Pubblicato originariamente sul N.458 del Buscadero (settembre 2022) questo è il primo di un trittico di articoli sulla carriera di Tom Petty. A seguire il resto
Sebbene nativi della Florida fu la Città degli Angeli a catalizzare la nascita di Tom Petty and the Heartbreakers. Il nucleo originario esisteva ben prima del 6 novembre 1976, data di uscita del loro esordio discografico, perché dalle parti di Gainsville, nella Florida settentrionale, i Mudcrutch erano diventati popolari tra quanti bazzicavano i club e i raduni della zona. Tom Petty era cresciuto nella difficile relazione col padre Earl, rappresentante commerciale, e la musica gli era parsa l’unica salvezza per evadere dalla famiglia e cercarsi un’alternativa. Nato nel 1950, era il classico figlio dell’età della televisione e probabilmente è questa la ragione per cui Los Angeles divenne nella sua mente il luogo ideale dove realizzare i propri sogni. Il primo incontro con il rock n’roll non fu difatti un jukebox ma un set cinematografico. Lo zio di Petty, Earl Jerrigan aveva il compito di perlustrare il tribunale di Ocala, 40 miglia a sud della casa di Petty a Gainsville, per una scena del film di Elvis Presley Follow That Dream e invitò Tom ad accompagnarlo. Tom non conosceva il Re del rock n’roll ma, incuriosito, accettò. Quando si trovò al cospetto di Elvis non disse una parola ma rimase visibilmente impressionato: “ sembrava di una specie irreale, come se stesse brillando, era sbalorditivo, quasi spirituale”. Tom Petty quel giorno vide il suo futuro e rientrato a casa scambiò la sua fionda di marca Wham-O per un box di 45 giri di Presley. Tre anni dopo Petty ebbe un’altra visione cosmica quando assistette all’esibizione dei Beatles all’Ed Sullivan Show. Non passò molto tempo che convinse alcuni amici del quartiere a mettere insieme una band sul modello di quello che aveva visto e sebbene avesse solo quattordici anni capì che quella era la strada per evitare una vita mediocre. Ci furono delle band scolastiche ma l’avventura vera e propria iniziò quando gli Epics si trasformarono in Mudcrutch. Ne facevano parte il chitarrista e cantante Tom Leadon, il batterista Randall Marsh e l’altro chitarrista Mike Campbell, ai quali poi si aggiunse il tastierista Benmont Tench. Petty si occupava di canto e basso ed il suo background abbracciava quel rock e quel beat che riusciva ad intercettare nelle radio locali. La scena musicale degli anni sessanta e primi settanta che si concentrava attorno all’Università della Florida era abbastanza fertile ma a Petty sembrò un segno premonitore che Bernie Leadon, il fratello maggiore di Tom, fosse emigrato a Los Angeles diventando un membro degli Eagles ed il più giovane Tom Leadon, rimpiazzato nei Mudcrutch da Danny Roberts, in California avesse trovato lavoro nella band di Linda Ronstadt. Agli occhi di Petty, Los Angeles significava la mecca dei propri ideali, la città in cui tutto era possibile e i suoi sogni si sarebbero realizzati. In seguito il rapporto con la città non sarà così idilliaco e solo fonte di successo, causa la travagliata relazione con l’industria discografica. E difficoltoso sarà all’inizio farsi accettare nella scena californiana, sia coi Mudcrutch prima che con gli Heartbreakers poi, la stampa sarà piuttosto restia a considerare la loro musica un prodotto della West Coast preferendo scrivere di gruppo punk o southern rock o addirittura una band di heartland rock . Ma in quei giorni di gioventù è Los Angeles il pantheon dove abitavano i miti di Petty che ascoltava alla radio, ovvero i Beach Boys, i Byrds, i Buffalo Springfield e i Flying Burrito Brothers. Il primo viaggio nella Città degli Angeli Petty lo fa con Roberts e l’amico McAllister, è il 1974 e si portano appresso un demo dei Mudcrutch. Ma prima di arrivare in California si fermano agli studi della Capricorn Records a Macon dove la Marshall Tucker Band stava registrando il secondo disco A New Life. Aspettarono tutto il giorno prima che qualcuno gli desse retta e ascoltasse il loro demo ma la risposta fu lapidaria : “troppo inglese questa roba, grazie e arrivederci ”. Rivelò anni più tardi Petty che “in quel momento il Sud era inondato dalla musica della Allman Brothers Band e tutti, tranne noi, cercavano di imitarli. A noi piacevano gli Allman ma odiavamo le imitazioni, pensavamo che fosse una cosa stupida. Los Angeles rimaneva la nostra vera opportunità, là c’erano i Byrds, là volevamo fare quello che non potevamo fare in Florida”.
