Non occorre essere uno specialista per affermare che tra gli album d’esordio che fecero più scalpore nel rock americano di inizio anni novanta ci fu Shake Your Money Maker dei Black Crowes. Arrivò nel pieno dell’ “emergenza” grunge ma si rivolgeva all’eredità classica del rock n’roll con rimandi espliciti al British blues, in particolare Stones, Free, Faces, Humble Pie e Led Zeppelin e al Southern rock, in primis Lynyrd Skynyrd, poi negli album successivi Allman Brothers Band. Adesso che si riparla di un loro ritorno in scena con un tour che, pandemia permettendo, dovrebbe arrivare a novembre anche dalle nostre parti, fa piacere sapere che in occasione del 30esimo anniversario Shake Your Money Maker viene ristampato in una edizione che rende merito alla sua grandezza. Oltre all’album originario ampliato con una decina di inediti, B-sides e due demo della prima incarnazione della band quando ancora si chiamava Mr. Crowe's Garden, è presente un esplosivo concerto ad Atlanta, loro città natale, del dicembre 1990, una chicca assoluta per qualità audio e potenza della performance. Supervisionata dai fratelli Robinson e dal produttore originale George Drakoulias, la riedizione, disponibile in diversi formati (Super DeLuxe, 4LP, 3CD, doppio CD, LP 180 gr.) prevede anche un libro di 20 pagine con note scritte dal critico David Fricke ed altre amenità per collezionisti quali volantini, pass, setlist e patch. Inoltre, Charming Mess, una delle canzoni in studio inedite, che originariamente doveva essere il primo singolo della band e venne invece esclusa dall'album, è già disponibile sulle piattaforme digitali. La 30th Anniversary Edition è quindi un succulento attestato di rock n’roll ad alta temperatura a cui è impossibile rimanere refrattari.
Due note sul disco originario sono doverose. I Black Crowes si formarono nel 1988 attorno ai fratelli Robinson, il cantante Chris ed il chitarrista Rich. Assieme a loro il bassista Johnny Colt ed il chitarrista Jeff Cease, usciti da una massacrante selezione di musicisti più o meno locali, ed il batterista Steve Gorman amico di gioventù dei Robinson. Da Atlanta arrivano a New York grazie al produttore George Drakoulias che li porta a suonare al CBGB davanti a diversi discografici, i quali al terzo pezzo se ne sono già andati dal locale. La cosa non disturba Drakoulias e nemmeno i cinque Corvi Neri, perché al momento di firmare un contratto discografico da cinquemila dollari per la Def American, pochi soldi anche per l'epoca, Shake Your Money Maker è già in rampa di lancio. E' il 1990 e la pista è affollata, almeno per quanto riguarda gli aeroporti del rock americano. L’anno prima è decollato Bleach dei Nirvana, l'anno seguente sarà la volta di Ten dei Pearl Jam ma i Black Crowes intercettano altri desideri e fanno breccia in un pubblico affamato di rock e blues. La rivista Rolling Stone scrive: questo disco dei Black Crowes è come suonerebbero oggi gli Stones se Keith Richards nei suoi salad days si fosse fatto di steroidi piuttosto che di eroina". Ai Black Crowes piace soprattutto l’erba e si fanno promotori di Hempitation, concerti a favore della depenalizzazione della marijuana, mentre Shake Your Money Maker riaccende per via di una eccitata urgenza anni 70 la vecchia mitologia sesso, droga e rock n'roll. Non vestono camicie di flanella e la copertina del disco strizza l’occhio all’oscurità esistenziale delle foto di David Bailey sui primi dischi degli Stones, camminano su una strada diversa dal grunge (pur contando sull'ingegnere del suono Brendan O'Brian, uno di casa a Seattle) e chi li bolla come nostalgici deve presto ricredersi perché le vendite lievitano e la loro epopea sarà quanto di meglio espresso dal rock americano fin de siecle. Pescano il jolly con una muscolare versione di Hard To Handle di Otis Redding che vede all'opera dietro le quinte il pianista di Allman e Stones, Chuck Leavell, con a fianco chitarre assassine in grado di sostituire l'assalto dei sassofoni della Stax dell’originale. Con una simile cover presentano l’album, un concentrato di rock