L'arrivo di Tom Petty è salutato da un boato. Sono venticinque anni che lo si aspetta, da quel 1987 che accompagnò Bob Dylan e fece sentire mezzora scarsa del suo repertorio. Ad essere sinceri visto che è l'unica data in Italia mi sarei aspettato ben altro pubblico, Piazza Napoleone è piena solo per 2/3 ma fa caldo e va bene così, ok la condivisione ma è più importante la sopravvivenza. Certo che mettere in vendita lo stesso giorno del concerto biglietti a prezzo stracciato (e non parlo di bagarini ma dell'organizzazione ufficiale) perché la prevendita non è stata florida non è un gesto di correttezza nei confronti di coloro che hanno comprato precedentemente il biglietto a prezzo pieno (e salato) ma questa è la solita Italia che prende per il naso gli onesti. Vestito con un abito gessato scuro, barba e capelli lunghi, Petty è in perfetto stile rock n'roller, dicasi lo stesso per Mike Campbell capelli lunghi e camicia rossa, un chitarrista galattico come ce ne sono pochi oggi, il massiccio Steve Ferrone è in t-shirt bianca, gli altri anche loro in scuro, qualcuno in giacca, Benmont Tench spunta da dietro il pianoforte. Si parte con Listen To Her Heart e You Wreck Me e si capisce che la scaletta non sarà diversa da quella dei concerti europei che hanno preceduto Lucca, ovvero nessuna variazione da una sera all'altra, diciannove, venti, massimo ventuno canzoni. L'inizio sembra un compitino diligente, bella musica, canzoni dal refrain irresistibile, rock n'roll asciutto e arioso, ossigenato con l'aria della California. Suoni precisi e limpidi, finalmente un'acustica italiana degna di un concerto di taglio internazionale, gli strumenti non si sovrappongono e si impastano ma questi primi brani vengono risolti troppo sbrigativamente, come se si avesse fretta di portare a termine il compito nel più breve tempo possibile. Temo che il caldo possa essere un nemico ma dopo I Won't Back Down e la romantica Here Comes The Girl che accende per la prima volta la piazza, il concerto cambia e prende un'altra piega. Handle With Care estratta dal primo disco dei Traveling Wilburys scalda il motore col suo ritmo a palla poi Petty toglie la giacca e rimane in camicia psycho e gilet di pelle. E' un'altra storia. La dura Good Enough, uno dei due estratti da Mojo fa capire a Lucca e alla Toscana che Mike Campbell non è uno che lo si incontra tutti i giorni, è un chitarrista rock che usa prevalentemente chitarre Gibson in grado di mettere a fuoco e fiamme una intera città senza perdere di precisione, limpidezza, pulizia, essenzialità, cattiveria. I suoi assoli sono uno spettacolo nello spettacolo, con Petty se la intende a meraviglia, duettano e incrociano le loro bellissimi chitarre, tra cui la mitica Rickenbacker. come in una singolar tenzone a base di rock, quando parte il riff sincopato e a singhiozzo di Oh Well dei Fleetwood Mac tutti avvertono che il momento è arrivato e nessuno uscirà vivo da Piazza Napoleone. Ferrone è quello che dice il suo nome, picchia come un martello sebbene dinamico ed elastico, Ron Blair è il professionista che sta nell'ombra, Scott Thurston si sente soprattutto quando soffia l'armonica ma aggiunge chitarra alle chitarre, Benmont Tench è l'uomo che non si vede ma se non ci fosse sarebbe un altro concerto. Petty sembra mantenere la sua freddezza ma Something Big una ballata dai toni crepuscolari e notturni di Hard Promises che amo alla follia è cantata con una carica di sentimento che spezza in due il cuore, proprio come il logo degli Heartbreakers. Don't Come Around Here No More è la solita, parte saltellando, la conoscono tutti per via di quel famoso video nel paese delle meraviglie, è una chiamata e risposta tra palco e pubblico, Petty la rallenta fino ad annullarla ma tutti aspettano l'assolo di chitarra di Campbell che arriva puntuale, lungo, lancinante, acido e psichdelico. Tom Petty ci dà dentro anche lui con la chitarra ma prende tempo, Free Fallin' è corale, cantata da tutta la piazza, è una delle quattro tracce estratte da Full Moon Fever album prediletto per questo show ma è It's Good To Be A King di Wildflowers l'highlights dello show. Inizia lenta quasi svogliata, una ballata un po' annoiata e nostalgica ma poi si libera di ogni timidezza e diventa un rock apocalittico, jammato e furioso dove gli Heartbreakers confermano di essere la più strepitosa rock n'roll band oggi in circolazione, un ensemble capace di sprigionare quanto di meglio il rock n'roll ha espresso dalla sua nascita con un suono esaltante, travolgente, energico, micidiale che fonde anni cinquanta, beat sixties, hard seventies, ballate anni 80, psichedelia, folk-rock e mainstream. Certo Springsteen ha una carica umana ed un romanticismo che Petty non possiede ma gli Heartbreakers sono la miglior definizione di cosa sia il rock n'roll (senza nessuna traccia di R&B), potenti, lucidi e famigerati, una band che non fa prigionieri solo ma solo proseliti. It's Good To Be A King è semplicemente devastante, me la ricorderò per sempre.
