
Ross Farrelly, voce e armonica, Josh McClorey, chitarra, Pete
O'Hanlon, basso, e Evan Walsh,
batteria, si sono messi insieme ad una festa di scuola nel 2008 e da lì hanno invaso
prima l'Irlanda, poi i club londinesi, BBC compresa. Sono diventati "un
caso" ancora prima di pubblicare un vero album ma la ragione una volta
tanto sta nella musica e non nel clamore mediatico delle riviste d'oltremanica
perché gli Strypes suonano con una verve
introvabile ai giorni nostri, come se ci trovassimo di fronte, nuovamente,
all'esordio degli Yardbirds.
Tesi,spietati, nervosi, arrembanti,evocano alla perfezione i suoni incontaminati del boom del blues inglese dei
primi anni 60 con una autorevolezza e spavalderia da far paura. Saccheggiano i
sacri testi del blues, dopo Willie Dixon sono passati a Huey "Piano" Smith e Bo Diddley(I Can Tell), a Chuck Berry (Beautiful Delilah),a Leiber e Stoller (I'm a Hog For You Baby), a Big Bill
Broonzy ( CC Rider) e lo fanno con
una sauvagerie da veri teppisti del r
n' r, proprio in un'epoca in cui i suoni subiscono un processo di pulizia e
abbellimento da renderli quasi inoffensivi. Possono sembrare derivativi nel
loro gesto ma l'intensità con cui suonano è qualcosa di autentico, e
l'incandescente Snapshot lo dimostra, rock n'blues puro e vergine dell'età
dell'innocenza, senza paura di sembrare passatisti o revivalisti ma solo per
vomitare eccitazione, come facevano i Rolling Stones pre-Out of Our Heads con
Brian Jones ancora in palla,gli Yardbirds del Marquee Club con
le chitarre di Clapton e Chris Dreja e i Dr. Feelgood di Stupidity.
Un pugno di cover,
tra cui una anfetaminica ripresa di Rollin'
and Tumblin' e l'omaggio al Nick Lowe di Heart of The City, due estratti live ovvero le sporche
rivisitazioni di CC Rider e I Can Tell, la rimessa in circolo di You Can't Judge A Book By The Cover, pezzo
che ha decretato la loro fortuna, ed
una decina di titoli firmati come Mc Clorey/The Strypes sulla falsariga del blues/r&b conciso e tagliente dell'era
beat, tutto ritmo, guizzi d'armonica e assoli tanto brevi quanto spudorati,
questo il menù del fast food degli
Strypes, proteico ed energizzante, servito da quattro sbarbatelli che si
vestono come se avessero saccheggiato l'armadio degli Stones del 1964. Sedici
tracce brucianti, un sound da cardiopalma prodotto da Chris Thomas (Beatles,
Sex Pistols), una voce
(Ross Farrelly) da
cane arrabbiato ed un'armonica rubata al Keith Relf di Five Live Yardbirds, la chitarra (Josh McClorey) di Wilko Johnson
in Stupidity
ed una sezione ritmica che fa palestra sul palco, qui c'è materia da
far resuscitare i morti ed una musica ancora giovane dopo cinquanta anni che è
stata inventata. Altro che quei fighetti metropolitani degli Strokes, The
Strypes, da Canvan, provincia irlandese. Guinness e rock n'roll.
MAURO ZAMBELLINI
6 commenti:
Non c'è pericolo di fare musica Vintage senza nulla aggiungere ai dischi che già esistono (Stones, Feelgood, 9 below zero...)
punto interrogativo
allora lasciamo che i giovinetti facciano le teen boys band e non lamentiamoci che i figli ascoltino le monnezze, no, conta l'energia e l'attitudine, la sincerità di un rock n'roll ancora pulsante
interessante, solo da correggere county CAVAN,provincia depressa
salut
Un altro centro di Zambo (anche se...):
http://conventionalrecords.wordpress.com/2013/10/02/snapshot-the-strypes/
grazie per il contributo e le lodi Andrea
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