martedì 21 marzo 2023

EVASIO MURARO Non rientro Fragile Dischi



 

Scrivo raramente di artisti che cantano in italiano ma questa volta non rispetto tale regola perché conosco l’intero percorso di Evasio Muraro, da quando militava nel Settore Out, l’unica reale blue collar band esistita nel panorama nostrano, fino alla sua scelta di fare dischi a suo nome, rivelandosi un songwriter alla continua ricerca di paesaggi sonori inusuali e liriche scomposte e frammentarie atte più a porre domande che dare risposte. Con Non Rientro Evasio Muraro ha finalmente realizzato il disco che gli rende giustizia in termini di un pop d’autore autenticamente italiano che  rifugge i modelli anglosassoni più conosciuti da cui in genere attingono coloro che, provenendo dal rock, alle nostre latitudini fanno della canzone d’autore. Difficile trovare parenti nella poetica sonora di Non Rientro a meno di non fare un salto all’indietro negli anni settanta quando alcuni artisti della Cramps, in primis Finardi e Camerini, esploravano un linguaggio autonomo dai modelli stranieri per esprimere la loro inquietudine, le loro speranze, i loro slanci. Non Rientro non è un disco rock se non nell’attitudine perché qui la strada è quella di un equilibrio tra suoni elettroacustici (la voce e la chitarra acustica di Muraro intrecciate con le tastiere, le chitarre elettriche e i ritmi di Fidel Fogaroli) e melodie, un matrimonio riuscito anche quando, è il caso di Mi Fermo qui (Rosepine),le dissonanze elettriche sembrano minare l’apparente concept del disco. Basta aspettare un attimo, e la serenità folkie di Tenera nella sua scarna purezza con l’unica interferenza della  pioggia, rimette le cose a posto. E’ il momento più tradizionalmente cantautorale del disco che svanisce quando la voce baritonale di Evasio e le suggestioni ancestrali costruite con percussioni e tastiere, di Una cosa venuta dal mare, riportino il disco in quella landa  visionaria di schizzi acustici, elettronica e voci rapite che è il suo tratto caratteristico. Ispirata dalla melodia di The Lover Of Beirut di Anouar Brahem è un grido di dolore, senza un filo di retorica, per quello che sta avvenendo, da anni, nel Mediterraneo.



Il disco parte con la canzone che ne dà il titolo ed è un riallacciarsi all’essenzialità del lavoro precedente, O Tutto o l’Amore, anche se qui tra punteggiature elettroniche ed un vago ritmo tribale, la sensazione è di trovare un personaggio ormai convinto che l’unica soluzione per vivere è rimanere fuori dal contesto che ci circonda. Lirica ed ispirata è il biglietto da visita di un album che si sviluppa in forme ogni volta diverse e fluttuanti. Dal senso cosmico di Non Rientro si passa alla sincopata e nervosa Stazioni con un crudo innesto free che ricorda il lavoro che Nels Cline fa con Wilco, più melodiosa è Stupido film canzone che cita inconsapevolmente, in un frangente, il Lucio Battisti di  Io Vivrò senza  te e si traduce in un malinconico quadretto di  vita domestica spezzata, con la marea dentro il cuore ed il freddo che sale sapendo già di aver perso la persona amata. Bellissimo l’arrangiamento sonoro creato da Fidel Fogaroli, musicista che da anni collabora con Muraro e nel cui home studio è stato registrato Non Rientro.  Solo potrebbe essere il singolo estratto dall’album, per la carica ritmica ed il refrain contagioso, uno pseudo-rap costruito sul drumming elettronico e su un ritornello che si fissa immediatamente nella testa nonostante il pigro non sappia dare senso alle emozioni. Qualcosa di Ivan Graziani affiora dalla struttura melodica, il finale viene scarabocchiato di nuovo alla maniera di Nels Cline. L’episodio più candidamente pop è Lei, lei, leggera, indolore ma  non banale, come tutto il disco, punto climax di un cantautore che merita ben altro che il circuito underground. Non Rientro di Evasio Muraro è pop per cosmonauti in cerca di altri suoni e altri mondi.

 

MAURO ZAMBELLINI MARZO 2023    


martedì 7 marzo 2023

GARY ROBERT ROSSINGTON 1951-2023


 

Affetto da tempo da seri problemi cardiaci, il 5 marzo se ne è andato l’ultimo rimasto degli originali Lynyrd Skynyrd, Gary Rossington, chitarrista formidabile e fondatore con Ronnie Van Zant, Albert Collins e Bob Burns della più popolare formazione southern rock esistita ( considerato che gli Allman Brothers si sono sempre e solo reputati una blues band). La saga della band di Jacksonville è così arrivata al capolinea anche se probabilmente il brand sarà usato per continuare una leggenda che ormai non è più la stessa. Nato il 4 dicembre 1951 a Jacksonville, Gary Robert Rossington partecipò alla realizzazione dei migliori dischi dei Lynyrd Skynyrd divenendo uno degli elementi cardini della band,  lasciando la firma in brani epocali come Simple Man, Down South Jukin’, I Ain’t The One, Gimme Back My Bullets, Sweet Home Alabama  e facendo da fulcro a quella irresistibile guitar army che lo vide protagonista con Albert Collins, Ed King, Steve Gaines prima ed in anni seguenti con Hughie Thomasson e Rickey Medlocke. Se la prima fase della band, con l’indimenticabile cantante  Ronnie Van Zant  è quella che si ricorda con più affetto, vessillo delle “cattive maniere” del southern rock con una musica aspra e corrosiva, fatta di riff sporchi e brucianti e di canzoni che non facevano mistero dell’ identità sudista, spesso rivendicata con le lodi all’whiskey, le risse al bar, l’atteggiamento ribelle del “vivi di corsa, lavora duro, muori giovane”,  e con live act capaci di rivaleggiare con i più titolati Rolling Stones, Who, Led Zeppelin,  non va dimenticata la fase post-reunion del 1987 con Rossington ancora protagonista. Tantomeno il resto della  sua carriera. Linea di separazione è il tragico incidente aereo che falcidiò la band di Jacksonville causando la morte di Ronnie Van Zant, Steve Gaines e sua sorella Cassie, lasciando pesanti conseguenze anche in Gary con braccia, gambe e bacino rotti e stomaco e fegato perforati.


