sabato 20 febbraio 2021

THE BAND Il difficile terzo album

 

Il difficile terzo album. Così negli anni settanta veniva definito il terzo capitolo discografico di un artista o di una band che arrivava dopo l’interessante debutto ed un secondo album che aveva fatto sfracelli, di critica e risposta mediatica, ancor prima che di successo commerciale. E così fu per The Band. Erano arrivati fin li attraversando gli Stati Uniti ed il Canada con il loro rock n'roll invischiato di boogie, prima supportando il simpatico Ronnie Hawkins, cowboy da palcoscenico dell'Arkansas che nelle bettole sapeva come frullare Jimmy Reed, Bo Diddley e Muddy Waters per far ballare e rimorchiare le bellezze locali, e poi suonando con Bob Dylan nel sottoscala di  Big Pink, tra le montagne di Woodstock. Quando Robbie Robertson e amici presero il posto degli originali Hawks, decisero di rimanere semplicemente i falchi  perché in fatto di nomi i quattro canadesi e l'amico americano non hanno mai dimostrato (apparentemente) grande acume, tanto è vero che al momento di firmare il loro primo disco, prima scartarono The Crickets e The Honkies, troppo invischiati con uno scenario di rednecks sudisti, e poi assunsero l'estremamente generico e semplicistico The Band, il ché voleva dire tutto e niente. Fu un autentico colpo di genio. Quattro canadesi dell'Ontario quindi, il chitarrista  Robbie Robertson, il bassista e cantante Rick Danko, l'organista e polistrumentista Garth Hudson, il pianista e cantante Richard Manuel, ed un americano dell'Arkansas, il batterista e cantante Levon Helm, dettero vita alla formazione più misteriosa ed originale d’America andando controcorrente a quanto avveniva sui palchi del rock. Nel 1968 il loro album d’esordio, Music From Big Pink, attinse alle radici americane di country, blues, R&B, gospel, soul, rockabilly e dalla tradizione degli inni religiosi, dei canti funebri e della brass band music, dal folk e dal rock'n'roll, forgiando uno stile senza tempo, antitetico a ciò che girava nell’aria. Finirono col cambiare per sempre il corso della musica popolare. Gli anni sessanta non erano ancora conclusi ma The Band aveva già voltato pagina: basta coi colori sgargianti, le jam psichedeliche, gli interminabili assolo di chitarra, era arrivato il momento di un ragtime moderno, del Delta R&B canadese o, come lo battezzò la rivista Time, di the new sound of country rock. Un omaggio all'America rurale, al blues dei juke joints del Mississippi, ai diversi idiomi musicali del Sud, interpretati con un singolare eclettismo, una cura del dettaglio ed una creatività nel songwriting tale da rendere le canzoni fumose e non somiglianti alle radici da cui esse scaturivano. Già il nome, The Band, emanava una impressione di fraternità, la musica poi era una confraternita di linguaggi antichi rimessi a disposizione di una umanità in subbuglio che cominciava a chiedersi se il futuro non fosse guardarsi alle spalle, imparando dal passato il modo per andare avanti. Un primo album rivelatorio, Music From Big Pink con dentro un brano, The Weight, destinato a diventare epocale come lo sono stati  Like a Rolling Stone e Street Fightin’ Man, diversi ma per certi versi simili nel creare l’immaginario rock, ed un secondo album, The Band  chiamato anche The Brown Album, dall’atmosfera biblica, una sorta di nuovo-vecchio testamento musicale. Quando uscì “l’album marrone” non si sapeva molto di più sul gruppo, avvolti nel mistero, consentendo agli ascoltatori e alla stampa musicale di lasciare che la loro immaginazione si scatenasse su chi fossero questi personaggi, e cosa fosse questa musica che suonava diversa da qualsiasi altra. Erano un enigma. Vestiti come predicatori del XIX secolo, cantavano canzoni sull'America profonda,  una sorta di folk-rock scolpito nel faggio con melodie soul, ritmi flessibili, arrangiamenti di ottoni ed armonizzazioni vocali di grande fascino, grazie a tre voci una più bella dell’altra e assolutamente complementari. Quella spugnosa di Danko, quella secca di Helm e quella nostalgica di Manuel, tre timbri  in grado di moltiplicare le combinazioni possibili. C’era poi la scrittura di Robertson, letteraria senza essere verbosa, brillante per il senso del dettaglio e dell'ellisse. Un giorno il bassista e cantante Rick Danko affermò "era una grande momento per le nostre esistenze, vivevamo ogni giorno insieme e suonavamo musica genuina,  fatta in casa, l'album marrone fu la logica conseguenza". Da qualsiasi parte lo si prenda, ancora oggi The Band  è un capolavoro di musica popolare ed uno dei dischi più importanti di tutta la storia del rock n' roll, indifferente  alle burrasche dei tempi. La foto sgranata in bianco e nero di copertina, contornata da una cornice color marrone, opera di Elliott Landy rende ragione al mistero. In piedi sotto la pioggia, paiono predicatori del 19esimo secolo o cercatori d'oro di qualche sperduta località montana, una incarnazione moderna delle comunità fraterne e virili dei primi pionieri americani. Ma se The Band tagliò di netto con l’euforia psichedelica, i suoi musicisti non tagliarono per nulla con i succedanei di quella pazza stagione e fu soprattutto la pressante presenza delle droghe pesanti, ad un certo punto, a sollevare polvere e incertezze. Una delle poche cose che si sapeva del quintetto era che, insieme all’amico e collaboratore Bob Dylan, facevano parte della comunità di artisti di Woodstock, anni prima che la sonnolenta cittadina diventasse famosa per il festival, tenutosi a 40 miglia a sud-ovest a Bethel. L'unica band che proveniva effettivamente da Woodstock, The Band, suonò l'ultimo giorno del festival di fronte a quasi mezzo milione di persone. Come risultato, la piccola città di Woodstock divenne una sorta di mecca e fu invasa da orde di persone. La Band decise di affittare la Woodstock Playhouse per presentare il nuovo album in concerto. I cittadini del posto, temendo che lo spettacolo avrebbe solo attirato più estranei e peggiorato le cose, rifiutarono la proposta e il quintetto decise allora di registrare il terzo album proprio sul palco del teatro, senza pubblico. 


Nacque così Stage Fright. La Capitol voleva monetizzare immediatamente il successo del “disco marrone” e richiese un' altro lavoro da immettere sul mercato. Rick Danko non sopportava più John Simon, il precedente produttore e così ricorsero a Todd Rundgren.  Helm, Danko e Manuel avevano iniziato a flirtare seriamente con l'eroina, divennero irreperibili, freddi, cupi e distaccati ma Robertson e Hudson riuscirono a mantenere la macchina in carreggiata. Il primo scrisse The Shape I'm In per farla cantare a Manuel, Stage Fright  per Danko e The W.S Walcott Medicine Show per Helm, tutte erano attraversate da sfumature di follia e autodistruzione. "Una volta si diceva che se volevi suonare come gli angeli dovevi ballare con il diavolo, che l'eroina era l'accesso alla supremazia musicale. Quel mito apparteneva al passato del jazz, ma il potere della dipendenza era ancora in pieno vigore. La cosa che mi colpiva di più era che in band come la nostra, se non mandavi a pieno regime tutti i cilindri, la macchina finiva fuori strada". Sono le parole di Robertson nella sua bellissima autobiografia Testimony. Il parto di Stage Fright  fu complicato ma il disco uscì meglio di quanto si pensasse. Todd Rundgern non aveva idea di cosa stesse succedendo non avendo dimestichezza col mondo delle droghe e non riusciva a capire perché alcuni di loro si presentassero in ritardo o non si presentassero affatto alle session. Un giorno tra una registrazione e l'altra, Levon Helm prese un materassino ed una coperta e si mise a dormire nello studio, Todd Rundgren non capiva proprio come si poteva lavorare in quel modo.


Terminato il lavoro alla Playhouse, la Band accettò l'insolita offerta di partecipare al Festival Express con i Dead, Janis Joplin, Flying Burrito Bros., Ian e Sylvia Tyson, Delaney e Bonnie Bramlett, Buddy Guy, una carovana di musicisti che attraversò il Canada in treno suonando nelle città doveva faceva tappa. Dal punto di vista economico fu un gran fiasco, in alcune città ci furono dimostrazioni di giovani che volevano entrare gratis ai concerti, a bordo i musicisti se la spassavano e prosciugarono tutto il bevibile, tanto che si dovette fare un rifornimento straordinario di alcol. Quella che era iniziata come una idea romantica di viaggio condiviso, attraverso grandi spazi aperti, si trasformò in una baldoria autodistruttiva. La Capitol pubblicò Stage Fright nell'agosto del 1970 ed in poco tempo divenne disco d’oro. LP originario riportava sulla prima facciata le composizioni co-scritte da Robertson con Helm (Strawberry Wine) e  Manuel (Sleeping, Just Another Whistle Stop), e sulla seconda quelle firmate dal solo chitarrista, tra cui la canzone che dà il titolo e All La Glory, una dolce ed intima riflessione sulla paternità. Il disco fu mixato da Glyn Johns, per la copertina si scelse un colorato art work di Bob Cato ed una foto spoglia di taglio modernista opera di Norman Seeff, un sudafricano allora sconosciuto, divenuto in seguito uno dei più ricercati fotografi degli Stati Uniti.


Stage Fright, come sottintende il titolo, paura del palcoscenico, è un’analisi sincera sulle dinamiche autodistruttive che pervadevano il mondo del rock di allora. Emana un fascino oscuro, una bellezza distorta nello strenuo tentativo di non perdere la purezza originaria minata dalla fama, dalle tentazioni del successo e dalla consapevolezza che le cose stavano cambiando. In quel momento furono soprattutto il pragmatismo di Robertson e la professionalità di Hudson  a portare avanti l ’avventura di The Band. Come confessa Robertson nella sua biografia "forse non si poteva dire proprio niente di un album che si intitolava Stage Fright. Stavamo facendo il massimo che potevamo considerate le fosche, drogate circostanze. Sia come sia, di una cosa sono certo: alcune delle canzoni migliori che avevo scritto erano contenute in questo disco, e questo mi bastava". E basta ascoltarsi brani come la narcolettica ballata Sleeping , come il mezzo tempo di Just Another Whistle Stop, come i due splendidi quadretti sull’America rurale di The W.S Walcott Medicine Show  e Daniel and The Sacred Harp, come l’amorevole The Rumor cantata a due da Danko ed Helm, per dargli ragione. Oltre ai titoli che ebbero un notevole impatto  nei live show ovvero la canzone che dà il titolo all’album, e poi Time To Kill e The Shape Im’In.



