Era
bello allora quando uscì nel 1988 ed è ancora più bello adesso, nella estesa
edizione in Box Set con sei CD che testimoniano tutto il processo creativo che
ha portato a Fiaherman's Blues,
capolavoro della discografia degli Waterboys ed uno dei dischi cardini della
contaminazione tra rock, folk celtico e musica americana. Quando uscì
quell'album ci rendemmo subito conto che pur essendo un disco bellissimo, si
era ancora in un'epoca di vinili, non era assolutamente sufficiente a raccontare
quell'amore e quel feeling incredibile tra Irlanda e America, che almeno
sarebbe stato necessario un altro disco, da accompagnare l'originale in uno di
quei double album che hanno fatto la storia del rock, tipo il White Album, Blonde on Blonde, Exile On
Main Street, The River, London Calling. Non dischi dal vivo ma
doppi album in studio che colgono e raccontano un momento creativo
irripetibile, capace di lasciare un segno eterno nella storia del rock. Fu una
occasione mancata, anche perché nel seguente, più pallido, Room to Roam trovarono posto brani precedentemente concepiti per Fisherman's Blues e lasciati orfani. La
storia non la si può cambiare, è andata così, dello sbaglio se ne devono essere
accorti anche i protagonisti, in primis Mike Scott che con il sassofonista Anto
Thistelthwaite ed il violinista Steve Wickham venticinque anni dopo hanno
pensato bene di allestire un tour (la prossima settimana saranno da noi) con
cui onorare quello strepitoso disco.
Fisherman's Blues uscì
dopo che un altro gruppo irlandese, gli U2, al tempo il gruppo all'apice del
rock, avevano conquistato l'America con Joshua Tree e Rattle and Hum
varcando l'Atlantico e andando ad abbeverarsi alla fonte
della musica americana, al blues di B.B King, al country di Gram Parsons, al
jazz di Billie Holiday e rendendo esplicito quello che era sempre stato ovvero
che il country ha un cuore irlandese trapiantato sui Monti Appalchi ed il rock
n'roll, bastardo ibrido di hillbilly bianco e blues nero, qualcosa ( e tanto) lo
deve al fardello di un irishman sbarcato ad Ellis Island col suo violino in
cerca di una vita migliore. Ma se gli U2 furono i nuovi (e famosi) pellegrini
di una migrazione ad Ovest, gli Waterboys dello scozzese Mike Scott fecero
ancora di più, portarono l'America in Irlanda, portarono Bob Dylan, Hank Williams,
la Carter Family e Woody Guthrie in uno stufato di musica celtica fatta di
gighe e di reel, di folk cucinato al pub e di ballate pregne di rimpianto e
nostalgia, di ritmi alla birra e di violini limpidi come un cielo del
Connemara. Fecero il cammino inverso dei tanti irlandesi arrivati negli Stati
Uniti, riportarono a casa la loro musica, quelle ballate, quelle storie, spesso
tristi e zeppe di malinconia, con cui i loro avi avevano creato o almeno contaminato
e reso più ricca e coinvolgente la musica americana. Il risultato fu grandioso,
gli Waterboys scrissero con Fisherman's
Blue una pagina esaltante, corale e commovente di musica senza barriere, un
folk-rock in cui sembrano sfumare i confini tra musica a stelle e strisce e
melodie della vecchia Europa, un disco di una forza evocativa impressionante,
un ensemble di musicisti colti nel momento massimo della loro ispirazione e del
loro coinvolgimento collettivo, una trascendenza pari ai migliori dischi di Bob
Dylan, quello di Blonde On Blonde,
un abbandono emotivo degno della Patti Smith di Easter
e Set Me Free, un lirismo che fa
a gara col miglior Van Morrison di Astral
Weeks, Moondance, Into The Music.
