COLOGNE
BRESCIANO 5 FEBBRAIO 2013
Cari vecchi
Feats, li vedi arrivare sul palco e ti accorgi che di tempo ne è passato
parecchio ed il tempo non aspetta proprio nessuno, nemmeno le rockstar. I
Little Feat non sono mai stati delle rockstar, neanche quando avevano il loro
leader Lowell George, ma un pezzo di storia del rock l'hanno sicuramente
scritto perché il loro Waiting For Columbus rimane tuttora
uno dei live album migliori della nostra musica e diversi altri titoli della
loro collezione meritano di entrare nella lista dei 100 dischi fondamentali del
rock. Inoltre e lo si è visto nel bel concerto
di Cologne Bresciano, loro sono depositari di uno stile che è unico perché
il loro mix di rock, blues, R&B, latin and mexican music, New Orleans
groove, country e jazz non assomiglia a nessun altro intruglio in circolazione sebbene siano in tanti a
cucinare gli stessi ingredienti. Nelle loro mani questo gumbo di american music è diventato uno degli "originali"
del rock dello scorso secolo, un polo di riferimento della jam music assieme ad
Allman e Dead. Anche se invecchiati suonano da Dio, Fred Tackett, un Feat della
seconda ora, è uno che con chitarra Fender e mandolino fa quello che vuole,
Bill Payne, l'unico Feat originario, intendendo quelli dei primi due album, è
il gigante che presenzia dietro a pianoforte, organo e tastiere, Kenny Gradney
da parte sua pompa un basso che unito alle percussioni di Sam Clayton, in
seconda linea con una tie-dye t-shirt che lo fa sembrare un Neville Brothers, e
alla batteria di Gabe Ford, dignitoso sostituto del famigerato drumming di
Richie Hayward, purtroppo scomparso nel 2010, formano una sezione ritmica da
mille e una notte, potente, dinamica, elastica, una macchina in grado di creare
un groove irresistibile dove evidente è la scuola di New Orleans (con il terzo
album Dixie Chicken furono tra i primi a portare la Big Easy nel
rock) più una serie di
infiltrazioni di ritmi latini e fluidità
jazzistiche. Colui che sembra messo meno bene, almeno dal punto di vista
fisico, è Paul Barrere, molto invecchiato e in prossimità di sottoporsi ad un
intervento chirurgo al fegato. Limita al minimo le parti cantate lasciandole
volentieri a Tackett e alla voce all
black di Clayton ma con la chitarra è sempre un maestro, non si tira
indietro e i duelli a fior di Fender con Tackett diventano l'elemento rock
dello show, un rincorrersi e dialogare che porta sul palco le scorribande del
southern-rock. I Little Feat suonano con disinvoltura e non-chalance ma
mostrano un tasso tecnico straordinario, giostrano stacchi e controritmi,
improvvisano come un combo, stemperano l'ortodossia blues in una fusione di
linguaggi che diventa la cifra stilistica di una band assolutamente originale,
una band che concede sia al corpo che alla mente e a tratti sa essere
psichedelica, come sottolinea la
colorata e caleidoscopica immagine lisergica che troneggia alle loro spalle.
Iniziano
con un titolo come Rocket In My Pocket, entrano
in scena informali, quasi stessero
ancora provando ma poi alzano il tiro con un funky che srotola un ritmo sporco
e contagioso e alza la temperatura del
gremitissimo Teatro Parrocchiale. Appare subito chiaro il loro agio davanti al
pubblico, ringraziano i presenti e regalano una musica sopraffina, Honest Man non è certo uno dei loro titoli più famosi ma è l'
anticipazione delle meraviglie che ci aspettano. Representing The Mambo porta i Feats da Cuba al Brasile con passi
di danza e sapori retrò di vecchio film d'annata, Spanish Moon è un'ode al crogiolo sonoro di New Orleans e ai
piaceri del sud, sinuosa, calda, sensuale, corale. Clayton ci mette un vocione
grasso e soul, Barrere si prende il primo assolo di chitarra, Tackett lo imita
in seconda battuta, i due fanno i cori, Gradney slappa col basso, Payne con le tastiere ci
infila vibrazioni jazz-rock, il suono è
pieno, totale, avvolgente. Nella nuova Salome,
Tackett impugna il mandolino, è il momento degli aromi country di Roosted
Rag, il recente album. Canta Bill Payne, poi arrivano i venti minuti e
passa di Dixie Chicken e allora la
jam esplode in tutta la sua ampiezza. C'è spazio per i vari assoli, quello di
Gradney, della batteria e di Bill Payne, rimangono prima in tre, poi in due sul
palco, la canzone si scioglie nell'improvvisazione, è ormai jazz quello che si
libera nell'aria, poi ritorna il refrain amico del pollo sudista e tutto ricomincia in un melting di suoni, di ritmi e
di armonie che si accavallano con fluidità estrema. C'è feeling, senso della
musica, pause e ripartenze, grande tecnica, una naturalezza nel suonare ed un
collettivo impressionanti. Una grande band. In Willin' Fred Tackett riprende il mandolino e Barrere la chitarra
acustica, adesso è la polvere delle strade che portano a Tucumcari a sollevarsi.
I camion, l'odore del Messico, i cactus, le radio del border si materializzano
in un romantico ed elegiaco
country-blues, che è un po'
l'atmosfera rustica e campagnola di Roosted
Rag, il quale ricompare attraverso
la title-track e Church Fallin' Down, anche
questa segnata da un inconfondibile mexican flavour. Poi i Feats tornano ad
essere urbani, Mellow Down Easy è una
jam a base di blues che ospita l'armonica del supporter Fabrizio Poggi e Fat Man in The Bathub la rombante
conclusione di un concerto che manda a casa tutti soddisfatti e molto contenti.
Merito di una musica rimasta intatta nel tempo e di una band rispettabile
per professionalità, bravura, inventiva.
Alla faccia delle loro rughe.
MAURO
ZAMBELLINI
5 commenti:
ZAMBELLINI HAI DETTO TUTTO, GRAN BEL CONCERTO, NON AVEVO DUBBI.
PIU' CHE ALTRO MI CHIEDO PERCHE' QUESTI STRAORDINARI MUSICISTI DEBBANO SUONARE IN UN CINEMA PARROCCHIALE.......E ALLA PRESENZA DI TRECENTO ANIME.......ACCONTENTIAMOCI.
Mauro ,hai descritto benissimo quello che pensavo .serata da incorniciare ( la locandina con le firme senz'altro......) !
c'ero anch'io, è stato un buon concerto una band che dal vivo ha ancora la sua dignità e coerenza. onore agli organizzatori, ma certo che pensare ai little feat a cologne come unico concerto in italia....
ho visto il concerto più bello della mia vita: little feat +
fabrizio poggi & chicken mambo
Concerto fantastico.
I Feats spaziali!! Sempore in ottima forma.
Poggi come sempre un grande (peccato leggere poco di lui sul tuo blog), un vero artista internazionale.
Abbiamo bisogno di più conceti come questi.
complimenti agli organizzatori. Tanto di cappello.
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