domenica 1 gennaio 2012

il mio best del 2011


A mio modesto parere non è stato un grande anno sia per la musica che per i film. Poche novità di rilievo, pochi dischi realmente emozionanti, pochi film da ricordare. Non sono un cinefilo ma il cinema rimane uno dei miei svaghi preferiti, non sono abbonato a Sky e la Tv pubblica in fatto di film fa pena per cui amo sempre uscire di casa ed infilarmi nel buio di una sala cinematografica, sia essa una multisala o semplicemente un cinema di paese resistito al tempo e alle speculazioni ma da qualche anno a questa parte noto che i film per cui valga la pena mettersi in movimento e spendere soldi sono sempre di meno. Sono piuttosto selettivo e vedo con una certa riluttanza (limite mio) sia l'attuale produzione italiana (non tutta ma quasi) sia il cinema iraniano o bengalese o turco o di qualche altro paese emergente, sono tradizionalista e continuo a nutrire una predilezione per i film americani indipendenti o di secondo livello (i B movie tanto per intenderci) che ormai sono rari come il panda perché nelle sale spopolano i film dai budget spropositati, kolossal da effetti speciali e in 3D insopportabili tagliati per un pubblico giovanile che va al cinema per mangiarsi i pop corn. Non ricordo tutti i film che ho visto in questo 2011 ma alcuni mi sono rimasti in mente perchè mi hanno soddisfatto e fatto pensare, come il rifacimento di Il Grinta (è nel blog) dei fratelli Coen e il noir minimale e notturno di Drive del regista Nicolas Winding Refn, Palma d'oro per la miglior regia al Festival di Cannes del 2011.
E' un film che definirei rock per il ritmo e l'ambientazione, duro e crudo ma con squarci di autentica poesia urbana, realistico fino al midollo ed impreziosito da una fotografia satura di suggestioni notturne. Un road-noir-movie come non se ne vedeva da tempo, tratto dall'omonimo libro di James Sallis (Giano Editore). Pollice alto anche per il poetico e tollerante Miracolo a Le Havre (nel blog) del finlandese Aki Kaurismaki e divertimento assicurato nel fine e romantico Midnight In Paris di Woody Allen, un film delizioso che contiene alcune delle migliori battute dell'anno.

