venerdì 15 aprile 2022

Willy DeVille THE LAST WALTZ


 

Nel 2008  Willy DeVille a ridosso dell’ultimo tour prima della sua prematura scomparsa avvenuta l’anno seguente, ripristina la sigla Mink DeVille Band. Una scelta dettata da alcuni cambiamenti nella sua vita artistica. Dopo aver trascorso parecchi anni nel Sud-Est degli Stati Uniti tra New Orleans, il Mississippi e New Mexico, il gitano  torna a vivere nella amata New York dove si stabilisce con la terza moglie Nina Lagerwall. E’ un uomo profondamente cambiato, trent’anni di eccessi autodistruttivi hanno lasciato il posto a modi più pacati e dolci ma i suoi interessi continuano a riflettere passioni mai sopite: il blues, le origini del rock n’roll, i vecchi musicisti come il pianista di Chuck Berry Johnny Johnson, i cantanti francesi. La musica è ancora il cuore pulsante del suo vivere ed in onore di New Orleans sceglie il giorno del Mardi Gras  per pubblicare il suo sedicesimo album, Pistola, un disco che introduce con The Mountains of Manhattan e Stars That Speak qualche dettaglio sonoro nuovo rispetto al suo usuale backround. Se la prima è un recitato solenne, una sorta di reading poetico accompagnato da flauto e tamburo indiano che racconta di quando i nativi americani (altra passione nei suoi ultimi anni di vita) popolavano la penisola di New York, la seconda è un baritonale canto alla Leonard Cohen dove si citano New York, Berlino e Barcellona. Ma memore del passato le cose che spiccano nell’album sono l’ipnotico voodoo blues I’m Gonna DO Something The Devil Never Did, lo shuffle New Orleans The Band Played On, la messicaneggiante Remember The First Time e la rockata So So Real con cui aprirà i concerti che di lì a poco effettuerà in Europa. Anche due magnifiche ballate: la crepuscolare When I Get Home e Louise di Paul Siebel, canzone su una prostituta già interpretata da Leo Kottke, Eric Andersen, Bonnie Raitt, Tom Waits, Linda Ronstadt e Ian Matthews.



 Il nuovo disco gli offre la chance di ritornare on the road nell’amato Vecchio Continente con una band che è a proprio agio col suo pachuco di soul latino, tex-mex e cajun ma contemporaneamente è in grado di ripristinare quel rock urbano degli anni newyorchesi. Naturale quindi optare per la sigla Willy DeVille & The Mink DeVille Band con cui presentarsi sui palchi europei. Di fianco alle collaudate e colorate voci delle sorelle Wise, Yadonna e Dorene, presenti dai tempi di Loup Garou,  vengono ripescati dagli anni ottanta e novanta il percussionista e fisarmonicista Boris Kinberg ed il batterista Shawn Murray, ed entrano in scena forze giovani come il tastierista Darin Brown, il bassista Bob Curiano  ed il chitarrista Mark Newman. Willy in scena è carismatico come sempre pur apparendo pallido e stentoreo, per via dei problemi all’anca e della malattia incipiente ma la voce è una radiografia dell’anima, roca, profonda e dai marcati sentori blues. Con la band passa in Italia il 14 marzo a Trezzo d’Adda ma sono due le registrazioni sul mercato che testimoniano  quel tour del 2008, entrambe obbligatorie per tutti gli amanti della buona musica. La prima, pubblicata nel 2014 dalla Repertoire nella serie Rockpalast, è costituita da un CD e DVD assemblati col DVD di un altro concerto, sempre a Bonn in Germania ma del 1995, la seconda si intitola Venus of The Docks ed è di recente pubblicazione . Edita dalla MIG tedesca è la cronaca di uno show avvenuto a Brema il 27 febbraio del 2008. Entrambe le performance sono di grande valore storico per la carriera del nostro e magnifiche dal punto di vista musicale, entrambe davanti ad un festoso pubblico tedesco che ancora oggi ricorda Willy con estremo affetto.