In occasione del 50° anniversario di Stage Fright, le nuove edizioni si sprecano: un cofanetto Super Deluxe con 2CD/Blu-ray Audio/LP/7” e booklet fotografico, il digitale, il mini-box di due CD, LP con vinile nero 180g e LP con vinile colorato 180g. Tutte le versioni della Anniversary Edition sono state supervisionate da Robbie Robertson beneficiando del nuovo missaggio di Bob Clearmountain dai nastri multi-traccia originali. Per la prima volta, l'album viene presentato con la sequenza dei brani prevista originariamente, non quella che uscì al tempo e nelle varie edizioni in CD. "Nell'album, avevamo utilizzato una sequenza diversa per presentare ed incoraggiare la partecipazione alla scrittura delle canzoni di Richard e Levon", rivela Robertson. "Nel corso del tempo, ho desiderato ardentemente recuperare il nostro primo ordine di canzoni, perché ti porta direttamente nello scenario di Stage Fright". Due sono le bonus track aggiunte e sono i mix diversi di Strawberry Wine e Sleeping, interessanti per la spartana dimensione acustica di chitarra e pianoforte ma c’è ben altro nel cofanetto, nel doppio CD e nelle versioni digitali.  Innanzitutto l’intero concerto Live at the Royal Albert Hall, June 1971, un’emozionante performance registrata durante il loro tour europeo, quando la band era al top della carriera, e poi sette registrazioni inedite col titolo di Calgary Hotel Recordings, 1970, ovvero una jam session improvvisata in hotel a tarda notte tra Robertson, Danko e Manuel. Mentre Robertson iniziava ad accennare alcune delle nuove canzoni registrate per Stage Fright, il fotografo John Scheele, che stava viaggiando con il gruppo durante il Festival Express, registrò con il suo magnetofono portatile una spontanea performance notturna il 3 luglio 1970 a Calgary in Canada, ultima tappa del leggendario tour. Le registrazioni ritrovate, che presentano Robertson, chitarra e voce con Danko che armonizza e Manuel che si unisce alla voce e all'armonica, sono un documento affascinante che consente di ascoltare tre amici che si divertono, arruffati e fuori dalle righe, a fare ciò che più amavano. Una vera registrazione sul campo, con Get Up Jake e The W.S Walcott Medicine Show, entrambi titoli di Stage Fright, uniti alle improvvisate Calgary Blues e Mojo Hannah e alle cover di Pneumonia & The Boogie Woogie Flu di Huey “Piano” Smith e Before You Accuse Me di Bo Diddley. Ma è il concerto londinese ad alzare il tiro di questo 50esimo anniversario. Nella primavera del 1971, The Band partì per l'Europa, per la prima volta dopo l’ultima apparizione con il tumultuoso tour insieme a Bob Dylan nel 1966. Non avendo suonato lì per cinque anni, The Band non sapeva cosa aspettarsi ed invece ebbe una risposta entusiastica nel primo concerto ad Amburgo, in Germania e durante l’intero tour avrebbero continuato a suonare per una folla incredibile. “Ogni membro della band andava al massimo ed ogni serata, da Amsterdam a Parigi a Copenaghen, lo spirito continuava a crescere”, ricorda Robertson. Per questo decisero di documentare il concerto alla Royal Albert Hall di Londra, e di questo si occupò la EMI che approntò un registratore a 4 piste. Per la prima volta in assoluto, le registrazioni del concerto vengono pubblicate come Live At The Royal Albert Hall, 1971, un incredibile set di 20 canzoni con la band che offre esaltanti versioni di canzoni dal loro terzo album, accanto ai loro brani più famosi di Music From Big Pink  e del Brown Album ovvero le immancabili The WeightKing Harvest (Has Surely Come)Up On Cripple CreekThe Night They Drove Old Dixie Down, Across The Great Divide, Chest Fever, Rag Mama Rag, Don’t Do It e le cover di I Shall Be Released di Dylan,   e di Loving You Is Sweeter Than Ever, scritta da Stevie Wonder a portata al successo dai Four Tops. Con l'aiuto di Clearmountain, queste registrazioni sono state recuperate 50 anni dopo, consentendo a tutti di ascoltare quello che Robertson definisce "uno dei più grandi concerti dal vivo mai suonati da The Band". Verissimo, questo live non ha nulla da invidiare al più conosciuto Rock of Ages anche se là era in pista una copiosa sezione di ottoni diretta da Allen Toussaint. E’ la succulenta ciliegina sulla torta della ristampa di un album che il noto critico musicale Robert Hilburn sul Los Angeles Times ha definito " un'incredibile dimostrazione di abilità musicale, strumentazione superba, voci precise e testi ricchi e senza tempo". Niente male per chi in quell’anno soffriva di ansia da palcoscenico.

 

MAURO  ZAMBELLINI    GENNAIO 2021

 

 

 

 

 

 

 

 






 

104 commenti:

Armando Chiechi ha detto...

Se il live incluso in questa edizione non ha nulla da invidiare a " Rock of Ages", vuol dire che questa ristampa è uno di quei dischi che non ci faremo mancare in questo nuovo anno. Bellissimo scritto il tuo e nonostante lo abbia già letto sull'ultimo numero del Buscadero, rileggerlo ancora non fa mai male perché per quanto ormai ne conosciamo vita,morte e miracoli, la storia di The Band è una tra le avventure più affascinanti della nostra musica. Bellissimo il tuo sunto Mauro e credo non potessi usare parole migliori per racchiudere in poco spazio questa storia, soprattutto per quell' alone di mistero che Robertson e soci si portavano dietro. Mi rimarranno sempre impresse le parole con le quali Greil Marcus definì l'entrata in scena dei canadesi : " Sembravano arrivati sulle scene avvolti da una nebbia, la stessa che accompagnava i protagonisti dei " Compari" di Altman", però permettimi di dire e senza ombra di dubbio che tu Zambo, hai fatto meglio !!! Grazie per tutta la passione che ci metti sempre e per il tuo contagioso entusiasmo, se poi ogni tanto ti leggiamo due volte ( su carta e on line) fa niente !!!
Con immutata stima
Armando Chiechi

Zambo ha detto...

Grazie per le tue parole e il tuo supporto Armando, bella la metafora di Marcus , non la conoscevo, l avrei usata. L hai usata tu, va bene lo stesso. Ho messo lo scritto sul blog perché so che molti non leggono il Buscadeo è mi sembrava valesse la pena pubblicarlo. A presto

Armando Chiechi ha detto...

Si Mauro, hai ragione... leggendo il tuo blog a volte do per scontato che tutti i visitatori siano lettori del Buscadero. La citazione di Marcus viene dal suo " Mistery Train" e supergiu' recita così. Ciao Armando

Paul ha detto...

Grazie davvero Zambo per ripescare e celebrare alcune perle del passato per noi frequentatori del blog e (anche ma non per forza) lettori del buscadero (per me dal lontano 96).
Dalle tue parole credo proprio che toccherà aggiungere ai futuri acquisti anche questa deluxe/expanded edition, sopratutto per la chicca del live allegato. È un boccone troppo succulento, soprattutto riflettendo che la grandezza immensa di questo combo di enormi musicisti (un'alchimia perfetta di talenti diversi e di personalità uniche come raramente si è vista nella storia) sta tutta in una manciata di dischi da studio e di qualche documento live compresi tra il loro esordio "rosa" e il celeberrimo "ultimo walzer". Pazzesco a pensarci.
Concludo suggerendo ai pochi amici del blog che non lo avranno fatto di procurarsi Testimony e di leggerselo con cura riascoltando in parallelo tutta la loro discografia: è una esperienza sublime che mi ha tenuto compagnia per un mese nel passato agosto.
Un saluto a tutti
Paul

Unknown2 ha detto...

Livio. Anche da me un sentito grazie a Zambo x l'eccellente (come sempre) recensione. Sperando che il live non sia troppo simile a Rock of Ages (ma mancheranno i fiati, credo. O no?).
Certo che erano bei tempi, i mitici anni '60! E non solo xchè allora ero giovanissimo io. C'era davvero spazio x esprimersi, se avevi talento e voglia; e se avevi faccia tosta e qualità potevi arrivare anche alla corte di His Bobness! E trovavi facilmente discografici e produttori dotati anch'essi di talento e passione che potevano aiutarti e guidarti nei meandri del music business. Così è nata un'infinita serie di capolavori che a tutt'oggi, + di 50anni dopo, costituiscono il meglio dei nostri acquisti (e qs è però anche molto triste, se ci penso).
Tanta libertà, creatività, intelligenza, sono state però, posso dirlo?, troppo spesso tragicamente e dolorosamente inquinate e avvelenate da quella sciagura che è stata (oltre all'alcol) prima l'eroina e poi anche la coca.
Provate a pensare un attimo a cosa poteva essere la ns musica senza qs maledizione! A cosa poteva diventare....
Certo, ai tempi si parlava di Doors of perception, di consumo ragionevole e misurato, di 'usare' le polveri x creare di + e meglio, e di 'non essere usati da esse'. Sogni, pietose bugie. Ancora non erano chiari i termini della dipendenza e i rischi che correva chi si buttava nell'abisso.
Che pena, quanta tristezza. Troppo dolore.
X dovere di cronaca è opportuno anche ricordare come il punto di vista di Robertson sia stato negli anni spesso contestato dagli ex compagni. In pratica, mi pare, venne accusato di essersi 'approfittato' dei colleghi tossici... Poi, in qs casi, ognuno ha la propria verità, e vai a capire chi ha ragione, e soprattutto se c'è davvero 'una' ragione, 'una' verità

Unknown2 ha detto...
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Armando Chiechi ha detto...

Si Livio...hai ragione e fa riflettere quanto dice Hunter Thompson nel suo libro " Fear and Loathing in Las Vegas" o Johnny Deep/Hunter nella versione cinematografica : " avevamo già tutto e sarebbe bastata la musica meravigliosa ad inebriarci..." e come tu dici sappiamo come è andata. La Band come il Dylan post '66 o certi Byrds come il Johnny Cash del live a Folsom sono stati l'altra faccia del '68, un modo diverso ma comunque affascinante per ricordare la musica e quei tempi.Non si può tornare indietro ma godere di certi tesori. Ben vengano sempre certe operazioni...

Armando Chiechi

Luca Mathmos ha detto...

Non sapevo della dipendenza da eroina di alcuni componenti della Band, pensavo fossero solo consumatori di cannabinoli e acido, Comunque balla recensione, un gruppo che ho frequentato poco ma che mi riprometto di riscoprire di più

Luca Mathmos ha detto...

.. ovviamente intendevo dire BELLA recensione... dannazione alla fretta di scrivere

bobrock ha detto...

Anche io mi chiedo perché i musicisti ma direi gli artisti in genere abbiano flirtato a lungo con le doghe pesanti. L’elenco sarebbe interminabile
Eppure ogni volta che leggo storie di eroina mi girano le palle perché gli effetti erano sotto gli occhi di tutti e non c’era bisogno di corsi di formazione per capire che bisognava starne alla larga.
Bastava un minimo di buon senso .
Il discorso delle droghe mi incazzare proprio per tutto quello che si porta dietro di effetti collaterali. Relazioni distrutte , amicizie che si perdono , rapporti che poi non sono più gli stessi.
Se stage fright è stato un gran disco e di fatto lo é non è certo stato merito per chi si faceva ma x chi si é rimboccato le maniche e ha lavorato duramente.
Mi viene da pensare chissà se tutti quanti fossero stati lucidi quali altre gemme sarebbero venute fuori ..
Altra considerazione leggendo il bellissimo articolo di Zambellini é che fintanto che tutti i gruppi che abbiamo amato vivevano in gruppo ( scusatemi il gioco di parole) partorivano dischi meravigliosi.
Una volta persa la comunanza e lo spirito di gruppo ; una volta subentrato lo status di rockstar man mano i lavori perdevano di intensità fino a diventare pura routine. Gli esempi sarebbero numerosi .
Evito di farne soltanto per non creare premesse x polemiche da curva.
Ma il ciclo di vita di un gruppo non dovrebbe superare i dieci anni . Dopodiché é solo business


Armando Chiechi ha detto...

