martedì 3 agosto 2010

Blasters Hard Line


Dopo venticinque anni il capolavoro dei Blasters, Hard Line è ristampato per la prima volta.

Dopo due album (in realtà tre visto la pubblicazione di American Music per la Rollin’ Rock poi tolto dal mercato) ovvero The Blasters del 1981 e No Fiction con cui il gruppo di Downey, periferia di Los Angeles, aveva rilanciato il rock n’roll degli anni cinquanta dentro il circuito del punk portando una ventata di contagiosa energia a base di rockabilly e R&B, la band dei fratelli Phil e Dave Alvin a metà degli anni ottanta firma il proprio capolavoro. Un disco magistrale che purtroppo suonerà come epitaffio della loro avventura, almeno della parte più luminosa della loro carriera.
Nel 1985 viene pubblicato Hard Line e i cambiamenti rispetto all’arrembante rock n’roll dei dischi precedenti sono subito evidenti. Dallo stile tutto sommato derivativo dei primi lavori, pur caratterizzati da un approccio sorprendentemente originale al rock n’roll si passa ad un rock più complesso, profondo e sfaccettato che abbraccia la dura linea dei dischi di Bruce Springsteen e John Mellencamp che in quell’anno si chiamano Born In The Usa e Scarecrow. Proprio Mellencamp con lo pseudonimo di Little Bastard fa da produttore esecutivo al disco.
Il parto di Hard Line è difficile e comincia con la dipartita del sassofonista Steve Berlin verso i Los Lobos e con la scelta di un produttore esterno, nell’intento di sfondare il muro delle radio e finire nella heavy rotation nazionale.
È la prima volta che i Blasters si rivolgono a qualcuno al di fuori della band, la scelta cade su Jeff Eyrich che in quegli anni aveva prodotto i dischi dei Plimsouls (Everywhere at Once), dei Rank and File (Long Gone Dead) e T-Bone Burnett (Proof Through The Night) tre lavori che spaziano tra power-pop, country-punk e rock d’autore e dicono di una mentalità aperta e senza preconcetti. Le registrazioni vanno però per le lunghe perché il clima interno al gruppo non è idilliaco e sui fratelli Alvin si abbatte il lutto per la perdita della madre.
Phil e Dave vogliono uscire dalla nicchia ma non sanno bene che pesci pigliare per dare una nuova direzione al Blasters-sound. Dave si affina come songwriter non limitandosi a ciò che aveva già fatto in termini di puro e nudo rock n’roll. La Warner sollecita il gruppo a registrare ulteriori tracce dopo le prime registrazioni e allora compaiono Just Another Sunday co-scritta da Dave con l’amico John Doe degli X e Colored Lights scritta da John Mellencamp, entrambe prodotte dall’ingegnere del suono Don Gehman. I Blasters entrano in contatto con Mellencamp in una vacanza in Italia, a Capri nel 1982 e qualche anno dopo chiedono il suo intervento per alcune canzoni da mettere nell’album. Lo stesso Mellencamp li introduce a Don Gehman che in quegli anni aveva lavorato ai dischi American Fool e Uh-Uh dandogli quel suono FM oriented che i Blasters cercavano.

Hard Line è un disco che risente di diverse mani ma forse proprio per questo è ricco di dettagli e angolature che i dischi precedenti non avevano, più realisticamente collocato in quel heartland rock che in quei giorni ribadiva l’affiliazione con le radici e i temi della musica americana ergendo una diga contro l’effimera artificiosità del pop e del rock anni ottanta. Dave Alvin ne è il protagonista anche se imprescindibili sono le parti vocali di Phil. Un disco innovativo ai tempi e ancora attuale adesso, sebbene siano passati venticinque anni dalla sua pubblicazione. Un lavoro che marcia in nuove direzioni con il tema chicano/cajun di Hey, Girl impreziosito dall’accordion di David Hidalgo, col rude affondo nei territori dei Creedence di Dark Night dove si fanno sentire il mandolino di Hidalgo, il violino di Richard Greene ed il contrabbasso dell’ex Canned Heat Larry Taylor, con le potenti e chitarristiche Trouble Bound e Just Another Sunday e col mainstream rock di Colored Lights firmato da Mellencamp.
La nuova identità sonora dei Blasters è poi rafforzata dalle osservazioni di Common Man sui politici ciarlatani, esplicito riferimento ai danni dell’era Reagan e dal bagno doo-woop di Samson and Delilah e Help You Dream con le voci dei Jordanaires.

Un disco di deciso orientamento roots, più adulto nei testi e nel sound rispetto alla briosità e alla velocità punk dei primi lavori. Purtroppo nella ristampa non ci sono bonus tracks a dimostrazione che quel disco nacque in un periodo tribolato. Difatti subito dopo la pubblicazione di Hard Line se ne va il pianista Gene Taylor e dopo un disastroso show nel novembre del 1985 a Montreal anche Dave Alvin lascia il gruppo avviandosi verso una felice avventura solista.

Con Hard Line si chiude il periodo d’oro dei Blasters, in seguito ci saranno diverse reunion testimoniate da due live di buona fattura: Trouble Bound del 2002 e Going Home del 2004.

MAURO ZAMBELLINI LUGLIO 2010


PS: leggi dei Blasters sul Blue Bottazzi BEAT

1 commento:

maurice99it ha detto...

un disco di gran classe (di vinile l'originale), perfettamente allineato al magico periodo dei Springsteen, Mellencamp, Seger, Petty, Los Lobos, the X, etc etc