n’roll misto a-boogie e blues che annovera una sequenza di canzoni da capogiro. Già Twice As Hard e Jealous Again fanno capire che oltre al contagioso groove, c’è un songwriting di livello e qualche ballata come l’emozionante She Talks To Angels sulla fragilità e debolezze di un tossicodipendente, che non lascia indifferenti. E poi la band anche in studio riesce a sposare l’euforia dei Faces con le veemenza degli Humble Pie, i febbricitanti Stones con le rasoiate dei Led Zep e l’eccitazione freak dei Lynyrd Skynyrd. Fedeli alla linea fino al dettaglio (registrano dal vivo in analogico e per creare il botto che introduce Thick n' Thin mandano il batterista Steve Gorman a schiantarsi con la macchina contro il bidone delle immondizie nel parcheggio dello studio di Atlanta dove stanno incidendo), ma non avulsi dal loro tempo. Nello stesso modo in cui i loro idoli inglesi avevano infilato il blues nel motore e truccato i watt facendo suonare il blues come mai si era sentito prima, loro resuscitano il classic rock con una energia e freschezza che non si respiravano da almeno dieci anni. Album splendido ancora oggi (ha venduto 5 milioni di copie), per nulla invecchiato, contenente pezzi da novanta come Sister Luck, Stare It Cold, Struttin’ Blues, Could I’ve Been So Blind, oltre ai titoli già citati sopra, divenuti fissi nei loro show. Se non ci fossero The Southern Harmony and Musical Companion (1992) e Amorica (1994) sarebbe il più grande rock n’roll album degli anni novanta.
Veniamo
alle bonus tracks: Charming Mess è
una dichiarazione d’amore ai Faces con chitarre sguaiate e piano honky tonk, e 30 Days in The Hole recupera gli Humble Pie prima che lo
facciano i Gov’t Mule, dandogli una pennellata glam. Don’t
Wake Me è furia punk-rock “fatta” di speed, come dire “te lo do io il
grunge” mentre Jealous Guy di John Lennon è stravolta e bluesy grazie al lavoro di
Hammond e pianoforte. Waitin’ Guilty ha
le sembianze di una ariosa ballata da strada, Chris canta senza urlare e il
coro aggiunge coloriture gospel, Hard To Handle
contrariamente a quella uscita sull’album
è qui in veste Stax con tanto di sezione fiati. L’alternate version di Jealous Again è per sola voce, clapping e chitarra acustica,
ed in versione acustica è anche She Talks
To Angels voce, tamburello, chitarra e pianoforte. Deliziosa. Un’ altra
versione di She Talks To Angels tutta
arpeggi e aria country-folk arriva dagli esordi quando la band si chiamava Mr.Crowe’s Garden, così come Front-Porch
Sermon decisamente country con quel banjo, contrabbasso e armonie vocali.
Se queste
sono le bonus tracks, il concerto di Atlanta,
December 1990 è roba per cuori forti. Show memorabile, potente, eccitantissimo, specchio della prima
stagione dei Black Crowes col chitarrista Jeff
Cease che se ne sarebbe andato di lì a poco sostituito da Marc Ford. Sono i
Corvi più assetati di rock n’roll, le fughe psichedeliche di Ford non ancora
nel copione, qui il sound è secco, teso, febbricitante come la voce da
predicatore soul di Chris Robinson e le taglienti chitarre di Rich e Cease, una
coppia che non fa prigionieri. Non mancano peraltro gli arrangiamenti e dietro
alla martellante sezione ritmica lavorano pianoforte e organo, come nella
accorata ed intensa Seeing Things e
nella favolosa She Talks To Angels mentre il delirio rock n’roll si consuma in You’re Wrong, Hard To Handle unito in jam con Shake Em’ On Down di Fred McDowell
ed una distorta e assatanata rivisitazione di Get Back dei Beatles. Sangue, sudore e polvere da sparo in Sister Luck e Struttin’Blues, quest’ultima in grado di dare punti aanche a Jimmy
Page e combriccola, e nei sconvolgenti tredici minuti di Words You Throw Away originariamente apparsa come B-side del
singolo Hotel Illness. L’incandescente
trance finale di Stare It Cold e Jealous
Again è l’apoteosi di un set bruciante, sanguigno, travolgente, cantato da
uno sciamano con alle spalle una band in
grado di convergere gli assoli dei grandi chitarristi inglesi nel denso fango del
blues del Sud. Pura stregoneria sonora.
MAURO
ZAMBELLINI gennaio 2021