lunedì 24 gennaio 2022

MUDDY WATERS di Robert Gordon


 

Questo di Robert Gordon, autore di numerosi libri e film documentari, non è solo una dettagliata biografia su Muddy Waters ma un grande romanzo del blues. Racconta difatti attraverso la vita travagliata ed avventurosa di McKinley A. Morganfield altrimenti conosciuto come Muddy Waters, nato nel 1913 a Rolling Fork nel Mississippi, il cammino del blues dalle sue origini rurali alla migrazione verso le grandi città industriali del Nord, in particolare Chicago dove subì una trasformazione radicale per via dell’introduzione della chitarra elettrica. Dal Delta country-blues al blues urbano di Chicago, Muddy Waters ha rappresentato l’evoluzione di un genere nato nei campi di cotone del Mississippi e trasformatosi nel mezzo espressivo di una generazione di musicisti urbani afroamericani, oltre a divenire modello per tanti chitarristi e cantanti bianchi sparsi in tutto il mondo. Basti ricordare che uno dei più importanti e longevi gruppi rock della storia, i Rolling Stones, ha preso il nome da una canzone di Muddy Waters, e la stessa canzone è servita come titolo del giornale musicale più conosciuto del pianeta, per riconoscere l’assoluta importanza storica e artistica di Muddy Waters. In questo bel volume della Shake Edizioni, Robert Gordon racconta una storia bellissima pur contrassegnata da vicende turbolenti, pericolose, drammatiche, luttuose, misere, una biografia straordinaria intrisa delle dinamiche e i cambiamenti culturali che hanno visto il blues mutare da un semplice canto di sofferenza al più profondo e popolare linguaggio di espressione dello stato d’animo umano, nelle sue manifestazioni dolci e amare, di gioia e di dolore. Che Muddy Waters  sia l’uomo che più  di tutti ha rappresentato la storia di tale genere musicale lo si poteva ben intuire fin dall’inizio quando pur essendo nato nel 1913 asseriva di essere venuto al mondo nel 1915 ed in un altro luogo da quello reale. Un uomo nato in un anno in cui non era nato, che diceva di essere di una città in cui non era nato e che portava un nome che non gli era stato dato alla nascita, più bluesman di così non si può essere ed è l’atto primo di una storia rocambolesca che Robert Gordon racconta per filo e per segno, con dovizia di particolari, aneddoti, note esilaranti e tristi, avvicendamenti di personaggi, caos famigliare, donne consumate come sigarette (un vero tombeur de femme il nostro Waters), figli riconosciuti e figli perduti, soldi bruciati e soldi mai pervenuti, Cadillac, liti, pistole, gangster, razzismo, maiale e pesce fritto, alcol, tanto alcol ma soprattutto musica. 


Dalla prima canzone incisa, il 31 agosto del 1941 ovvero Country Boy ai suoi testi pieni di sensualità e virilità come Hoochie Coochie Man, I Got My Mojo Working e Mannish Boy o intrisi di insoddisfazione esistenziale come Rollin’ Stone e I Can’t Be Satisfied, dai dischi per la Chess Records fino a Fathers and Sons, l’album dal vivo che avvicinò la generazione hippie al blues, fino alla rinascita di Hard Again voluta per espresso interessamento di Johnny Winter dopo che negli anni settanta Waters sembrava ormai passato di moda, travolto dal massiccio coinvolgimento del pubblico nero verso il soul e dal crescente successo dei gruppi bianchi di rock-blues ( ebbe a dire a proposito “saltano fuori questi ragazzi bianchi che cantano la mia roba ed il giorno dopo sono diventati uno dei più grandi gruppi in circolazione. Noi invece abbiamo lottato tanto per avere un piccolo riconoscimento”), la sua inconfondibile voce e la sua lamentosa slide sono stati il mezzo per conquistare il rispetto per una cultura messa da parte come un mucchio di rifiuti. La sua musica ha diffuso la voce trionfante di gente arrabbiata che chiedeva un cambiamento. Affermava lo stesso Waters “ il blues esisteva prima che io nascessi, ed esisterà sempre. Finché c’è gente che soffre, ci sarà blues”.  Di lui Keith Richards nella prefazione scrive che era come una carta geografica, era la chiave di tutto, e anche dopo essere diventato famoso e aver girato il mondo, continuava a identificarsi con l’ufficio della piantagione di cotone dove veniva pagato per il suo lavoro nei campi.