Per quanto riguarda la musica e più specificatamente il rock noto che la mia soglia di gradimento si è abbassata ovvero sono sempre meno i dischi all'altezza del costo d'acquisto. You-tube e il downloading permettono di non prendere più troppe cantonate acquistando dischi magari strombazzati da critici e giornali che poi si rivelano poca cosa e faticano a rimanere nel lettore più di qualche giorno. Sono rimasto ancorato all'antico sistema di misura, un disco è valido se gira tante volte nel lettore, ci rimane settimane se non addirittura mesi. Quest'anno mi sono imposto di ripristinare la gloriosa, formativa e parsimoniosa pratica giovanile di sentire e risentire i dischi numerose volte esplorandoli a fondo come si faceva una volta coi vinili, consumandoli ed imparando le canzoni. Ad una certa età non è facile, la memoria non è più quella di un tempo, la vista si è fatta precaria e ho smesso di ricordare bene i titoli dei brani da quando i CD hanno rimpiazzato i vinili, anche le emozioni si sono raffreddate, raramente si sobbalza come a 30/40 anni, per non dire di 20 anni ma quella è una età in cui si è sovraesposti a qualsiasi eccitazione e non fa testo, nel migliore dei casi oggi riesco a prendermi una cottarella che lascia un dolce sapore di gioventù ma è difficile vivere quella incontrollabile passione che rendeva un disco un genere di prima necessità come l'aria, l'acqua e il vino. Di hot stuff oggi se ne sente poca, è dura trovarli, io non ho smesso di cercare perchè sono un tossicodipendente del rock ma a parte Blessed (nel blog) di Lucinda Williams e The Whole Love (nel blog) di Wilco, due dischi della madonna, quest'anno la scimmia l'ho sedata più con le ristampe perché se confronto la produzione musicale del 2011 con quella di venti o trentanni fa (per non andare ancora più indietro) il bilancio è impietoso e mi viene da pensare che non siano tanto le mie emozioni raffreddate dall'età ma la qualità della musica di oggi ad essere in caduta. Conosco poco il mondo del rock alternativo e dell'indie-rock per formulare giudizi in merito, per cui mi limito ai territori da me conosciuti del classic rock, del roots rock, del rock-blues e dei generi limitrofi ma compilare quest'anno una lista di dieci dischi imperdibili è stata opera ardua. Tenendo conto delle difficoltà economiche che angustiano il pubblico rock che non è propriamente quello del lusso, per cui spendere 20 euro per un disco solo carino si traduce in un giramento di coglioni per cui è bene essere oculati e ponderati.
Come scrivevo sopra, le ristampe sono state un valido aiuto per far fronte alla crisi, certo le edizioni Deluxe costano un sacco (come i concerti, un vero salasso) ma ci sono i double Cd per le classi medio-basse che evitano di andare in default, una delle parole dell'anno. Le ristampe hanno avuto una funzione consolatoria nella mediocrità delle novità, alcune sono arrivate al momento giusto come ad esempio la monumentale ristampa (non la prima però) di Layla (nel blog) di Derek and The Dominoes rimpolpata di un bonus disc. L'impressione è che si continuano a mungere sempre i soliti, un pò come fanno i governi con le manovre economiche, ovvero gli stessi che avevano comprato il vinile originario e poi la prima stampa in Cd e poi la ristampa rimasterizzata sono adesso gli acquirenti della nuova edizione Deluxe. Il mercato si amplia di pochissimo, se venite a casa mia ci trovate quattro copie di Some Girls dei Rolling Stones e nell'appartamento del mio vicino, che ascolta anche lui la musica, neanche una. Some Girls (nel blog) comunque è stata una ottima operazione, meglio di quella effettuata con Exile perchè il cd aggiunto è un vero disco con canzoni di primo taglio e non una collection di out-takes raccogliticce e ripulite. Altra grande riedizione è Quadrophenia degli Who un disco che ho apprezzato più adesso che quando uscì agli inizi degli anni '70, riguardatevi anche il film omonimo di Franc Roddam e avrete uno spaccato dell'Inghilterra dei primi sixties eloquente.
La vecchia odiosa Inghilterra ha portato delizie alle mie orecchie quest'anno. Eric Clapton è inglese, così come lo sono gli Stones e gli Who e anche i Kinks che hanno goduto delle ristampe di due loro classici imperdibili, Face To Face e Something Else, entrambi in versione double cd e pure inglesi sono i Caravan omaggiati della nuova versione expanded di In The Land of Grey and Pink, piccolo gioiello del Canterbury Sound in equilibrio tra rock, pop, jazz, folk pastorale e quieto progressive.
