Ci ha preso gusto Dion perché dopo l’applaudito Blues with Friends replica con un'altra parata di grandi stelle. Di nuovo col produttore e polistrumentista Wayne Hood, che ha curato tutti gli arrangiamenti, e col partner Mike Aquilina con cui ha scritto la maggior parte delle canzoni, l’artista del Bronx rimette in pista diversi giocatori della prima partita, a cui se ne sono aggiunti altri per un mix di blues e rock n’roll dove la personalità dell’ospite, pur non dominando le melodie, regala un contributo significativo ai diversi brani, dividendosi con l’autore i meriti di una musica di classe e di cuore. A guardare ben Stomping Ground è perfino meglio del precedente disco per una sfaccettatura maggiore dei vari brani, al di là della grande interazione strumentale, e per l’equilibrio tra personalità dei musicisti coinvolti e la magnifica voce di Dion, a ragione definito da Springsteen uno dei migliori cantanti di sempre, che a ottantuno anni canta come un trentenne. Questo è il secondo lavoro per la KTBA, acronimo che sta per Keeping The Blues Alive e non c’è di meglio che Dion e i suoi amici a “tenere vivo il blues”. Anche se dentro Stomping Ground c’è così tanto rock n’roll da rimettere in pista la New York dei primi anni ottanta, e non è un caso che l’autore sia fotografato in copertina all’uscita del metrò di Broad Street nella Lower Manhattan perché i riferimenti alla vita notturna della città abbondano, a cominciare da The Night is Young con l’asso della chitarra Joe Menza.
I
brani guidati dalla chitarra, e che chitarre, dominano la prima parte
dell’album, se Blues Comin’ On era il
pezzo trainante di Blues with Friends con Joe
Bonamassa, lo stesso è adesso protagonista del groove di Take It Back mentre Eric
Clapton tiene una lezione sullo strumento in You Wanna Rock n’roll dimostrando come un semplice brano possa
avere un anima se il maestro, pur bravo, è umile e preferisce il basso profilo
al colpo d’effetto. E su questa linea si muove anche il bravo e poco
conosciuto G.E Smith, pur avendo suonato con gente del calibro di Dylan,
Bowie, Jagger, Buddy Guy, Roger Waters e Tracy Chapman, chitarrista il cui
tocco è un marchio del sound newyorchese dell’epoca. Qui, la sua sobria finezza
accompagna Dion in Hey Diddle Diddle,
una delle perle dell’album, un rock urbano con una vena romantica
irresistibile. Dopo di lui l’inconfondibile Mark Knopfler sottolinea senza possibilità di sbagliarsi la fluida
e bluesata Dancing Girl mentre Peter Frampton si fa sentire nella
melodica There Was A Time e Sonny Landreth si mantiene sottomesso
in Cryin’ Shame, altro gioiello di Stomping
Ground. Tutti questi veterani
della chitarra adottano un approccio molto ponderato e rilassato, senza mai sentirsi
obbligati di mettersi in mostra e sfoggiare le proprie virtù strumentali,
piuttosto assecondano il cantato di Dion, eccellente crooner metropolitano con
il gusto innato del rock n’roll anche quando si tinge di blues e doo-wop.
La
seconda parte del disco tende a ridurre l’attenzione sulle chitarre per
aggiungere alcuni timbri musicali e temi lirici diversi. La linea di
demarcazione è proprio la canzone che dà il titolo all’album con Billy Gibbons che si destreggia in
mezzo ad una copiosa sezione fiati R&B. I duetti maschio/femmina si
distinguono per varietà e le ottime armonie, Patti Scialfa e Bruce
Springsteen vociferano nella penombra di Angel In The Alleyways, ballata di vago sapore western con
colorazioni dark. Si sente più lei che lui ma il pezzo è bello, Marcia Ball e Johnny Vivino al contrario danzano allegri abbracciati a Dion nel
rock n’roll tutto New Orleans di I Got My
Eyes On You Baby e Ricky Lee Jones canta
come era da tempo che non l’ascoltavo così smagliante, coadiuvata da Wayne Hood
e Dion, una I’ve Been Working da applausi. Oltre a ciò il trio Boz Scaggs,
Joe e Mike Menza sono invitati nell’allegro stomping I’ve Got To Get To You , il pianista Steve Conn rende omaggio a
Dr.John in That’s What The Doctor Said
e la cover di Red House viene impreziosita dalla slide di Keb’ Mo’ e
da Dion calato nei panni di un bluesman del Sud.
Molti
dischi collaborativi cadono nella trappola commerciale di riportare un artista
più anziano sotto i riflettori affiancandogli illustri invitati, non è questo
il caso di Stomping Ground, primo perché Dion DiMucci con la sua storia
passata e presente non ha bisogno di essere riportato sotto i riflettori,
secondo perché questo è un album i cui vari punti di forza si rivelano ad ogni
successivo ascolto grazie all’equilibrio raggiunto tra bellezza delle canzoni, limpidezza
ed espressività della voce, raffinatezza negli arrangiamenti e varietà degli
interventi. Un disco che non inventa nulla di nuovo ma che dice come il rock
n’roll, il blues e la buona cucina hanno sostanzialmente solo bisogno di ingredienti
giusti e dosaggi accurati.
MAURO ZAMBELLINI NOVEMBRE 2021