Un vero cantante di blues non ha nessun interesse per il paradiso e ben poche speranze sulla terra, è per tale ragione che Muddy Waters nel 1943 lasciò il Sud, non molto tempo dopo avrebbe cambiato il sound del blues. Chicago era la terra promessa e per Muddy il sogno si avverò. Aveva uno scopo e lo perseguì con tutti i mezzi, pagandone le conseguenze, solo alla fine della carriera guadagnò molto denaro e visse  gli ultimi anni della sua vita in un felice ambiente famigliare. Robert Gordon con la sua prosa scorrevole ci accompagna in questo lungo tragitto fino al decesso, avvenuto il 30 aprile del 1983, attraverso quindici capitoli ognuno relativo ad un lasso di tempo definito. Un viaggio trasognato ed insieme un pugno allo stomaco, dai campi di cotone del Mississippi e al dolore che li permeava, ai balli e le prostitute dei juke joint, dall’incontro con Alan Lomax alle strade malfamate di Chicago con le sue fabbriche, i suoi macelli e i suoi effervescenti club. L’amore per Robert Johnson e la rivalità con Howlin’ Wolf, l’amicizia con il chitarrista Jimmy Rogers, la stima per Willie Dixon ed il sodalizio col pianista Otis Spann, il ruolo di maestro e bandleader per i tanti che sono passati sotto la sua ala, Little Walter, James Cotton, Paul Oscher, Bob Margolin, Calvin Jones, Hubert Sumlin, Dave Peabody e tanti altri. Completo di riferimenti discografici  e di note succulenti, come quella relativa ai preparativi di The Last Waltz quando il manager di studio cercò di convincere Levon Helm a estromettere Muddy Waters dallo spettacolo e questi gli rispose “togliti immediatamente dalla mia vista figlio di puttana prima che dica ad uno di quei ragazzi dell’Arkansas di massacrarti di botte” e nella stessa occasione, durante le prove, tutti i chitarristi presenti,  da Robbie Robertson a Bob Dylan, da Eric Clapton a Neil Young e Steve Stills, rimasero a bocca aperta guardando Waters suonare Nine Below Zero, e l’espressione sulle loro facce valeva da sola il prezzo del biglietto.



La cultura del blues ha avuto un impatto sul ventesimo secolo che non è stato secondo a nessuno, Muddy Waters è stato “il blues” per antonomasia e non solo, questo è un libro che gli amanti della musica non possono ignorare. Fondamentale.

 

MAURO ZAMBELLINI       GENNAIO 2022

 

36 commenti:

Armando Chiechi ha detto...

Il nome di Gordon è una garanzia e il libro sicuramente qualcosa da prendere assolutamente. Ricordo sempre volentieri i bei tomi dedicati a Robert Johnson ( P.Guralnick), la biografia su B.B.King di David Ritz ed altri sparsi o per tornare alla Chess il bellissimo film " Cadillac Records"!! Non ricordo a memoria altri libri di rilievo dedicati a McKinley Morganfield ma grazie a questa segnalazione saprò cosa leggere,quando andrò a riascoltare i suoi vecchi vinili !!
PS : l'episodio sullo scambio di battute tra Levon Helm e quel manager è spiazzante quanto illuminante .

Armando

Giancarlo Della Frera ha detto...

Bravo e bello. Il live in Montreux uscito qualche mese fa è veramente eccellente.

Armando Chiechi ha detto...

Purtroppo ci ha lasciato sul più bello, quando Johnny Winter lo mise in sesto facendogli suonare i suoi vecchi classici, sembrò tornare ad una seconda giovinezza e quei brani sembrarono come fossero stati cantati per la prima volta. Tra i bluesmen di seconda generazione è quello che più mi manca insieme a John Lee Hooker !!

Armando

Unknown2 ha detto...

Livio. C'entra nulla con Muddy Waters, ma grandissima ovazione x Neil Young: ha ritirato tutti i suoi pezzi da spotify, e sta convincendo a fare lo stesso tanti colleghi, a cominciare da Joni Mitchell e Nils Lofgren. Incurante del notevole danno economico, vuole protestare contro un blog no-vax che pare spopoli sulla + grande piattaforma di musica liquida. Le mie playlist da oggi avranno purtroppo tanti buchi neri, ma appoggio senza riserve il Bisonte. Grandissimo oltre la musica. Dice di non sopportare l'insulto alla scienza, ai medici, agli infermieri...
Non ci sono solo i novax Van Morrison ed Eric Clapton, dunque.
Fra l'altro un bel libro di Jonathan Coe (Middle England, 3° di una trilogia notevole) mi ricorda che Slowhand in un concerto del 1976 si espresse a favore di Enoch Powell, 'bel' fascista\razzista della politica britannica anni '60-'70.
Clapton è e resta uno dei miei prediletti in assoluto, ma in qs caso mi permetto di scindere, nelle preferenze, l'uomo dal musicista...