Non
fu lineare il cammino degli Waterboys, gruppo nato attorno alla personalità
complessa, introversa, inquieta di Mike Scott, figlio di un insegnante di
inglese in Scozia (già di per sé un conflitto), vorace divoratore e
collezionista di libri, appassionato di W.B Yeats, Joyce, Eliot, Baudelaire e
Rimbaud. Un background da "maledetto", come quello di Jim Morrison,
ma è come giornalista freelance che muove i primi passi nella musica fondando
la fanzine Jungleland ( ma vah....)
con cui intervista Clash e Sex Pistols. Mette insieme gli Another Pretty Face e
scrive una canzone dedicata a Patti Smith, A
Girla Called Johnny. Quando trova sulla sua strada Anto Thistlethwaite, un
sassofonista che suona il sax come usavano fare i Roxy Music e gli Audience, il
batterista Kevin Wilkinson ed il tastierista Karl Wallinger, nascono gli Waterboys. "Uso l'acqua nelle mie canzoni perché serve alle mie liriche ma non ho
assolutamente una teoria al riguardo. Ho vissuto negli anni della mia gioventù
ad Ayr nella Scozia occidentale, è una cittadina sul mare, ho sempre amato il
mare e ho sognato parecchio su esso. Freud direbbe che tali sogni rappresentano
un ritorno al grembo materno ed una immersione nel liquido amniotico. Non so
molto al riguardo, so che Freud è stato utile ma penso che oggi sia
sorpassato".
Così
Mike Scott liquida la genesi del nome del gruppo, gruppo che si ritaglia un
posto di primo piano in quella che viene sommariamente definita dai giornalisti
Big Music, con U2, Big Country,Hot House Flowers, Simple Minds, un rock epico e
romantico, orchestrato con un forte senso del dramma. Siamo a metà anni
ottanta, escono The Waterboys, A Pagan
Place ed il superbo This Is The Sea,
melodie imponenti come un mare in tempesta, canzoni visionarie, diffuso
intreccio tra i suoni dei fiati, tromba e sax, tastiere (ultima apparizione di
Karl Wallinger) e la voce messianica di Scott.
Il
quale emigra a Dublino e lontano dalle pressioni londinesi inizia a lavorare al
nuovo disco trovando ispirazione nel contatto con la gente irlandese, con l'ordinario
quotidiano della vita di tutti i giorni al pub, i cui musicisti lo
avvicinano agli idiomi tradizionali locali come il folk, la musica gaelica, le
melodie celtiche, anche il country. Assieme a Thistletwhaite, Wickham, al
bassista Trevor Hutchinson, al batterista Peter McKinney si rintana prima ai
Windmill Lane Studios di Dublino e poi per avere un contatto ancor più diretto
con la cultura gaelica negli studi di Spiddal a Galway, coinvolgendo musicisti
tradizionali col bouzouki, le fisarmoniche, il mandolino, violini, le chitarre acustiche.
Il ruolo di trombe e tastiere che aveva marchiato il sound maestoso di This Is The Sea e A Pagan Place viene ridimensionato in favore di un suono più
spartano e ruvido, via di mezzo tra folk, rock e musica celtica, dove Irlanda e
America si fondono in una nazione sonora unica portando a galla spirito epico,
romanticismo, senso della storia, lirismo da brividi (si senta a proposito We Will Not Be Lovers in tutte le sue
versioni). Musica orizzontale tra le due sponde di uno stesso oceano, luogo di
incontro tra genti e culture, musica da capogiro e da delirio d'amore, oggi
resa nella sua veste definitiva da questo Box Set di 6CD dove tra prototipi, ripetizioni, abbozzi,
stesure definitive, out-takes, jam alla Guinness, deliri improvvisi, canzoni
finite, strumentali, cover, tante cover ( Dylan, Hank Williams, Woody Guthrie,
Beatles, Van Morrison, Ray Charles, Carter Family, traditionals,Merle Haggard), viene documentato l'intero
processo creativo di Fisherman's Blues
iniziato nel gennaio del 1986 e concluso nel giugno del 1988, comprese le inedite session americane
a Berkeley in California con John Patitucci al basso e Jim Keltner alla
batteria.
Fisherman's Box non
è l'ennesima ristampa e nemmeno una
furba operazione commerciale ( tra l'altro costa "solo" 26 euro) bollata
come deluxe edition, ma l'iter completo in tutte le sue parti e sfaccettature
di un'opera magnifica dedicata ad uno dei dischi più illuminanti degli ultimi
venticinque anni. Dopo quel disco gli Waterboys non saranno più gli stessi,
Mike Scott terrà insieme il "marchio" ma i dischi seguenti saranno un
pallido ricordo di quella sinfonia di musica, visioni e cuore.
MAURO ZAMBELLINI