Nella prima metà degli anni settanta gli inglesi
Faces furono la miglior rock n'roll band del mondo, assieme agli Stones. Stesso
rock n'roll derivato dal soul e dal r&b, un cantante e frontman con la stessa arroganza e
spregiudicatezza, Rod Stewart, una sezione ritmica di prestigio ovvero il binomio
Ronnie Lane e Kenney Jones, un ottimo chitarrista-scavezzacollo, Ron Wood.
L'unica differenza con il gruppo di Jagger/Richards, oltre agli additivi, le
droghe per i primi, l'alcol per i secondi, era il tastierista. I Faces lo
mettevano in bella evidenza, sul palco e nelle registrazioni, Ian McLagan con
piano e organo era ed è un vero portento, uno dei grandi tastieristi del rock
n'roll (se ne sono accorti anche i Black Crowes), il povero Ian Stewart invece gli Stones lo
nascondevano nelle retrovie, perché non adatto all'immagine selvaggia della
band, lui che portava senza batter ciglio cardigan e polo anche quando in scena
andava Sympathy For The Devil. A Stewart gli si dovrebbe costruire un monumento,
ma la storia è dei vincitori, non di chi sta nell'ombra e tira la carretta. Ma
vabbè, pace all'anima sua. Comunque siamo in un giorno del giugno 1973 quando
Ronnie Lane, bassista, autore, cantante, produttore, nato in un quartiere
operaio dell'Est End londinese, decide nel mezzo del tour dei Faces di
abbandonare la band, deluso dalle misere recensioni di Oh La La , album su cui
credeva molto ed aveva avuto un ruolo centrale. Oscurato dall'ego di Rod
Stewart, Ronnie Lane tolse il disturbo dopo un concerto al Sundown Theatre in
Edmonton, Londra. Non era la prima volta che Lane soffriva la presenza di una
personalità più forte della sua, carattere mite e riservato ma anche spirito
nomade e vagabondo, non avvezzo alle zuffe tra star. Quando militava negli
Small Faces, era il chitarrista Steve Marriott a rubare la scena sebbene non
fossero pochi gli hits del gruppo co-scritti da Lane, per farsene un'idea basta
ricordare Here Comes The Nice, Itchycoo
Park, Tin Soldier, Green Circles, All or Nothing e pure coi Faces, Lane
pose la firma su pezzi da novanta come Flying,
Oh La La e la straordinaria romanticissima Debris. Piuttosto
che litigare, arrivare a compromessi o convivere con difficoltà in nome dei
soldi, Ronnie Lane lasciò al loro destino Stewart/Wood/Jones/McLagan (si
sarebbero sciolti di lì' a poco) e si ritirò sulle colline del Galles in mezzo
al verde, in una fattoria a Fishpool, con la seconda moglie Kate, vivendo
rilassato e tranquillo a contatto con la natura e la quiete. In questo periodo
trovò conforto nelle religioni orientali ma non abbandonò mai la musica,
iniziando a registrare nel suo studio mobile brani molto diversi da quelli del
suo recente passato. Assemblò una nuova band a cui diede il nome di Slim Chance
e pubblicò due singoli, How Come e The Poacher oltre ad un album, Anymore for Anymore. Non più l'assatanato e alcolico rock-soul dei
Faces ma un blend di rock inglese, folk e country americano, piuttosto
originale ed eclettico per il periodo. Sfruttando l'interesse suscitato dal suo
debutto solista, Lane allestì il Passing Show una sorta di itinerante
spettacolo circense con tende e animali che presto mostrò limiti di gestione e risposta di pubblico, lasciando
indebitato l'ideatore. Per fortuna un contratto con la Island Records rimise
subito Lane in carreggiata e coi rinnovati Slim Chance si mise a creare un sound personale
diverso da tutto il resto, accentuando l'aspetto acustico e le atmosfere
pastorali, ricorrendo a mandolini, violini, fisarmoniche, pianoforte, come in parte
venivano suonati nello skiffle ma lasciandosi sedurre dai suoni americani del
country, del folk-rock, del jazz pre-bellico e di ciò che The Band aveva inventato sulle montagne di
Woodstock e i Kinks avevano infilato in Muswell Hillbliies. Un sound che anni più tardi sarebbe stato definito da Sid Griffin dei
Long Ryders, un nuovo tipo di British
folk music. Con il titolo Oh La La -An Island Harvest oggi vengono ripubblicate quelle registrazioni
facenti parte degli album Ronnie Lane's Slim Chance e One For The Road usciti tra il 1974 ed il 1976. Album
che contengono, oltre alla riproposizione folkie di Oh La La, splendide tracce del booksong di Lane come Stone, la storia dell'evoluzione umana
in tre minuti, il bluegrass di Anniversary, la delicata Burnin'
Summer, l'evocativa One For The Road, vecchi classici del rock n'roll come You Never Can Tell spurgati di ogni urgenza e suonati come un down-home blues, piccole svaccata jam come Back Street Boy dove sembra di sentire i
Grateful Dead acustici, ed una
sequenza di melodie dai titoli meno noti che esplicitano di raffinati arrangiamenti,
liriche spiritose e fantasiose, un mood
retrò che ingloba anticaglie nobili come il dixieland, il vaudeville, il
ragtime. Il sound colpisce per il suo calore e il suo voluto basso profilo, c'è
un clima bucolico che prefigura dolci tramonti e pomeriggi di sole,
un'atmosfera che si è soliti associare a
dischi americani di folk e country-rock ma che Ronnie Lane coniò con quel aplomb e quella malinconia inglese tale da renderlo originale e perfettamente unico.
Con Lane (chitarra e basso) ci sono Steve Simpson (chitarra, mandolino,
armonica, violino, tastiere), Ruan O'Lochlainn (sax, tastiere), Charlie Hart
(violino, piano), Brian Belshaw (basso), Glen Le Floeur o Colin Davy o Jim
Frank rispettivamente alla batteria, un doppio CD che offre
rimasterizzati i due dischi originali più una serie di alternate mix, single
version, jam version ed un mini show di otto tracce (tra cui diverse
provenienti dal materiale dei Faces) estratto da uno show per la BBC dell'aprile
del 1974. Una pagina dimenticata del rock inglese viene resa disponibile da questa
bella ristampa che ha anche il merito di riportare attenzione su uno degli
autori/musicisti più sensibili, errabondi ed anticonformisti della scena
britannica, vissuto in seconda linea nonostante il talento e prematuramente scomparso
nel 1997 dopo ventanni di dignitosa
convivenza con la sclerosi multipla.
MAURO
ZAMBELLINI
3 commenti:
Ben vengano recensioni come questa,non perché le retrospettive e box antologici abbondano e fanno il gioco delle case discografiche, ma perché ritengo sia giusto riscoprire certe cose e perché il buon rock è un oceano immenso più di quel che si crede!! Grazie di esistere Zambo!!!
Armando Chiechi(Ba)
Ma uno come lui per noi non sarà mai in seconda linea..
Gandino Paolo (Savigliano - CN)
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