Armando Chiechi ha detto...

Vero Livio...grande rispetto per Young e soprattutto coerente con se stesso in ogni momento. Certo, è anche vero che appoggiò Reagan contro ogni logica
previsione, ma in tempi non sospetti,quando in molti credettero potesse essere il presidente che avrebbe portato fuori dal tunnel gli U.S.A.!? Discorso diverso per Clapton che in quest'ultimo caso soprattutto ( vedi pandemia) pare stia dicendo cose veramente assurde. Di quelle dichiarazioni vecchie e xenofobe pare che in seguito se ne sia pentito,ma per quanto bisognerebbe sempre separare l'uomo dall'artista, a volte ti condizionano. Clapton mi piace come Van Morrison ma trovo assurdo sentire certe cose da uomini che ad una certa età dovrebbero essere più saggi, ma la vecchiaia gioca brutti scherzi a tutti, tranne al vecchio bisonte e alla dolce ex ragazza del Canyon, giusto per citare i due canadesi.

Armando

Armando Chiechi ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
corrado ha detto...

Livio, mi hai ricordato che ho Middle England sul comodino dalla scorsa estate e devo ancora cominciarlo! Il fatto è che la sera sto Leggendo Topolino con mia figlia piccola...
Su Young ricordo che dovette essere un grosso equivoco legato all'uscita di Hawks & Doves (disco da riscoprire). C'era molta ironia in quelle canzoni (nel lato B, quello country rock) e allepoca non era stato compreso. Un po' come quando nel 1992 aveva detto che se gli americani avessero voluto un grande cambiamento avrebbero dovuto votare Ross Perot. Non aveva però detto: "Votatelo perché è il migliore!"...
Comunque l'ultimo Barn cresce con gli ascolti, non sarà un capolavoro, ma fa vibrare ancora le corde di noi vecchi rocker

Armando Chiechi ha detto...

Vero Corrado, " Hawks & Doves" non è poi così male, pensando che di lì a qualche anno avrebbe pubblicato " Everybody's Rockin'" e " Trans", un incubo ad orecchie aperte e nemmeno troppo. Per me fu uno shock, tanto è che ripresi ad ascoltare Young solo con il ritorno alla Reprise. " Barn" non l'ho ancora preso ma rientra in quella lista ideale di nuovi acquisti.In questi ultimi giorni sto ascoltando i Gov't Mule di " Heavy Load Blues", l' ultimo Mellencamp e stimolato da un articolo di Mauro sul Buscadero ho ripreso " Brothers" dei Black Keys che non riascoltavo da un bel po' e per il resto nella sezione " come eravamo" il primo di Rickie Lee Jones, qualcosa degli Say Zu Zu e stamattina in auto una antologia degli Small Faces, ma senza alcuna nostalgia e solo per il piacere dell' ascolto.

Armando

corrado ha detto...

Rickie Lee Jones: ecco una da recuperare. Dopo i primi dischi era entrata in un tunnel musicalmente buio e depressivo, poi ne era uscita fuori. Non so nulla di cosa faccia oggi

Unknown2 ha detto...

Livio. Corrado, continua a leggere Topolino con la tua piccola. Io non vedo l'ora di farlo con la mia pronipote Eleonora, 14mesi. Con calma riprenderai Middle England, che dopo La Banda dei Brocchi e Circolo Chiuso chiude un po' il cerchio delle vicende della famiglia Trotter e x esteso dell'Inghilterra post Brexit. Letture piacevolissime, oltrechè intelligenti, x ql che mi riguarda.
Armando, anch'io sono sui Muli, ma + la versione live\cover. Non sono un fan delle jam band, ma ho sentito ieri una Fortunate Son di + di 10minuti che è... oro puro.
Small Faces raccomandatissimi, e poi Faces e poi il Rod Stewart pre-traversata dell'Atlantico.
Gli Humble Pie un po' meno indispensabili, secondo me, ma sempre buoni. Più che di nostalgia, qui parliamo, semplicemente, di qualità.
Hawks & Doves a me piacque un bel po'. Fu sottovalutato forse xchè venne dopo l'epopea elettrica dei 2 Rust. Poi sulla produzione Geffen concordiamo tutti (almeno credo): il periodo meno felice di una carriera mitica

corrado ha detto...