Prima di lasciare Gainsville, i Mudcrutch avevano già inviato il demo di On The Street, registrato su due piste nel soggiorno della casa dei genitori di Benmont Tench, a varie case discografiche ricevendo unica risposta da Peter Welding, A&R della Playboy Records e storico del blues e del jazz che aveva lavorato con artisti “oscuri”, il quale pur rifiutando il materiale proposto ne analizzò i singoli brani mettendone in evidenza i difetti e suggerendo possibili migliorie. Arrivati a Hollywood, i tre si trovarono immersi in un mondo che non conoscevano e da ogni parte guardassero trovavano compagnie discografiche. Il feeling con la città fu immediato e la MGM offrì loro la possibilità di registrare un singolo. Presero tempo dopo che in un diner Petty si appuntò da un elenco telefonico i numeri di una ventina di etichette discografiche tra cui la Shelter, ubicata in un bungalow in una zona piuttosto fatiscente di East Hollywood. L’ufficio aveva però un aspetto pittoresco, il legno con cui era rivestito conferiva un fascino campagnolo in contrasto con il decor urbano di luci e cemento del sobborgo. Lasciarono lì il nastro dimostrativo e continuarono il loro giro interpellando anche le più titolate Capitol e London. Fecero in tempo a fare una sortita nel mitico Whiskey a Go-Go di West Hollywood rimanendo incantati dal luogo e dal pubblico che lo frequentava ma di fatto a Petty e compagni non rimase che tornare in Florida sperando di ricevere qualche telefonata importante, che arrivò quando Denny Cordell, il produttore inglese che era stato alle spalle dei successi di Procol Harum, Moody Blues e Joe Cocker e co-proprietario della Shelter Records li chiamò. Aveva ascoltato il loro demo e li invitò a fare tappa a Tulsa in Oklahoma dove Leon Russell, l’altro socio della Shelter, aveva allestito un suo studio in una vecchia chiesa. Cordell incontrò i Mudcrutch al completo in una tavola calda di Tulsa e negli studi di Russell Petty e soci incisero una versione di Cry To Me di Solomon Burke, I Can’t Fight It ed una primitiva Don’t Do Me Like That tutte e tre rintracciabili nel box antologico Playback del 1995. Il viaggio continuò fino a Los Angeles perché la Shelter era fermamente interessata a loro. Anni dopo, Tom Petty confidò “ arrivai a L.A ed in una settimana avevo in mano il contratto, per disfarmene ci vollero parecchi anni”. Insieme a Petty c’era la nuova moglie Jane, sposata poco prima di lasciare la Florida, con cui diede al mondo la figlia Adria nel novembre del 1974. I Mudcrutch presero alloggio all’Hollywood Premier Motel in Hollywood Boulevard non molto distante dagli uffici della Shelter. Passò del tempo prima che le cose in sala di registrazione funzionassero, i soldi scarseggiavano e la band fu costretta a spostarsi in due case affittate nella San Fernando Valley, a nord di Hollywood. Ma Cordell fu un vero mentore per loro ed invitò più volte Petty a raggiungerlo nel suo ufficio nell’orario di chiusura per fargli ascoltare i dischi più disparati, da Lloyd Price ai Rolling Stones, da Dylan al reggae, cose di cui il musicista era piuttosto a digiuno perché nei giorni di Gainsville con pochi soldi a disposizione non poteva permettersele e l’unica fonte rimaneva la radio. Fu una bonanza di informazioni e non solo discografiche. Il futuro batterista degli Heartbreakers, Stan Lynch mantiene un identico punto di vista a proposito di Cordell: “ero ancora molto giovane e non sapevo cosa significavano in termini musicali groove e feel. Lo chiesi a Denny il quale mi invitò ad andare con lui ad un concerto di Bob Marley and The Wailers. Mi fece accomodare sulla sua Ferrari, mi passò le chiavi e mi disse di guidarla, spronandomi ad accelerare. Una volta raggiunta una velocità sostenuta, mi disse, ecco cosa significa il groove. Al concerto, Marley ipnotizzò la platea con la sua performance, qualcuno passò un joint attraverso la balconata, e Cordell disse, questo è il feel”.
