sabato 7 settembre 2013

LIBERTA' E PAURA









 
 

Allora, l'input me lo dà la mamma, novantontenne, ultimamente un po' claudicante e fragile ma sana, sanissima di mente. Capisce che la guerra in Siria è una cazzata da evitare e che Berlusconi, non è mai stata molto di sinistra, si deve togliere dai coglioni una volta per sempre. Ci tiene alla propria persona, è ancora una donna signorile, deliziosa ma ormai ci sente poco, o meglio capisce solo quelli che parlano chiaro. Grillo le fa salire la pressione per come parla in fretta e concitato, Renzi lo capisce anche se non le piace più di quel tanto, Landini è quello giusto, dice pane al pane e anche se la mamma è stata una piccola imprenditrice, una sarta con un paio di lavoranti quando questo mestiere non era ancora travolto dalle griffe, condivide il suo punto di vista sul lavoro e l'industria. Ormai la mamma bisogna curarla, un giorno la sorveglia mio fratello, più vecchio di me , l'altro giorno faccio io. E' il mio giorno libero e  Meteo Swiss dice che il 5 settembre sarà una bella giornata, sole, caldo, qualche nuovolaglia ma tutto ok. Che faccio?  Naturale, inforco la blackie ovvero una BMW 850R del 2003 comprata on line un paio di anni fa da uno di Ospitaletto che al secondo figlio non se le è sentita più di affrontare la strada a motore e ha optato, su consiglio della moglie, per la bicicletta.

La blackie è un'ottima moto, comoda, turistica, bella ( a chi piace il motore boxer della BMW), sufficientemente veloce, non una moto di moda ma solida, come quegli album di rock che si ascoltano anche venti, trentanni dopo. Non sono un bmwista allineato, ho anche una Honda Four 500 d'epoca di quando ero giovane, non ne faccio una questione di scuderia, di tribù,  ma solo di mezzo con cui poter aggredire una strada, fare movimento, andare in solitario in luoghi che la sera prima hai visto su una cartina, viaggiare,  perdersi nei pensieri stretti da un casco che ti comprime le meninge e te le fa lavorare al massimo perché in una frazione di secondo devi vedere la strada, gli altri, il paesaggio, te stesso e magari anche sognare. Mi piace la montagna solo quando ci vado in moto, ho sciato poco, detesto il freddo e le passeggiate estive che finiscono con polenta e formaggio, sono laico impenitente, preferisco il mare, il collegamento orizzontale, ugualitario, tra umanità che stanno su rive opposte e non si conoscono, la montagna è divina, verticale, mette in relazione con il soprannaturale, con il cielo, con l'ignoto. In moto è perfetta, quando sei su una barca in mezzo al mare, la barca può stare ferma o dondolare perché è il mare  che si muove, anche quando è calmo, se no non ci sarebbero le maree, la montagna è invece ferma, statuaria, immobile, fissa, imponente, divina  e sei tu con la moto che ti muovi attorno ad essa. Questione di dinamica. Quindi nella fresca mattinata del 5 settembre  prendo la blackie, non aspettavo altro, è tutt'agosto che faccio giretti da pensionato. Alle 7.30 sono già on the road, c'è foschia, umidità, parto da Somma Lombardo dove vivo, mi infilo sulla autostrada che bypassa il Lago Maggiore e poi si trasforma in bretella e va verso il Simplon Pass, un passo che adoro perché l'aria è sempre frizzante, stimolante, quasi erotica, in un colpo dopo un ottantina di km da casa sei già in Svizzera, le strade salgono sinuose, larghe, ben tenute e non c'è traffico. A Iselle, comune on the border, prima di entrare nella Confederazione e intraprendere la salita, quattro case ed un negozio di alimentari, mi faccio preparare due paninozzi al prosciutto crudo e salame locale perché la Svizzera è dei banchieri non dei poveri diavoli e sedersi in un loro grotto lascia il segno. Comincio la salita, il paesaggio è stupendo, la strada si inerpica larga e comoda tra vallate verdi e ariose, con mucche al pascolo e quell'evocazione del paradisiaco sapore di cioccolato che si è fissato nell'immaginazione dopo tante tavolette di Lindt, Cailler, Frigor, Laika, Tobler mangiate fin da bambino, l'aria è salubre, fresca, c'è un po' di bruma mattutina, le montagne hanno increspature di neve lucente, qualche nuvola bassa sporca in cima la limpidezza e raffredda, ma è come portare San Francisco a 2000 metri di altezza, nebbia alta, fresco barbino, ma atmosfera da sogno. Ho le mani un po' rattrappite, penso di aver sbagliato guanti e abbigliamento ma mi sbaglio. Il resto sarà sole e temperatura mite sotto i venti gradi, perfetta per andare in moto con look semi estivo, stivali, jeans, giubbotto da moto, felpa, camicia. Scendendo dal Simplon Pass mi accorgo che non è vero che l'Italia è il male assoluto. Anche qui ci sono lavori stradali che durano una vita, c'ero passato un mese fa e non è cambiato molto, quindi corsie dimezzate, semafori da lavori in corso, fondo accidentato, gru, scavatrici, segnaletica di pericolo, men at work sgargianti che lavorano in un ambiente verde, alpino. Accosto due biker che capisco essere italiani, ad un improvvisato semaforo di un cantiere in corso. Chiedo dove stanno andando, mi rispondono: " nei Quattro Cantoni" , la strada dei Passi, dove sto andando anch'io, ma lo dicono come se volessero togliermi subito dai coglioni, come se la domanda gli desse fastidio. Alla faccia della tanto sbandierata solidarietà biker. Vengono da Milano, uno è infreddolito perché ha solo un kway come giubbotto, l'altro è il leader e detta le regole, sono sicuri in strada con la moto ma abbastanza lenti, la loro andatura mi va bene comunque, hanno il navigatore e la spocchia sotto il naso. Li seguo per un po', faccio il terzo del gruppo, sto alle loro calcagna diligente, poi dopo Briga mi fermo a fare benzina e li perdo. Meglio così, di solito "navigo da solo", l'unico momento della giornata in cui ho vissuto un pericolo, è stato seguendo loro senza accorgermi di una macchina che sopravveniva ad un incrocio. Colpa mia non loro ma preferisco contare sulle mie forze. D'altra parte sono loner da quando Neil Young scrisse quella meravigliosa canzone.