Ma queste sono ristampe ed è lungi da me voler essere passatista. Sono dischi che si conoscevano già e nella maggior parte dei casi già vissuti. Continuo a ritenere un disco una sorta di piccolo sogno individuale dove immergersi dimenticando per un'oretta tutto il resto, le brutture e i problemi che ci circondano, perdersi in un mondo a nostra misura dove noi siamo gli unici padroni delle nostre emozioni e delle nostre visioni. Quando questo “viaggio interiore” nel disco e nella musica diventa condivisione collettiva beh allora salta fuori il disco che cambia l'orizzonte emotivo e il sentire di una tribù di uomini, come fu Darkness o Four Way Streets o Joshua Tree o London Calling per fare qualche esempio e allora l'evento assume un impatto quasi sociale creando miti e mitologie. Da diversi anni non ci sono dischi di rock che hanno avuto questo potere (forse i Radiohead lo sono stati per il pubblico dell'indie-rock), oggi i dischi sono più che altro un prodotto culturale che offrono la possibilità di una sana e consapevole gioia individuale che aumenta il nostro livello conoscitivo e nel migliore dei casi emotivo. Quest'anno qualche disco “minore” ha avuto il pregio di far scattare il quid emotivo: Israel Nash Gripka col suo 2011 Barn Doors Spring Tour Live In Holland (nel blog) ha portato sul palco un agro e melodico rock chitarristico in odore di Neil Young mentre James Maddock con Live at Rockwood Music Hall (nel blog) ha evocato la spumeggiante energia di un club newyorchese era The Wild , the Innocent and the E Street Shuffle.
Calore e versatilità nell'ultimo disco di Grayson Capps, The Lost Cause Minstrels, (nel blog) un cocktail di umori e sapori deep-south con una forte dose di pymiento New Orleans. Eccellente il disco The King Is Dead dei Decemberists, la maggiore novità tra le nuove band americane nel rinverdire una tradizione di rock mischiato a country e folk e riproporlo con una veste accattivante, fresca ed originale, meno derivativa rispetto a quegli assemblatori di cose altrui che sono i Fleet Foxes del 2011. Quello dei Decemberists è uno dei dischi dell'anno. Molto bello anche il disco debutto di Jonathan Wilson finora conosciuto come polistrumentista e produttore (Costello, Fleet Foxes, Robbie Robertson) il quale è un po' il rappresentante dell'attuale scena musicale del Laurel Canyon di L.A, tra gli anni sessanta e settanta bucolica residenza di tutti i più noti songwriter e musicisti della southern California, valle immortalata da Joni Mitchell in uno dei suoi più riusciti dischi. Gentle Spirit, questo il titolo dell'album di Wilson, è un lavoro dall'animo gentile, ispirato ed incantato, con splendide ballate dai colori cristallini, l'aria meditabonda del troubadour ed un pò di acide svisate elettriche tanto per rimanere nel tema della West-Coast psichica. Consigliato. Non sono certo di primo pelo ma neanche dinosuar rock i Counting Crows che confermano di avere un cantante ed un frontman eccezionale e di essere una band solida ed adulta che dal vivo sa il fatto suo unendo rock e ballate in modo fantastico. Il loro August and Everything Live At Town Hall (nel blog) riproposizione dal vivo del loro primo album è uno di quei dischi che si appiccicano addosso e rimanagono nel lettore Cd giorni e giorni fino a ritrovarvi a cantare, se riuscite, i ritornelli di canzoni come Omaha, Mr.Jones, Rain King.
Di bande rigorosamente rock n'roll ne sono rimaste poche, i Social Distortion sono una di queste. Con Hard Times and Nursery Rhymes (nel blog) la band di Mike Ness ribadisce il suo credo: testi sociali improntati alla nuova depressione economica con l'uso di figure provevienti dal gangstersimo rurale degli anni venti e sotto della polvere da sparo pronta ad esplodere non appena gli strumenti e la voce di Ness danno inizio alle loro rime fatte di blues, rockabilly, rock n'roll e country trattate come fossero i Clash a suonarle. Inni di rivolta.
Tra i veterans of America, John Hiatt stabilisce che invecchiare non sempre è un male. The Open Road lo scorso anno aveva mostrato una verve roots-rock ritrovata ed ispirata, Dirty Jeans and Mudslide Hymns (nel blog) pur contando su un produttore, Kevin Shirley, più adatto ad un sound mainstream elargisce un pugno di canzoni davvero belle, forse migliori per varietà a quelle del precedente disco, più compatto ed uniforme. La voce di Hiatt è diventata strepitosa, come strepitosa è quella di Warren Haynes che non tradisce mai e anche senza i Muli realizza un album di solidissimo soul-blues qual è Man In Motion (nel blog), un disco che mette insieme la storie del blues e del soul sudista intrecciando Memphis, la Stax, le Gibson, Otis Redding, il funk, le ballads ed il jazz. Veterani sono anche Gregg Allman e Lou Reed, seppure di diversa origine e natura.
Il primo, acciaccato da seri problemi di salute, ha regalato nel 2011 una intima versione down-home del suo background bluesistico. Low Country Blues (nel blog) prodotto da T-Bone Burnett è uno di quegli album che si apprezzano ascoltandoli a fondo, magari soli e nella notte, cogliendone sfumature, il suono caldo del contrabbasso, i dettagli delle chitarre, la voce profonda e sofferente. Lou Reed invece con il supporto dei truci Metallica ha realizzato un doppio cd titanico nella lunghezza e brutale nei suoni, un disco ostico, difficile, impegnativo, un disco che parla di morte, di sesso, di sofferenza e di violenza. Un disco coraggioso, da tenere lontano dalla portata dei bambini, un disco che non si ascolta in ogni momento ma che è una opera d'arte per come tratta temi che riguardano the dark side of the life. Se si ha il tempo e la voglia di ascoltarlo a fondo risuona di una bellezza cupa e imponente, come una cattedrale gotica che emana una luce sinistra e malata. Lulu ha precedenti nella dissoluzione umana raccontata in Berlin ma le chitarre evocano Rock n'Roll Animal ed il rumore lordo dei Metallica fa venire in mente una versione aggiornata di Metal Machine Music.
