Quaranta
anni di attività musicale continuando comunque ad avere un lavoro al di fuori
della musica per poter vivere e coltivare la propria passione, è una impresa
che almeno in Italia ha dell'eroico. Eppure i Mandolin' Brothers pur con
qualche alto e basso sono arrivati indenni (quasi) e pimpanti alla soglia del
2020 sfoderando tra l'altro 6, il miglior disco, almeno per chi
scrive, della loro lunga avventura. Formatisi nel 1979, in tempi assolutamente
non sospetti, grazie alle intuizioni di Jimmy
Ragazzon, armonicista e cantante amante di Dylan e Vietnam, e Paolo Canevari, eccellente chitarrista
per lo più Fender, i quali si inventarono un duo acustico per supportare i concerti
della Treves Blues Band. Suonavano blues acustico quasi per divertimento
dopolavoristico ma l'introduzione due anni dopo di un bassista e di un
batterista portò il combo ad abbracciare sonorità elettriche con l'orecchio
rivolto ai classici del genere ma disposti ad allargarsi verso il rock dei
cantautori elettrici americani e a quello che ancora non veniva chiamato americana ma semplicemente roots-rock.
Le
prime testimonianze a livello di registrazione dicono di una presenza nella
compilation Dixie In Rock (1985) a fianco di nomi quali Tolo Marton e la
Baker Street Band ed una cassetta autoprodotta nel 1994 con l'eloquente titolo Roots
& Roll. Ma bisogna aspettare il 2001 per avere il primo e vero CD
dei Mandolin' Brothers. For Real vede Ragazzon e Canevari
contornati dal chitarrista e mandolinista Bruno
De Faveri, dal bassista Riccardo Fortin, dal batterista Daniele Negro, quest'ultimo ancora uno dei perni della band,
e dal fisarmonicista Stefano Cattaneo. Dodici tracce di roots & roll music come amano definirla loro, undici scritte da
Ragazzon con l'aiuto a rotazione degli altri, più la cover di Willin' dei Little Feat, altra passione
del leader che non mancherà mai di citare la band di Lowell George come una delle "fisse" del loro background,
una influenza che è diventata una vera radice del loro suono tanto che il
recente 6 si apre proprio con My
Girl In Blue, un esplicito omaggio allo stile dei Feats.
Non
è comunque in discesa la strada per i MB, il fatto di cantare in inglese in
Italia non apre molte porte se non quella della nicchia degli appassionati del
genere, che ormai in Italia si conoscono tutti dato il numero non certo da
capogiro, e poi alcune vicende personali portano il gruppo a perdere qualche
pezzo. Devono passare ben sette anni, trascorsi nella più dura gavetta di
concerti nelle periferie del rock e del blues, per respirare una boccata di
ossigeno rigeneratrice. Nel gennaio 2007 i MB sono difatti invitati negli Stati
Uniti per alcuni concerti al Broward Center for the Performing Arts e al China
White Club di Fort Lauderdale in Florida. Una relazione quella con gli Stati Uniti che non si
esaurisce lì ma conoscerà seguiti importanti. Nella primavera del 2009 i MB
sono ad Austin, Texas per suonare e per registrare alcuni nuovi brani nello
studio di Merel Bregante, storico
batterista country-rock, collaborando con lo stesso, con Kenny Grimes, Doug
Hudson, Carl Lo Schiavo (Sarah Pierce Band), Lynn Daniel, Cody Braun dei
Reckless Kelly e Cindy Cashdollar (
Dylan e Van Morrison). Nel luglio dello stesso vincono le selezioni
dell'International Blues Challenge con la possibilità di esibirsi davanti ad un
pubblico entusiasta al New Daisey Theater e al BB King Blues Club di Memphis.
Ci arrivano forti di un album, Still Got Dreams co-prodotto con
Massimo Visentini, ingegnere del suono di Paolo Conte e con una formazione
rinnovata. Accanto a Ragazzon, Canevari, Negro e Bruno De Faveri sono ora il preciso
bassista Giuseppe "Joe"Barreca
ed il funambolico Riccardo Maccabruni,
musicista dalle cento iniziative che aggiungerà col piano, l'organo e
soprattutto la fisarmonica una versatilità roots ancora più marcata nel
variopinto sound della band. Lo si vede soprattutto nei live scoppiettanti e
coinvolgenti che diventano il miglior biglietto da visita dei Mandolin', sul
palco ci sanno fare dal punto di vista tecnico ma pure con l'impatto fisico e
lo sfruttano creandosi un seguito di fedeli che assomiglia a quello dei Cheap
Wine e dei Gang, una tribù che si sposta per divertirsi e condividere il loro
messaggio assolutamente genuino. Così nel giro di un anno fanno uscire ben due
dischi live.