Credo che ciò che dice Bobrock fa pensare e non si allontana troppo dalla realtà dei fatti in molti casi. Tra l' altro ritengo pure difficile che una band o un' artista possano mantenere alto il proprio standard creativo per molto tempo. Certo il mestiere prende il sopravvento. Chiaro che poi non è che questa sia una regola fissa, ma se dobbiamo ricordare gruppi o artisti che sono andati ben oltre, penso a Tom Waits, la Mitchell e sicuramente gli Allman Brothers. Ma per fare durare questo credo ci voglia anche una buona preparazione musicale e conoscenza del proprio strumento, o almeno è quel che penso.

Armando Chiechi

Armando Chiechi ha detto...

Perdonatemi se aggiungo che i nomi citati sono un esempio e i primi che mi vengono in mente e a quei tre se ne potrebbero sicuramente aggiungerne altri.
Armando

bobrock ha detto...

Per me c’è differenza tra un singolo artista e un gruppo. Il singolo artista ha un ciclo di vita più duraturo . Poi se è un fuoriclasse prima o poi qualcosa di valido lo produce .
Basti pensare a Neil Young o Lou Reed negli anni ottanta . Ma poi si sono ripresi alla grande ( se non sbaglio NY era del 1989).
I grandi gruppi oltre dieci anni non producono più nulla . Faccio una eccezione X i Rolling che dopo 18 anni sfornarono Tattoo you .
Quando dico poi è solo business intendo dire routine oltre che soldi . Va da se che finché il pubblico è ricettivo capisco perfettamente perché certi gruppi vadano avanti ad oltranza

corrado ha detto...

Condivido in pieno, Bob. Gruppi che dopo 20 anni fanno cose importanti ne conosco pochi. A memoria mi vengono in mente solo i Dream Syndicate, ma sono anche stati fermi una vita

Unknown2 ha detto...

Livio. Sì, probabilmente i 10anni sono il limite x una band, xchè o raggiungi il successo, e allora ti monti la testa e rovini tutto, o non ce la fai e ovviamente molli. Esempio lampante gli u2, dopo 10anni esatti decaduti a disco dance. O i Beatles, paradigma dell'autodistruzione di un giocattolo perfetto.
Gloriose eccezioni, oltre ai citati Stones e Allman, i Dead (anche se personalmente non li amo) e i REM, che pur con qualche scivolone finale e vicende interne non sempre edificanti (ignobile il trattamento riservato a Bill Berry dopo l'ictus), hanno conservato sempre grande qualità e rimangono fra i miei preferiti in assoluto.
Del tutto diverse le possibilità del grande artista, solitario x necessità e vocazione, che può fare le sue scelte in splendida solitudine e non dipende dalla complicatissima alchimia di un gruppo.
E una sottosezione può essere quella del fuoriclasse servito da una ottima band (Springsteen, Tom Petty,...), i cui componenti ritengono un onore e una fortuna essere dove sono, e difficilmente se ne vanno altrove...

Unknown2 ha detto...

Livio. E complimentissimi a Obama, che se ne frega di qualche tequila in più. Bella rivincita x Springsteen

bobrock ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
bobrock ha detto...

Si ma avete visto Bruce in primo piano ? È inguardabile. Mille volte le rughe dei Rolling .
Un rocker rifatto ...ma dai ...

bobrock ha detto...

Livio guarda che il batterista dei Rem ha mollato il gruppo mica il contrario

Unknown2 ha detto...

Livio. Oddìo, io sapevo cvhe era stato brutalmente estromesso dopo la malattia, escluso da ogni fruizione dei futuri proventi e dalla gestione del gruppo. I miei ricordi sono che all'epoca si deprecò aspramente qs comportamento di Stipe\Mills\Buck, anche sul Mucchio...
In effetti l'enciclopedia rock Arcana parla di abbandono...
La cosa mi colpì xchè prob ho assistito all'ultimo live con Berry, Forum di Assago, '95, con gli ottimi Grant Lee Buffalo in apertura...
Ma prontissimo a, e felice di, ricredermi se hai info migliori delle mie!!!
Springsteen, non solo stirato, ma con un'architettura quasi trumpiana x i capelli (come ammette egli stesso nell'autobiografia). Vanità da rockstar... ma x lui invecchiare è sempre stato un dramma. Al compimento dei 30anni andò letteralmente in depressione, e ne uscì il 'sepolcrale' Nebraska

bobrock ha detto...

Bhe invecchiare non piace a nessuno ; il problema è che a furia di tirarti diventi grottesco , perdi i tuoi tratti originali . Non sei più credibile .
Ti immagini jagger Richards tutti rifatti ?
Tornando al batterista dei Rem ieri sera ho trovato un paio di articoli on Line che confermano non solo il suo abbandono ma anche che non volesse parlarne di persona al resto del gruppo.
Parrebbe ( uso il condizionale) che sia stato Mills a forzarlo e a costringerlo ad un confronto .
In effetti i Rem mi sembravano un gruppo di amici più che delle rockstar e ho anche apprezzato quando hanno deciso di smettere senza fare questi Farewell tour che durano tre anni .

Zambo ha detto...

Oltre alla vanità evidente nei ritocchi e nel continuo apparire sui media, mi pare che Bruce sia diventato retorico come non mai. Altri vecchi preferiscono stare più defilati, come Mellencamp, Dylan, Stones oppure far parlare i loro copiosi archivi come Neil Young. Appena comprato di quest'ultimo, Way Down In The Rust Bucket un concerto del periodo Ragged Glory coi Crazy Horse. Ruggine, grinta, sventolate di chitarra, rock n'roll. Anche Bruce fa parlare i suoi archivi ma edizioni fisiche, che si comprano in negozio, darebbero più soddisfazione ai suoi tanti fans. Non male l'ultimo disco degli Hold Steady per chi bazzica il confine tra mainstream e alternative rock. Saluti a tutti.

Armando Chiechi ha detto...

Sicuramente i ritocchi a certi sono riusciti meglio e Jagger ne ha fatti,quindi va da sé che le rughe di Richards creino più empatia ma nel complesso tutti i Rolling sono dei simpaticoni e non stai nemmeno a pensarci più di tanto. Rem...nonostante qualche frizione grandissimi fino alle ultime mosse, o perlmeno coerenti come dovrebbero esserlo tutti. Seguire il canadese è difficile ma è sempre un piacere. Non pensate a male ma ultimamente per il piacere dell' ascolto sono andato a risentire qualcosa di classico e fuori dal rock'nroll come
Frank Sinatra meets Count Basie o l'Elvis Presley di From Elvis ti Mephis. Voci stupende e grandi arrangiamenti seppur di natura diversa e diverso stile. A volte succede.

Armando Chiechi

Unknown2 ha detto...

Livio. Lieto di essermi sbagliato. Ho sempre visto i REM come alternativi in tanti modi, e mi stonava sta cosa. Bene.
Intanto accuse cadute x Sp.steen, colpevole solo di consumo di alcolici in un parco nazionale con relativa multa, ma non aveva limiti superiori al consentito.
In un paese invaso da armi e fentanyl regolarmente detenuti, è paradossale, ma tant'è.
Gran simpatia x chi ascolta di tutto, anche fuori dagli schemi. Io, come sapete, metto su ogni tanto i Bisonti e i Rokes... Chi è senza peccato...
Poi Sinatra, il Conte ed Elvis sono classici assoluti!!!
E il Neil Young d'annata elettrico e ruvido, tra i tanti Neil il mio preferito, sarà di sicuro imperdibile.
La ns casa procede bene!

Unknown2 ha detto...

Livio. A breve dovrebbe uscire un mitico cofanetto del Boss coi concerti soundboard del Darkness tour. 24cd, sui 180€. Speriamo le pubblicazioni 'fisiche' continuino anche x lui

bobrock ha detto...

Elvis Sinatra count Basie mica vogliamo metterli in discussione.
Io volando più basso ho riascoltato I Thin Lizzy

corrado ha detto...

Io Jim Croce! Non l'avevo mai ascoltato prima, sarebbe da riscoprire, pur muovendosi in suoni e ambientazioni narrative ben esplorate da altri autori

Armando Chiechi ha detto...

Sicuramente la pandemia ha giocato con noi e con i nostri ricordi, con le emozioni e con il voler tirare dal cassetto cose che credevamo dimenticate o quasi. Qualche giorno fa e precisamente sabato mattina, tuffandomi tra i miei vecchi vinili ho preso e rimesso sul piatto i The Del Fuegos di Boston, Mass. Sembra l'altro ieri ed invece... ma certi dischi non invecchiano mai, specie quei piccoli gioielli senza tempo come questo.

Armando Chiechi

bobrock ha detto...

DEL FUEGOS BELLISSIMO,,,,LI HO VISTI LIVE UNA IMPROBABILE SERA CON CRIS ISAK A MILANO MILLE ANNI FA....

Armando Chiechi ha detto...

Wow...grande Bob ! Ma quanti ne hai visti .… ra te e Zambo ne avete da raccontare !?!
Armando Chiechi

Armando Chiechi

corrado ha detto...

A me non dispiacerebbe che nel blog fossero ospitati i racconti dei concerti più belli ai quali abbiamo assistito, con i loro "pre" , le sensazioni, il contesto del tempo, i colori, quel che è rimasto dopo nel ricordo... Vedrei naturalmente Zambo e Bob a far la parte del leone e con piacere! Immagino troppo?...

Unknown2 ha detto...

Livio. Grandi Del Fuegos, anche x me!!! Boston è il picco, ma ho gustato molto anche Longest Day '84 e Smoking... '89. So che si erano riformati, e a Bob non potevano mancare. A me piace un sacco anche Chris Isaak.
Qualcuno si ricorda di Calvin Russell? Solidissimo rock-bluesman bianco, scomparso qualche anno fa, x un certo periodo fu spinto anche dal Mucchio. A Crack in Time '90 e Sounds from the fourth World '91 li risento ancora, e ben volentieri.
Bello sarebbe rimembrare i concerti migliori, ma diffido un po' della mia memoria. Perdonerete eventuali sviste...

corrado ha detto...

Mamma mia, cosa sta tirando fuori dagli archivi Neil Young, persino eccellenti versioni live da dischi poco riusciti come Re-ac-tor!
Dovrò contrarre un mutuo per seguirlo...

Zambo ha detto...

Per del fuegos ho pronto una retrospettiva, l ho passata al buscadero qualche mese fa ma non l hanno pubblicata. Aspetto una decina di giorni ancora e poi la metto su źambo's place.

bobrock ha detto...

Ottima notizia Del Fuegos grande piccolo grande gruppo; non vedo l’ora di di leggerlo

bobrock ha detto...