Un po' di tempo fa tutti parlavano bene di Tom Waits e male di Ryan Adams. Del primo si trovavano lodi anche sull'Osservatore Romano, per non dire dei giornali di tendenza, nelle riviste a-la page, nei circoli intellettuali e nelle riviste specializzate. Nessuno poteva obiettare che quando rumoreggiava troppo alla fine si ripeteva e stancava, no, bisognava accettare anche rutti e rantoli. Oggi è caduto un po' in disgrazia, non è più così trendy, lo conoscono in troppi, è quasi di massa e orrore sta ritornando normale, ovvero ricorda troppo da vicino il bohemienne del Tropicana, quello che suonava il blues con l'whiskey e le Lucky Strike. Ecco perchè Bad As Me è stato trattato con sufficienza ed invece è il suo disco migliore dai tempi di Mule Variations, nel senso che accanto a quel rumorismo da officina che continua a battere impietoso, seppure in dose molto minore, sono ricomparse quelle splendide e struggenti e umide ballate al neon che ricordano il Tom Waits della prima era, quello che sembrava uscito dalle pagine di On the Road di Kerouac, il Tom Waits antecedente a Swordfishtrombones.
Sentitevi Talkin at The Same Time, Kiss Me, Last Leaf, New Year's Eve e poi ditemi se il vecchio Tom non si è fatto prendere dai ricordi ed è andato a recuperare Small Change e Foreign Affairs.
Discorso inverso per Ryan Adams. Quando fece Cold Roses e Cardinology in pochi se lo filavano, adesso che il suo disco è stato prodotto da Glyn Johns (uno dei più grandi produttori del rock) in analogico e ci suonano Norah Jones e Benmont Tench tutti a sperticarsi di lodi. Era successa la stessa cosa lo scorso anno col disco di John Mellencamp, No Better Than This, registrato da T-Bone Burnett negli studi della Sun di Memphis e nell'hotel di San Antonio dove aveva registrato Robert Johnson, lodi a non finire, stellette a destra e manca. Come il disco di Mellencamp anche Ashes and Fire di Ryan Adams non è un disco brutto ma è valutato più per il contorno che per la sostanza, le canzoni difatti suonano tutte uguali, lui canta con la stessa cadenza dalla prima nota all'ultima, una malinconia crepuscolare che, nonostante il vintage sound ineccepibile e politically correct, ad un certo punto più che stringerti il cuore ti stringe le palle e ti fa venire voglia di gridare basta. Che dire, più fumo che arrosto, come direbbe mia madre.
Rimane da dire dei concerti, un anno fortunato a mio parere perchè Warren Haynes (nel blog) a Genova con la sua band è apparso un gigante come cantante, chitarrista e bandleader illuminando la lanterna con una sontuosa versione dell'album Man In Motion. Pochi giorni prima, sempre a Luglio, i Black Crowes (nel blog) a Vigevano mi avevano fatto rivivere la febbricitante eccitazione rock n'roll di uno show degli Stones degli anni '70. Roba forte insomma, incendiaria, nonostante i soli 90 minuti di un concerto che sarebbe dovuto durare il doppio. Splendido per musica e ambientazione il concerto di Eric Clapton con Steve Winwood e band visto alla Royal Albert Hall (nel blog) alla fine di maggio. Show superbo, acustica perfetta, location da favola, signorile e comoda, insomma uno di quegli eventi di cui uno si ricorda per una vita intera. Come mi ricorderò per una vita intera il concerto milanese (nel blog) di Paul McCartney a fine novembre, uno che non ho mai avuto tanto in simpatia ma si è dimostrato di una professionalità e di una bravura oltre ogni aspettativa dandomi emozioni che non pensavo di provare. Come dire anche gli stoniani hanno un cuore.
Poi ci sono stati tanti concerti minori solo di nome (Israel Nash Gripka, James Maddock, Red Wine Serenaders, Arianna Antinori, Gnola&Jimmy Ragazzon, Angelo "Leadbelly" Rossi, Cheap Wine, Rusties) e festival (Ameno Blues, Narcao Blues) che hanno contribuito a tenere calde le mie passioni musicali, a rendere migliore questo 2011 e a dare speranza per il prossimo anno, un anno che si annuncia con un evento a lungo aspettato: Tom Petty & The Heartbreakers in concerto in Italia.
Purtroppo negli ultimi giorni di questo 2011, proprio a ridosso di Natale se ne è andato un amico che tanto ha fatto per la musica di qualità in Italia, Carlo Carlini ci ha fatto conoscere la parte migliore e poetica dell'America portandoci songwriter, rocker e bluesman che avevamo sentito nei dischi ma mai immaginato di poterli vedere e applaudire sotto casa. Grazie ancora Carlo.
E per tutti Voi lettori e amici Buon Anno.