Cominciamo con la prima esibizione al Museumsplatz di Bonn datata 19 luglio, dove alle tastiere e con la fisarmonica si rivede il vecchio amico Kenny Margolis, un pilastro di Mink DeVille fin dai tempi di Coup de Grace. Las sua presenza si sente, come quella del muscoloso Mark Newman che con la slide imprime un deciso approccio bluesy. La sola Yadonna Wise si occupa delle voci di contorno, gli altri sono quelli menzionati sopra. Willy come si vede nel DVD di Live at Rockpalast 1995&2008 è un incrocio tra Dracula e un nativo americano,  pallido, capelli lunghi dritti nerissimi, baffetti spioventi, pendenti turchesi, collana e occhiali con lenti rossastre. Sembra uscito da Intervista col Vampiro, l'aspetto non è rassicurante e a causa dell'incidente automobilistico di qualche anno prima, si sorregge su uno sgabello e solo a tratti si mette in piedi con la chitarra. Le sigarette completano la scenografia ma è la voce a sedurre, un profondo latrato blues al cui confronto Howlin ' Wolf pare un cantante di musica leggera. Dà il via allo show con la litania oscura e mannara di Loup Garou raccontando di neri serpenti, paludi infestate da spiriti e lune gialle, un inizio  magnetico che porta l'artista in quel torbido ma affascinante universo che gli anni in Louisiana gli hanno cucito addosso. Grazie al lavoro di Mark Newman intinge in un blues scarno e viscerale ma non mancano gli altri ingredienti del suo pachuco come l'uptempo tra rock e r&b di So So Real estratto da Pistola,  la cajun music di Even While I Sleep, le dolcezze romantiche di Heart and Soul, la danza malandrina di Spanish Stroll e il rock/soul della Losiada newyorchese intrecciato tra Mixed Up Shook Up Girl e Venus of Avenue D. C’è posto per i suoi hits Hey Joe,  Demasiado Corazon  e per Cadillac Walk  e la torrida Savoir Faire. Ma sono altri i titoli a rendere questa performance significativa dell'ultimo corso dell'artista: due vecchi brani come Steady Drivin' Man e Just Your Friends entrambi di Return To Magenta sono rimessi secondo l’umore del momento, il primo accentuando il drive rollingstoniano con una iniezione  di blues alla John Lee Hooker, il secondo sottolineando l'implicita natura folk-rock  del brano con la fisarmonica di Margolis che aggiunge un’ aria western da ultima notte di Billy The Kid.  Il lercio rockabilly-punk sudista White Trash Girl, storia di degrado in un microcosmo di sottoproletariato bianco, il delirio Delta di Muddy Waters Rose Out Of The Mississippi Mud e lo swampin'  You Got The World In Your Hands, la prima tratta da Loup Garou, la seconda da Crow Jane Alley e la terza da Pistola spostano decisamente a Sud il baricentro del concerto. Se poi si aggiunge il grasso Bacon Fat di Horse of A Different Color  il quadro mostra tinte blues vicine a Fred Mc Dowell e John Lee Hooker come mai si erano viste, e la Mink DeVille Band è talmente versatile da shakerare con una maestria incredibile rock, soul, R&B, cajun, creando un groove eccitantissimo.