Armando facendo due conti avendo cominciato nel 1979 ho assistito a 600 concerti ( per difetto ) 700 ( per eccesso)
Ti dico solo che per il 2020 avevo 15 concerti con biglietti acquistati di cui la metà all’estero . Parafrasando George Best “ ho speso gran parte dei miei soldi per concerti dischi e bootlegs , il resto l’ho sperperato.

Armando Chiechi ha detto...

Quante belle cose e che bello questo spazio fatto di confronti, scambi e sano dialogo civile. Forse ci prendono per colonizzare qualche sonico nuovo pianeta !?!
Armando Chiechi

bobrock ha detto...

Grande Calvin ho da qualche parte un suo poster autografato ; l’ho visto un paio di volte la prima a Genova la seconda credo in Piemonte ma la memoria mi fa difetto .
In entrambi i casi c’erano due trecento persone .

bobrock ha detto...

IO nel giro di pochi giorni ho preso ristampa Black crowes , Dylan 70, the band fright, young Vol 2 e il nuovo live .
Per non farmi mancare nulla ho ordinato quello che uscirà a fine marzo e last but not least un vecchio live di Joe ely con David Grissom . Diciamo che sostengo il mercato.

Unknown2 ha detto...

Livio. Neil Young lo amiamo proprio x qs: è positivamente folle! E' evidente che una tale bulimia di pubblicazioni non può che danneggiarlo (non tutti compreranno tutto, anche se io stesso ho emulato quanto Bob la mitica ala sinistra dello United), ma lui se ne sbatte altamente e fa quel che gli pare, va dove lo porta il cuore.
Bellissimo che emerga x caso come siamo tanti fan dei Del Fuegos! Ansioso di gustarmi cosa ne pensa il ns Prof.
Ecco, Bob, con Calvin, mi fa x l'ennesima volta rimpiangere pigrizia, impegni, lavoro, affetti... tutti quei motivi (pretesti???) che mi hanno fatto perdere tanti live. Almeno posso attingere ai suoi ricordi...
Visto che è citato sull'ultimo Busca, anche Steve Forbert è un grandissimo, e non mi spiego il suo mancato successo. Arrival e Jackrabbit sono bellissimi, ho i vinili d'epoca, e devo dire che anche le pubblicazioni successive (quelle che sono riuscito a procurarmi) sono ottime! So che ha dovuto addirittura arrabattarsi in svariati lavori x sopravvivere: misteri del music business

Paul ha detto...

Rispondendo a Livio e accettando la sua proposta (e sfidando la mia memoria)....
Mi sono però limitato a concerti pre 2000, in piccole venue e senza considerare le big stars.
Joe ely 98 el paso saloon Milano
Calvin russell 98 blueshouse Milano
Jeff Healey 96 city square Milano
Dave Alvin 98 Rho
Steve earle 97 (solo acustico magazzini generali e con band rolling stones) Milano
Charlie musselwhite & john Hammond 99 Castel san Pietro
Greg trooper 98 sesto calende
Johnny lang 98 Alcatraz Milano
Joe grushecky 98 sesto calende

Ricordi indelebili di gioia e godimenti che solo la musica dal vivo sa offrire. Si pagava in lire.....


Armando Chiechi ha detto...

Vero Paul, queste sono ricordi meravigliosi e certi concerti delle vere chicche, specie con certi artisti di culto o che magari come nel mio caso non vedevi passare tutti i giorni dalle tue parti. Ricorderò sempre con piacere queste serate di cui però a volte con esattezza mi sfuggono le date ( ah la vecchiaia è una brutta bestia) !!?!!

Non in ordine cronologico :

Jeff Healey Band ( primi anni 90 a Bari Città della musica )

Keith. D Dunn : ( come sopra, grande armonicista blues e a suo agio anche con un boogie blues elettrico e teso alla Z.Z.Top e vicino a certe cose dei fratelli Alvin..)

Monty Alexander Trio : ( Bari 1993 un felice ed inatteso incontro tra la musica di Bob Marley ed il jazz per il grande pianista cubano )

Francine Reed Band : ( Trani 2005) Grande blueswoman e non solo la corista di Lyle Lovett. Una donna simpatica e dalla forte personalità.

Keith B. Brown trio : ( Alberobello Trullo Sovrano 2008) Potrebbe benissimo stare al fianco di gente come Guy Davis e Keb'Mo ed è un grande chitarrista e cantante blues, agile e con una voce che sa tirare fuori tutti i vecchi spiriti del delta. Grande anche Jason Ricci alla blues harp.

Sue Foley & Peter Karp band : ( Quartu Sant'Elena Ca. Agosto 2013 ) Un incontro tra blues e Americana. Due ottimi musicisti uniti dall' amore e dall'amore per la grande musica.

Watermelon Slim/ Gospel Book Revisited : ( Festival Blues Potenza 2018 ) Lui in solitario con la sua chitarra suonata in bootleneck e una scaletta che salta. Non tutto è perfetto ma lui è unico e nel suo italiano zoppicante ti affida la sua esperienza ed umanità attraverso delle introduzioni che sono l'elemento aggiunto della serata. I Gospel Book Revisited al loro primo tour fuori dai confini regionali un' esperienza eccitante ed un modo nuovo per sentire e rinnovare la magia del blues.

Armando Chiechi


bobrock ha detto...

Una nota sull’ultimo young Rust bucket mi é arrivato oggi ; avevo il bootleg di quel concerto e sappiate che un brano é stato omesso nel disco ufficiale : cowgirl in the sand
Ma che senso ha pubblicare un intero concerto e tagliare un brano ....
Io prediligo i dischi dal vivo , riflettono l’esperienza fisica dell'ascoltatore e mi fa proprio incazzare quando quando effettuano modifiche alle setlist.
Scusate lo sfogo si lo so sono pinzillacchere ma un concerto o lo pubblichi integralmente o non lo pubblichi .
Buon sabato a tutti

Armando Chiechi ha detto...

Giusto e concordo con Bob. Qualche giorno fa ho ripreso qualcosa tratto dai suoi Archivi e per l'occasione da questi cd's messo su chiavetta delle tracce per potermele sentire in auto durante i tratti più lunghi che percorro per lavoro. Mi sono accorto che qualcosa mi manca (vado a memoria... il tour con i Blue Notes e quello con gli Harvester dei suoi anni '80 o Canterbury fine anni ' 60 acustico ). Young è unico e se qualche sua pubblicazione di questa serie può avvicinarsi ad una qualità bootleg è sempre materiale affascinante da avere. Se c'è proprio uno che non ho mai capito e digerito e fa parte delle sue uscite ufficiali e' " A Letter Home", per me la grande truffa del rock' n' roll. A Neil si perdona tutto ma questo proprio no. Forse con una chitarra acustica e un buon registratore noi tutti avremo fatto di meglio ? Le vecchie incisioni di Jimmie Rodgers, Son House e Blind Willie Johnson suonano decisamente meglio ?!?

Armando Chiechi

Unknown2 ha detto...

Livio. Beh, in tema di truffe... a chi non è mai capitato di acquistare anche 3 volte lo stesso concerto, xchè pubblicato in epoche diverse da case o casette discografiche diverse?
Io il Live Rust (meraviglioso), tanto x restare in tema Neil, ce l'ho in almeno quattro versioni. Dabbenaggine mia, d'accordo, x non aver controllato bene in epoca pre internet, però anche sti discografici dovrebbero darsi una regolata.
X non parlare dei bootlegari, al 99% indecenti x definizione. Io, come sapete, sono Springsteen addict. Ho + di 400cd dei suoi concerti, e ho preso sòle di ogni tipo, finchè ho selezionato alcune etichette corrette, x quanto avide, in particolare Crystal Cat, svedese, garanzia di qualità x suono, note, confezione. Praticamente (costosi) prodotti ufficiali.
Sulle amputazioni di cui parla Bob io resto tuttora stupefatto di come il dvd live del novembre '80 nel cofanetto deluxe di the River (sempre Springsteen) sia incompleto x almeno il 35% dei brani, fra l'altro alcuni dei migliori, i + intimi e notturni, senza che sia stata spesa una riga di spiegazione nelle note o in qualche intervista. Sono passati anni e mi ritrovo tuttora delusissimo e incazzato.
Ci trattano come m...., tanto sanno che continueremo comunque a foraggiarli.
E allora anch'io vi sparo un po' di concerti 'rari', di quelli in cui il numero dei presenti è inversamente proporzionale alla qualità dell'esibizione.
1987, i Lyres, a tarda notte in un postaccio degno del loro rock malato e sotterraneo.
1989, Johnny Clegg e Savuka
1990, Tav Falco & Panther Burns; Naked Prey.
Poi mi ricordo... Dirk Hamilton prima di Elliott Murphy, in acustico.
Elliott Murphy elettrico, in un pub, strepitoso.
Willie Nile, bravissimo!
Italiani: CCCP, Bubola, Van de Sfroos, Rocking Chairs, Gang, Treves, Priviero....
Purtroppo dopo una certa data i ticket vengono stampati al momento dell'acquisto, con inchiostro che scompare, come la memoria...

corrado ha detto...

Tav Falco è venuto anche a Cagliari. Eravamo in 11...

bobrock ha detto...

Livio hai perfettamente ragione. Ci trattano come pecore da tosare consci che tanto compreremo tutto anche dieci volte .
Gli paghiamo le pensioni ....sapessi quante volte nel corso della vita ho avuto questo senso di frustrazione sia ai concerti ( location improbabili prezzi demenziali code ovunque per qualunque necessità token....età etc) sia nel comprare più volte lo stesso disco.
Eppure sono siamo sempre lì
Tav Falco in 11 non male
io mi ricordo
Marc Ford Milano 90 persone
Robert Randolph Bergamo 60 persone
Martin Stephenson Milano 80 persone
Ma sappiate che ho visto anche robert plant a Milano con 300 persone suonava con un nome improbabile Priority of Brion un concerto tutto di cover stupendo ....
Jack Bruce sempre Milano con 300 persone
Phish sesto calende penso ci fossero 45 gradi una prova di forza
Joe Henry sesto calende
Joe ely sempre sesto calende ( bei tempi)
Daniel Lanois Milano 300 persone
Dave Alvin più o meno ovunque ma ricordo la prima volta dalle parti di Como in un teatrino 200 persone indimenticabile
Bob Mould acustico Milano eravamo in 100
Chris Robinson anche qui acustico e sempre in 100 e sempre a Milano
Tom verlaine anni 80 Odissea 2001 milano con il batterista del patti smith group stupendo locale pieno raso questa volta
Warren Haynes porto di Genova sempre 4 gatti e concerto stupendo

Adesso di getto vi dico i miei migliori dieci concerti ( ma cambiano spesso)
LED ZEPPELIN 1980 zurigo
Ry Cooder milano rolling stone metà degli anni 80
Van morrison 86 Milano rolling stone
Zappa Milano palatrussardi tour the best band you ve ever heard
Rolling Stones Londra 1998 wembley
Janes Addiction forse 1990 milano ex city squadre
Bruce Springsteen lione 1981 ( ovviamente)
Lou Reed Arena di Milano 1980
Peter Gabriel Bologna 1987 tour di So
Dave Matthews band Padova ma non ricordo l’anno non l’ultimo tour

Ne metto un undicesimo di
Dylan Petty Arena di Milano forse 1987

Concludo con uno dei miei peggiori concerti ever
BOB DYLAN ARENA DI VERONA 1984 aveva fatto solo tre giorni di prove per il tour mondiale veramente un concerto pessimo ( versione censurata ma sopratutto per me era la mia prima volta con Bob x fortuna le altre volte la musica è cambiata)

Buona domenica a tutti


corrado ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
corrado ha detto...