MAURO ZAMBELLINI DICEMBRE 2011

37 commenti:

Yenky ha detto...

..vedo che hai cambiato idea riguardo all ultimo di john hiatt...meno male!!! Se posso permettermi eleggo disco Dell anno il live degli stones live in Texas 78!!!! Letteralmente pugno nello stomaco x masochisti rock!!! Maglio ancora x via della versione video del pur ottimo brussels affairs 73!! Per fortuna avremo sempre gli stones che fanno quadrare il cerchio....ciao

Alexdoc ha detto...

Personalmente ricorderò molto il 2011 come l'anno della conferma di due ormai consolidate "ex-rivelazioni": Israel Nash Gripka e James Maddock. Entrambi con un album di studio forse inferiore al precedente, ma rafforzati da un disco live che rende almeno in parte l'idea dei loro coinvolgenti show. Due penne e voci su cui conto per il futuro, spero che non mi deludano. Buon 2012 a Zambo e a tutti i suoi lettori!

Roby G. ha detto...

perfetto Mauro...non manca niente,forse un Marsalis&Clapton ma sono solo particolari!....sempre Perfetto!! Buon anno e che l'ispirazione musicale ti rimanga sempre dentro.

Blue Bottazzi ha detto...

Ciao Zambo. Questo 2011 lo abbiamo vissuto proprio in maniera differente. Questo ci ricorda che c'è una forte soggettività nell'apprezzare (e nel giudicare) un disco. La musica è del musicista, ma le orecchie sono le nostre... Ciao & Auguri per questo 2012, per il quale tutti sono diventati bravi a vaticinare sciagure, gli stessi che non lo hanno saputo fare prima. Io credo che il 2012 sarà un buon anno. Non siamo più negli anni zero, siamo già negli anni 10!!! La Belle Epoque.

BLUESSURIA ha detto...

