Un
live perfetto in anni in cui questo formato appartiene solo agli artisti del
passato, come lo è Miami Steve Van Zandt alias Little Steven, pressoché gli
unici a riscaldare il presente con concerti che non si dimenticano facilmente e
riportano in auge la gioia del rock n'roll. Little Steven non è uno qualsiasi,
è autore, cantante, musicista, produttore, arrangiatore, conduttore
radiofonico, talent scout, attore cinematografico, è quello che si dice un
artista a tutto tondo con una conoscenza
enciclopedica della musica, dal rock n'roll al jazz, dal soul al
R&B, dalla psichedelia al garage. Soulfire del 2017 lo
ha riconsegnato alla musica dopo anni in cui si era diviso tra il cinema e la
E-Street Band ed è stato un grande ritorno, quasi impensabile, coronato da un
tour entusiasmante che lo ha visto più volte sui palchi della nostra penisola.
Concerti incredibili con una big band di musicisti e coriste in grado di evocare
le grandi revue del soul e del r&b, snobbati dalla marea degli
springsteeniani d'Italia, capaci di inseguire il Boss in vacanza sui nostri
laghi e nostri mari in cerca di un selfie ma di disertare l'artista che ha creato
il Jersey Sound. Speriamo che gli stessi si accorgano dell'uscita di questo
potente triplo live che di fatto traduce con una qualità audio eccellente ed
una performance da leccarsi i baffi (chi li ha)i concerti del suo tour ancora
in corso. L'ossatura dello show è il materiale di Soulfire ma cover e
vecchi titoli dei dischi di Little Steven completano un quadro ampio, vario e
colorato che, grazie alla competenza, all'amore e alle dettagliate
presentazioni dell'autore, si trasforma
in un epico ed elettrizzante viaggio attraverso la storia del rock n'roll, del
soul e del r&b americano. Zeppo di citazioni e dettagli sull'origine e la genesi delle
singole canzoni, Soulfire Live! è uno di quei dischi di cui se ne sentiva un
gran bisogno, per rievocare la stagione dei grandi dischi live, in primis gli
anni settanta, e per rinfrescare un sound, il Jersey Sound, ormai passato di
moda ma ancora in grado di entusiasmare, divertire, eccitare, uno sfavillante party
della musica americana tra rock bianco e black music, una festa per le orecchie
e il cuore. Little Steven è il capitano di una ciurma di pirati, i Discepoli
dell'Anima, che mettono a ferro e fuoco il soul di James Brown e quello di
Marvin Gaye, il r&b di Etta James ed il rock-soul degli Electric Flag, gli
album di Southside Johnny ed il rock sporco e suburbano degli uomini senza donne. Magnifico ed esaltante, dall'introduzione di Mike Stoller, uno dei grandi autori assieme a Jerry Leiber della
musica americana del secolo passato, al potente attacco di Soulfire che infila la
sequenza originale del disco in studio con I'm
Coming Back e Blues is My Business,
versione di oltre nove minuti e cover di Etta James, per arrivare alla magia di
Love On The Wrong Side of Town, canzone
scritta per Southside Johnny, e a Until
The Good Is Gone, pescata dal suo album del 1982 Men Witout Women, riproposta
in una lussureggiante versione con un lungo talkin' nel mezzo ed esplosione
finale. Da quell'album vengono ripescati anche Angel Eyes , Forever, la struggente Princess of Little Italy mentre da Voice of America arrivano Solidarity,
Checkpoint Charlie, I'm A Patriot , Out Of Darkness, e Bitter Fruit esce da Freedom No Compromise. Tutto risuona
potente con un'enfasi da straordinaria ma non accademica lezione di musica dove
il rock delle chitarre si fonde coi fiati e le coriste del r&b, e le
tastiere dell'ex Youngbloods Joe
"banana" Bauer tessono un sottofondo di cui Booker T andrebbe
fiero. Little Steven canta come nei tempi eroici della E-Street Band ,
gli arrangiamenti sono regali, nella ballad Some
Things Just Don't Change prima di omaggiare l'amico Southside Johnny per cui aveva scritto questa canzone (era su This
Time It's For Real) cita Stevie Wonder, le Marvelettes, i Temptations,
Marvin Gaye, Detroit, mentre nella lunga e sincopata Down and Out In New York City
parlando di blaxpointation ricorda
James Brown, Curtis Mayfield, ancora Marvin Gaye prima che i soul horns
inscenino una coreografia funky- jazz di grande effetto. Alla festa non potevano
mancare le black radio degli anni sessanta, i dj, il doo-wop, The City Weeps Tonight è una sinfonia
urbana nata in quegli anni mentre Standing
In The Line of Fire è una scudisciata rock scritta con Gary U.S Bonds, altro suo eroe del passato.
Le
influenze terzomondiste sono sbrigate con il reggae di Solidarity e di I'm A Patriot e il dub di Leonard Peltier, l'episodio che mi piace meno dello show e ne
smussa un po' la tensione ma con gli Electric
Flag di Groovin' Is Easy, ennesima
prova della sapienza da nicchia musicale di Little Steven, e le fiondate di Ride The Night Away con cui mette in
campo il rock da E-Street Band del favoloso Better Days, lo show si
invola verso l'apoteosi finale. Dancing in the streets non c'è ma
si balla lo stesso nella strade multicolori di Bitter Fruit, salsa rock con spezie portoricane mentre Forever è la sintesi perfetta di quel
sound nato attorno a Southside Johnny, Bruce e Little Steven, le chitarre rock,
il coro soul, i fiati r&b, le tastiere in mezzo e la voce da ultima
spiaggia invocante una possibile salvezza.
In coda e per finire alla grande ci
stanno Checkpoint Charlie, più bella
oggi che ieri, e soprattutto I Don'want To Go Home, titolo del
primo album di Southside Johnny, e Out of
Darkness a chiudere uno show lungo, romantico e travolgente,
fotografia di una musica che Little Steven ancora oggi contribuisce a rendere
immortale.
Il disco è uscito nelle piattaforme digitali il 27 aprile e il 31
agosto sarà disponibile in triplo CD.
MAURO ZAMBELLINI
LUGLIO 2018