Ci sono
molti modi per realizzare una compilation di blues, tanto tempo fa mi divertivo
a togliere dagli scaffali gli Lp di quegli artisti che avevo conosciuto tramite
le canzoni dei Rolling Stones, Them, Yardbirds, Animals, Spencer Davis Group, e
via dicendo, e registrare su cassetta C120 i loro pezzi più conosciuti o
rappresentativi. La infilavo nello stereo della macchina e quello era il modo
per sopportare con allegria lunghe code, semafori, noiosi spostamenti, col
doppio risultato di far conoscere quei
vecchi blues ad amiche e amici quando erano ospiti dell'abitacolo. Quelli erano
i grandi vecchi che avevano dato vita al rock n' roll e i cui nomi comparivano
in piccolo nei dischi che compravamo, sotto il titolo della canzone
dell'artista o della band di turno. Così
imparai che Statesboro Blues degli
Allman era in realtà di Will McTell o che I
Need You Baby degli Stones era di BoDiddley e Take Your Hand Out Of My Pocket non era di Van Morrison ma di Sonny Boy
Williamson e Smokestack Lightning degli
Yardbirds e di non so quanti altri gruppi arrivava da Howlin' Wolf. Fu il
percorso che tanti giovani bianchi, musicisti compresi, fecero per risalire
all'origine di tutto, il blues. Poi arrivò il CD e non fu più la stessa cosa,
le cassette scomparvero, le registrazioni casalinghe pure, case discografiche
di terza categoria vendevano nei mercatini antologie con infime registrazioni
di quei santi vecchi col titolo The Story of the Blues, raggruppando capre e
cavoli senza nessuna logica, spinti dall'unica ragione di possedere un qualche
diritto su canzoni di cinquanta, sessanta, settanta anni prima. Col Pc fu
ancora peggio, la barbarie tecnologica dilagò, scaricare da un archivio in rete la storia di
un popolo in musica, metterlo su chiavetta oppure masterizzarlo su CD, senza
titoli e nomi. Non è roba che fa per me, sono nato in un'era di Long Playing,
45 giri e cassette e vivo distante da simili alchimie elettroniche, anche se al
prossimo cambio di macchina dovrò adeguarmi visto che le auto di recente
produzione non hanno più il lettore CD ma solo un'arida uscita Usb per le
chiavette.
Sarà
per l'età ma in quelle antiche compilation c'era un romanticismo, una ricerca da certosino
negli angoli nascosti di un genere, il blues ed il R&B, o di un artista, un
minuzioso lavoro di assemblaggio, che oggi è svanito o almeno non riflette la
passione di quella fase pionieristica quando amici, solo per il fatto di
condividere un viaggio in macchina o una vacanza assieme, pur non essendo acquirenti
di dischi, entravano in contatto con una cultura musicale che li avrebbe
comunque condizionati per il resto della vita. Ho amici, amiche, ex fidanzate,
compagni, che attraverso quelle cassette possono sbandierare un sapere musicale
che altrimenti non avrebbero mai avuto. E come il sottoscritto c'erano tanti
che si divertivano a passare le ore a compilare le C90 e C120 col meglio del
blues, del rock n'roll, del southern rock, del British blues, del rhythm and
blues, per poi condividerle allegramente con altri o addirittura regalarle. Il
chitarrista Wilko Johnson che di blues è maestro anche se inglese,
recentemente tornato in auge per essere stato diagnosticato un paio di anni fa
malato terminale (ma è ancora qui vivo e vegeto, tiè!) e aver realizzato un
eccellente disco di R&B inglese con Roger
Daltrey degli Who, ha rinnovato quella antica pratica della compilation
sfruttando il proprio carisma per spingere la Chess, etichetta e studio di registrazione storici del blues urbano
afroamericano, a compilare un doppio CD con i brani topici della sua antica
produzione in materia. Lo ha potuto fare perché il disco con Daltrey, Going
Back Home, uscito per la stessa etichetta e primo disco
con materiale nuovo pubblicato dalla Chess dopo il 1977, ha ottenuto un discreto successo
commerciale. Sotto il titolo The
First Time I Met The Blues Wilko Johnson ha setacciato gli Essential
Chess Masters selezionando quaranta titoli per un doppio CD di ottima qualità
audio, corredato da un libretto che oltre a note e fotografie racconta l'intera
storia della Chess, dai giorni gloriosi di Chicago con i fondatori Leonard e
Philip Chess ai vari cambi di proprietà, fino ai giorni nostri. E' materia che molti conoscono a memoria per
essere la base di tutto il rock che
conta ma può costituire argomento di studio e di conoscenza per chi volesse
partire adesso, sia esso un giovane o qualcuno che ha deciso, anche in tarda
età, di impugnare uno strumento. The First Time I Met The Blues è la Bibbia sacrilega della nostra
musica, da qui non si scappa, ci sono chitarristi, armonicisti, cantanti/e,
tutti di rigida origine afroamericana, che senza colpo ferire hanno fatto la
miglior rivoluzione del XX secolo, contagiando generazioni di ogni razza e
popolo. Sono annoverati grandi
vecchi come Muddy Waters (I Can't Be
Satisfied, Lousiana Blues, Hoochie Coochie Man, Just Make Love To Me, Muddy
Waters, The Same Thing), John Lee
Hooker (Sugar Mama, I'm in The Mood),
Howlin' Wolf ( Smokestack Lightning, Howlin' For My Darlin', Spoonful, Back Door Man,
Goin' Down Slow, Killing Floor), Sonny
Boy Williamson (Bring It On Home,
Checkin' Up On My Baby, Help Me, Don't Start Me Talkin'), Little
Walter (Juke, Blues With A Feeling,
Last Night, My Babe), c'è la generazione di mezzo del Chicago blues ( Buddy Guy, Otis Rush), ci sono i "rockers" (Chuck Berry, Bo Diddley),
ci sono nomi meno noti come Tommy Tucker
(High Heel Sneakers, I Don't Want Cha,
Long Tall Shorty) e Sugar Pie De
Santo (Slip in Mules, Soulful Dress),
c'è insomma la storia del blues urbano scritta
con l'archivio della mitica Chess. Ci sono i semi che hanno fecondato
Rolling Stones e Animals, Yardbirds e Who, Led Zeppelin e Humble Pie, Allman
Bros.Band e Canned Heat, Johnny Winter e Black Crowes, Van Morrison e Rory
Gallagher, Cream e Jimi Hendrix Experience, Dr.Feelgood e Nine Below Zero, Willy
DeVille e John Hammond Jr, solo per fare alcuni nomi, c'è un patrimonio
musicale senza il quale saremmo qui a cantare le canzoni di Perry Como e Pat
Boone, la storia di un'avventura musicale che ha indirizzato le nostre orecchie
ed il nostro cuore da un'altra parte. Da parecchio tempo ce ne siamo resi conto
ma se ancora fosse necessario una ennesima testimonianza, grazie Wilko
Johnson, lunga vita a te e al blues.
MAURO
ZAMBELLINI GIUGNO 2016