lunedì 20 giugno 2011
Grayson Capps & The Lost Cause Minstrels The Roayl Potato Family
Una canzone per Bobby Long ha portato fortuna alla famiglia Capps. Il padre Ronald Everett, romanziere, pittore e gran bevitore ha visto il suo libro diventare un film con la recitazione di John Travolta e Scarlett Johansson, il figlio Grayson si è fatto un nome nell’ambiente musicale con la canzone A Love Song For Bobby Long e poi ha continuato sulla stessa strada pubblicando dischi di genuino songwriting sudista. Il suo nuovo disco, il quinto della sua carriera si intitola The Lost Cause Minstrels ed è un variegato affresco di umori e suoni del sud a contatto con un universo culturale ed umano non molto diverso da quello dei romanzi del padre. Sebbene nativo di Mobile in Alabama, Grayson Capps si è ormai saldamente legato a New Orleans e ne è rimasto stregato. La sua musica ne porta il segno, se i personaggi delle sue storie sono balordi, perditempo, sognatori, innamorati traditi e quel simpatico ricettacolo umano zeppo di perdenti e visionari che era il microcosmo di Una canzone per Bobby Long, la sua scenografia musicale è il riflesso di quel sottobosco di generi che circonda la città della Louisiana: le voci soul, il blues svaccato e lazy da caldo pomeriggio del sud, sprazzi di morbido swamp-rock alla Tony Joe White, le slide aspre del Delta blues, qualche fendente di rock e i ritmi della seconda linea del Mardi Gras filtrati attraverso lo stile del cantautore che non perde mai di vista la melodia della sua canzone. The Lost Cause Minstrels è un ottimo disco, non solo un paio di canzoni di prestigio ma un lavoro completo da songwriter di vaglia e musicista esperto, allegro e pimpante ma anche umbratile e riflessivo. Basterebbe l’iniziale Highway 42 per capire che Grayson Capps non è uno dei tanti perché la canzone è di quelle che rimangono addosso al primo ascolto e ti prendono sia la testa che il cuore, un folk-rock urgente, costruito con la chitarra acustica e l’armonica ma svelto nel ritmo e con una coreografia di voci femminili che lo riempiono di soul, di gioia e di sole. Un inizio alla grande, immediatamente replicato da Coconut Moonshine, ancora calde voci femminili, ritmo sornione, la voce da gaglioffo di Grayson, la tromba e poi il pianoforte per un brano che ad un certo diventa uno swing grondante sudore e salute. Si balla in una balera del French Quarter guardando la luna fare capolino e quando arriva John The Dagger gli spiriti del bayou sono lì davanti perché adesso Grayson fa il loup garou, il ritmo è scuro e la slide è un coltello affilato.
New Orleans è regina in The Last Cause Minstrels, ipnotica e visionaria in Chief Seattle, calda come un bourbon in Janey’s Alley Blues di Richard “Rabbit” Brown, un lascito della antologia di Harry Smith e nel delicato country-blues di Annie’s Blues che arriva dal repertorio di Taj Mahal.
Sono l’anima blues di Grayson Capps, l’alter ego del rock fracassone e distorto di No Definitions, della sontuosa e regale Paris, France e della sarabanda festosa di Ol’ Slac, un subbuglio di ritmi e fiati da Mardi Gras che saluta la rinascita del vecchio carnevale di Mobile. Chiude Rock n’Roll ma non pensate che sia come dice il titolo perché qui Capps lascia a casa ironia e allegria e si trasforma in una sorta di Steve Earle che con una ballata bluesy suonata in punta di strumenti canta la malinconia del rock n’roll.
I nuovi compari di Grayson Capps, ora che gli Stumpknockers non ci sono più, sono il batterista John Milham, fondamentale per come si destreggia tra ritmi in levare e pestaggio rock, Corky Hughes un chitarrista di tutto rispetto, Christian Grizzard il bassista e Chris Spies un tastierista che ha il tocco del cuoco di classe. Splendide le voci femminili. Ricordate il nome, Grayson Capps ed il titolo, Menestrelli della causa persa, una garanzia per il divertimento di quest’estate.
MAURO ZAMBELLINI giugno 2011
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1 commento:
Bello, bello bello...non so se è il disco più bello di Grayson ma credo di si
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