Dylan e Petty (e Mc Guinn) Milano 1987: c'ero anch'io!
Jane's Addiction Milano 1990: c'era mio fratello... ma non vale.
La maggior parte degli altri l'ho persa, purtroppo

Armando Chiechi ha detto...

Per me il peggiore concerto di sempre e delusione cocente Chuck Berry nel 2004 ( ma poteva essere anche il 2005, problema biglietto non più leggibile ed usura dello stesso*) Vero che c'è l'età ma è anche vero che quell'uomo certi riff li aveva inventati e sbagliare accordo o mettere le dita dove non avrebbe dovuto davvero imperdonabile !?! Molto meglio la band locale rockabilly ad aprire il concerto o la figlia di Chuck in qualche blues mentre suonava la bluesharp. Per fortuna mi rifeci qualche mese dopo con un'intenso ed intimo Jackson Browne indoor e con pochi spettatori per il suo tour acustico e solista. Ero in seconda fila e fu uno tra i concerti più emozionanti di quell'anno. Browne confermò di essere " il fratellino" di cui avevamo sempre letto !

Armando Chiechi

Paul ha detto...

Butto lì altra roba solo apparente di serie B e con scarso pubblico pagante....(x me i concerti migliori, ovvero il senso di condivisione intima per pochi addicted, come il sottoscritto..)
- Tishamingo, 2007 Treviglio
- Manson/bonfanti/Popper con ospite Treves 2008 circa nidaba teathre Milano
- Omar and the Howlers + north Mississippi all stars 2007 circa nelle campagne parmensi (mi pare...)
- Any di franco/maceo parker 2005 da qualche parte in Brianza
- WIND 2009 circa Trezzo (eravamo davvero in 11....)
- Tolo Marton 2006 blueshouse Milano
- keb' mo 2008 Piacenza
- rich Robinson 2011 credo salumeria della musica Milano
- hot Tuna 2004 salo'
- jonathan wilson 2013 carroponte sesto san Giovanni
- john Haitt 2010 auditorium Milano (incredibile, credo fosse premiere per lui...un pugno di appassionati)
- hubert Sumlin 2007 teatro Manzoni Milano
- drive by truckers, 2010 salumeria della musica Milano

Roba che viene il magone....



Paul ha detto...

Magari non male come check berry però non ho ricordi memorabili anche di altre icone blues: per esempio uno spento johnny winter nel 2010 a trezzo (mi ero perso Buddy guy un paio di anni prima ma avevo letto che era andata anche peggio)...forse solo bb king nel 98 allo smeraldo si era barcamenato grazie al carisma e tanto mestiere.
Altre volte i concerti sono inficiati dalla location sfortunata rispetto all'evento: ricordo in particolare kenny Wayne shepard nel 2015 al Bloom di Mezzago schiacciati come sardine (nota positiva Zambo che mi porta copia autografata del suo libro su de ville), idem Blues Pills 2016 legend Milano e ahimé ultimo mio concerto: dicembre 2019 kiwanuka al Fabrique a Milano in condizioni di affollamento da denuncia a pochi mesi dall'esplosione della pandemia....pazzesco a pensarci....

Unknown2 ha detto...

Livio. E' una goduria parlare con voi!!!! Io vivo in provincia e dopo la prematura scomparsa di mio fratello non ho nessuno con cui discorrere di musica, libri, film, serie tv. X qs tengo moltissimo ad essere nella ns 'casa'.
Un bel ricordo live è Elliott Murphy che salta di tavolo in tavolo in un pub strapieno, il tutto continuando imperterrito a cantare, suonare la chitarra e dirigere la sua band. Mitico.
Solomon Burke a Porretta. 200kili di classe e musicalità.
Bryan Adams (non inorridite) Milano 2006. Forse xchè mi aspettavo il peggio, ma è stato proprio bravo!!!
Concerti TOP:
Springsteen a sanSiro 85. Emozione unica.
Dylan-Petty 87 a Modena, con Bob che voleva i musicisti girati di spalle quando entrava sul palco. Il perchè forse non lo sa nemmeno lui.
REM a Bologna 89, Palasport gremitissimo, coi Go Betweens in apertura.
Pogues 90 a Correggio, con Shane fradicio che insultava Schillaci (eliminazione dell'Irlanda dai mondiali '90).
Stones, Torino '90, e la + bella Sympathy di sempre.
De Andrè all'Auditorium di Trento, 92. Poltroncina numerata, audio perfetto, concerto splendido: come dovrebbe essere sempre, in un mondo ideale.
Neil Young, Correggio 93. R&B x il loner. Io amo molto la musica nera Stax-Tamla-Atlantic.
Springsteen SanSiro 03. Sotto il diluvio, insieme a noi!!!
Springsteen Bologna, 2005. Palamalaguti strapieno, e non volava una mosca. Bruce acustico, da brividi.
Springsteen Arena di Verona, 2006. Seeger tour. Mai visto un Boss così trascinante, coinvolto e coinvolgente.
DELUSIONI:
U2 a verona, 93. Freddi, distanti, annoiati: pessimi. Mille volte meglio i Pearl Jam in apertura, a metà volume.
Springsteen Torino 88. In un Comunale strapieno all'inverosimile, suoni orrendi. Organizzatori da deportare.
Bob Dylan e Van Morrison Bologna, 91. Diluviava, noi in un pantano, loro su un palchetto da sagra di periferia. Organizzatori da giustiziare.
Springsteen Sansiro 2008. Forse ero troppo indietro, ma il suono fu pessimo, si sentivano solo i bassi, e nemmeno il concerto fu memorabile.


Marco ha detto...

Da anni seguo questo blog con i relativi commenti ma non so bene per quale ragione non ho mai partecipato, ma i vostri ricordi di concerti passati hanno sollecitato i miei e non ho potuto desistere dal condividerli, spinto soprattutto dal ricordo di Bobrock a proposito di Dylan/Petty/McGuinn a Milano '87 che è stato il mio primo in assoluto (per ragioni anagrafiche, sono del 1971) e quindi ha per me un valore affettivo particolare (e ricordo due cose: il fatto che Petty & Heartbreakers, che conoscevo poco, mi avessero letteralmente steso durante il loro set, e suo ritardo clamoroso di Dylan che era tranquillamente a spasso in Parco Sempione all'insaputa di tutti).
Altri (bei) ricordi alla rinfusa:
- Bob Dylan: da sempre il mio preferito, visto all'incirca una ventina di volte compreso nel 1988 alla Jones Beach Arena con Steve Earle come set di apertura. La migliore di sempre secondo me rimane Milano 1993, un set infuocato con a mio parere la migliore band di sempre del Neverending Tour (quella con John Jackson alla solista e Winston Watson alla batteria). Ricordo con piacere anche Expo Genova 1992, Collegno 1998 ed una data sempre milanese degli anni 2000 con Freddy Koella alla chitarra.
- Bruce Springsteen - come memorie non posso certo competere con gli abituali frequentatori di questo blog dal momento che il mio primo è stato Milano 1999 (Reunion Tour). Però ho avuto la fortuna di vederlo a casa sua (East Rutherford, The Rising Tour), dove ho imparato ad odiare il pubblico americano che sembra più interessato ad andare al bar a farsi ettolitri di birra o a chiacchierare ad alta voce durante le canzoni, e Wembley Stadium nel 2013. Visto anche varie volte a San Siro anche se per me il migliore tra quelli a cui ero presente è stato Torino, Stadio Olimpico (Tour di Working On A Dream), con una scaletta pazzesca.
- John Fogerty - Alcatraz 2008, una serata devastante, uno dei più bei concerti della mia vita. E pare che non stesse neanche bene...
- Neil Young - visto solo tre volte, a Milano nel 1993 con Booker T. & The MG's (serata interminabile in cui dovetti sorbirmi prima i James, le Four Non Blondes e soprattutto i tremendi Bad Religion), con i Crazy Horse a Lucca e, la migliore delle tre, a Milano con i Promise Of The Real e Willie Nelson ospite a sorpresa.
- Leonard Cohen agli Arcimboldi, una classe immensa ma serata leggermente penalizzata da un volume troppo basso.
- Rolling Stones: serata epocale quella di San Siro 2006, due giorni dopo la conquista della Coppa del Mondo e quindi con il pubblico già super-eccitato ancora prima dell'inizio (con le immagini dei calci di rigore della finale proiettati prima dei bis)
- Tom Petty a Lucca, forse uno dei Top Three concerts della mia vita, uno show leggendario che ricorderò per sempre. E ricorderò anche il caldo terrificante e Mike Campbell che alla fine boccheggiava letteralmente.
- Paul McCartney, visto a Milano nel 1989 e soprattutto nel 2011, grandissimo concerto con il titolare di questo blog seduto davanti a me che si esaltava come se avesse avuto davanti gli Stones o i Black Crowes.
- Fleetwood Mac, Las Vegas 2009: gran bel concerto, e poi ho sempre detto che Buckingham è uno dei chitarristi più sottovalutati di sempre.
- E qualcuno ricorda Sonoria, il festival di tre giorni svoltosi nel 1994 alla periferia di Milano? Io ci andai a tutte e tre le serate, la prima per vedere gli Aerosmith ma per i ritardi accumulati dovetti sorbirmi anche i Sepultura (esperienza terrificante), la seconda con Jimmy Cliff-Paul Rodgers-Willy De Ville ed un ottimo Dylan (e tremenda grandinata annessa), la terza con Dwight Yoakam, un sorprendente Chris Rea e Peter Gabriel.
- A proposito di De Ville, indimenticabile lo show del 1993 al City Square, con Fabio Treves ospite nel finale su Dust My Broom di Elmore James.
Scusate se mi sono dilungato, ma certi ricordi non hanno prezzo.
Marco

Marco ha detto...

Aggiungo solo un mini-post a parte per gli "outsiders": come scordare John Prine a Gallarate? E poi un umilissimo Jimmy La Fave nella sala consiliare di Sesto Calende, dove entrò dal fondo della sala e per salire sul palco passo in mezzo al pubblico chiedendo permesso! Nella stesso location vidi anche l'ormai dimenticato Rich Minus, ciucco come una biglia. E c'ero anche sempre a Sesto a vedere i Phish, tutti schiacciati come sardine.

Zambo ha detto...

Per favore amici, per la simpatia che nutro per voi, non trasformiamo questo blog nell'elenco di COMBATTENTI & REDUCI sulle proprie imprese nel segno del rock. Meglio dialogare, parlare, riflettere, scherzare, considerare che l'elenco di concerti. Grazie

Paul ha detto...

