Talk
is Cheap , il primo disco solista di Keith
Richards dopo un quarto di secolo coi Rolling Stones, nasce nel momento in cui
la band è su un binario morto. Mick Jagger è impegnato nei suoi dischi solisti
e l'ultimo lavoro della band, pubblicato nel 1986, ovvero Dirty Work ha lasciato l'amaro in bocca ai fans che poco
ritrovano dell'antico graffio dei Rolling Stones e soprattutto non vedono
nessun progetto di tour in corso. A tale proposito Keith Richards affermò
"ho fatto Dirty Work nello stesso
modo in cui ho fatto Some Girls, cioè con la precisa idea di portarlo in tour,
quindi quando abbiamo finito il disco.....diciamo che ci sono state delle forze
avverse, mettiamola così, che hanno comportato che all'improvviso non saremmo
andati in tour. La band è stata piantata in asso, perché se non vai in tour
dopo un album, hai fatto solo metà del lavoro". Le forze avverse sono
da ricondurre alla morte di Ian Stewart, un duro colpo specie per Richards, e
soprattutto a Mick Jagger, in quei giorni completamente coinvolto nella
promozione del suo secondo disco solista Private Cool e voglioso di
mettersi in competizione con gli artisti da hit parade come George Michael,
Prince, Terence Trent D'Arby, Madonna, Michael Jackson, Duran Duran. Pensava,
al tempo, che i Rolling Stones fossero una cosa del passato ma il suo disco fu un
fiasco e la storia sappiamo come è andata. Richards, preso atto della
situazione, si mette a fare cose diverse, cose che se fosse stato coi Rolling
Stones sarebbero state troppo complicate.
Nel giugno del 1987 stipula un
contratto con la Virgin Records per la realizzazione di due dischi solisti.
L'unica condizione che impone è quella di non subire nessuna interferenza
esterna fino al completamento dei lavori.
Su esortazione dell''amico Steve
Jordan, il batterista con cui nel 1986 aveva lavorato per il film di Chuck
Berry Hail Hail Rock n' Roll, accetta la sfida e si lascia trascinare
in uno studio di registrazione per realizzare quello che solo fino qualche mese
prima riteneva impensabile : un album solista. " Sentivo che negli Stones avevo il mezzo perfetto per quello che volevo
fare, non immaginavo però che mettere insieme qualcos'altro sarebbe stato
altrettanto appagante" . Già a Parigi durante le registrazioni di Dirty
Work si era saldata l'amicizia
con Steve Jordan, i due continuarono a vedersi a New York e cominciarono a
scrivere canzoni insieme, per poi finire a suonare delle jam session a casa di
Ron Wood. E' con Jordan che viene definito il nucleo degli X-Pensive Winos, chiamati così quando in studio comparve una
bottiglia di Chateau Lafitte-Rotschild, e la prima scelta cade sul chitarrista
Waddy Wachtel che Richards conosceva fin dagli anni settanta per aver lavorato
con Linda Ronstadt, Warren Zevon e Stevie Nicks. Ne apprezzava il suo gusto ed
il suo orecchio ed il fatto che non c'era bisogno di spiegarsi nulla quando si
suonava insieme. "Aveva suonato con
band femminili ma sapevo che voleva fare del rock perciò lo chiamai e dissi
semplicemente, sto mettendo insieme una band e tu ne fai parte". Lo
stesso Steve Jordan fu d'accordo, così come trovarono sintonia nel bassista
Charley Drayton e nel pianista Ivan Neville della famiglia di Aaron Neville di
New Orleans. Non fu necessaria nessuna
audizione, gli Winos vennero fuori così in modo naturale e fin dai primi
accordi decollarono come un razzo. "Ho
trovato qualcun altro con cui lavorare, rivelò Keith Richards, il lavoro di gruppo per me è fondamentale. La
gioia di fare del rock n'roll è nella interazione tra chi suona, e cercare di
trasferire questa interazione su nastro. Ho bisogno dell'entusiasmo degli altri
e questi ragazzi me ne hanno dato tantissimo. Non mi hanno mai permesso di
accontentarmi ". Come fonico fu preso Dan Smith che si era fatto le
ossa alla Stax di Memphis e aveva lavorato con Don Nix e Johnnie Taylor, uno
dei primi eroi di Richards. Dan Smith
amava la musica, in particolare quella del Sud degli Stati Uniti dove aveva
bazzicato i juke joint con Furry Lewis e così parve subito l'uomo
adatto per le registrazioni, inizialmente ubicate a Le Studio in una località
appartata nei pressi di Montreal in Canada e poi trasferite a Montserrat nelle
Bermude.