Sono sessanta i Km che separano Briga, ridente e soleggiata cittadina all'inizio del Vallese, dal punto in cui a nord-est nasce il Rodano ovvero il ghiacciaio che separa il Furka Pass, una delle strade segnalate da un sito americano tra le 30 più belle del mondo e il Grimsel Pass. Il Furka l'ho attraversato un mese fa e vi assicuro non tradisce le esaltanti recensioni di quel sito, specie nella sua parte discendente verso  Andermatt, canton di Uri, curve da favola e paesaggio fantastico da Montagne Rocciose in Colorado. Questa volta sotto le ruote della mia blackie è la strada verso  il Grimsel Pass, la salita è spigolosa, curve a gomito, strapiombi, montagne che ti vengono addosso con la loro drammatica e gotica onnipotenza. Il passo è piacente ma nulla più, un Hotel-Restaurant con bandiera rossocrociata ed un balcone con tavoli di wurstel e boccali di birra, un laghetto, una grotta ed una vista sul ghiacciaio, ma è la discesa che vale il viaggio. Montagne solenni e lunari, niente vegetazione, solo roccia bianca, chiara, splendente, due laghi alpini con acqua color verde oliva chiara che anche stando seduti in moto si percepisce fredda, glaciale, mozzarespiro. La strada è fantastica, curve che sembrano finire nei laghi, un abbozzo di diga, cime che sembrano maghi di una fiaba medioevale pronti a rapirti e a portarti in un altro mondo, ancestrale e orogenetico. E' settembre, il turismo di massa se ne è già andato, ammesso che in questi posti ci passi la massa, oggi solo qualche auto sportiva e tanti motociclisti, svizzeri, tedeschi, qualche austriaco, nessun italiano, tranne me. Mi faccio fare una foto da un biker in pelle nera e orecchino che fuma una sigaretta nell'aria cristallina di Grimsel, è di Lucerna, mi chiede da dove vengo, quando gli dico Varese, per farla breve, rimane di stucco, it's a long travel afferma. Yes but it's a wonderful trip, gli rispondo. Psichedelia motociclistica di montagna, high sky and good vibrations,  vorrei avere sotto il casco delle cuffie che sparano i Dead del 69/70 o la primissima Steve Miller Band, Dark Side of The Moon è troppo scontato e poi i Pink Floyd mi hanno un p0' rotto,  ma sull'integrale ho una decalcomania dei Black Crowes.  E invece in un orecchio ho solo della bambagia per attutire il rumore del motore della mia bicilindrica perché da un po' di tempo, dopo un concerto di un gruppo italiano di cui non dico il nome, soffro di acufeni. Mannaggia al fonico.  Quando, superata la luna, scendendo in uno slalom gigante sull'asfalto, si cominciano a vedere gli alberi, pini, abeti, faggi, la psichedelia si smorza e subentra il cosmic-country, roba tipo i Byrds di Eight Miles High o Fifth Dimension, ma ci starebbero bene anche Wilco, visto che siamo sempre alti, dai 2165 metri del Grmsel Pass ai 1200 metri di Innertkirchen prima e Gamden poi, paesotto di vallata semi deserto, con l'ufficio postale chiuso, balconi ingarofanati, nessuna anima viva in giro ma una catena montuosa sopra da far invidia alle Dolomiti. In uno specie di chalet una simpatica donnetta ha attrezzato un posto di ristoro alla buona dove vende di tutto, dalle calze al cioccolato alle pesche al carbone alle bevande alle torte al formaggio ai giornali. Mi sparo, assieme ai miei due panini made in Italy, una ottima birra Eichhoff ed un cafè creme. Il caffè è passabile, meglio degli Starbucks, la birra è magica anche se solo gli svizzeri possono mettere in una parola due acca di seguito. Sarà perché sono neutrali. Dopo una pausa di mezz'ora a Gamden affronto il terzo passo della giornata, il Susten Pass. 2224 metri, splendida la salita, ancora un paesaggio lunare ma le guglie delle montagne sono seghettate e gotiche, fatta la curva ti sembra di essere scaraventato contro la montagna tanto ti è sopra e la strada è a strapiombo sulla valle che sta centinaia di metri sotto, segnata dal zigzag dell'asfalto in mezzo a rocce e cespugli. Il ghiacciaio è accecante, il sole staglia i suoi raggi sopra e non permette fotografie sensate, non è difficile capire che le previsioni nefaste sui ghiacciai che si ritirano è azzeccata, il fronte è in paurosa difesa, sporco, fangoso, annichilito, neve sporca in alta quota come direbbe Simenon. La discesa non è altrettanto bella, ma capiamoci, i paesaggi visti fino ad ora sono di una bellezza mozzafiato e quando spuntano i boschi di conifere ed il saliscendi si fa morbido sembra quasi di essere già a casa, pensando che tutto sia finito e i magnifici capogiri dell'alta quota siano finiti. Wassen, anonima cittadina in fondo alla valle, me la bevo in un minuto, dopo ore che vado in moto la velocità è aumentata, la disinvoltura può essere fatale e la prostata urla. Per tornare a sud verso l'Italia a questo punto ho tre scelte,  si può immettersi nel lungo tunnel del Gottardo, salire sul treno che trasporta i mezzi pesanti e le auto o fare il quarto passo della giornata. Va da se che opta per la terza opzione, il St.Gothard Pass, in confronto al Grimsel Pass e al Susten Pass, è un autostrada con qualche curva a gomito ed una salita costante, senza brividi.  Il Gottardo, ci nasce il Ticino e nel giro di una trentina di km qui nascono anche il Rodano e il Reno, mica bruscolini, è all'altezza della sua nomea solo sul valico, a 2109 metri, un laghetto un po' ridicolo e tante rocce morbide, tondeggianti, paffute, come fossero state levigate dal mare e non dal sferzante vento del nord. Pochi i motociclisti, numerosi i turisti dello jogging montano e i vacanzieri della scampagnata alpina, d'altronde subito sotto inizia il Canton Ticino ovvero la Svizzera italiana, tutto un altro mondo rispetto al rigore teutonico degli altri cantoni, attraversati da centinaia di biker famelici di curve che qui trovano il loro paradiso a due o quattro cilindri. Il finale del viaggio, come altri viaggi in questa Svizzera dei passi, delle montagne, dei cieli blu e delle due ruote, è una palla incredibile. L'autostrada che corre verso Bellinzona e Lugano è già italian style anche se batte bandiera bianco rossa, lavori in corso, caldo, traffico, Suv. Ogni tanto un'area di servizio democraticamente bucolica ovvero niente autogrill, niente pompe di benzina, niente shopping,  solo una fontanella con acqua fresca, toilette, ombra e panchine per farsi un sonnellino. Mi appisolo per venti minuti, me lo merito, poi di nuovo on the road verso il mondo civilizzato delle industrie e dei centri commerciali. L'entrata in Italia è un sogno cattivo, frontalieri nervosi e accaldati che tornano a casa, coda interminabile, asfalto rovente, stazioni di servizio con la benzina in euro e in franchi, segnaletica leghista. Meno male che a casa c'è la mamma, ignara dei miei brucianti 500 km. fatti nel tempo di una classica giornata lavorativa e contenta di vedermi come fossi uscito di casa pochi minuti prima.