Eppure io al tempo Trans me lo feci piacere. Avevo 15 anni o giù di lì e un carattere oppositivo. Quindi per andare contro ai parenti e agli amici più grandi che lo avevano distrutto, avevo esaltato la voglia di sperimentazione del canadese. Col tempo "Trans" si è rivelato un disco debole, ma con alcuni momenti interessanti. L'aspetto tecnologico e l'uso dei computer erano sicuramente didascalici e quasi puerili, ma nascevano dalla particolare situazione che Young viveva in famiglia, con il figlio tetraplegico e la necessità di sperimentare nuove tecnologie per interagire con lui.
Se brani come Sample and Hold o We're control sono delle vere e proprie tamarrate, Computer Age e Transformer Man erano interessanti e scritte molto bene, come dimostra la cover unplugged del secondo brano qualche anno dopo. I pezzi "tradizionali" erano prodotti in maniera molto raffinata, ma nascondevano la modestia compositiva. La ripresa di Mister Soul, invece, rappresentava una dichiarazione di intenti(voglio cambiare) più o meno riuscita. Insomma, non una schifezza completa, anzi, ma certo traumatico per i vecchi fans del canadese. Essendo io al tempo un adolescente, lo avevo apprezzato per il coraggio. Difficile per me ascoltarlo oggi dall'inizio alla fine.

Armando Chiechi ha detto...

Ragazzi concordo sui Gov't Mule di " Heavy Load Blues" e che il bonus disc è decisamente più accattivante. Interessante la disamina di Corrado su " Trans", alla cui nascita contribuì il disagio dei figli nati con quella particolare sindrome. Bella comunque fu la rilettura in acustico che ne fece come tu dici e la cover di " Computer Age" riletta dai Sonic Youth. Ad ogni modo " Trans" non l'ho rimesso più sul piatto dalla sua uscita, al pari di titoli come " Human Touch" ( Springsteen ) o altri viziati da sovrapproduzioni o synth e suoni datati anni '80 in cui in tanti sono cascati. Mi fa ancora rabbia se ripenso a certi dischi, da Lou Reed a Bob Dylan, da Bruce Cockburn a John Stewart,passando per il Joe Ely di Hi-Res ( anche se di quest'ultimo si salva qualche brano) tranne chi è riuscito ad utilizzarli e a dosarli nel giusto modo e a tal proposito mi viene in mente Van Morrison. Penso sempre, cosa potrebbero essere certi titoli spogliati da certi arrangiamenti e magari risuonati e rivisti ??

Armando

Marco ha detto...

Riguardo A Clapton e Morrison, non so Manolenta, ma l'irlandese secondo me più che i vaccini era contro le restrizioni.

Unknown2 ha detto...

Livio. Giusto citare i problemi dei figli di Neil Young: una vicenda che l'ha devastato e che può sicuramente aver influito anche sulla sua musica, oltrechè sul suo matrimonio.
I giustamente vituperati suoni ipertrofici anni '80 penso che tra qualche tempo sapremo giudicarli + serenamente, apprezzandone il profumo d'antico e il fatto di essere 'figli' di un periodo particolare e irripetibile, come facemmo con Elvis (anni '50), il beat inglese ('60), il progressive ('70. X me ancora indigesto, peraltro, ma non posso disconoscere, ad es., la strepitosa perizia tecnica dei suoi esponenti + autorevoli).
Io di 'quella' musica apprezzavo Roxy Music, Eurythmics, E.L.O., Eagles (troppo criticati, forse x colpa del Grande Lebowsky), il glam rock... Certo che però se poi mettevo su i Green on Red, tutto il resto scompariva...
Ben vengano punti di vista differenti e\o info + precise sulle idee degli artisti novax

Armando Chiechi ha detto...

