Sta
costruendosi una reputazione di performer scatenata e viscerale la bella
Samantha Fish, una gavetta in giro per gli States e concerti che ogni volta
seducono il pubblico non per la bellezza delle sue gambe o la malizia delle sue
mise ma per la musica, la voce, la sua infuocata chitarra. Ne ho avuto una
dimostrazione al Blues and BBQ Festival,
manifestazione gratuita che ogni anno a Lafayette Square a New Orleans per tre
giorni mette in campo il meglio della musica locale e artisti ormai di fama
nazionale. Come headliner dell'edizione 2018 è stata scelta proprio Samantha
Fish con la sua band di sei elementi, un ritorno acclamato dopo la trionfale esibizione
dello scorso anno e la scelta per la ventinovenne ragazza di Kansas City di
trasferirsi a vivere proprio nella Crescent City. Anche quest'anno la Fish non
ha deluso, anzi ha moltiplicato pubblico ed effetto tanto che lo spigliato e
brillante presentatore del festival ha definito il suo show uno dei più
eccitanti ed intensi di tutte le edizioni.
Lafayette Square
è una piazza col giardino circondata dai grattacieli del Business District,
tutto attorno è un pullulare di posti ristoro
con la declinazione completa del fast
food made in Usa, dagli hamburger alle
costine, dalle salsicce ai fagioli, dalla carne col chili al pollo fritto, presenti
pure gli ormai immancabili involtini veggie, una coreografia di odori e sapori
da mettere a dura prova la golosità di chiunque, nonché stomaco e fegato.
Naturalmente non mancano birra ed un fornito banchetto di dischi della
Louisiana Music Factory, il negozio di dischi più grande della città che ha
resistito all'assalto di internet, e poi banchi di quadri di artisti
locali, poster, fotografie, artigianato
vario, cappelli e t-shirts. L'atmosfera è rilassata ed il pubblico, numeroso
visto la gratuità dell'evento, rispettoso dello spazio pubblico tanto che
durante e alla fine del concerto è quasi impossibile trovare rifiuti, carte,
bicchieri, piatti, lattine o
quant'altro. Una cosa che mi ha sorpreso pensando invece a quanto succede nei
nostri open festival. Il cartello della rassegna è ampio e variegato, nei tre
giorni si succederanno il bluesman
Walter Wolfman Washington (piacevole ed elegante il suo set), Jimmie
Vaughan (deludente), John Papa Gros (divertente), Shemekia Copeland (calda e
rockata ma inferiore alle mie attese), Papa Mali ( pindarico), Reverend John
Wilkins (tra soul e gospel) e altri nomi come Kenny Brown, Washboard Chaz, Don
Bryant, Henry Gray con Terrance Simien e
Lil Buick Singegal e Cookie McGee. Ma l'apertura venerdì 12 ottobre la fa Samantha Fish, anzi Little Freddie King un bluesman locale molto popolare a New Orleans
che scalda gli animi con un set in verità non memorabile dove, oltre all'
abbigliamento sgargiante e alla età venerabile del musicista, spicca un blues
non accademico ma lento, sintonizzato sull'ozioso groove di New Orleans con tracce
di Bo Diddley che si mischiano a qualche
classico tipo Baby Please Don't Go. La
voce del piccolo Freddie King sa di vecchie bettole di Bourbon Street, la band,
discreta, annovera un armonicista che riempie
gli spazi lasciati dalla voce del leader, un bassista ed un batterista. Sono applausi di stima quelli che
arrivano alla fine della sua esibizione, Little Freddie King è quello che si
dice un eroe locale ed il suo nuovo lavoro Fried Rice and Chicken lo si trova
in ogni negozio della città. Ma è quando sale sul palco Samantha Fish che Lafayette Square si infiamma. Memore del suo show
la passata edizione del 2017 del Blues&BBQ Festival, il pubblico è accorso
numeroso e la piazza è praticamente piena. Sinceramente conoscevo la Fish solo
per l'ultimo CD Belle of the West e per i video su you tube dove non può
passare inosservata una bella ragazza che canta un grintoso rock intinto nel
blues, impugna una Telecaster e si presenta con mise accattivanti, minigonne
vertiginose e tacchi a spillo. Sono curioso di capire se le sue qualità sono un
esclusivo effetto dal fattore estetico oppure se dietro quelle mise e a quei
vaporosi capelli biondi che fanno venire in mente Marilyn c'è una cantante e musicista che vale.