La prima menzione sui Mudcrutch in L.A apparve il 31 agosto 1974 su Billboard, annunciava che stavano registrando con Cordell come produttore e Rick Heenan come ingegnere del suono al Village Recorder, uno studio ricavato negli anni sessanta da un tempio Masonico. Quegli studi furono fondamentali nella carriera di Petty ma il primo approccio non fu facile, pareva che i Mudcrutch si trovassero meglio a registrare nel salotto di Tench che al Village Recorder ma nonostante tutto ne uscì un singolo, Depot Street, con venature reggae, e come B side un più commerciale Wild Eyes. L’idea di un singolo reggae può sembrare balzana conoscendo oggi la discografia completa di Petty ma al tempo la mossa non fu così strana visto che in quel 1974 Clapton scalava le classifiche con I Shot the Sheriff. Comunque Depot Street non ricevette ne particolari attenzioni radiofoniche ne recensioni, a parte una segnalazione nella rubrica First Time Around di Billboard come nuovi artisti valevoli di ascolto. Le vendite furono inesistenti. La band uscì dallo studio delusa e senza nulla in mano se non un mediocre singolo reggae. La scena rock di Los Angeles era in completa evoluzione, i vecchi miti californiani erano in stand by o pagavano gli eccessi del passato, ed il Sunset Strip era preso d’assalto da nuove e giovani band punk e new-wave. Nell’etere teneva banco un certo Rodney Bingenheimer sulla stazione radio KROQ col programma Rodney on the ROQ dove passava la nuova musica emergente della città. Nel frattempo i Mudcrutch avevano perso Danny Roberts che aveva fatto ritorno in Florida e al suo posto venne reclutato Charlie Souza, un veterano della scena rock di Tampa con i Tropics. Dal momento che i soldi per le registrazioni erano esauriti, Petty e company furono indirizzati nello studio casalingo di Leon Russell a Encino dove per qualche mese tentarono di incidere qualcosa. Charlie Souza fece in tempo a partecipare alla versione dei Mudcrutch di Don’t Do Me Like That il singolo che avrebbe lanciato qualche anno più tardi l’album Damn The Torpedoes e segnato in modo indelebile la carriera degli Heartbreakers. La canzone era stata scritta al pianoforte da Petty agli Alley Studios e sempre nello studio di Russell fu registrata Hometown Blues , poi finita nell’esordio degli Heartbreakers, con Randall Marsh alla batteria, Charlie Souza al sassofono e Donald “Duck” Dunn al basso. Ma in ultima analisi le session furono piuttosto fallimentari e Cordell fu costretto a convocare Petty nel suo ufficio dicendogli che le perdite erano tali da imporgli di licenziare la band ma, credendo ciecamente in lui, era disposto a rinegoziare il contratto con la Shelter come solista. Situazione analoga a quella capitata sempre a Los Angeles quando la Liberty si sbarazzò degli Hourglass ovvero del nucleo originario degli Allman tenendosi stretto il solo Gregg Allman.