...condivido la magra annata in termini di qualità dove mi sono rilassato appena con Howe Gelb e Red Wine Serenaders. Goduto con Tinariwen, battuto il piede a suoni di Seasick Steve, applaudito Ian Siegal e ballato con Black Joe Lewis. cari saluti & auguri

Anonimo ha detto...

Zambo, scusa, ma visto che te l'hai visto...per caso il film Driven è ispirato da Driver l'imprendibile? sai, quello che girarono tanto tempo fa con il tipo che fece pure il film love story...

zambo ha detto...

no, non centra nulla anche se ci sono delle somiglianze, il driver solitario che fa l'autista per la malavita, la notte,una femme fatale, senza togliere nulla al film di Walter Hill con Ryan O'Neal e Bruce Dern questo è migliore, più secco e con una storia credibile

Yenky ha detto...

...non hai accennato nulla riguardo all ultimo di gilliam welch....se anche a un rocker convinto come me ha strappato delle lacrime....capolavoro!!!! Altro che lucinda....

zambo ha detto...

yenki, purtroppo non l'ho sentito.....la crisi colpisce anche i rockers e non si possono comprare tutti i cd che si desiderano.....aggiungi poi che sono un pessimo downloader e trai le conseguenze......cercherò comunque di riparare.....più grave la dimenticanza di includere il dvd Some Girls-Live In Texas degli Stones, un autentica bomba, uno show che fa a pezzi punk, glam, glitter e qualsiasi cosa si voglia citare. puro,autentico, bruciante rock n'roll come soli gli Stones (e forse i Faces qualche anno prima) sapevano fare......ma nel mio Best del 2011 non ho parlato di dvd, sarà per la prossima volta

Anonimo ha detto...

grazie Zambo, allora sono 2 film diversi!! temevo una specie di remake! ;)
comunque, concordo che grazie alla crisi è difficile acquisire in modo decente i cd...fortuna che esiste Youtube per ascoltare e farsi un'idea prima di acquistare a scatola chiusa! però sto notando che anche sul tubo ci sono sempre + video bloccati per esigenze commerciali..non posso dar loro torto, perchè so bene che tanti non sono come me (vecchia scuola) che preferisce avere tra le mani il supporto interessato e, perchè no, pure con le firme (quando possibile) dei miei beniamini.
Tra i Cd, anche se ovviamente non posso dire che sono assolutamente the best of year, metterei cmq anche i The Talkabout...ottimi disco dopo tanto silenzio! e uscendo dai tuoi confini usuali, pure il "Per non fermarsi mai" dei The Bastard...molto sottovalutati e sotto pregiudizi immeritati! ciao e rock and peace!

Anonimo ha detto...

sorry Zambo!!! dalla fretta ho pure scritto male un nome!!!
intendevo questo!!!! :
The Walkabouts - "The Dustlands"

venice ha detto...

Ha ragione Yenky il disco di Gilliam Welch è stupendo. A parte il DVD degli Stones che è fuori classifica io ci metto anche Decemberists, Wilco e Pj Harvey il suo Let England Shake è una perla. Nessun dubbio invece per la delusione dell'anno, Mellencamp giustamente fischiato a Roma dopo 65 minuti di concerto...

exit ha detto...

Non sapevo di Carlo Carlini. Mi dispiace. R.I.P.

Yenky ha detto...

..lasciamo perdere quello psicopatico di mellencamp..fortuna che a Vigevano ce lo siamo visti il tempo giusto che ha ordinato il sig.trotta....ero anche al concerto dei corvi neri...non sono mai uscito da un concerto cosi deluso...un gruppo che in genere dopo 90 minuti finisce giusto di scaldarsi....da noi che fa? Naturalmente suona 90minuti scarsi........a mai più a Vigevano..dovessero pure suonarci gli stones e neil young....a mai più mister barley arts.....

Blue Bottazzi ha detto...