Libertà e Paura era il sottotitolo che, e mi è rimasto sempre in testa e me lo ripeto ogni volta che intraprendo un viaggio in moto perché la libertà che regala una moto non la regala nessuno e la paura è sempre lì in agguato, stava nell'originale manifesto pubblicitario del film Easy Rider, luogo dello spirito da cui sono nati tutti i bikers con cuore rock che ancora viaggiano in strade vere o immaginarie.

Se qualche biker volesse intraprendere un trip in questa parte della Svizzera, ricordo che esiste una variante baby ma assolutamente gustosa del mio itinerario ovvero Simplon Pass, Briga, svolta a dx, 50 km fino a Ulrichen e poi Neufenen Pass o Passo della Novena, anche qui paesaggio lunare e la quota più alta di tutti questi valichi, 2431 m. Oppure altro road movie il classico Simplon Pass, Furka Pass, Oberalpass e Lukmanier Pass, quasi 600 km di degna, fantastica, esaltante thunder road.   

 





5 commenti:

Anonimo ha detto...

...ho letto attentamente riga su riga e...riletto il tutto....sicuro che non ero presente???...ho sognato ad occhi aperti e mi pareva di essere li....complimenti Zambo anche per le foto.

Bobby R. ha detto...

anonimo un bel c... sono io..Bobby Right...ciao.

bobrock ha detto...

sei proprio forte zambellini.....

Zambo ha detto...

Grazie bobrock e Bobby Right, devo essere popolare tra i Roberto....

BLUESSURIA ha detto...

...grande Zambo! ...questa parte vale più di tante recensioni! ...that's life cantava qualcuno :-)