(foto estratta da Rick's Airport Recorders)
Tom Petty con la moglie Jane si spostò a vivere al Winone Motel e cominciò a lavorare al suo disco solista negli studi della Warner Bros. di Burbank ricevendo ancora una volta una telefonata da Leon Russell, il quale lo coinvolgeva in un progetto ambizioso. L’idea di Russell era pianificare un album in cui ogni brano avrebbe goduto di un produttore diverso offrendo a Petty la possibilità di scrivere assieme al lui alcune canzoni. Lo portò a casa di Brian Wilson, gli fece conoscere Ringo Starr, George Harrison e il batterista Jim Keltner che in quel mentre si trovavano a L.A e poi Terry Melcher il produttore di diversi hits dei Byrds. Fu una esperienza formativa per Petty entrare in contatto e vedere all’opera simili leggende, anche se alla fine non fu accreditato di nessun brano sebbene la sua Satisfy Yourself fu riscritta da Russell come I Wanna Satisfy You e apparve nel disco del 1976 di quest’ultimo, Wedding Album, col titolo di Satisfy You. Nello stesso tempo sebbene Dennis Cordell gli avesse messo a disposizione musicisti come Al Kooper e Jim Keltner, le session per il nuovo disco di Petty non produssero molto se non la romantica Since You Said You Loved Me e la prima versione di Louisiana Rain entrambe contenute in Playback. Da parte sua Benmont Tench era rimasto a L.A dopo la dissoluzione di Mudcrutch formando un suo gruppo e nel sottobosco musicale di Hollywood era rimasto anche Mike Campbell. Del giro faceva parte anche il bassista Ron Blair che telefonò al batterista Stan Lynch per proporre assieme agli altri due una session con Tom Petty. La luce si accese, così anni dopo rivelò Petty “Benmont li aveva portati tutti lì e di colpo vidi gli Heartbreakers nascere. Quella era la mia casa”. In verità Randall Marsh, presente in quelle session, non fu incluso nella iniziale line up, al suo posto c’era Jeff Jourard presente nelle prime foto pubblicitarie del gruppo. Quest’ultimo fece in tempo a mettere la sua chitarra in alcuni brani dell’album d’esordio, come nella strepitosa Strangered in the Night e partecipare alla prima uscita di Tom Petty and Nightro al Van Nuys Recreation Center il 19 marzo 1976. Quando Cordell coniò il nome Heartbreakers scartando Tom Petty and the King Bees la band era già in pista di decollo con Campbell, Tench, Lynch e Blair. Il nome di Tom Petty rimaneva in primo piano, sostanzialmente perché il contratto discografico era a suo nome, e lui sarebbe rimasto se la band non fosse riuscita a prendere piede. Fu reclutato il roadie Alan “Bugs” Weidel che divenne il confidente ed il braccio destro del leader. Molti dei brani dell’album d’esordio degli Heartbreakers furono registrati negli studi della Shelter fatti costruire da Cordell in un vecchio night club armeno dove l’unica vista esterna era un teatro gay porno. In quindici giorni di duro lavoro nell’estate del ’76 vennero messe a punto Fooled Again (I Don’t Like It) negli studi della WB e Mystery Man registrata live in una sola seduta agli A&M Studios precedentemente chiamati Charlie Chaplin Studios perché lì il regista ci girò alcuni suoi film, nelle sale della Shelter nacque invece uno dei brani più famosi della discografia di Petty ovvero American Girl, registrata nel giorno del bicentenario il 4 luglio 1976. Molti asserirono che il tema della canzone fosse il suicidio di una studentessa dell’Università della Florida, l’autore spiegò invece che più semplicemente fu scritta a proposito del traffico a ridosso dell’appartamento in cui viveva. “Abitavo in un appartamento a Encino vicino alla freeway e le macchine passavano in continuazione. Il rumore aveva su di me l’effetto delle onde dell’oceano. Era il mio oceano, la mia Malibu dove sentivo la risacca delle onde, ma invece erano le auto che sfrecciavano. Ispirarono il testo, era il giorno del bicentenario, c’erano tante cose americane che giravano attorno, era tutto rosso, bianco e blu”. Altro pezzo da novanta dell’album è Breakdown , cavallo dei suoi concerti, scritta al pianoforte comprato proprio in quei giorni. Confrontati ai Mudcrutch, da subito gli Heartbreakers si rivelarono più sapienti e consci delle proprie possibilità, il processo di scrittura e la registrazione furono molto più facili e naturali, le canzoni vennero fuori quasi spontaneamente, registrate per di più dal vivo. “ Eravamo molto eccitati, non avevamo paura di sperimentare qualsiasi cosa, era una gioia suonare insieme e fummo orgogliosi di quello che facemmo”. Ancora oggi l’album Tom Petty and the Heartbreakers suona come uno dei debutti migliori nella storia del rock americano, canzoni divenute la forza delle esibizioni live nelle decadi successive come Breakdown, Anything That’s Rock and Roll, American Girl, Fooled Again, scampoli di cosmica psichedelia come in Luna, misteriose ballate come Strangered In The Night e Mystery Man e soprattutto quella diffusa attitudine nel rinfrescare un rock a stelle e strisce che nella seconda metà degli anni settanta si stava imbolsendo.
