Scrivo raramente di artisti che cantano in
italiano ma questa volta non rispetto tale regola perché conosco l’intero
percorso di Evasio Muraro, da quando militava nel Settore Out, l’unica reale blue collar band esistita nel panorama
nostrano, fino alla sua scelta di fare dischi a suo nome, rivelandosi un
songwriter alla continua ricerca di paesaggi sonori inusuali e liriche
scomposte e frammentarie atte più a porre domande che dare risposte. Con Non
Rientro Evasio Muraro ha finalmente realizzato il disco che gli rende
giustizia in termini di un pop d’autore autenticamente italiano che rifugge i modelli anglosassoni più conosciuti
da cui in genere attingono coloro che, provenendo dal rock, alle nostre latitudini
fanno della canzone d’autore. Difficile trovare parenti nella poetica sonora di
Non
Rientro a meno di non fare un salto all’indietro negli anni settanta
quando alcuni artisti della Cramps, in primis Finardi e Camerini, esploravano
un linguaggio autonomo dai modelli stranieri per esprimere la loro
inquietudine, le loro speranze, i loro slanci. Non Rientro non è un
disco rock se non nell’attitudine perché qui la strada è quella di un
equilibrio tra suoni elettroacustici (la voce e la chitarra acustica di Muraro
intrecciate con le tastiere, le chitarre elettriche e i ritmi di Fidel Fogaroli)
e melodie, un matrimonio riuscito anche quando, è il caso di Mi Fermo qui (Rosepine),le dissonanze
elettriche sembrano minare l’apparente concept del disco. Basta aspettare un
attimo, e la serenità folkie di Tenera nella
sua scarna purezza con l’unica interferenza della pioggia,
rimette le cose a posto. E’ il momento più tradizionalmente cantautorale
del disco che svanisce quando la voce baritonale di Evasio e le suggestioni
ancestrali costruite con percussioni e tastiere, di Una cosa venuta dal mare, riportino il disco in quella landa visionaria di schizzi acustici, elettronica e
voci rapite che è il suo tratto caratteristico. Ispirata dalla melodia di The Lover
Of Beirut di Anouar Brahem è un grido di dolore, senza un filo di
retorica, per quello che sta avvenendo, da anni, nel Mediterraneo.
Il disco parte con la canzone che ne dà
il titolo ed è un riallacciarsi all’essenzialità del lavoro precedente, O
Tutto o l’Amore, anche se qui tra punteggiature elettroniche ed un vago
ritmo tribale, la sensazione è di trovare un personaggio ormai convinto che
l’unica soluzione per vivere è rimanere fuori dal contesto che ci circonda.
Lirica ed ispirata è il biglietto da visita di un album che si sviluppa in
forme ogni volta diverse e fluttuanti. Dal senso cosmico di Non Rientro si passa alla sincopata e
nervosa Stazioni con un crudo innesto
free che ricorda il lavoro che Nels Cline fa con Wilco, più melodiosa è Stupido
film canzone che cita inconsapevolmente, in un frangente, il Lucio Battisti
di Io
Vivrò senza te e si traduce in un
malinconico quadretto di vita domestica
spezzata, con la marea dentro il cuore ed il freddo che sale sapendo già di
aver perso la persona amata. Bellissimo l’arrangiamento sonoro creato da Fidel Fogaroli, musicista che da anni
collabora con Muraro e nel cui home studio è stato registrato Non
Rientro. Solo potrebbe essere il singolo estratto dall’album, per la carica
ritmica ed il refrain contagioso, uno pseudo-rap costruito sul drumming
elettronico e su un ritornello che si fissa immediatamente nella testa
nonostante il pigro non sappia dare senso
alle emozioni. Qualcosa di Ivan Graziani affiora dalla struttura melodica,
il finale viene scarabocchiato di nuovo alla maniera di Nels Cline. L’episodio più candidamente pop è Lei, lei, leggera, indolore ma
non banale, come tutto il disco, punto climax di un cantautore che
merita ben altro che il circuito underground. Non Rientro di Evasio
Muraro è pop per cosmonauti in cerca di altri suoni e altri mondi.
MAURO ZAMBELLINI MARZO 2023