Un nome da
scolpire sull’Empire State Building ed un disco che ancora oggi suona potente
ed esaltante, ristampato oggi in vinile dalla Fat Possum una etichetta che
solitamente si occupa di North Hills e Delta blues. Quella di Catholic
Boy è invece pura poesia rock urbana ma una poesia al serramanico che
nel 1980 deflagrò nella New York post punk. Jim Carroll inizia come scrittore e
poeta ( Jim Entra Nel Campo di Basket, Jim ha cambiato strada e
Living At The Movies) ma come Patti Smith decide di sostituire la macchina da scrivere
con la musica per rendere ancora più diretto e lancinante il suo linguaggio
crudo e senza mediazioni, frutto di giovanili storie personali tra campi di
basket, collegi, droga e prostituzione. Un' esperienza diretta che lo lega ad
una New York molto prossima a quella di Ultima Fermata a Brooklyn di
Hubert Selby Jr. ovvero degrado, violenza
ed un solo uno spiraglio di redenzione, quello di uscire dall'eroina con
la prosa e la poesia dopo aver tentato invano la fortuna con la pallacanestro.
E' la New York che Alan Vega dei Suicide così dipinge " una città sporca che puzzava di bancarotta,
un buco degradato con spazzatura ovunque, ratti che regnavano sui bidoni
dell'immondizia stracolmi, senzatetto che dormivano per strada, punk rocker
maltrattati, gang di delinquenti e graffiti. era un mondo perfetto." Catholic Boy è un album di rock secco, spietato,
affilato come una lama di coltello, un esordio al fulmicotone che mischia testi
al neon, flash allucinati, stringati assoli di chitarra ed una ritmica a
mitraglia. E’ l’urgenza di chi vive all’angolo della strada aspettando il
suo uomo con sei dollari nella mano ma
spera che la vita diventi qualcosa di diverso dall'avere una scimmia sulla
schiena. Baudelaire è nella testa ma le chitarre sorreggono un messaggio che ha
bisogno di elettricità e forza, oltre che di cuore. Forse i soli Lou Reed e Willy DeVille hanno
raccontato l'inferno urbano come Jim Carroll, il quale da una esistenza in
costante pericolo di caduta estrae pillole di bellezza come la ballata dai
colori lividi scritta con Allen Lanier dei Blue Oyster Cult (Day
and Night ) e come la lunga e meravigliosa City Drops Into The Night, una cavalcata rock dove soffia
notturno il sax degli Stones Bobby Keys.
Non a caso Jim Carroll fu il primo artista assieme a Peter Tosh ad entrare
nella scuderia delle pietre rotolanti anche se poi il disco uscì per la Atco
con la co-produzione di Earl McGrath e Bob Clearmountain. La nuova ristampa non aggiunge nulla a quello
che è già un capolavoro, il primo ed il migliore di tre album a firma Jim
Carroll, morto di attacco cardiaco nella sua casa di Manhattan l'11 settembre
2009. Con Carroll è un quartetto di squinternati che non ha certo nella bravura
tecnica le proprie virtù, Wayne Woods picchia la batteria come la volesse
punire, i chitarristi Brian Linsley e Terrell Winn sono cresciuti a pane e
Ramones, Steve Linsley è un bassista alla Paul Simonon, insieme sono una gang
che mira al sodo per rendere la poesia del leader il miglior rock n'roll
espresso dai bassifondi della Grande Mela in quel cambio di decade. Il disco
inizia con Wicked Gravity ed è una
fucilata, stacchi e ripartenze, il ritmo accelerato dalle pillole, la voce di
Carroll è orgogliosamente lapidaria, le chitarre metalliche evocano i BOC, la
teppa urbana è a raccolta. Non sono da meno Three
Sisters, Nothing Is True e soprattutto People
Who Died, anfetamina in note rock usata da molti, diventata nel tempo un
brano iconico. E' finita nel film del 1985 Tuff
Turf, nel repertorio di John Cale, degli Hollywood Vampires, dei Drive By
Truckers e di qualche altro. L'unica ballata del disco è la commovente Day and Night ( un voluto capovolgimento
temporale rispetto al classico di Cole
Porter) che conta sulle tastiere di Allen Lanier , il quale si fa
sentire anche in I Want The Angel, una
supplicante preghiera esposta con l'urgenza di chi la vita non dà gli tregua.
La facciata
B del Lp parte con City Drops Into The
Night, la band gira a mille e Jim Carroll trasforma quella che è un reading
di poesia in una sferzante dimostrazione di quanta verità può esserci nel rock
n'roll se eseguito con sincerità e realismo. Crow e It's Too Late sono
due fiondate elettriche degne di Johnny Thunders e Catholic Boy è l'acido e sarcastico manifesto di un album che non
dovrebbe mancare in nessuna collezione rock che si rispetti. Nel giro di pochi
mesi in quell'era uscirono London Calling dei Clash, The
River di Springsteen, Remain In Light dei Talking Heads,
il primo Willie Nile e appunto Catholic Boy, si poteva chiudere
bottega lì.
MAURO ZAMBELLINI DICEMBRE 2019
6 commenti:
Un disco che ho consumato e consumato... Preferisco non aggiungere altro per evitare di essere banale, ma per me, davvero, Jim Carroll è una figura sullo stesso piano dei nomi che hai citato. Come De Ville, ha raccolto molto meno di quanto merita, ma chi se ne frega, basta che lo amiamo noi
Anche io mi aggiungo ai "ragazzi del coro" di cui sopra. Ho adorato questo vinile,che tra l'altro prendo ogni tanto e lo faccio rigirare sul piatto come facevo anni fa,quando ho voglia di rivivere quelle vecchie, ma elettriche vibrazioni.Ho ancora nella mente gli speciali dedicati a Carroll sulle pagine del caro Wild Bunch e nonostante siano passati parecchi anni da queste pubblicazioni....mi sembra sia accaduto solo l'altro ieri. Potenza del buon rock !!!
PS : A Zambo e a tutti voi un grande abbraccio e tanti Auguri
Armando Chiechi
Unknown2. Anch'io comprai all'uscita catholic e dry, adorandoli. Penso siamo tutti ex-lettori del Mucchio(quello vero). Lettori di Zambo. E allora con quasi tutti i dischi anche di (Mink)Willy, e dei talenti sconfinati del famigerato club 27....
Quanta musica, quanta gioia, quanta vita ci hanno rubato le polveri...
Ma è anche vero che se fossero stati tutti borghesi perfettini, la grandissima musica che ci hanno regalato nn sarebbe mai esistita. Anime perse, fragili, solitarie, indifese e abbandonate. Come siamo stati anche noi tutti in certi momenti della ns vita.
Loro non hanno saputo (voluto?)trovare la strada x tornare indietro...
Troppo grandi x una vita minima?
Di certo la loro musica, scrittura, poesia... ci aiuta quotidianamente a tirare avanti. Eredità incomparabile a fronte di pochi miseri quattrini.
Buon venti-venti a tutti
Ecco cosa intendevo dire quando scrivevo che Bruce (ma anche Willie, Jim, Lou, Neil...) continuano a salvarci la vita ogni giorno, a prescindere dai risultati più o meno belli delle loro opere più recenti.
La nostra è una generazione che ha potuto godere di strumenti di crescita, di formazione, di critica che oggi non vedo, ecco perché ci ritroviamo tutti qui, da Zambo, strudove quegli strumenti continuano a essere proposti e a funzionare. Senza nulla togliere alla molta buona musica dei nostri giorni che esiste, certo in quantità minore che in passato, ma esiste.
Buon anno a tutti!
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