Ad eccezione di Rockin’ Around (With You) co-scritto con Campbell, tutti i brani sono accreditati a Petty, il disco fu pubblicato il 9 novembre 1976 e ricevette ovunque recensioni positive. Billboard lo incluse nel suoi “LP raccomandati”, Breakdown entrò nella heavy rotazione della stazione radio KWST e nella classifica di Billboard, la rivista Sounds disse che il disco incorporava il suono delle band degli anni sessanta ma rimaneva puro ed unico, Robert Hilburn sul Los Angeles Times definendolo l’album dell’anno, scrisse che “come la musica dei Rolling Stones, la musica di Tom Petty guadagnava dopo ripetuti ascolti tanto da diventare seduttiva, era la miglior dose di puro mainstream rock da parte di una band americana dai tempi di Rocks degli Areosmith”. Tom Petty and the Heartbreakers ancora oggi mantiene la sua solidità e non soffre il tempo, è sfaccettato come un mosaico con quei molteplici rimandi ai Beatles, agli Stones, a Eddie Cochran, alle garage band dei sixties, cantato con la passione di un vero rocker compulsivo. L’uscita permise alla band di andare in tour nella East Coast e soprattutto di apparire più volte in quell’agognato Whiskey A-Go-go fin dai tempi dei Mudcrutch. Divisero il palco con Blondie nel febbraio del 1977 e ci ritornarono per due show nell’aprile seguente, poi “aprirono” per Bob Seger al Winterland di San Francisco. Andarono in tour per sette settimane in Inghilterra toccando anche Francia, Germania, Svezia e Olanda, paesi dove il singolo American Girl/Anything That’s Rock n’ Roll stava sbancando ma l’impressione, una volta tornati a casa, appena scesi dall’aereo fu quella di sentirsi di nuovo delle nullità. Non era così, in California il loro nome era ormai sulla bocca di tutti ed il mondo intero li stava aspettando, bastava solo avere un po’ di pazienza. Singolare in quei giorni fu l’incontro tra Petty ed uno dei suoi miti, Roger McGuinn, il quale gli confidò di aver ascoltato American Girl ma di non ricordarsi quando l’aveva incisa. Timoroso Petty gli fece presente che “ mi spiace sir, ma veramente quella è una mia……” al ché McGuinn lo tolse dall’imbarazzo complimentandosi per la bellezza della canzone e manifestando la volontà di interpretarla”. “Grazie sir-ribatté Petty-avete la mia benedizione”.. Di nuovo Hilburn sulle colonne del L.A Times dichiarò American Girl come il singolo rock debutto dell’anno e ciò non fece che lievitare la popolarità della band, finalmente adottata dalla scena musicale californiana. Ma l’episodio che più di ogni altro focalizza le bizzarrie di quel periodo pionieristico e chiude il cerchio, è ciò che racconta Petty nelle note annesse al box Playback : “ ero a casa a Los Angeles e fu un giorno davvero strano perché fu la prima volta che mi sentii alla radio. Stavo ascoltando KROQ e appresi che Elvis era morto, rimasi sbigottito e, potete non credere, ma KROQ non aveva a disposizione nessun disco di Presley. Inaudito. Allora per supplire alla mancanza misero sul piatto alcuni artisti che Elvis aveva ispirato e scelsero proprio me. Fui stupito ma mi sembrò assurdo che una stazione radio specializzata in new wave e punk non avesse un disco del Re del rock n’roll. Una situazione davvero surreale, la cosa più strana che mi sia mai capitata, essere il sostituto di colui che più di ogni altro mi aveva indicato a seguire un sogno……. poi a mente fredda, riflettendo mi sono detto…..beh ogni generazione ha bisogno delle proprie band”.
Mauro Zambellini