Giusto Livio, i gusti sono e rimangono tali,quindi personali. Sicuramente gli anni '80 ci hanno dato tanto di buono oltre quello che andava in classifica e non solo in un ambito più vicino a quel rootsrock che tanto abbiamo amato.A dispetto di Drugo* ( Il Grande Lebowski) io ho sempre amato sia i CCR che gli Eagles,anche se a posteriori dei secondi ora salvo i primi tre più " Hotel California" ma soprattutto per un discorso tecnico e strumentale. Ad ogni modo e per citare ciò che hai detto sul tempo, credo che questo sia l' unico ed impietoso giudice.

Let It Roll, Friends !!

Armando

Unknown2 ha detto...

Livio. Una considerazione a parte. Ho terminato or ora un librone di Enrico De Regibus in cui viene vivisezionata, con storia, opinioni, ricordi dei protagonisti, OGNI canzone di Francesco De Gregori. L'ho trovato, versione elettronica, a meno di 2€, e l'ho preso x curiosità. Indispensabile x i fan, devo dire che pure a me, non sfegatato, ma affezionato soprattutto alla (cospicua) produzione live del Principe, ha fatto capire che troppo spesso liquidiamo distrattamente pezzi dietro cui stanno mesi di lavoro, messaggi ed idee stimolanti e apprezzabili, sentimenti profondi e tormentati.
Parlo in generale, e mi chiedo ad es., masticando solo 'a little bit' di inglese, quanto mi sono perso nei decenni dei testi dei miei eroi. Certo, ho studiato le traduzioni, ma non è la stessa cosa. Una canzone è un ibrido peculiare di testo e musica, non è solo poesia e non è solo melodia.
Mea culpa, io dei pezzi in inglese so apprezzare (quasi) solo la musica, e per transizione, di quelli in italiano seleziono immediatamente basandomi sui suoni: se mi colpiscono quelli, mi dedico POI al testo... Mah... non va mica bene, eh?

Luigi ha detto...

Teniamoci stretti Moondance,Tupelo honey ,Layla e tanti altri capolavori e stendiamo un velo pietoso sulle opinioni attuali di Morrison e Clapton
...........

Armando Chiechi ha detto...

Si Luigi, quei capolavori oltre a custodirli gelosamente rimarranno sempre impressi nella memoria e per agganciarmi a quanto dice Livio, rispondo che avere una buona conoscenza della lingua inglese ci avrebbe sicuramente aiutato. Certo molto è cambiato e per fortuna in meglio, ma ricordo ancora in quale modo ci si attaccava alle traduzioni degli album pubblicati dal Mucchio Selvaggio o quanto si aspettasse con impazienza le varie liriche pubblicate nella serie della Arcana. Non smetterò mai di ringraziare chi con passione ed amore negli anni ha tradotto tutti quei dischi. Ricordo ancora le sere in cui mentre sul piatto girava " Catholic Boy" di Jim Carroll si andava a riprendere quelle pagine in bianco e nero e la Bowery e Lexington Ave.ti si paravano davanti con tutti quei junkies. Idem per i vagabondi sognatori della Rickie Lee di " Pirates",i vari personaggi cantati dal Waits di " Blue Valentine" o i cowboys e i losers cantati da Guy Glark e Townes Van Zandt. Se dovessi aggiornare le traduzioni ai giorni più recenti, non mi dispiacerebbe avere tra le mani un bel volume dedicato a Lucinda Williams e spero che prima o poi qualcuno lo faccia !?!

Armando

Armando Chiechi ha detto...

Scusate,ma ritenendo questo blog uno spazio di sano e civile confronto, nonché un club di persone che pur non conoscendosi,sentono i partecipanti quali veri e propri blood brothers...mi chiedo dove è Bobrock e se va tutto bene ?!
Hey Bob...fatti sentire !!?

Armando

corrado ha detto...

È vero, ci mancano i commenti salaci di Bob, un ottimo interlocutore!

Unknown2 ha detto...

Livio. Mi unisco all'appello a Bobrock a battere un colpo: sei il nostro 4o moschettiere, parbleu!!! E il nostro recensore\live di fiducia

Luigi ha detto...

Gli hollis brown,dopo averlo fatto con Loaded dei Velvet Underground,adesso ripropongono per intero la versione americana di Aftermath degli Stones.
Il risultato è ottimo ( vorrei vedere con quel materiale).Spicca una versione un po'piu'muscolare di Lady jane che mi piace molto.
Disco gradevole che potrebbe essere motivo di interesse per tutti, in particolare per il nostro prof.noto cultore della materia .

bobrock ha detto...