 Quel nefasto 20 ottobre 1977 è una delle date che tutti gli amanti del southern rock ricordano bene, la fine dei glory days di quell’idioma musicale che tanto fece per il Sud-Est degli Stati Uniti (gli Allman si erano momentaneamente sciolti proprio in quei giorni) sdoganando un luogo geografico che si pensava  ostaggio di una sottocultura razzista e reazionaria, e grazie a quell’esperienza musicale  legittimato in termini di un innocente quanto sentito  spirito di comunità e appartenenza. Come ogni novella sudista che si rispetti, sia la storia dei Lynyrd Skynyrd che quella degli Allman hanno subito la mannaia della maledizione con morti, incidenti e drammi oltre che cadute rovinose a base di alcol e droga, ma resistono nella memoria collettiva del rock come epopee artistiche ed umane dal respiro epico, imprescindibili nella cultura americana di strada. Quella palude del Mississippi  inghiottì non solo un aereo con a bordo dei musicisti ma un intero sogno ed una grande esperienza musicale, nonostante la caparbia, la tenacia, la passione e  pure la convenienza economica di ribelli confederati  permise che dopo la morte e gli anni bui ci potesse essere se non una rinascita almeno un nuovo capitolo. Alla fine degli anni ottanta, quasi in contemporanea di un altro lutto, quello di Allen Collins, i Lynyrd Skynyrd tornarono in pista proprio grazie alla volontà di Rossington, con il nuovo cantante Johnny Van Zant, fratello minore di Ronnie, per un’altra cavalcata  durata fino ai giorni nostri. Prima che il Lynyrd Skynyrd Tribute Tour 1987 rimettesse insieme i cocci con Johnny Van Zant, il redivivo Ed King, Leon Wilkeson, Artimus Pyle, Billy Powell, Randall Hall e appunto Rossington, quest’ultimo si era leccato le ferite inventandosi con la futura moglie Dale Krantz una formazione sul modello dei vecchi Lynyrd.  Niente di sorprendente per chi bazzica quei suoni ma uno scatto di orgoglio contro il destino avverso nel segno di una comunità improntata alla condivisione perché insieme a Gary scesero in campo i sopravvissuti Skynyrd ovvero  Allen Collins, da qui il nome di Rossington Collins Band, il pianista Bill Powell e il bassista Leon Wilkeson,  oltre al batterista Derek Hess e al chitarrista Barry Lee Harwood.. Dischi più che dignitosi come Anytime, Anyplace, Anywhere del 1980 e This Is The Way dell’anno seguente, fino a quando la moglie di Collins,  Katy Johns muore per emorragia cerebrale durante un parto e la storia si ripete. Attorniato da tanta negatività, Rossington sente il bisogno di allentare i legami con l’ingombrante eredità del passato e crea con la moglie una band a suo nome reclutando musicisti estranei all’universo Lynyrd e virando con due album per la MCA verso un Adult Oriented Rock radiofonico con punte di hard-rock.  Dal 1987 sarà di nuovo in forza ai rinati Lynyrd Skynyrd lasciando il segno con la Gibson Les Paul del 1959 acquistata da una donna il cui fidanzato l’aveva abbandonata dimenticandosi della chitarra,  ed impreziosendo di blues il suono della band. Doveroso riguardare i tanti filmati live in circolazione, sia con la formazione originale che con quella del post-reunion quando fattosi crescere ancora di più i capelli, col cappellaccio ed una lunga palandrana scura Rossington pareva uscito da un film western nei panni di un fuorilegge di qualche banda dedita al furto di cavalli. Memorabili i suoi assolo con l’inseparabile Les Paul in Call Me The Breeze, in Swamp Music  ed in That Smell, magnifica canzone scritta da Ronnie Van Zant e Albert Collins per l’album Street Survivors  pare indirizzata allo stesso Rossington andato a sbattere con la sua Ford Torino contro una quercia sotto l’effetto di alcol e droga. Come memorabile è il suo apporto nella kilometrica Freebird dedicata a Duane Allman  perché è vero che l’assolo lancinante lo faceva la Gibson Explorer di Collins prima e Medlocke poi, ma chi preparava la pista di lancio era Rossington che con la Gibson SG  “slidava” affinché la canzone si liberasse di lì a poco in uno spazio e in altezze in quel periodo consentite solo a Stairway To Heaven dei Led Zep. 



Gary Rossington è stato un grande chitarrista ed uno dei simboli del southern rock, oggi ne piangiamo la scomparsa ma il suo tocco e la sua Simple Man rimarranno per sempre.

MAURO  ZAMBELLINI    MARZO 2023