Cazziatone del prof...ci sta, siamo andati fuori tema. Credo peraltro che sia l'infausta conseguenza dell'ormai anno passato senza eventi live ai quali molti di noi sono così affezionati (non credo che ci fosse tra noi una competizione da "ce l'ho piu'lungo io" o un afflato reazionario da "i concerti non sono più quelli di una volta").
L'etichetta combattenti&reduci tutto sommato ci calza comunque visto che si cazzeggia negli ultimi 2 post su ristampe di dischi, rispettivamente di 30 e 51 anni fa.....infatti attendo sempre con ansia le imbeccate del padrone di casa su roba misconosciuta e in generale su aria fresca (vedi the hold steady, che ho ordinato a scatola chiusa fidandomi al solito dell'intuito del prof...sono curioso e farò sapere).
Le squadre migliori sono sempre formate da qualche vecchia gloria, dagli affidabili titolari e dagli innesti dei talenti del vivaio...
Statemi bene.
Paul


Unknown2 ha detto...

Livio. Beh, hai ragione, Prof, come sempre. Ci siamo sfogati un po', abbiamo condiviso qualche bel ricordo, mò torniamo sul pezzo.
Hold Steady: non è che siano proprio dei novellini, eh! Ho un 'Positive Rage' del 2009, 2cd e dvd, bello tosto e rumoroso.

bobrock ha detto...

Io la penso diversamente: non era una mera elencazione di concerti . Era una fotografia di quello che eravamo e che non saremo più .
C’è stato un prima e spero presto un post covid.
Ma non sarà più lo stesso . Il covid ha messo definitivamente fine alla possibilità di vedere live gli ultimi uomini che difendevano l’avamposto . Gli stones gli who , lo stesso Ron Wood , Neil Young ormai i giochi sono fatti . Si chiude definitivamente un epoca di cui non ci rimangono che i ricordi e le ristampe . E questo lo dico con molto dispiacere . Sapevo che sarebbe arrivato questo momento ma non avevo considerato il covid .
Pertanto non solo mi ha fatto piacere leggervi ma non penso neanche che siamo andati fuori tema .
Se il titolo di The Band era stage fright noi di paura di esserci non l’abbiamo mai avuta . Eravamo sempre presenti . E i nostri beniamini che gli piaccia o meno hanno anche un debito di riconoscenza per chi per una vita li ha supportati nella buona e nella cattiva sorte .

Zambo ha detto...

Tutto a posto, non era un cazziatone ma un invito, capisco anche il point of view di Bob rock e anche io sono convinto che esiste un prima, che non ci sarà più, ed un post covid, e gli ultimi uomini che difendevano il nostro rock li vedremo soprattutto in DVD, salvo qualche sorpresa. Purtroppo sul fronte giovane non vedo chi ci possa aiutare. Il mio amico Brunetti, che sul Busca si occupa delle cose nuove (era un mio alunno nelle medie e mi ringrazia ancora adesso di avergli fatto conoscere in terza media i Green On Red) ogni tanto mi passa dei nomi da seguire, ma a parte Hold Steady (che non sono di primo pelo), War on Drugs e qualche altro, non trovo nessuno che mi giustifichi l'acquisto di un disco o tantomeno l'andare (quando si poteva) ad un concerto. Tralsciamo Drive By Truckers e Wilco che li ho conosciuti direttamente tanti anni fa, ma il divario, ad esempio, tra un live delle ultime generazioni o che so, visto che sono attuali, del live dei Black Crowes di Shake Your Money Maker, del Neil Young di Down in The Rust Bucket o del concerto di The Band annesso alla ristampa di Stage Fright, è enorme, se non abissale. Quindi, un popolo di ristampe vuole vedere la luce, ma il buio avvolge la città....

Marco ha detto...

Ecco, Way Down In The Rust Bucket: ascoltato ieri sera e niente, quando il vecchio Neil è (era) in serata, e capita(va) spesso, non ce n'è(ra) per nessuno. Forse per certi versi pure meglio di Weld, anche se io personalmente Hey Hey, My My, Powderfinger e Rockin' In The Free World in scaletta li vorrei sempre.

Marco ha detto...

D'accordissimo con Bobrock sulla fine di un'epoca: ho appena ricevuto una mail da Ticketone che mi informa della riprogrammazione del concerto milanese di Clapton per il 2022...sperando che la salute lo assista, mi sa veramente di ultima chiamata, e non solo per lui. Pensare per esempio che uno come Bob Dylan, che quest'anno ne fa 80, potrebbe non esibirsi mai più mi dà una sensazione bruttissima. Anche perché non è il tipo da Farewell Concert.

bobrock ha detto...

Io ho entrambi i biglietti per Clapton ...ma tenuto anche conto dei suoi problemi fisici lo spostamento al 2022 mi sembra una presa x i fondelli ( versione educata )

bobrock ha detto...

Si è tristissimo ma è così il buio avvolge la città e le immagini sono tutte deformate.
E poi ....tutte queste ristampe sono veramente necessarie oppure siamo noi che ne abbiamo bisogno per non spegnere la luce ??

armando ha detto...

Tutte giuste le vs.considerazioni quanto amara quella di Bob che tanto fa riflettere. " Weld" lo ricordo sempre volentieri e lo ritengo insieme a " Live Rust" quanto di meglio fatto da Neil riguardo i suoi live ufficiali. Per quel che riguarda invece la BAND di cui sopra,mi piacerebbe ricordare i lavori solisti di Levon Helm, tra i suoi componenti forse l'unico che ha mantenuto lo spirito e l'essenza del gruppo , anche al di fuori di esso.

Armando Chiechi

Paul ha detto...

Sarò cinico ma a voi interessa ancora veramente assistere a una esibizione live di un Dylan, di un Young o di un Clapton???
Dio glorifichi i nostri evangelisti del rock: loro restano il gotha, continuiamo ad ascoltare i loro masterpiece del passato (comprese le puntuali ristampe) ed eventuali nuove produzioni. Hanno scritto i testi sacri, hanno segnato la via e noi gli saremo eternamente grati.
Io però onestamente sento (tornerò a sentire...) eccitazione quando si esibiranno dalle nostre parti marcus king, stepleton, jonathan wilson o anderson east.
O ancora la generazione di mezzo tipo tedeschi-trucks, dave matthews, john mayer.
Non nego a volte eventuale divario di intensità di prestazione live (io mi pongo sempre il dubbio che possiamo noi ascoltatori incalliti aver perso qualche scintilla di rivelazione sulle nostre papille gustative) ma comunque qualche motivo, desiderio o curiosità per andare sotto un palco credo di averne ancora, anche per artisti che non appartengono all'olimpo del rock!!
Non lamentiamoci perché Sanremo è Sanremo!!!!

Unknown2 ha detto...

Livio. Interessantissimo il dibattito generato dal non-cazziatone del Prof. Condivido visceralmente le vs riflessioni, l'amarezza e la nostalgia che traspaiono.
Ma facciamo uno step successivo: siamo dunque dinosauri, visto che ascoltiamo e amiamo progenitori di dinosauri? Certo, e allora? Io proprio oggi ne faccio 66, sono il preistorico di 'casa rock', e gli artisti più 'giovani' che ascolto regolarmente e amo davvero sono i Gov't Mule e Lucinda Williams, oltre al Derek Trucks pre-Tedeschi.
La scena musicale attuale, l'ambiente, l'atmosfera, la cultura del nuovo millennio, precludono la magia che portò alle esplosioni creative dei decenni 60-70-80. Le classifiche sono dominate da roba inascoltabile, perchè la musica, il rock, non sono + ossigeno indispensabile x ogni mente aperta. Vedo i giovani di adesso, e sono svegli, attivi, reattivi e sensibili... ma non leggono (libri), non ascoltano (musica), sono in rete h24 e vivono di quello.
Dunque, x tornare al non-cazziatone, io SONO un Combattente e Reduce, e me ne vanto, con tutto il rispetto x il ns Prof, che è il motivo x cui siamo qui. Ma credo anche che se ci dà benevolmente qualche consiglio, ogni tanto, non possiamo disattenderlo.
E non illudiamoci: il motivo x cui discografici che potrebbero esserci figli continuano a inondare il mercato di ristampe, a volte amputate e\o mal fatte, è che noi abbiamo i soldi di George Best da spendere, e continueremo a foraggiarli, finchè ci daranno roba buona come il Neil Young di Bucket.
Ci vendono x pochi euro un pezzetto di gioventù, quel concerto cui nemmeno Bob è riuscito a presenziare, ci spacciano la droga non tossica e benefica che ci fa stare bene, sereni, e contenti.
E chissà che davvero dall'uragano covid, dalla fine di un'era, dal pensionamento dei ns eroi, da qs brutale tabula rasa, non nasca un germoglio nuovo, un rock'n'roll, un beat, un punk, un paisley underground, un grunge...
Magari a noi non piacerà nemmeno, ma sarà musica nuova x tempi nuovi

Zambo ha detto...

D'accordo con Paul su chi andare a vedere, se ci fosse la possibilità. I dinosauri visti e stravisti, forse fare una eccezione per Clapton di cui non ho comprato il biglietto visto le cifre, ma sinceramente dopo aver visto Tom Petty nel 2017 a Londra ho l'impressione che quella generazione mi abbia dato tutto. Eviterei anche un nuovo tour di Bruce che mi pare tra i "veci" il più bollito, magari mi sbaglio ma anche da lui non so cosa aspettarmi di nuovo. Lo stesso Letter To You dopo le fiammate del primo mese non l ho più ascoltato. Discorso diverso per la generazione che Paul definisce di mezzo, anche l' molti visto e stravisti ma l'età sta dalla loro parte e qualche sorpresa potrebbe ancora arrivare. L'ultimo concerto che mi ha davvero entusiasmato, ed era il novembre del 2019, al Magnolia di Milano, è stato quello di Nick Waterhouse e la sua band. Poca gente, ma show spumeggiante, divertente coinvolgente con una band che assembla un cocktail di rock n'roll, surf, r&B, swing con un taglio vintage che non è nostalgia ma freschezza. Alla prossima, folks

Armando Chiechi ha detto...

Personalmente sento di trovarmi nel mezzo, cioè tra quello che dice Paul e quello che subito dopo ha scritto Livio. Purtroppo vista la lontananza dalle grandi piazze spesso certi nomi non sono riuscito a vederli. Quindi se dovesse un giorno riprendere tutto è chiaro che una trasferta la farei più per la Tedeschi Trucks Band o Lucinda Williams,che per Bruce ( che ho visto svariate volte) ma probabilmente non la farei nemmeno per Young o Dylan. Con questo ritengo che ormai han già dato e che sicuramente per me troveranno un seguito attraverso i loro archivi o particolari ristampe. Al tempo stesso però, se dovesse lo stesso Springsteen o altri nomi di una certa età sorprendermi con un tour teatrale e concettualmente diverso da quanto fatto finora,ci tornerei. Ma i sogni sono nemici della realtà e la vecchiaia di un rocker non è la stessa di un bluesman o di un jazzista, tranne forse per quei Glimmer Twins ?!?

Armando Chiechi

Armando Chiechi ha detto...

