Blue
& Lonesome è un disco solido e serio specie se paragonato
alla sfavillante carriera della band, un disco di Chicago Blues che sarebbe potuto essere edito dalla Chess Records, dove non ci sono facili
concessione alla modernità e alle furbizie tecnologiche, un disco a tratti dal
sound sporco e viscerale dove gli Stones, a cominciare proprio da Jagger, non
scadono in una parodia di se stessi e nemmeno si accontentano di imitare i bluesmen da cui hanno
tratto la loro linfa. Si cimentano di fatti in una interpretazione pulsante, del tutto autentica, personale e moderna, pur nel rigore di quella
classicità blues che più di cinquanta anni fa costituì la scintilla che diede
spinta alla loro macchina e nel corso del tempo è rimasta un punto di
riferimento per non deragliare mai, anche nei momenti più pop e commerciali. A
partire da Keith Richards e Ron Wood, da sempre i più accreditati bluesmen
della squadra visto l'amore per il jazz di Charlie Watts, per finire a Mick
Jagger che anche qui giganteggia per come si cala nel ruolo e si sente a suo
agio anche come armonicista, gli Stones rimarcano la confidenza con quel patrimonio
che costituì il vocabolario con cui imparare a scrivere canzoni e a suonarle. A
settanta e più anni ritornano al luogo di partenza, con la dignità ed il
rispetto di musicisti che devono tutto a questa musica.
Dodici
titoli che prediligono la matrice Chicago di un blues urbano, ma non solo, come
si evince in Hoodoo Blues (qui alla
batteria c'è quel mostro di Jim Keltner,
uno dei più raffinati batteristi rock)
dove lo stridere di chitarra e armonica e la voce incupita di Jagger
portano gli Stones in un juke joint del Mississippi, oppure nella bellissima Little Rain di Jimmy Reed dove
l'armonica soffia alta e acuta e le cadenze sono lente e sospese come fosse la
più probabile discendente di Bright
Lights, Big City. Se si vuole anche la versione di I Can't Quit You Baby sebbene firmata da Willie Dixon e portata
nella West Side di Chicago da Otis Rush viene ammorbidita e personalizzata dal
tocco inequivocabile di Eric
"manolenta" Clapton che ne smussa le asperità e con l'aiuto di
Jagger la trasforma in una blues ballad da brividi.
Nel
segno di Chicago è Commit A Crime,
Jagger ulula alla Howlin' Wolf e la tensione viene accentuata dalla sua
armonica, strumento molto presente in tutto il disco e nella windy city sono
ambientate anche Ride' Em On Down di Eddie Taylor e Hate To See You Go dell'armonicista Little Walter, nella quale il
sound piuttosto sporco da registrazione anni cinquanta vede le chitarre fondersi
con l'armonica mentre Jagger cita baby
please don't go.
Evocano
le origini del British R&B Just Your
Fool, altro pezzo con la firma di Little Walter, coma d'altra parte quella I Gotta
Go che pare fondere un po' di Off The
Hook con I Wish You Would portando gli Stones a casa dei primi Yardbirds.
Just Like I Treat You di
Howlin' Wolf è della stessa matrice, le chitarre inseguono la sezione ritmica
mentre l'armonica svolazza. Più lente sono la stupenda Blue & Lonesome il cui
big bang iniziale non tragga in inganno perché Jagger ad un certo punto pare piangere
tanto è coinvolto in questa solitudine blu e All of Your Love di Magic Sam dove la West Side di Chicago torna a nuova vita grazie ad un inciso di
armonica gustosissimo, a chitarre che se la sparano alla grande e al sapiente
lavoro del pianoforte, qui non mi è dato di capire se Chuck Leavell o Matt
Clifford.
Rimane
da dire di Everybody Knows About My Good
Thing il cui titolo calza a pennello per portare di nuovo in cattedra Eric Clapton mentre il piano punteggia
attorno ad un vago sentore di Little Red
Rooster e Jagger canta come se volesse convincerci che lui è un vero bluesman
e il bello è che riesce nell'intento
perché la grande sorpresa del disco è proprio lui .
Con Blue & Lonesome i Rolling Stones
non fanno niente di trascendentale perché l'essenza del blues sta nella terra e
nella vita a volte disperata delle persone, loro si impegnano, con una certa
modestia vien da dire, ad omaggiare le proprie origini e le radici su cui sono
cresciuti, dimostrando serietà e rinfrescando
le primitive passioni. Non è da
tutti. Chapeau.
MAURO ZAMBELLINI
Novembre 2016