Vi leggo vi leggo ….. non commento ma vi leggo. Ve l’ho già detto e mi ripeto mi piace leggervi . Partendo dal padrone di casa che ha questa maniera di scrivere in una modalità cinematografica. Trasuda ancora di passione ❤️‍🔥, con questa straordinaria capacità di trasportare “ nella storia “ facendotela vedere e ascoltare . Ed é veramente affascinante perché ti cattura e ti tira dentro .
E poi ci siete voi e ogni post vale la pena di essere letto.
Devo dire che avete messo molta carne al fuoco. Partendo da Muddy Waters di cui ho un ricordo lontanissimo se non erro 1981 al Vigorelli di Milano io diciassettenne lui mi appariva tragicamente vecchio e sono riuscito ad apprezzarlo veramente anni e anni dopo.
In gioventù ho fatto alcuni svarioni. Quello di cui mi pento ancora oggi é non aver visto Jerry Lee Lewis ma anche lì la sua data di nascita mi aveva bloccato . Per quanto fosse un eroe degli anni cinquanta non potevo immaginare di assistere ad un concerto di rock di una persona che avesse 60 anni. Per un concerto blues ci poteva stare , ma un concerto rock sinonimo di giovinezza , sfrontatezza , regole saltate e vite sregolate sessanta primavere mi sembrava un limite invalicabile.
Tenete conto che la mia prima volta dei rolling datata 1982 mick Jagger 38 enne e io avevo la percezione di vedere un dinosauro 🦖.
Se avessi immaginato che avrei continuato a vederli live anche nel 21_ secolo avrei scommesso dei soldi perdendoli.
Capitolo spotify: mi piacerebbe che qualcuno mi facesse capire come il colosso svedese abbia conquistato una posizione di mercato così dominante . Capisco all’inizio del secolo la problematica di Napster , la musica gratis , la crisi irreversibile delle case discografiche pero’ mi sembra anche di capire che soltanto i big della musica guadagnano tramite lo streaming ma ai piccoli restano briciole.
Quindi la crociata di Young é soltanto per le questioni dei podcast gestiti da un personaggio equivoco ospitante teorie no wax oppure c’è anche un problema di royalties dietro.?
Comunque Young uber alles anche con l’ultimo Barn che a Livio non è piaciuto .
Per me é un album più che discreto ; migliore di Colorado piuttosto esangue e con qualche buona canzone.
Tenuto conto dell’età del bisonte 🦬 sono più che soddisfatto.
Tornando al post di fine d’ anno vi do un dato statistico : ho comprato una settantina di cd. Di cui soltanto una decina album nuovi 😳
Quindi solo ristampe e dischi dal vivo .
Credo ci sia poco da aggiungere : sono un soldato giapponese nella giungla filippina …..però sto comodamente su un amaca
Voto disco del passato anno james mc murtry
Alla prossima amici

Armando Chiechi ha detto...

Sempre belli Bob,i tuoi ricordi e le tue cronache imperdibili sui vari setlive a cui hai nel tempo assistito ed insieme a Zambo siete i nostri agenti speciali sul campo. Un vero peccato il mancato concerto di Jerry Lee Lewis e che onestamente avrei visto in qualsiasi periodo al posto di un Chuck Berry che mi brucia ancora per l'enorme delusione che mi provocò. Idem per un concerto annullato da B.B.King a fine anni'90 ( il tour a supporto del disco blues e jumpin jive dedicato a Louis Jordan...),come un'altro sempre annullato da Mick Taylor all'ultimo momento quando i camion erano già sul posto e la crew pronta a montare il palco. A memoria e a proposito di mancanze e delusioni, ricordo di non aver trovato i biglietti per Nina Simone al teatro Petruzzelli e che andarono esauriti in poche ore,un'altro concerto previsto di Chet Baker ma che non ci fu più per la sua morte improvvisa e per ultimo una Rickie Lee Jones a 150 km da dove vivo ma che non fu per nulla annunciato e pubblicizzato.

Buon weekend amici...

Armando

Unknown2 ha detto...