Perdonatemi se ritorno sull'argomento e su certe idee espresse da tutti nelle ultime battute, ma credo che al di là dei singoli gusti seppur affini,sia subentrata in noi una certa stanchezza dovuta anche all'avanzare del tempo e dal fatto che trovare qualcosa di stimolante ed intrigante al giorno d'oggi è difficile ma non impossibile. Si crea un corto circuito per cui i vecchi nomi sono una sicurezza ma al tempo stesso diventano un triste risvolto se non riescono a trovare la chiave di volta per poter invecchiare bene. Il caso Springsteen fa pensare ma ad essere onesti potremmo infilarci dentro anche altri nomi. Ma al tempo stesso penso pure che ascoltare un altro disco di Southside Johnny o Little Steven, rischino di diventare senza volerlo, un modo per rifugiarci in un sound e un passato sicuro fatto da tanta nostalgia e del come eravamo !?! Non fraintendetemi...ho adorato l' ultimo Van Zandt ma ho trovato piu' coraggioso Johnny Lyon nel rileggere Billie Holiday.Invece per quel che riguarda la generazione di mezzo le cose cambiano e non poco, almeno se parliamo di musicisti come la Derek tedeschi band o gli stessi Gov't Mule. Innanzitutto parliamo di una preparazione tecnica diversa e da gente che se continua a suonare il blues, ti da la sensazione di fare qualcosa di nuovo anche alla 50ma versione di un classico del delta. In più come si è detto su, anche il recupero di un certo modo di fare musica ha giovato seppur filtrato da un modo nuovo di proporla. In questo e con modalità diverse, credo un certo rinnovamento lo abbia portato anche gente come Lucinda Williams, songwriter apparentemente legata ed ancorata a certe tradizioni, ma in realtà una che sa guardarsi intorno senza tradire la sua anima di musicista. Per fortuna da un ventennio diversi nomi, soprattutto dagli States, riescono a tenere alta quella bandiera e quella fede rock con cui tanti tra noi sono cresciuti. Una nuova generazione che non ha inventato nulla di nuovo per carità...ma tra questi comunque, diversi nomi che non suonano stantii e stanchi, ma che hanno il coraggio e la voglia di trovare anche nuovi modi di proporre la tradizione e quel sano vecchio rock. Ben vengano sempre!

Armando Chiechi

Unknown2 ha detto...

Livio. Nessuna difficoltà ad ammettere la bollitura di Springsteen. Letter sta in piedi quasi solo grazie alle tre gemme del passato, e in ogni caso non aggiunge nulla di nuovo. Io non lo vedo live dal 2009, soprattutto x motivi personali che non starò qui a rivangare, e non credo di essermi perso granchè.
Ma allora, col cuore in mano, ammettiamo che anche Keith Richards e Ron Wood sono da un bel po' in lista x una residenza sanitaria assistita, come Clapton, che ormai ha fatto quasi più farewell tour dell'ineffabile tina turner! E il cd di Fogerty & family è francamente pietoso. Mellencamp farà presto una puntata a chi l'ha visto...
Per non dire di Lou Reed e Tom Petty, pace all'anima loro, ma Lulu era orrido e le ultime cose del Seminole quantomeno di faticoso ascolto.
Potrei continuare x un bel po', a farmi male...
Nutro invece qualche speranziella ancora in Dylan, Young e Van Morrison. Sono talmente fuori schema e fuori di testa che magari sotto la brace qualche scintilla del vecchio fuoco arde ancora.
E dunque? Ristampe, vecchi concerti, e qualche sorpresona tipo Chris Stapleton, che potrebbe essere mio nipote, ma non fa certo 'musica nuova'.
Ma soprattutto: 'Time ain't nothing, when you're young in heart, and you so still burns', come cantavano nell'85 (sigh) i Green on Red, gruppo che pure io ho adorato.
Se un disco, un concerto, erano buoni 40anni fa, lo sono anche adesso! Perchè dunque non (ri)goderne? L'arte vera non invecchia: è sempre contemporanea

Marco ha detto...

I Green On Red, forse il gruppo più colpevolmente dimenticato dalle case discografiche, e lo stesso vale per il grande Warren Zevon, secondo me uno dei maggiori songwriters dai settanta ad oggi.ù
Non sono molto d'accordo sulle ultime cose di Tom Petty: per me Mudcrutch 2 era una delle sue cose più belle del nuovo millennio, e riconosco che forse a Hypnotic Eye mancavano un po' le canzoni, ma era suonato con una grinta da garage band.

Armando Chiechi ha detto...
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Armando Chiechi ha detto...

Old Man : Concordo con Livio in parte, eccetto Tom Petty,che invece a me ha entusiasmato anche negli ultimi lavori. Ho adorato Mojo, Hypnotic Eye un po' meno ma non mi ha deluso. I Mudcrutch li reputo un divertessement come lo furono a suo tempo i Traveling Wilburys ma con le dovute differenze e se devo proprio scegliere preferisco i secondi. Young lo adoro ma non riesco più a stargli dietro come un tempo,per cui se devo acquistare i suoi lavori preferisco andare sugli Archivi o comunque su cose a questi connessi. Van Morrison invece ultimamente mi prende a fasi alterne ma se devono fare i crooner allora preferisco il grande Sinatra, soprattutto se a fargli il verso è Dylan. Quest'ultimo che pur adoro e credo sia sempre affascinante rileggerne il percorso ultimamente lo considero al 90% solo in ambito Bootleg Series e non compro un suo disco di materiale nuovo da Tempest. Per quel che riguarda i Green on Red citati da Marco è sempre un gran piacere riprendere in mano i loro vecchi lavori ed anche i meno riusciti ti fanno sempre battere il cuore !
Non dimenticherò mai una birra bevuta insieme a Dan Stuart mentre mi autografava Gas, Food and Lodging e il suo essere così affabile e genuino, alla faccia della sua figura mitizzata anni prima come polemica e scontrosa. Un vero outlaw dal cuore d'oro, uno di quelli per me che non avrebbe sfigurato in un film di Peckinpah a fianco di Warren Oates e Harry Dean Stanton !!

Armando Chiechi

Zambo ha detto...

Per nulla d'accordo sull'ultima produzione di Tom Petty, sia con gli Heartbreakers che con i Mudcrutch. Van Morrison, ne compri uno e poi per altri tre/quattro slti. Quello veramente bello degli ultimi è Keep Me Singing, degli altri se ne può fare a meno. L'ultimo Dylan messo primo in tutte le classifiche, sfido i votanti ad averlo ascoltato più di due volte. I pezzi blues/rock sono di una banalità incredibile, i monologhi un gioco di rime che dopo un paio di minuti non ne puoi più. Neil Young, logorroico nelle uscite, poi ti becchi un live come The Rust Bucket che non lo levi più dal lettore CD della macchina per almeno due settimane. L'ultimo grande disco di Lou Reed è stato Ecstasy ma a me quello coi Metallica non dispiaceva, plumbeo, cupo, mortifero, senza speranza. John Fogerty & Family mi è bastata la copertina del Buscadero, non l'avrei comprato nemmeno col fucile puntato alla schiena. John Mellencamp si è difeso sempre bene e i suoi dischi ultimi sono molto dignitosi, se non belli. Certo fa uscire poco, ma non so se è un peccato o un pregio, e preferisco il suo essere democratico sotto tono, di basso profilo, che quell'altro che fa gli spot. Sui Green On Red non si discute, sono stati una band come non ne nascono più.

Luigi ha detto...

Visto che la ricerca di nomi nuovi da seguire a me interesserebbe molto avere una vostra opinione su dan auerbach.
Mi piacciono i black keys ma sopratutto la sua continua ricerca come produttore riscoprendo vecchi artisti dimenticati o nuove proposte in ambito soul blues country con coraggio.suoni e produzioni da grande appassionato e conoscitore profondo.
Sogno i Rolling stones prodotti da lui

Luigi ha detto...

Aggiungete:
Fantastic negrito,Ryan Adams,black pumas,Wilco,Jack white,i Black Crowes ancora in forma ed il futuro vi apparira'meno cupo

corrado ha detto...

Quanti argomenti di discussione:
Sentirsi vecchi e non riuscire a trovare musica di oggi che ci entusiasmi.
Springsteen bollito che non dice nulla di nuovo
Chi fra i vecchi ancora ci sorprende...
Personalmente io trovo diversi musicisti di oggi che mi piacciono, ma devo ammettere che :
Quasi nessuno fa rock, almeno nei termini che trattiamo qui
Dal vivo sono ben lontani dalla qualità delle performance dwi nostri beniamini
Chissà come saranno sulla lunga distanza.
Alla fine, si, un pochino di nostalgia per i tempi che furono la provo pure io e "Time ain't nothing" è costantemente presente nella mia playlist, ma è mitigata dal piacere di divertirmi ancora con musica prodotta negli ultimi dieci anni.
Che Springsteen non dica più nulla di nuovo lo sanno anche i sassi, ma d'altronde la maggior parte della sua generazione si trova nella stessa situazione. Se e quando verrà a suonare dalle nostre parti lo andrò sicuramente a vedere, salute e contrattempi permettendo, per due motivi:
Non l'ho mai visto dal vivo di persona; l'ho promesso a mia figlia di 15 anni. L'ultimo disco mi piace e basta così.
Io sono nato e cresciuto con Neil Young. Ricordo che a nove anni, nel 1976 paseggiavo con i miei genitori nei giardini del Terrapieno, a Cagliari, quando a un certo punto dalla finestra di un palazzo vicino era partita a tutto volume "Like a Hurricane". Io rimasi elettrizzato e felice, perché quel disco lo conoscevo: era appena entrato in casa nostra grazie a mia sorella, di 12 anni!!!
A 12 anni si regalavano i dischi di Neil Young, oggi i telefonini...
Ricordo abche un breve servizio della Rai, credo su "Odeon", realizzato da Gianni Minà.
Oggi so benissino quali suoi dischi sono da saltare e quali acquistare. Dunque: "Colorado", il super live che sta ascoltando Zambo, oltre agli Archives 72-76, pur subendo la fregatura di tre cd già pubblicati (tanto li avevo masterizzati...).
Lou Reed... Ad "Ecstasy" sono particolarmente legato, perche nel 2000 segno per me una soeta di rinascita, con nuove prospettive di vita che mi si aprivano inaspettatamente... Come nella canzone "Modern Dance", una delke più belle di quell'album.
Vedo che, come al solito, lodo il nuovo, ma poi torno sempre al vecchio... Mah!

Unknown2 ha detto...

Livio. Avete ragione, sono stato precipitoso e ingeneroso con Tom Petty. Intendevo solo rilevare che nei lavori del 2° millennio non ci sono forse più le memorabili canzoni che sapeva sfornare ai tempi d'oro, gli hit indimenticabili che ti tormentano x anni, che non riesci a toglierti dalla testa. Fra l'altro devo ammettere che a me non dispiacciono nè il passaggio nei Traveling (di cui era il membro più convinto e prolifico) nè i due Mudcrutch.
Per non dire di quella straordinaria macchina good feeling, ora irrimediabilmente persa, che sono stati i sommi Heartbreakers, davvero the best rock'n'roll band in the world.
E giusti i rilievi su Van, Neil, Bob, Mellencamp etc.
Grazie a tutti. Mi fate riflettere quando parto x la tangente. Così si fa nelle migliori case.
House of a thousand guitars, mi verrebbe da dire: ma quella di Willie, sia chiaro!