Fin dall'inizio le session di Talk Is Cheap furono intuitive e spontanee ed in
meno di dieci giorni vennero registrate sette canzoni. Richards arrivò a
"sognare" le canzoni. Una notte si svegliò, prese la chitarra e suonò
Make No Mistake nel registratore a
cassette, poi la mattina dopo iniziò a cantarla. Durante quelle session Richards sviluppò un
nuovo modo di scrivere i brani, "quando
tu sei in una band come i Rolling Stones ti senti come fossi in una tua capsula
e qualsiasi cosa succede all'esterno non conta, puoi vivere comodamente in
quella capsula ma perdi delle opportunità per scoprire cos'altro sta
succedendo. Steve Jordan fu di grande aiuto perché mi fece scoprire dei tipi
diversi con cui lavorare in modo differente. Una volta iniziato mi sentii
subito a mio agio perché mi resi conto che potevo muovermi in modo leggermente
diverso. Iniziammo a lavorare insieme tra febbraio e marzo del 1987, solo con
chitarra e batteria, buttando giù del materiale da portare e sottoporre agli
altri. Scrissi almeno trenta canzoni, ma ad un certo punto dissi a Steve che
non sapevo come continuare, e allora lui mi rispose, quando hai dei dubbi,
scrivi di Mick, e così venne fuori You Don't Move Me". Quel brano fa
parte degli undici titoli che compongono l'originale Talk Is Cheap ed evoca
gli Stones non solo nel sound tagliente della chitarra e nel ritmo dondolante
dove spicca l'ottimo lavoro di Jordan con le percussioni ma anche
nell'argomento principale, ovvero Mick Jagger, dove Keith sfoga la rabbia e
l'amarezza per il mancato tour di Dirty Work e rimprovera "il boss" per il
fallimento commerciale dei suoi album She's the Boss e Primitive
Cool, nell'esplicito verso " vuoi
tirare il dado/ ma hai già fatto schifo due volte".
Il
chitarrista Waddy Wachtel fu ancora più esplicito sul concetto di
composizione di Richards, " in
effetti la cosa era molto divertente, Keith diceva, sistemate dei microfoni, e
poi via, ok cantiamo. Cantiamo cosa ?
dicevo io, non abbiamo niente, e lui rispondeva, si ok, facciamo finta,
facciamo qualcosa. Questa era la routine, poi veniva fuori qualcosa, e lui mormorava,
si, cazzo questa suona bene". Lo
si deve a Steve Jordan, che produsse il disco insieme a Keef, il cambiamento
nel modo di lavorare di Richards, il quale fu felice di adeguarsi anche perché non stava
scrivendo canzoni per Mick Jagger ma per se. Mise le canzoni in una tonalità
più bassa per permettere alla sua voce di attraversare note quasi in falsetto,
più adatte al suo stile. "Dan Smith
sistemò i microfoni e i compressori in modo che sentissi più alto in cuffia, il
che significava che non potevo cantare forte e urlare, che era quello che
facevo di solito , e mi trovai a
scrivere canzoni più tranquille, ballate, canzoni d'amore. Canzoni che venivano
dal cuore".
In particolare, Talk Is Cheap contiene due tra le
più belle ballate scritte da Richards : Make
No Mistake è una languida soul-ballad che pare estratta dal repertorio di Al Green impreziosita dalla voce di
Sarah Dash e dai fiati dei Memphis Horns diretti da Willie Mitchell, mentre Locked Away ha un sapore tutto cajun dovuto al violino
di Michael Doucet e alla fisarmonica di Stanley "Buckwheat" Dural. In
realtà Talk Is Cheap non è solo lo sforzo degli X-Pensive Winos perché
per Make No Mistake Richards e Jordan andarono a Memphis negli
studi dove Willie Mitchell aveva
lavorato ai dischi di Al Green e gli chiesero l'arrangiamento dei fiati per la
canzone, e per Locked Away furono
basilari sia i colori della Louisiana pennellati da Doucet e
"Buckwheat" Dural, sia l'influenza della musica sudafricana. In quel
periodo difatti Richards stava
ascoltando con particolare interesse quel folk agro e quel beat non troppo
distanti dal blues rurale afroamericano che arrivavano da Soweto. Altre
presenze importanti nel disco sono il bassista Joey Spampinato, il pianista
Johnnie Johnson, l'organista Chuck Leavell, il chitarrista Mick Taylor ed il
sassofonista Bobby Keys, tutti coinvolti
nel rockabilly di I Could Have Stood You
Up , ancora Bobby Keys con Patti Scialfa nella nervosa Whip It Up, brano che non avrebbe sfigurato in Some Girls , il bassista
"Bootsy" Collins e l'alto-sassofonista Maceo Parker nel funk di Big Enough, e ancora Spampinato e Dural con
il tastierista Bernie Warrell più un nutrito coro (Sarah Dash, Sam Butler e
Charley Drayton) nel torbido mezzo tempo sudista di Rockawhile dove si fanno notare sia la slide di Wachtel che la inconfondibile
batteria di Jordan. Gli Winos nella loro line-up essenziale determinano il
sound della sincopata e funkeggiante It
Means A Lot nella quale Richards
vocifera contrapponendosi alle risposte di Jordan, della più ariosa How I Wish, una sorta di riedizione di Happy, di Take
It So Hard il brano che spiega in
modo sbrigativo perché Richards è definito il riff umano, l'archetipo del
soul-rock moderno pur con la voce di un cantante tanto arruffato quanto di
carattere, e della sporca Struggle altro banco di prova dei riff di Richards con
la sezione ritmica impegnata a non concedere un grammo di grasso talmente
ossuta, secca, tesa.