Zambo, ci sono i Del Fuegos in concerto!
Il 22 febbraio di questo 2012 al Paradise Rock Club di Boston, MA, il 23 al Bowery Ballroom, New York, NY ed il 3 marzo al The Bell House, Brooklyn, NY.

zambo ha detto...

beh con tutto il rispetto che nutro verso i Del Fuegos pagare un biglietto per vederli ben superiore a 500 euro mi sembra troppo......visto che a nuoto è un pò lunga

Anonimo ha detto...

Caro Zambo ... leggere la tua top ten e quella di Blue una dietro l'altra è sempre un privilegio impagabile ... come negli anni d'oro su molte cose la pensate allo stesso modo, su altre in modo ben diverso. Buon 2012.
Andrea Badlands
PS: a proposito di concerti, più che i Del Fuegos penso siano "necessari" i Wilco il giorno della festa delle donne a Milano ...

Anonimo ha detto...

non un grande anno. cerco di essere breve e dimenticherò un sacco di cose sicuramente..
secondo me blessed è un gran bel disco, lucinda si conferma la capofila del gentil sesso. voce e credibilità per me ancora intatte.
tra gli highlights dell'anno sicuramente warren haynes, sia come album sia come live act. molto meglio del suo compagno negli allman derek trucks, anche se , zambo, dissento un pò sulla tua poca considerazione per susan tedeschi. meglio la derek trucks band senza di lei comunque..
saltellando qua e là, non mi ha entusiasmato più di tanto nash gripka, lou reed come pure ryan adams. gold anni luce distante purtoppo. bene i wilco, black keys, north mississippi allstars. bene tom waits, drive by truckers, gli outtakes di some girls e il dvd live in texas , ma qui entriamo in un campo particolare; per me gli stones sono una delle mie ragioni di vita, quindi..
a questo punto credo manchi un dvd ufficiale del tour di black and blue (uno dei loro grandissimi album a mio modesto parere) e poi siamo a posto. concerti: ne ho visti un pò ma mi focalizzo su un paio di argomenti. insopportabile mellencamp ed il suo autocelebrarsi col film prima del concerto. grandi, enormi, unici e commoventi i black crowes. ma li ho visti ad amsterdam nei loro 2 concerti al paradiso, non solo a vigevano. è stato un grande sacrificio economico,ma è stato un pieno di emozioni d amozare il fiato. si vive una volta sola, e spesso anche poco

Yenky ha detto...

..beato te che sei riuscito a vedere i corvi in un concerto vero...dubito pero' che avremo un DVD degli stones periodo black e blue..ci sarebbe il concertone del 76 al festival di kenebworth ma non fu ripreso totalmente...penso invece che già entro l anno o al massimo il prossimo,Sara' rieccito tatto you probabilmente con in concerto completo di hampton o quello a Seattle...entrambi furono i primi televisivi trasmessi via cavo...li posseggo entrambi ma quando saranno rimasterizzati remixati sara' un altra cosa!

Venice ha detto...

La verità è che l'Italia per questi grandi artisti è vista un po come il terzo mondo e quindi ( salvo rare eccezioni: bruce) si permettono comportamenti che da altre parti non si sognerebbero neppure.. Mellencamp e i Corvi e tanti altri a Londra o Parigi danno tutto qui da noi no e l'estate scorsa ne è stata la prova lampante. Detto questo sono sicuro che la prossima estate a Lucca Tom Petty farà un concerto memorabile...

Anonimo ha detto...

Grande Zambo, condivido molto; io ho scelto come bests dell'anno Lucinda e Jonathan Wilson ma devo dire che anche l'acustico di J Mascis mi ha emozionato, così come il disco di John Isbell.
Una tiratina d'orecchie da parte mia all'amata redazione del Busca: spendere una sola riga in fondo pagina per la scomparsa del grande KEEF HARTLEY è un pugno nello stomaco di chi ama il british blues di quegli anni e ritiene HALFBREED un capolavoro imperdibile.
Finisco ammettendo che non riesco proprio a cogliere quel gran valore in Some Girls degli Stones: qua rischio i fulmini dall'Olimpo ma per me meglio ascoltare due volte Sticky fingers...
In sottofondo Worried down the blues.
Vittorio

Yenky ha detto...