Non
passa molto tempo per capire che la tesi giusta è la seconda, Samantha Fish è oggi una delle migliori
rockeuse in circolazione in terra americana, un concentrato di energia,
determinazione, grinta, malizia artistica, una capace a trascinare il pubblico dentro le sue canzoni e a farlo
vivere con l'entusiasmo di chi le interpreta, canzoni che magari non posseggono
la profondità dei grandi cantautori ma sono lo specchio di una ragazza di
provincia che usa la musica per
combattere luoghi comuni, intolleranza, una vita altrimenti destinata
all'anonimato e alla desolazione. Una musica che è un arrembaggio sonoro fatto di
rock graffiante e chitarristico, spesso venato dal blues della strada maestra e
da qualche soffio di R&B, che si apre talvolta, quando la Fish impugna la
chitarra acustica, a melodie country che configurano paesaggi provinciali e storie
di amori perduti. Samantha Fish ha una bella voce che usa con padronanza di
modulazioni, traspaiono le inflessioni del country americano ma è potente
quando alza il tiro e strapazza ora la Telecaster ora la Gibson
"diavoletto" immortalandosi in pose che complice il suo look, per
l'occasione un top scollato, leggins e scarpe con tacco a spillo turchesi in
contrasto col total black, comunicano l'immagine
di quei rocker delle backstreets che non fanno prigionieri. Ha voce, tecnica,
attitudine, feeling e canzoni, ed è circondata da una band solida dove il
sassofono e la tromba ( Christopher Spies, Harry Morter)sembrano in contrasto
coi loro sapori R&B alle melodie della violinista (Rebecca Crenshaw), un
batterista scarmigliato (Scott Graves) picchia duro, più composto è il bassista
(Christopher Alexander) mentre il più anziano del lotto, il tastierista,(Phil
Breen) si scioglie in disinvolte divagazioni con l' Hammond e il piano. Ma è
lei la star che non si risparmia e comunica
divertimento ed emozioni necessarie per guadagnarsi un posto al sole nel rock
che conta. La scaletta è costruita sui brani del recente Belle of the West ma dal vivo questi sono rivoltati
completamente, allungati e potenziati con improvvisazioni, così che la sensazione che Samantha Fish in concerto
sia altra cosa rispetto ai suoi dischi è netta e incontrovertibile. Si sta
costruendo con una serie di tour interminabili la reputazione di artista live e
lo si vede, il concerto è di una forza incredibile e il pubblico se ne accorge
tributandole continuamente urla e applausi. Un rock e qualche blues potenti e
spavaldi, graffi chitarristici laceranti che in qualche momento si attorcigliano
al suono del violino, una voce che dopo l'urlo sa anche essere dolce e tenera.
Passano i titoli del suo ultimo album, American
Dream, Blood on the Water, Cowtown, Don't Say You Love Me, No Angels ma
anche qualche brano di Chills & Fever disco registrato
a Detroit con musicisti di New Orleans molto influenzato dal soul e dal R&B,
e qualche ricordo di un passato più lontano come l'applauditissima e corale Bitch On The Run . La lunga Somebody's Always Trying è uno degli
highlights dello show, parte R&B ma poi si innestano assoli, rallenty e
ripartenze, la Fish si inginocchia davanti alla "spia" e tutto
diventa un assordante rumore psichedelico. Samantha Fish non si risparmia e ci
mette l'impegno e la verve di chi ancora deve arrivare alle porte dell''olimpo
ma nel frattempo regala un concerto brillante e sanguigno dove non c'è un
attimo di pausa. Nemmeno nelle uniche cover della serata, Crow Jane di Skip James suonato con la cigar box e You'll Never Change di Bettye Lavette.
Dopo un'ora e quaranta di concerto è un tripudio,
Lafayette Square è esaltata come lo è il sottoscritto, mai mi sarei aspettato
uno show del genere ma New Orleans è the big easy dove tutto è possibile.
Samantha Fish non è il futuro del rock n'roll ma un luminoso presente che
appaga orecchie, occhi e cuore. Non perdetevela il prossimo maggio a Milano.
MAURO ZAMBELLINI
OTTOBRE 2018
5 commenti:
scaletta grazie zambo buona giornata
Non tutti i titoli li conosco , cerca su setlist.fm. ciao
grazie comunque
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