lunedì 19 dicembre 2011

Miracolo a Le Havre (di Aki Kaurismaki)


L'antidoto ai cinepanettoni e alle banalità che girano sugli schermi nel periodo natalizio è questo bel film di Aki Kaurismaki, l'indimenticabile inventore dell'esilarante Leningrad Cowboys Go America adesso alle prese con un film di vago sapore civile dove intolleranza e paura sono sconfitte dalla lieve mano di un regista capace di trasformare in ottimismo una storia di neo-realismo dei giorni nostri. Marcel Marx, ex scrittore e bohemienne, si è ritirato in una sorta di esilio nella città portuale di Le Havre dove vive in una modesta abitazione con la moglie amata Arletty che si scoprirà gravemente malata e verrà ricoverata in ospedale e con una cagnolina, Laika. Pratica il poco redditizio mestiere del lustrascarpe e stringe un genuino rapporto d' amicizia con gli abitanti del quartiere proletario dove abita, in particolare col fruttivendolo, la panettiera ed una barista che gli offre volentieri un bicchiere di vino senza risparmiarsi qualche severa osservazioni sulla sua condotta. Abbandonata ogni velleità letteraria, Marcel vive felicemente dividendosi tra il suo bar preferito, il lavoro e la moglie Arletty, quando all'improvviso il destino mette sulla sua strada un piccolo profugo arrivato dall'Africa. Marcel vuole aiutare il ragazzo, braccato dalla polizia di frontiera, nonostante la mancanza di soldi e le preoccupazioni personali e farlo arrivare a Londra dalla madre.  Contro di lui lavora la ottusa macchina dello stato occidentale rappresentata da un vicino spione e dalla polizia che lentamente stringe il cerchio attorno al ragazzino del Gabon. Con lui c'è la solidarietà proletaria degli umili, più un commissario di polizia disincantato, dall'apparenza cinica, disposto a seguire le ragioni del cuore e della razionalità umana. Con lui è anche Roberto Piazza alias Little Bob, eroe in pensione della Le Havre rock, che si offre volontario con la sua band per un  concerto i cui proventi serviranno per la fuga del giovane africano.
Il finlandese Aki Kaurismaki compie un piccolo miracolo: in trasferta in Francia, con un cast di volti noti del cinema polar francese imbastisce una fiaba moderna con un vago sapore retrò che non guasta ad insaporire e a colorare lo squallore e l'indifferenza di oggi. Kaurismaki non rinunciai ai suoi temi più cari, il mondo che rappresenta è quello del proletariato e con l'aiuto di una fotografia (Timo Salminen) curata e dal gusto antico  realizza un film in cui la malinconia profonda e la stanchezza del vivere si aprono verso un ottimismo poco comune oggi. La sua  denuncia sociale si stempera in un messaggio positivo di riscatto e speranza, in un mondo in cui prevale il cinismo e la paura sapere che qualcuno pensa, senza lacrime e facile romanticismo, che si possa cambiare un destino è già un passo in vanati. Da vedere assolutamente.

MAURO ZAMBELLINI    

1 commento:

Anonimo ha detto...

ecco, questi sono i film che si dovrebbero vedere a Natale, cose valide e fatte bene! non i soliti clicheè dei cinepattoni, ormai fini solo a loro stessi e a promuovere gente che di "attrice" ha ben poco!