....si e' parlato di some girls semplicemente perche il 2011 ne ha celebrato la riedizione!! E' chiaro che sticky fingers e' un capolavoro assoluto del 20esimo secolo...

Anonimo ha detto...

Zambo, tu che ami il cinema, hai visto "La Talpa" ?
Cinema d' altri tempi...

Francesca

zambo ha detto...

vado a vederlo oggi, amo quelle atmosfere cupe e british...

zambo ha detto...

vado a vederlo oggi, amo quelle atmosfere cupe e british...

Anonimo ha detto...

Alla "Get Carter" :-)

Poi mi dici...

Francesca

Anonimo ha detto...

... cosa ne pensi.

Ti è piaciuto?


Francesca

zambo ha detto...

si mi è piaciuto e molto nonostante sia impegnativo da seguire perchè piuttosto aggrovigliato ma grandioso nelle ambientazioni e nella recitazione. uno spy movie di scuola classica, all'inglese, decisamente affascinante e con un messaggio lucido e cinico. come d'altra parte cinica era la guerra fredda.
film come se ne vedono di raro

Anonimo ha detto...

Immaginavo l' avresti apprezzato.
L' ho adorato anche io per quelle ragioni.
Bella e appropriata anche la colonna sonora.

"film come se ne vedono di raro"
già, purtroppo...

Grazie,


Francesca

zambo ha detto...

quando hai qualche dritta...segnalamela

ciao e grazie a te

Anonimo ha detto...

Probabilmente tutti l'avete visto, ma The music never stopped, di cui parla il Busca a dicembre, è, a mio parere, da pelle d'oca!

Yenky ha detto...

Ma chi l ha visto???

Blue Bottazzi ha detto...

Un parere controcorrente su La Talpa.
(Ho molto amato il cinema, ma quello del nuovo secolo non mi dice nulla).
La cosa migliore del film è che non è brutto, cioè non è il solito film prefabbricato di Hollywood tutto effetti speciali e tempi sincopati.
Ciò nonostante è vintage, geriatrico, noioso, senza cuore. La trama è inutile (immagino sia quella di quel best seller che non ho letto e mi guardo bene dal fare), perché con la sua complessità dovrebbe arrivare ad un click finale, un meccanismo ad orologeria che scatta ed invece nell'ultima scena la talpa poteva essere assolutamente chiunque.
I personaggi sono solo grotteschi, ma privi di ogni caratterizzazione. Fasulli come un biglietto da tre dollari. La fotografia è solo giallastra, ed il film non decolla praticamente mai, solo deprimente o disturbante qua e la.
Ogni singola puntata televisiva di Simon Templar negli anni settanta era più divertente.
I miei due cent.

Anonimo ha detto...

Dico la mia?

“La Talpa” non è un film divertente, non è “Il Santo”. E’ sicuramente complesso (non siamo più abituati a spremere un po’ le meningi…). Ma un cuore ce l’ ha: malinconico, romantico, sconsolato, non mi è parso deprimente. Ho apprezzato la presenza di caratteristi, per me lo sono, cosa rara da trovarsi nel cinema del nuovo secolo, non mi sono parsi grotteschi. E forse proprio la sua aria vintage, polverosa, quasi materica, mi ha cullata fino alla fine, senza sussulti e senza farmi pensare fosse noioso. La trama non è sempre così importante.


Francesca

zambo ha detto...

condivido a pieno le parole di Francesca

Anonimo ha detto...

Dopo la recensione di Carù pensavo che "The music never stopped" qualcuno se lo fosse cercato. Se parliamo di cinema e musica, a mio parere, è splendido, e si trova su emule con sottotitoli in italiano.

Vito

Anonimo ha detto...

Visto questo?

http://youtu.be/Oc_SP9Dgw7Q

Non male.


Francesca