Il primo 30 Lives! celebra i trentanni di
attività con una selezione dei loro classici, in larga parte estratti da
Still Got Dreams più un doveroso omaggio ai loro maestri David Crosby (Almost Cut My Air), Blind Willie Johnson
e Fred McDowell (Dark Was The Night), Muddy
Waters (Troubles No More), ancora i
Feats di Dixie Chicken e i Neville
Brothers di Iko Iko, il secondo, Moon
Road-Usa 2010 registrato ad Austin, cronaca del loro viaggio negli
Stati Uniti con brani inediti, invitati del luogo e set di immagini realizzato
dal regista Piergiorgio Gay. I Mandolin' cominciano a raccogliere il frutto del
loro tenace lavoro, nonostante alcuni eventi luttuosi incrinino il loro ottimismo, ma è sul palco che si conquistano
una rispettabilità che li rivela come il più brillante combo di americana esistente alle nostre
latitudini. Sanno interagire l'uno con l'altro sfornando un crossover che fonde
l'acuto songwriting del leader con suoni presi dal country-rock, dalle armonie
west-coast in virtù di intrecci vocali plurimi, dal folk, dal blues, dallo
swamp-rock e dalla roots music. Tra il 2012 ed il 2014 sono di scena al
EuropaFest a Bucarest, al Folkest, al Narcao Blues Festival, a Windmill a
Londra e nell'anniversario di pubblicazione di Highway 61 Revisited di
Dylan nel 2015 allestiscono alcuni set dove suonano l'intero album. Ma il salto
in avanti, discograficamente parlando, lo fanno quando sulla loro strada
incontrano Jono Manson il quale cura
e produce Far Out (2014) votato come secondo miglior album di rock
italiano dal poll di lettori del Buscadero. Un album pieno, corposo, con una
complessità sonora che beneficia di una line-up ormai definitiva e collaudata
(al posto di De Faveri c'è la chitarra e il mandolino di Marco Rovino) e di guest di prestigio
(John Popper con l'armonica, Cindy Cashdollar con la weissborn guitar, Jono
Manson, Edward Abbiati), anche una sezione fiati che soffia potente in Hey Senorita, un titolo che sa di Willy DeVille. Un organico perfettamente
sincronizzato ed un singer/songwriter capace di buttar giù canzoni con un
taglio internazionale trovano nella produzione di Jono Manson quel quid di professionalità
che conferisce al disco una qualità superiore. Che si riversa nei diversi aspetti,
vocali, strumentali, di arrangiamento e di insieme. Ragione per cui nel 40esimo
anniversario della loro "carriera" i MB si rivolgondo ancora a Jono Manson per
produrre 6, disco uscito da poco, presentato in anteprima il 30 novembre
al Teatro 89 di Milano ed il 14 dicembre alla Parrocchia del Blues di Godiasco.
Il 30 gennaio saranno in azione nell'amato SpazioMusica di Pavia.
6 è
ancora più solido di Far Out pur essendone la naturale continuazione,
avvalorata pure iconograficamente con una grafica delle copertine ed una scelta
delle foto che rimanda all'immaginario country-rock americano degli anni 70,
molto Flying Burrito Bros. per intenderci , con un tocco Dixie in più e senza le camicie di
Gram Parsons. Un disco ed una estetica che immortala una band che è cresciuta
in pubblico e sulla strada. A loro dire c''è voluto molta fatica e impegno per
realizzare il nuovo lavoro ma ciò che esce è la fotografia perfettamente a
fuoco di cosa siano oggi musicalmente i Mandolin' Brothers, con tutte le sfaccettature
di un'orchestra rock che suona le radici dell'american music, dal southern mood alla Little Feat di My Girl In Blue all'heartland rock al
sapore di Mellencamp di Down Here, dalla
lenta e riflessiva It's Time segnata
dal pianoforte di Maccabruni e dall'ottimo inciso di chitarra elettrica di
Marco Rovino, agli scalpitanti Bottlerockets di Face The Music firmata dalla stesso Manson. Ma il menu è molto
ricco perché le armonie rurali di A Sip
of Life si accompagnano al folk sussurato blues di Lazy Day e l'urlo rock
(l'inizio è alla Led Zeppelin) di Lost
Love con la chitarra di Canevari in gran spolvero alle suggestioni The Band di If
You Don't Stop dove fisarmonica e mandolino padroneggiano. E ancora
l'intensa ballata rock Bad Nights impreziosita
dall'Hammond di Maccabruni e dalla elettrica di Paolo Bonfanti, con la splendida cover di The Other Kind di Steve
Earle, inno di resistenza e di "diversità" in cui i ragazzi si
riconoscono. Sentirsi comunque dall'altra
parte della strada, dopo 40 anni on the road, quaranta anni di canzoni uscite
dalla propria anima rincorrendo ancora i sogni, con ancora molte cose da fare e
ancora tante storie da raccontare, sono le parole con cui inizia 40 Long Years la canzone-autobiografica
che chiude 6 e lascia aperta una meravigliosa avventura.
MAURO ZAMBELLINI DICEMBRE 2019
1 commento:
Grazie Mauro.Davvero grati per le tue parole.
Mandolin'Brothers
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