Il medesimo feeling su cui si poggia lo show  del 27 febbraio al Pier 2 di Brema documentato da Venus of the Docks. Sebbene la data sia posta all’inizio del tour ed al posto di Margolis ci sia Darin Brown con Yadonna qui affiancata da Dorene, la band è già rodata. Tante le similitudini con la performance di Bonn ma anche qualche diversità.  Ripristinata l’apertura strumentale classica degli albori da Mink DeVille, qui Harlem Nocturne ha lasciato il posto ad un jazz cubano che sfoggia percussioni alla Tito Puente ed un pianoforte molto charmant, è So So Real ad aprire le danze con quell’aria malandrina e peccaminosa che la voce disposta a tutto di Willy non nasconde. Dallo stesso Pistola è tratta la sincopata Been There Done That, confessione sui suoi passati junkie ritmata quanto basta per trasformare un trascorso amaro in una danza sensuale, e sempre sulle dipendenze l’ipnotica e sinuosa cantilena Chieva col pianoforte a fare la melodia fa da ponte tra la viziosa ode a Rosita di Spanish Stroll e la sporca Bacon Fat nella quale l’armonica, la rovente slide ed una voce nera come la pece trasformano Brema in Clarksdale. Willy è in forma, il suo cantato si è fatto nel tempo più cavernoso e blues, qualcuno al proposito aveva tirato in ballo Tom Waits ma senza peli sulla lingua Willy aveva liquidato la questione con le seguenti parole “ Tom è un mio amico ma non l'ho mai ascoltato davvero, suona sempre come se stesse scherzando, sembra l'ubriacone divertente in fondo al bancone del bar”. Prendere o lasciare questo è William Paul Borsey Jr. altrimenti conosciuto come Willy DeVille, il più grande soulman dopo la scomparsa di Otis Redding.


Heart and Soul concede un po’ di santità al set ma è un’inezia perché con il rockabilly-punk White Trash Girl e il bluesaccio Muddy Waters Rose Out Mississippi Mud siamo di nuovo all’inferno, o meglio nel fango del Grande Fiume, in quel Sud raccontato da tanta letteratura “marginale” e da film come Killer Joe di William Friedkin e The Paperboy di Lee Daniels. Demasiado Corazon ed Hey Joe  servono a far ballare le signore mentre i rough boys si scatenano nella sequenza Savoir Faire/Cadillac Walk. Venus of Avenue D invece continua a lasciarmi estasiato a più di 40 anni dalla sua comparsa per quell’insieme di attesa, malizia, abbandono e tensione che si porta dentro, come fosse l’ adattamento del Wall of Sound di Phil Spector in un melodramma del Lower East Side, comunque annerita dal sibilo di una  slide che è un serpente e dal tocco gospel delle sorelle Wise. Capolavoro.

Se Italian Shoes gioca col funky, le versioni di Trouble In Mind e Heartbreak Hotel dicono dell’abilità di fare sue canzoni altrui. La prima, uno dei cavalli di battaglia della parentesi acustica del Trio In Berlin non possiede lo stesso intimismo di quella occasione, il brano ante-bellum di Richard Jones trova qui un Willy assatanato con la voce, accompagnato da pianoforte,  slide e dalla sezione ritmica, la seconda è invece rallentata ad arte dentro un intrigante swamp-blues. Il brano reso celebre da Elvis Presley muta in un sordido e misterioso gris gris con alligatori come compagni, roba degna di Dr.John, Coco Robicheaux, Tony Joe White e di quelle anime perse della Louisiana voodoo.

Il finale del concerto è struggente,  Let It Be Me il brano di Gilbert Becaud popolare in tutto il mondo è un commovente commiato di sola voce e pianoforte, un addio applaudito con reciproca commozione dal pubblico di Brema.

Da sempre ribelle, anticonformista, estraneo a compromessi, Willy DeVille aveva una sua teoria riguardo alla sua avventura musicale “ So che venderò molti più dischi quando sarò morto, non è molto piacevole dirlo, ma devo abituarmi a questa idea che la morte è lì, la sento alla porta. Non sto dicendo che andrò da qualche parte subito, ma so che sta arrivando”. La signora con la falce arriverà un anno dopo il concerto di Brema, il 6 agosto 2009, privandoci di uno dei più grandi artisti di tutta la storia del rock. Non possiamo fare altro che ascoltare con quanto charme, passione e bravura, Willy solo un anno prima, in Venus of the Docks   era capace di stregare, incantare e sedurre. Un gigante.


MAURO ZAMBELLINI     APRILE 2022