Carol è la conclusione del discorso precedente, da dove siamo partiti? Da Chuck Berry naturalmente. Gli Heartbreakers omaggiano le origini fifties del rock n'roll dandone una versione meno sporca e bluesy di quella degli Stones, ma d'altronde i loro lontani parenti si chiamano Beatles e Byrds. Learning To Fly è l'angolo degli innamorati della serata col suono acustico di una melodia gentile. Una volta si sarebbero accesi i Bic, oggi non fuma più nessuno, almeno nella fascia di età del pubblico di Tom Petty non certo giovanissimo. Ma da lì in poi è apoteosi, Yer So Bad è I Should Have Known It continuano la saga degli spezzacuori fino al travolgente finale di Refugee e Runnin' Down A Dream altro momento topico del concerto con Petty e Campbell piegato su se stesso a tirar fuori dalle corde delle chitarre un sogno che corre alla velocità della luce.
L'encore non si fa attendere, Mary Jane's Last Dance è la sua Dancing In The Dark ma che classe, che appeal, che riff quello che apre le danze e si attorciglia ad una fisarmonica che sa di epica western, splendida, poi Two Men Talking dura, chitarristica, a me sconosciuta, forse una new song ed infine la ragazza americana che tutti aspettano, tutti sognano, tutti cantano. American Girl mette in ginocchio l'intera piazza ma come suggerisce il copione è la fine, purtroppo, Petty ringrazia sentito e gratificato da un pubblico caldo e accaldato, gli Heartbreakers si inchinano e poi se ne vanno senza più tornare. Peccato, sarei stato a sentirli per un'altra ora, nonostante la temperatura e la stanchezza. Ladies and gentlemen, Tom Petty and the Heartbreakers, è'solo rock n'roll ma continua ad essere la cosa più bella della vita.
MAURO ZAMBELLINI GIUGNO 2012
3 commenti:
Leggere le recensioni di Mauro è sempre un piacere. Mi permetto due osservazioni. La prima. It's Good To be King è da diverso tempo che viene fatta così ascoltata a Lucca. Basterebbe vedersi il Dvd Box uscito pochi anni fa o il quadruplo/quintuplo CD live per averne conferma succcessiva. Lo dico perchè è uno dei miei pezzi preferiti in assoluto di Petty. La seconda. Two Men Talking, nonostante sia stata presentata come un pezzo nuovo in realtà non lo è. La prima versione appare (almeno per quanto ne sappia io) sul Dvd Sound Stage Uscito nel 2004.
MarMat grazie per il complimento, Two Men Talking è in effetti sul DVD Sound Stage ripubblicato in questi giorni col titolo di Live In Concert. Purtroppo non me ne sono accorto anche se l'ho recensito per il Busca recentemente.....ah la vecchiaia....
per quanto riguarda It's Good To Be King la versione lucchese l'ho trovata ben più forte ed intensa di quelle che già conoscevo, compresa quella sul 4/5 CD Live Anthology. A presto
Concordo su tutto, soprattutto sul finale. Lunga vita a Tom Petty e a Zambo
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