C'è
più di una ragione per considerare questo disco intitolato The Magpie Salute (come
il gruppo stesso), la più credibile eredità di quello che sono stati i Black
Crowes, l'eccitante band americana che nel fin
de siecle ha tenuto testa al grunge con la loro esplosiva miscela di rock,
soul psichedelico e blues. In primis
il fatto che quattro dei suoi membri arrivino direttamente da quella storica
formazione, innanzitutto il chitarrista e cantante Rich Robinson, fratello del più noto Chris, l'altro chitarrista Marc Ford che, a parere di chi scrive,
è stata una delle pedine fondamentali dei loro album migliori per quel suo
suonare funambolico e fantasioso, giusto alter ego al rigore blues-rock di Rich.
E poi il diligente Sven Pipien ed il
magistrale tastierista Eddie Harsch,
purtroppo scomparso alla fine delle registrazioni di questo album. In più
possiamo aggiungere una delle voci di supporto, Charity White, anche lei un tempo alla corte del gruppo di Atlanta,
qui in compagnia di John Hogg (ex Hookah Brown), Adrian Reju, Danielia Cotton e
Katrine Ottosen. Completano la band il batterista Joe Magistro, il tastierista
Matt Slocum ed un altro chitarrista, Nico Breciartua. Un ensemble di dieci
persone, una band ad ampio raggio di azione come nella migliore tradizione del
sud, capace di rievocare gli esordi hard dei Crowes con brani duri e
sferraglianti, è il caso dell'iniziale Omission
e nello stesso tempo di ripristinare l'esaltante sound del periodo d'oro
della band con una fluida e magistrale versione di Wiser Time pescata da Amorica e poi camminare nelle nuvole
di Before
The Frost.... con una What Is
Home che qui sembra uscita da un disco di Crosby, Stills, Nash & Young
prima di concludersi in una jam allmaniana. Basterebbe questo per chiudere la
pratica su chi spetta l'eredità dei Black Crowes e accantonare le pretese
lisergiche di Chris Robinson Brotherhood e i fluttuanti tentativi di Rich
Robinson con la sua band. The Magpie Salute anche per via di
una ispirazione senza steccati e pressioni è
accattivante e appagante come lo erano i dischi dei Corvi Neri e se ciò non
basta a rendere la vostra estate ancora più calda delle temperature che si
registrano in questi giorni, c'è dell'altro.
Goin' Down South ad
esempio, scritta dal jazzista Bobby
Hutcherson, è una jam strumentale che cresce attorno al vibrafono di Karl
Berger e ha i numeri per dare lezioni a quanti si cimentano in jam e crossover varie.
Sorniona, ipnotica, jazzata nelle tastiere, molto Grateful Dead nelle chitarre,
qui Rich Robinson se la spara alla grande, si libera leggera attraverso 7 e
passa minuti di musica liquida e celestiale, ottenendo in un sol colpo quello
che CRB ha cercato di fare con quattro album. Eccelsa,
splendidamente psichedelica. Anche War
Drums tratta dal repertorio dei War
rivanga quella stagione della west-coast tra sessanta e settanta. Altri nove
minuti di amabili fusioni, tra jazz, psichedelia, rock, blues, incroci strumentali,
divagazioni libere, collettivo ed individualità che si amalgamano come in un
ensemble jazz di provata esperienza. Forse manca la canzone vera e propria ma
chi se ne frega, qui c'è un sound che entra sotto pelle e libera quel piacere
fisico che regala la musica quando sgorga spontanea, improvvisata, istintiva. Il
disco è difatti registrato dal vivo per la maggior parte, e si sente, a
Woodstock negli Applehead Recording Studio dove è solito lavorare Rich Robinson.
Il finale del brano è un fiume in piena e scrosciano gli applausi.
Nemmeno le radici dei Black Crowes sono andate
perse con i Magpie Salute, il traditional Ain't
No More Cane è un evidente omaggio al suono e allo stile di The Band, la suonavano anche loro, con
quell'atmosfera pacata, corale e bucolica delle ballate rurali sporcate di
rock, ottimo l'interplay tra chitarre e Hammond, misurato il lavoro della
sezione ritmica. Glad and Sorry va direttamente al cuore, ad una delle band più
amate dai fratelli Robinson ovvero i Faces.
E' una composizione di Ronnie Lane
che i Magpie Salute rivedono con grande compostezza ripristinando l'umore
malinconico, sognante e british che Ronnie Lane sapeva trarre dal suo
songwriting. Bellissima e arricchita da uno squisito solo di chitarra che
sposta lo scenario verso il Dickey Betts di Brothers and Sisters .
Pregevole è pure Fearless presa
dall'enorme serbatoio dei Pink Floyd e qui americanizzata a dovere per poter
entrare nel contesto del disco. Disco che si chiude con il profetico reggae-soul
di Time Will Tell di Bob Marley, altra valida ragione per
attribuire ai Magpie Salute l'eredità dei Corvi Neri, faceva da finale al fantastico The
Southern Harmony and Musical Company.
Amanti delle cucine del sud, c'è bisogno di altro
per dirvi qual'è l'ingrediente con cui dovete speziare la vostra estate?
MAURO ZAMBELLINI
1 agosto 2017