Talk
Is Cheap venne pubblicato il 4 ottobre del 1988 ed
entrò nelle classifiche americane al 75mo posto per starci ventiquattro
settimane, raggiungendo il 24esimo posto e vendendo un milione di copie, una
cifra considerevole viste le poche aspettative di partenza. Le recensioni
furono generalmente positive, decisamente migliori rispetto al disco solista di
Jagger, la rivista Guitar World lo definì " il miglior album dei Rolling Stones da 17 anni a questa parte". Il
tour americano di Jagger fu cancellato per le misere prevendite, Richards andò
in tour con gli X-Penisve Winos suonando nei teatri di quattordici città
americane, tutti esauriti e con
l'immancabile standing ovation. "Alla fine né Mick né io vendemmo molte copie
dei nostri dischi solisti perché la gente voleva gli stramaledetti Rolling
Stones, giusto? Se non altro io ne tirai fuori due grandi dischi di rock n'
roll ed una credibilità mentre Mick andò là fuori a cercare di fare la pop star
per conto suo, andò là fuori, cercò di issare la sua bandiera e dovette tirarla
giù". Nemmeno un anno dopo, nell'agosto del 1989 iniziava il tour di Steel
Wheels, il circo più grosso che i Rolling Stones avevano messo in piedi
fino a quel momento, Keith Richards e
Mick Jagger si trovavano di fronte ad altri trenta anni di tour insieme.
Talk
Is Cheap è probabilmente, secondo chi scrive, il
miglior lavoro solista di Richards per via di una amalgama equilibrata di rock
n'roll, soul, r&b, ballads con una veste sonora che da una parte contrasta
nettamente coi trend supervitaminizzati degli anni ottanta e dall'altra non
scompone l'idea che ci si è fatta di Richards ovvero quella del musicista che
ama più le pieghe che l'ufficialità, un artista con l'anima profonda del blues.
Che qui appare solo marginalmente ma che le tracce aggiunte della nuova
edizione rivelano compiutamente fin dall'iniziale Blues Jam, una jam strumentale di oltre quattro minuti dove le
chitarre, qui in un solido e scorbutico Chicago style, dialogano col fluido
pianoforte di Johnnie Johnson,
pianista che ha suonato con Muddy Waters, Little Walter, Eric Clapton, Buddy
Guy, Chuck Berry, John Lee Hooker, Bo Diddley, qui mattatore al pari di
Richards del pezzo. Non sono da meno i dieci e passa minuti di Slim, ancora in gran spolvero Johnnie
Johnson in una sorta di boogie-woogie jammato e ritmato da una sezione che
pulsa attorno alle linee jazzate della chitarra, il tutto dentro un insieme
rilassato e divertito nonché improvvisato, dove si sentono le risate e le voci
dei protagonisti rapiti da tanto benessere sonoro. Anche un accenno
seminascosto di Tequila nel finale
per brindare a questo combo di maghi della musica. Non sono tutti strumentali i
sei brani della nuova ristampa disponibile in Regular, Deluxe e Super Deluxe
Edition, Big Town Playboy è difatti la
riproposizione di un brano di Eddie
Taylor smagrito a dovere dalla voce flebile ma amabile di Richards, sporcato da
una chitarra bluesy e punteggiato da un pianoforte di prim'ordine. Mark On Me è la bonus tracks che più
sconta gli anni ottanta con quel drumming quadrato e le tastiere synth, Brut Force (with Bootsy) è ancora
strumentale e serve a "Bootsy"
Collins per sfoggiare il suo basso tra electro-funk e jazz-rock, mentre My Baby è la superba rivisitazione in chiave fifties
e jazzy del pezzo scritto da Willie
Dixon per Little Walter tra spazzole,
contrabbasso, pianoforte ed una voce che sembra singhiozzare una preghiera
d'amore da lasciare senza parole. Mai titolo di disco fu più adatto per questa
opera di Keith Richards, le parole non
servono a niente oppure sono di poche
parole sembra suggerire Keef con Talk
Is Cheap, un lavoro che passa indenne attraverso la nostalgia ,oltre a regalare una manciata di rock-soul-blues apparentemente
straccioni ma talmente lungimiranti da
aver sconfitto l'età e risultare ancora oggi freschi e godibilissimi.
MAURO
ZAMBELLINI
p.s le
affermazioni dei protagonisti sono tratte da Life (Keith Richards, Feltrinelli) e Keith Richards, The Biography (Victor Bockris, Poseidon)