Unknown2 ha detto...

Livio. Dan Stuart lo ricordo in un bel live cd-dvd con Steve Winn: esibizione maiuscola, e portava appeso al collo, come una medaglia al valore, un bell'apribottiglie...

Marco ha detto...

Luigi, tu che come me ammiri le produzioni di Dan Auerbach, non so se sai che a maggio esce un disco inedito di Tony Joe White prodotto da lui: sono demo voce e chitarra ai quali Dan ha aggiunto il suo particolare "wall of sound" con la sua solita cricca di musicisti.

Luigi ha detto...

Si ne sono al corrente e sono ansioso di sentire tony joe white ritrattato da Auerbach.
Vorrei segnalare una ulteriore uscita,stavolta singola,che riguarda le sessions di Wildflowers di Tom petty.
Infine un moto di delusione per Dylan 70 che mi è sembrato poca cosa.

Armando Chiechi ha detto...

Rispondendo a Livio, dico che ognuno ha i propri gusti e il proprio modo di recepire un singolo artista o album,per cui ci sta che a te possono non aver entusiasmato gli ultimi lavori di Petty. Il Buscadero stesso penalizzò Mojo dicendo che non vi erano più le canzoni di un tempo,anche se personalmente io non condividevo ed ancora non condivido. I Black Keys mi sono piaciuti all'inizio ma dopo El Camino mi sono fermato, invece Dan Aucherbach in quanto produttore lo stimo molto. Ad ogni modo però se Luigi,Marco o chi li segue meglio sapesse darmi qualche altra dritta gli sarei grato. Qualche giorno fa ero vicino a prendere l' album " Let's Rock" ( quello con la sedia...) che non ho preso, che mi sapete dire ?

Armando Chiechi

Marco ha detto...

Lascia stare che mi ero preso lo scorso anno il box quintuplo pagando circa un centone in più proprio per il CD esclusivo, ed ora lo pubblicano a parte al costo di pizza e birra. Dylan 1970 è chiaramente una pubblicazione per completisti, ma forse lo preferisco di un'attaccatura al Bootleg Series del 1969 con Johnny Cash.

Marco ha detto...

Let's Rock ottimo, uno dei loro migliori secondo me.

Armando Chiechi ha detto...

Grazie per la dritta.
Farò in modo di colmare la mancanza.

Armando Chiechi

Luigi ha detto...

Dopo el camino ci sono turn blue che è stata una deriva un po' modaiola e let's rock che è stato un ottimo ritorno a sonorità più congeniali a loro

corrado ha detto...

Messaggio Promozionale: Se vi è piaciuta l'ultima Chrissie Hynde e flirtate senza vergogna ai confini fra jazz e soul, con le suggestioni di Burt Bacharach, fiondatevi sul ritorno, dopo 16 anni (!) di "A girl called Eddy". Una gradita pausa dai nostri abituali ascolti

Armando Chiechi ha detto...

Chrissie Hynde l'ho presa insieme a tutti i Pretenders nell'ultimo " Hate for Love" che pur non essendo un capolavoro è disco assai godibile. Ora non so ma se ti riferisci a un suo disco solista con certe sonorità non mi diaspecerebbe affatto...!?!

Armando Chiechi

corrado ha detto...

Si, intendevo Pretenders, Hate for sale, brani come You can't hurt a fool. Splendida e il disco che ti/vi segnalo avvicina la Hynde come interpretazioni. Vale la pena

Armando Chiechi ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Armando Chiechi ha detto...

Mi correggo per il titolo mal scritto. Comunque vero...bel gran disco l'ultimo dei Pretenders, essenziale e vario pur nel suo minutaggio striminzito,ma credo sia questa la natura di certi album. Vedrò l'altro che ci consigli !!?!

Armando Chiechi

Zambo ha detto...

mi permetto di intervenire, buon disco quello dei Pretenders, gli avessero aggiunto otto minuti di più sarebbe stato perfetto, godibile, rock n'roll e anche un po pub. Naturalmente snobbato dalla critica "intelligente". Dei Black Keys il mio preferito è Brothers, medaglia d'argento Attack and Release. Non conosco Let's Rock. El Camino è un po ruffiano ma godibilissimo. Se metti alcuni pezzi in qualche festa, ballano tutti, anche quelli che normalmente si dimenano con la Dance. Un gruppo che qui non si nomina mai ma per il sottoscritto stanno mell'olimpo del rock americano sono The Band, che non annoiano mai e non sembrano mai out of time. Comunque penso che ci sia differenza tra il rock dei songwriters e quello delle band. Il primo è portato ad invecchiare di più perchè salvo rari casi, vedi Dylan, il testo delle canzoni è specchio della propria esistenza (dell'artista, vedi Springsteen a proposito delle macchine e dei sedili posteriori) e del contesto temporale in cui la canzone è stata scritta, Spesso, per le band il testo conta meno rispetto alla musica per cui soffrono di meno il tempo che passa, a meno di non trovare oggi gli Yes non usurati dal tempo. Discorso lungo e complicato, troppo tardi per farlo, sto sentendo gli Allman e va bene così

Unknown2 ha detto...

Livio. X sviluppare il discorso di Zambo, sì credo anch'io che il lavoro dei 'cantautori' sia più legato alla 'cronaca' e a spunti autobiografici, mentre x le band la musica è l'elemento + importante, anche se poi quasi in ogni band c'è un leader, un autore (o coppia di autori) che in pratica monopolizza il songwriting. E x contro, spesso il 'cantautore' ha intorno a sè band formidabili che non sono solo supporto, ma parte integrante del risultato finale...
E poi, sempre imprigionato nella nostalgia, mi riconosco, non rinnego, anzi rimpiango i tempi in cui anche x me macchine e sedili posteriori erano importanti, eccome... Certo sarebbe ridicolo chi ne cantasse le lodi dopo abbondante approdo in terza età, però 'wreck on the highway', almeno x me, non invecchia.
Tom Petty: x riscattarmi, ai pochi che non avessero l'originale, dispendioso (e ormai fuori catalogo), in 5cd, segnalo l'edizione economica (4cd, manca il 5°, ma è lo stesso imperdibile) della formidabile Live Anthology. Per 26€ virgola, vi portate a casa + di 4ore di musica strepitosa, che fra l'altro non trovate su spotify

corrado ha detto...

"Critica intelligente" quale?
Quella che esalta i Maneskin sanremesi come esempio di rivoluzione?
L'Italia e la sua cultura sono definitivamente andate in malora quando la nostra critica intelligente e i grandi giornali nazionali hanno elevato Fiorello e Jovanotti a modelli del nostro Belpaese.
Per quanto mi riguarda, IO STO COI PROFESSORI.
Gli altri, per favore, ZITTI E BUONI!

Unknown2 ha detto...

Livio. x Bob: vedo su wikipedia (!!!) che la Cowgirl di Live Bucket è stata tagliata causa un calo di potenza durante l'esecuzione, che ha danneggiato irrimediabilmente la registrazione multitraccia.
Sul dvd è stata integrata con aggiunte low fi.
Lo stesso non si è fatto sul cd xchè qs ha consentito di limitare a 2cd l'edizione: immagino già la Warner Music condannata al fallimento x i pochi cent di costo del 3° dischetto vergine!!! Poveretti!!!
Comunque è un live formidabile, con soli 8 pezzi su 19 ripetuti rispetto a Weld (16 canzoni), registrato pochissimi mesi dopo. Scalette radicalmente diverse, dunque, ma lo stesso meraviglioso suono roccioso, ventoso, electric storm di 'Neil Young Crazy Horse', come recita la cover.
Assolutamente da avere accanto a Weld (se possibile con l'appendice Arc)

Armando Chiechi ha detto...

In attesa di prendere il bellissimo live di Neil,secondo me a parte i recensori e critici che noi amiamo e tanto ci hanno ispirato ( ma sì diciamolo Zambo in testa e non perché siamo ospiti in casa sua..),non credo che in Italia, almeno prima del Mucchio Selvaggio e pochissime altre riviste si sia fatta una sana critica e onesta divulgazione. Almeno credo che non si è mai pensato alla musica rock come forma di arte e cultura, per cui la stessa è stata trattata sempre o fino ad un certo punto in modo pietoso. Pensare pure che quando in altri paesi si ascoltavano i Velvet Underground, qui magari ti propinavano Celentano e Little Tony come la rivoluzione ? Non dovremmo nemmeno chiederci o stupirci del perché Sanremo ancora esista. Per giunta credo pure che il nostro paese sia maledettamente vecchio e allora teniamoci quello che abbiamo amato, scopriamo tutto quello che di bello e nuovo passa su queste pagine e cerchiamo di invecchiare almeno noi in modo dignitoso. Buona Domenica a tutti...

Armando Chiechi

Marco ha detto...

Ragazzi, in questo weekend mi sono sparato il nuovo triplo antologico dei Georgia Satellites, gruppo che conoscevo solo marginalmente. Una bomba! Rock'n'roll bands così oggi non ce ne sono più, un condensato di Rolling Stones, Creedence e Ian Hunter, il tutto in ottica southern.

bobrock ha detto...

Potevano usare la traccia del bootleg di quella sera ; come ha fatto Fripp in varie pubblicazioni dei KC

Luigi ha detto...

Non so se vi è capitato di ascoltare una consistente serie di outtakes degli Stones che stanno circolando in rete in questi giorni.
Non mi piace fare pubblicità a queste operazioni ma vi posso garantire che molti pezzi sono davvero notevoli e la qualità sonora è ineccepibile.
Credo proprio che farebbero la felicità del nostro padrone di casa e non solo.

Unknown2 ha detto...

Livio. Intendi le 'fully finished outtakes' su youtube, immagino. Concordo sulla qualità, e anche a me piacerebbe conoscere il giudizio del Prof

Luigi ha detto...

Se messe in un bel box retrospettivo ufficiale ben curato e con dovizia di notizie e foto sarei disposto ad indebitarmi pur di possederlo.......

Zambo ha detto...

Riguardo le out-takes degli Stones: davvero notevoli, una manna dal cielo purtroppo fruibili dal sottoscritto sul pc (ho comprato appositamente un dispositivo per inserire il bluetooth cosi da ascoltarle in cassa). Su e-bay le ho trovate in vendita in 3CD ma 40+16 euro di spedizione, per un formato piuttosto spartano e deprimente, quindi spero ardentemente che ne venga fatta una copia ufficializzati con note al riguardo sui singoli pezzi. Gli Stones al momento non si sono pronunciati, farebbero cassa con una pubblicazione del genere.

Unknown2 ha detto...

Livio. Chissà com'è nata, sta cosa. La qualità è tanto alta che si può presumere un furtarello dalla cassaforte della casa discografica, che magari stava preparando un prodotto ufficiale, x cui converrebbe forse aspettare... Certo la mancanza di note (vera piaga di quasi tutti i bootleg) toglie parte del piacere. Riguardo al prezzo, in caso di prodotto ufficiale, gli Stones non ci hanno certo abituati alla beneficienza: prevedo un box deluxe sopra i 100€, ma almeno con foto inedite e note esaustive. E noi, come al solito, sborseremo...