Livio. Ben trovato, Bob! Tutto bene, mi auguro. Sì, io continuo a essere orgogliosa minoranza: Barn non mi è piaciuto, e preferisco decisamente il Mellencamp elettrico, full band, e con Kenny A. ai tamburi. Allo stesso tempo mi rendo conto che se la maggioranza la pensa diversamente è molto probabile che sia io quello in errore, ma al cuor non si comanda, e non mi va di uniformarmi solo x 'non fare brutta figura'. Preferisco essere sincero nella mia incompiutezza, xchè so che in qs casa non verrò insultato, ma semplicemente contraddetto civilmente, in rispetto e amicizia.
Ben + seria è la questione Spotify: ne va del futuro della ns musica! Dal punto di vista dell'ascoltatore (io) è una miniera d'oro e diamanti a cielo aperto: trovi praticamente tutto in tempo reale, senza limiti di genere, epoca o di interprete. Se proprio voglio fare il difficile, manca qualcosa dei Green on Red e quasi tutto di Davide van de Sfroos, che a me piace molto.
Anche la qualità del suono, criticata da Neil Young, a me, peraltro ignorante in tema di hifi, pare ottima. Ascoltare spotify al buio, in cuffia, è quasi un'esperienza psichedelica.
Il tutto x miseri 10€ al mese! Parrebbe meraviglioso, no?
Poi ti informi un po' e scopri che agli artisti vengono corrisposti 4$ x ogni 1.000 streaming. Indecente. Nonostante ciò, lo stesso N.Young dichiara che il 60% dei suoi profitti streaming arriva proprio da Spotify. Non posso sapere se dietro la sua mossa eclatante ci sia il desiderio di ricontrattare individualmente i suoi compensi, o se sia sinceramente impegnato contro i novax e lo sfruttamento dei musicisti. Time will tell.
Certo Spotify, coi suoi 172mln di abbonati, incassa 1.720.000.000€ al mese. Una cifra iperbolica, che le consente di continuare ad acquisire esclusività, senza badare ai contenuti, come dovrebbe fare un vero editore x legge. D'altronde pare che N.Young renda loro la metà rispetto al novax Rogan...
C'è poi la questione della cessione dei diritti. N.Young si è potuto permettere una mossa tanto dirompente prima di tutto xchè è già miliardario di suo, e poi xchè ha ceduto solo parzialmente i diritti delle sue composizioni, al contrario dei vari Dylan, Springsteen, Crosby etc...
Ci sarebbe troppo da dire ancora sull'argomento, e scusate la prolissità.
Un caro saluto a tutti

Armando Chiechi ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Armando Chiechi ha detto...

Caro Livio i gusti sono personali e quindi vanno rispettati. Tra l'altro il confronto nasce anche da questo e questo è il bello di questo spazio. Ci sta che a te piaccia più il Mellencamp elettrico e rock,come a me al tempo è piaciuto e ancora mi piace Western Stars o per rimanere al Mellencamp degli anni passati" Cuttin'Heads",un album abbastanza criticato. Riguardo a Spotify da parte mia,lo uso più che altro per scoprire nuove uscite ed artisti magari che non conosco e che vengono segnalati da Mauro in questo blog o magari da altri suoi colleghi sulle pagine del Buscadero. Ad ogni modo però preferisco sempre il supporto fisico,idem per i libri...nulla può e potrà sostituire il fatto di sfogliare la carta e sentirne il suo odore !

Armando

Armando Chiechi ha detto...

Chiedo scusa per lo scritto,inizialmente e per colpa delle funzioni in automatico,abbondante* (*questo)😄😄😄

Armando

bobrock ha detto...

Livio anche se non dovrei dirtelo perché è una ovvietà ognuno è libero dì dire piacere dissentire etc etc pertanto a te non piace Barn a me non dispiace direi che va bene così . È una normale contrapposizione dì idee .
Non conformiamoci perché ascoltiamo la stessa musica . Pasolini asseriva che aveva orrore dell’ omologazione e come dargli torto .
Detto questo ti sei reso conto che ci siamo giocati Bruce !! Anche quest’anno nada nada nada . Corrado dovrà aspettare un altro anno prima dì portare il figlio .
Prossimi miei appuntamenti se tutto va bene ad aprile: joe Jackson e gli Eels che consiglio caldamente a tutti .

Unknown2 ha detto...

