Poteva
essere un episodio a se il potente ritorno dei Dream Syndicate di How
Did I Find Myself Here? ma evidentemente non è stato così, l'ottima
accoglienza del disco e i concerti che sono seguiti hanno rimesso in moto una
delle macchine migliori del rock californiano passato e recente. Mai pago di se
e della sua musica, costantemente alla ricerca di qualcosa di nuovo, il
vulcanico Steve Wynn, l' autentico regista della reunion, ha riportato i compagni
di ventura ai Montrose Studio di Richmond in Virginia e con la produzione del fidato
John Agnello ha registrato These
Times, album che presenta differenze sostanziali rispetto al precedente
acclamato lavoro. In primis Steve Wynn ha scritto i testi dei brani dopo che la
band aveva finito di registrarli, in questo modo le liriche sono state dettate
dai suoni ed un attento ascolto del disco conferma come le parole siano
dipendenti dal sound e non viceversa, come spesso invece succede per l'opera di
un songwriter. Ma qui, in campo, c'è una rock n'roll band e la cosa è evidente
perché se da una parte Wynn è il maestro di cerimonia, dall'altra c'è un collettivo
in grado di creare un sound che in questo frangente ha imposto uno scatto in
avanti rispetto al proprio standard
stilistico. Come ha affermato lo stesso Wynn, These Times è un disco
profondamente diverso da How
Did I Find Myself Here? e
se quello era un album per le ore serali, tutto spacconerie ed
esplosioni catartiche, questo These Times è l’album
gemello per le 2 del mattino, più malinconico e variabile, con la band che si
muove come fosse il dj di una trasmissione notturna, mentre l’ascoltatore si
lascia andare ai sogni chiedendosi, il giorno dopo, se qualcuno di questi fosse
reale". Steve Wynn ha aggiunto di essere stato influenzato da Donuts
del dj, polistrumentista e rapper di Detroit J Dilla e dal modo con cui
questi si è approcciato alla musica, come un collezionista che vuole distorcere
e fare sua la musica da lui preferita. Acquisito tale atteggiamento, Wynn si è
cimentato con oscillatori, sequencer, drum machine, loop, qualsiasi aggeggio
potesse essere utile per deviare dal suo usuale modo di comporre musica ,"facendolo sentire come se stesse lavorando
ad una compilation piuttosto che alla medesima stessa cosa ".
Il
risultato è un disco che impone uno scarto rispetto al consolidato e apprezzato
all guitars rock dei Dream Syndicate
ed introduce variabili che pur non entrando in contrasto con il riconosciuto
stile della band, occhieggiano verso un suono più futuristico e spaziale dove
l'elettronica, comunque ben dosata e controllata, crea un immaginario
proiettato ben oltre il crudo realismo rock urbano delle opere precedenti. Già
in passato in qualche suo lavoro solista, Wynn aveva "aperto" a tali
innovazioni, qui il lavoro è più ampio, già dall'inizio con The Way Inn e Put Some Miles (non perdetevi lo splendido video di quest'ultima
con quei riferimenti jazzistici in contrasto con gli echi alla Wall of Voodoo del brano), il suono
riverberato, distorto e atmosferico rende l'idea di cosa siano Questi
Tempi per la band di Los Angeles. Ovvero un flusso inarrestabile di immagini e
flash, versi e parole su tutto ciò di cui si parla e si pensa oggi, un'opera
moderna su un mondo che sta rapidamente precipitando, evolvendosi (?) e
cambiando in modo così celere e brusco, lasciando però alle spalle anche macerie
e miserie. I testi dell'album sono uno specchio del terrore, del panico, delle
ossessioni, della speculazione, della malinconia ed in ultima analisi della
follia umana che segnano i nostri tempi, These Times suona come un disco di
rock apocalittico con il coraggio di guardare in faccia ai cambiamenti, Per
questo i Dream Syndicate sterzano di quel tanto per rinnovare il loro abituale
format e raccontare in modo pur frammentario e atomizzato questa deriva. Se
ballate come Bullet Holes ci
consegnano il vecchio e consolante romanticismo insito nel loro rock, pur con
le oscurità di un pessimismo che Wynn non ha mai nascosto, Recovery Mode sembra uscire da uno dei dischi solisti di Wynn e Speedway è una forsennata corsa sulle strade del vivere e morire a
Los Angeles, con quella carica anfetaminica che contraddistingueva l'anomalo
punk dei Dream Syndicate.
Still Here Now, specie
nell' inizio, evoca la grandeur del loro rock epico, quei brani che ci hanno
fatto innamorare di un America hard-boiled zeppa di peccato, in particolare qui
il ricordo va alla grandiosa Merrittville,
ma altri titoli del disco spingono verso un suono che ricorda nelle innovazioni gli War On Drugs e nel passato lo space
rock degli Hawkwind. Così gli oscillatori caratterizzano i toni dark e
post-rock di Black Light mentre, lo sperimentalismo kraut di Treading Water Underneath The Stars, in
realtà il pezzo più debole dell'album, serve
ad un racconto su un futuro angustiato dalla guerra per l'acqua. L'incalzante Put Some Miles si avvale invece di una
batteria ( Dennis Duck) mai così metronomica e di un basso ( Mark Walton) a diro poco ossessivo, sessa
ritmica della magnifica The Whole World il
cui intro prepara ad un rock atmosferico in cui è facile lasciarsi irretire dal
brillante lavoro di tastiere (Chris
Cacavas), le quali per tutto l'album hanno un ruolo importante e si
amalgamano al feedback e al riverbero delle chitarre di Wynn e alle svisate
psichedeliche di Jason Viktor
componendo un sound meno chitarristico
che in passato, un sound che testimonia della volontà dei Dream Syndicate di
essere nel presente. Ancora una volta loro non devono niente a nessuno e
cavalcano i These Times con una coerenza da far paura, mettendo le loro
chitarre, i loro ritmi e la loro poetica visionaria a contatto con lo stridore
e la confusione di un mondo che ha davanti a se più nebbia che speranze. Tanto
di cappello.
MAURO
ZAMBELLINI APRILE 2019
5 commenti:
Proprio qualche giorno fa ho riascoltato a distanza di anni Medicine Show e ripensando all'ultimo loro lavoro in studio e quindi alla recente Reunion, ho notato con piacere che per quanti anni e cambiamenti siano arrivati,Wynn e soci non hanno perso la vecchia verve e lo spirito del rock'n'roll. La tua disamina in merito a questo album incuriosisce molto.Bastera'lasciarsi andare e accettare tutte le novità che propongono...roll on !
Sono sinceramente senza parole, perché pensavo che i Dream Syndicate non avrebbero potuto operare un altro salto in avanti così potente, così di classe, così ispirato... Così moderno.
Grande grande disco
Corrado Zedda, Cagliari
È il bello e il brutto di "questi tempi" che stiamo vivendo: tutto e il contrario di tutto, confusione, tensione... Quindi è perfettamente comprensibile avere opinioni diverse, anche in modo netto. Se ascolto il disco io sento solo canzoni che mi piacciono, che provengono magari da influenze diverse ma, mi pare, da un territorio musicale comune.
Io spero di andare a una qualsiasi data fra quelle previste, ma sarà dura
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