martedì 25 maggio 2010

The Del Lords

The Del Lords
Under Construction

Forse non tutti ricordano i Del Lords, gruppo newyorchese (originari del Queens) che in tempi non sospetti ovvero gli anni ottanta facevano opera di resistenza nella Grande Mela con un rock che nulla aveva a che fare con le tendenze dell’epoca. Musica schietta, sincera, legata ai fifties per via di un approccio rock n’roll molto marcato ma anche pop per le melodie usate, roots nel senso dei Creedence per l’agile dimestichezza col formato canzone e poi una spruzzata di surf, di beat e di appeal metropolitano da Lower East Side. Insomma una bomba, come scrissi al tempo: serie B ma col coltello tra i denti, un New York sound a chitarre spianate, il drumming a palla ed il microfono piegato come si faceva nelle notti ancora fumose del Cbgb.
Quattro gli album ufficiali della loro discografia (altamente consigliati Frontier Days e Johnny Comes Marching Home e solo consigliato Based On A True Story) più un succoso best (Get Tough) uscito nel 1999 a scioglimento già avvenuto.
Ora i Del Lords sembrano ritornare e bastano cinque canzoni per capire quanto siano resistiti al tempo e abbiano ancora cosa da dire. Si sono riuniti dopo vent'anni dal loro scioglimento per un mini tour di otto date in Spagna e hanno suonato una sera al Lakeside Lounge, il locale di Eric Ambel in Avenue B a New York sotto il falso nome di Elvis Club per via dell’abbigliamento fifties indossato. Era dai tempi di Lovers Who Wonder ovvero dal 1990 che il bassista Manny Caiati, il chitarrista e cantante Scott Kempner (ex Dictators), l’altro chitarrista e cantante Eric “Roscoe” Ambel (già nella band di Steve Earle e produttore di Bottle Rockets, Blue Montain e Go To Blazes) ed il batterista Frank Funaro (Cracker) non si trovavano insieme per qualcosa di “serio”. Un tour ed un Ep di cinque canzoni sono il ghiotto antipasto di un disco prossimo a venire, già in fase di allestimento. Orecchie in allerta quindi. L’antipasto è questo inaspettato Under Construction, un Ep originariamente pensato per la promozione del tour spagnolo con cinque pezzi, uno più bello dell’altro, dove i Del Lords dimostrano di essere una macchina in piena corsa e ripresentano la loro contagiosa miscela di rock n’roll, power-pop, roots, beat metropolitano e ballate east-coast. Un sound asciutto e senza farciture tecnologiche che la nascosta produzione di Eric Ambel lascia fluire in tutta la sua semplicità ed efficacia, con le chitarre che saltellano sopra una sezione ritmica atletica e vivace, gli assoli ben assestati ma concisi e Kempner che canta come un John Fogerty di new yawk.

Si inizia con When The Drugs Kick In , riflessione sulla vicenda Michael Jackson e sulle droghe, un pimpante rock tra Willie Nile e gli Who cantato con leggera inflessione white trash e suonato con la determinatezza di una band che si muove a memoria. Le chitarre sono pura sintonia, il basso è un orologio svizzero e la batteria corre svelta tra i blocchi di Manhattan come fosse inseguita da King Kong. Un esempio di rapidità e serena immediatezza, quasi che i Del Lords fossero dei Ramones maturi, senza problemi di disagio giovanile. La seguente Princess ha un afflato più roots, un rockin’ incalzante tra Lucero e Bottle Rockets con una solare apertura proprio nel mezzo della canzone, prima che le chitarre ritornino ad urlare e portino la principessa a gozzovigliare nei bassifondi della città.
Le scuse arrivano con Silverlake, qui i Del Lords si fanno più docili e optano per la ballata, chitarra acustica in primo piano e passeggiata romantica sul lago d’argento. Tutt’altra pasta Me and The Lord Blues, puro Del Lords style ovvero power-pop-rock di primo taglio con Frank Funaro che batte come Aronoff mentre Ambel distorce la chitarra e Kempner tiene una compostezza quasi british quasi provenisse dai Rockpile e non coi Dictators.
A All Of My Life l’onore di chiudere le danze. Cambia lo scenario, l’ultima canzone è come la domenica mattina seguente ad un sabato sera di bisbocce. Ritmo lento, voce barcollante, aria tra il pigro ed il malinconico, le chitarre acustiche ed una tastiera che ricama una ballata che riporta di attualità lo Ian Hunter dylaniano.
Ottima conclusione di un work in progress che fa ben sperare per il disco finito di prossima pubblicazione. Del Lords, infilare nello scaffale tra Del Fuegos e Del Shannon. Garanzia rock al 100%

Mauro Zambellini Maggio 2010


6 commenti:

sylvio ha detto...

vedi un po’ tu, zambo…
state a fare tutta quella caciara per una coppetta arrivata miracolosamente dopo mezzo secolo,
mentre io, da solo, ho vinto:
- 5 champions – coppa dei campioni (8 finali)
- 5 supercoppe
- 3 coppe intercontinentali - mondiali di club

mapperfavore !!!

sylvio

Blue Bottazzi ha detto...

Sylvìo, ti rode qualcosa?

Blue Bottazzi ha detto...

Non è che di cognome fai Berluscony?

zambo ha detto...

sylvio perchè non vai ad uno di quei festini del tuo presidente così ti scarichi un pò e la finisci di rompere le palle

Leandro Giovannini ha detto...

bel disco "Johnny comes marching home", fu uno dei miei antidoti ai darkettoni.

Evasio Muraro ha detto...

Del Lords: "serie B con il coltello tra i denti". A memoria.