per sembrare quelli di sempre, che quella fosse l’ultima volta che avremmo visto Bruce con la E Street Band. Mi sono fatto coraggio dicendomi che se i Rolling Stones erano ancora in giro avrebbero potuto esserlo anche loro ma quelli hanno fatto il patto col diavolo ed invece questi sono come noi, umani, mortali, vulnerabili. Quasi uno sconforto mi ha preso, uno sconforto felice perché intanto la musica andava avanti e American Land batteva come una danza celtica di orgoglio e amore universale ma nel mio intimo sapevo che quegli uomini che stavano sul palco e avevano reso la mia vita e quella degli ottantamila presenti migliore di come era stata programmata, una volta che non ci sarebbero stati più ci avrebbero resi orfani di una delle cose più belle che l’esistenza ci ha regalato. Una volta andati avrebbero portato con sé una parte importante della nostra vita.

Che Dio o il rock n’roll renda eterni Bruce Springsteen e la E Street Band. Non è possibile vivere senza.


MAURO ZAMBELLINI

3 commenti:

Blue Bottazzi ha detto...

la foto, naturalmente, non è di San Siro 2008, ma Hallenstadion Zurigo 1981. Ero a vederlo proprio con Zambo e l'ho scattata io.

tsitalia ha detto...

Bella recensione.

Peccato per l' audio orribile, il peggiore del tour anche questa volta (secondo me).
www.tsitalia.blogspot.com

cuciuti ha detto...

gran commento. ti leggevo vent'anni fa sul mucchio e ti ascoltavo su rai stereonotte, stesso periodo. migliori invecchiando, come il buon vino. concordo su roulette. sul suono non saprei dire: ero tra le prime file e forse sentivo le spie del palco o forse sono stato in trance per tre ore..
dissento - laicamente - su thunderroad. a me dal vivo ha sempre dato i brividi lungo la schiena. e non ho mai, dico mai, frequentato chiese e affini...spero che veramente non sia l'ultima volta... ciao stefano