Livio. Si, chiaro che un tour mondiale di Sp.steen non può che andare sul sicuro: se cominciano a saltare date causa covid va tutto a rotoli come con le tessere del domino. Ci proveranno a covid estinto, suppongo. E un motivo in + x biasimare i novax è che ostacolano il ritorno alla musica live.
Intanto qui in Trentino impazza la Vascomania. 100.000 ticket già sold out, di cui pare che ben 40.000 siano stati venduti in provincia. Tenuto conto che siamo non + di 1\2milione, trovo stupefacente che quasi un mio conterraneo su 10 abbia aderito. Boh... Io comunque il 20maggio non sarò lì. X quanto abbia apprezzato Vasco in passato, trovo che da almeno 30anni non è + lui, xciò mi tengo il ricordo di sansiro 1990, col trentino Andrea Braido alla chitarra.
Tecnologicamente sono un dinosauro, xò mi trovo a combattere con grossi problemi di scaffalatura: non ho + posto in casa x dischi e libri, e non sopporto di separarmene. Ecco xchè sono diventato utente soddisfatto di spotify e kindle. Anche la lettura elettronica, una volta che ti sei abituato, ha notevoli vantaggi, non ultimo il fattore prezzo. Nonostante ciò, devo ammettere che potendo sarei rimasto ghiotto fruitore dei supporti fisici. Il cuore di sicuro lì mi porterebbe

Armando Chiechi ha detto...

Lo capisco Livio...il problema spazio diventa una rogna quando il numero dei tuoi libri,dischi,film non è più quello dei tuoi 13/20anni,poi devi fare spazio anche alle passioni di tua moglie ed in quest'ultimo caso trattandosi di libri,hai bisogno sempre di ottimizzare o di comprare altri scaffali o mobili. Pensa che io anni fa con i CD ho dovuto comprare delle scatole da ufficio con etichetta e dividerli per generi ed oltre a questo toglierli dall'involucro di plastica, salvare chiaramente libretto e inserirli in bustine trasparenti come fossero vinili !?! Lo so che può sembrare assurdo ma una buona parte dei miei compact sono sistemati in questo modo alla voce : Soundtrack, Garagerock,Alternative & Punk, Blues & Rockblues, Soul & Funky, Jazz...🤗😉

Armando

bobrock ha detto...

Stesso mio problema lo spazio …
Appartamento dì 95 mq.
Mia moglie compra libri io dischi .
Dato statistico : avrò 2500 cd ma nel corso degli ultimi 20 anni ne ho eliminati fisicamente almeno 1000 …oltre ad aver venduto altri mille vinili sempre 15 anni fa .
I vinili erano in cantina e gli scatoloni stavano implodendo e piuttosto che farli marcire li ho venduti . Si lo so è bruttissimo più persone me l’anno menata x questo ma fintanto che non vinco al Superenalotto comprare casa a Milano dì maggiori dimensioni è improponibile . Almeno x me .

bobrock ha detto...

Me l’hanno menata ..ho pure scritto senza h 😱

Unknown2 ha detto...

Livio. Bello essere capiti. Io ho sia la passione dei dischi (circa 3.000 tra vinili e cd) che dei libri (forse 2.000, chi lo sa). X fortuna casa capiente, ma a tutto c'è un limite.
Vedo che tutt'e tre abbiamo scelto soluzioni drastiche e del tutto diverse: Bob ha rinunciato ai vinili (e no, non te la meno, comprendo quanto dev'essere stato doloroso!!!), Armando ha rinunciato ai jewel box, io a incrementare i supporti fisici. Difficili scelte, sì, ma non drammatizziamo: i problemi veri sono altri...
Siamo blood brothers anche in questo!

Unknown2 ha detto...

Livio. Dimenticavo: sono anche un dvd addicted, musicali e non (i film + mitici dovevo proprio averli!!! e ovviamente sono diverse centinaia). Qui mi aiutano lo sterminato web e le pay tv, e anche qui a un certo punto ho rinunciato al 'fisico'...

Armando Chiechi ha detto...

Credo che siamo tutti più o meno sulla stessa lunghezza d'onda. Con i DVD ho dovuto smettere, perché oltre a quelli musicali era d'obbligo tenere anche quelli relativi ai film che seppur visti al cinema ed in TV,non possono mancare in casa di un vero appassionato, specie quando sai che c'è quella sottile linea rossa che collega le arti tutte. Devi avere i più bei concerti e non puoi farti nemmeno mancare il miglior cinema della New Hollywood, da Penn a Coppola, passando per Bodganovic,Friedkin,Malick,Hopper,Scorsese,ecc. Per non parlare che poi anni fa andando a vedere un documentario di Scorsese sul cinema Americano scopri altri capolavori sommersi e di genere e vai....con altri film tipo " Le Catene della Colpa" o certi film di Dalmer Daves. Insomma non si smette mai....e per fortuna !!

Armando