giovedì 15 settembre 2022

ASPETTANDO COLOMBO Una storia degli anni settanta


 

Londra, agosto 1977

La ristampa in box contenente tre CD doppi riguardanti uno dei più prestigiosi live in ambito rock mai pubblicati, ovvero Waiting For Columbus dei Little Feat,  riavvolge il mio nastro dei ricordi a proposito di uno degli episodi più fortunati  della mia esperienza di fan. L’anno era il 1977, lo stesso della nascita ufficiale del punk e della morte del Re del rock n’roll, non un anno qualsiasi quindi ma venendo dalla periferia dell’impero ed ignaro della rivoluzione in atto a Londra, mi misi in viaggio con un amico e le rispettive fidanzate (una sarebbe poi diventata mia moglie) per una vacanza in Irlanda, luogo sognato per i suoi paesaggi, la sua musica e i suoi alcolici ma allora non ancora nel mirino delle agenzie turistiche. A quel tempo non esisteva Internet, tutto girava in modo diverso, si partiva spavaldi ed avventurosi senza sapere bene cosa avremmo trovato sul percorso, senza prenotazioni e con qualche costosa telefonata internazionale per capire di traghetti e passaggi. Unica garanzia erano gli indirizzi e le segnalazioni delle guide turistiche Clup, edizioni universitarie allora in auge tra il pubblico “alternativo” ancora a digiuno di Routard, almeno in Italia. Del tutto fortuito poi incontrare, strada facendo, qualche concerto o avvenimento artistico appetibile perché come detto, Internet non c’era e pure le riviste internazionali di musica erano da noi di difficile reperibilità. L’unica cosa su cui si poteva contare era la propria autovettura, la tenda, il sacco a pelo e la piccola Bialetti per il caffè, salvataggio d’obbligo dai surrogati d’oltralpe. Fuori dalle grandi metropoli, difatti, si ricorreva al campeggio, per scelta e per economia e la Bialetti anche nei momenti più critici ti faceva sentire a casa. Bisognava avere dimestichezza con le carte geografiche e stradali ma quello è sempre stato un mio pallino tanto che anche oggi quando faccio le escursioni motociclistiche non uso mai il navigatore a meno di non trovarmi nel dedalo urbano di città come Lione o Marsiglia. Ricapitolando siamo in quattro a partire da Somma Lombardo , ci sono le due fidanzate e l’amico Friz (in realtà si chiama Maurizio ma in età di gioventù, 18 anni circa, dopo una bevuta collettiva di frizzantino nel Circolo del paese vicino dove si andava a rimorchiare le ragazze, tornando a casa coi rispettivi motorini lo trovammo riverso a terra col suo Bianchi Falco 50cc e i 45 giri che gli avevamo affidato perché si era soliti portare sempre appresso il mangiadischi, sparsi per tutta la piazza. Fu naturale chiamarlo da lì in poi Friz ), direzione Nord, attraversamento della Francia fino a Calais, imbarco per Dover e poi Londra. Due giorni nella metropoli inglese e poi altra cavalcata fino in Galles a Holyhead dove un altro traghetto ci avrebbe portato a Dublino. Naturalmente in quell’era senza Internet e piuttosto avversi per spirito “alternativo” nonché ideologico alle agenzie turistiche, capitava di arrivare a Calais e non avendo nessuna prenotazione aspettare ore per il primo traghetto disponibile. Stessa storia a Holyhead dove arrivammo in una notte buia e tempestosa e aspettammo mezza giornata prima di imbarcarsi. Era il prezzo dell’avventura e andava bene così, in fondo a guardar bene quel mondo meno globalizzato  e più lento era più umano di quello attuale. L’arrivo a Londra fu comunque problematico perché districarsi tra le sue vie con la nostra Renault 4 guidando a sinistra e contemporaneamente cercando un hotel adatto alle nostre tasche non fu per nulla semplice. Lo trovammo con la sua unica stella dalle parti di Earl’s Court e l’impresa ci sembrò di grande auspicio. Bagagli in camera, una doccia nel bagno comune in corridoio, e poi via entusiasti e pimpanti alla scoperta della grande città. D’obbligo servirsi della metropolitana ma prima di scendere nell’abisso delle linee londinesi compro un giornale, non ricordo il nome, di quelli che ti dicono cosa fare in città in termini di spettacoli, concerti, musei, ristoranti, club, cinema e chi più ne ha ne metta. Già appassionato da anni di musica e al tempo conduttore di Radio Varese 100 e 700, radio libera da me ribattezzata (è stato pubblicato anche un libro a proposito)in maniera iperbolica come si usava tra situazionisti, l’unica radio libera dell’occidente occupato, mi cade l’occhio su un trafiletto che annuncia quattro serate al Rainbow Theatre dei Little Feat. Fermi tutti, panico, innalzamento improvviso della pressione arteriosa, aumento del battito cardiaco. Conosco e apprezzo i Little Feat e l’occasione di trovarseli a portata di mano, per di più casualmente, a Londra è un colpo di fortuna che neanche se vendi l’anima nei crossroads del Mississippi ti riesce. Oggi sapremmo tutto sei mesi prima riguardo al possibile tour inglese dei Feats, anche in quale albergo alloggiano, ma quella era preistoria rock, un altro mondo felice nella sua limitatezza di informazioni. Mi volto verso gli amici e comunico che per qualsiasi cosa al mondo voglio andare al concerto dei Little Feat la sera stessa. Di nuovo panico, ma degli altri. Friz li conosce marginalmente anche se ha sempre avuto buon orecchio per la musica e rimane in stand by, immediati musi lunghi per le due donzelle che manco sanno dell’esistenza di Lowell George e compagni e sognavano una cenetta in qualche tipico pub londinese. Accampano pretesti in difesa della loro resistenza, “ma senza biglietti è inutile andare” anche perché la scritta sold out a margine del trafiletto non lascia scampo, e poi “il teatro sta dall’altra parte della città ed è un casino arrivarci”. Non indietreggio, loro possono fare ciò che vogliono ma io vado in metropolitana dall’altra parte della città a vedere i Feats, cascasse il mondo. Li avviso della eccezionalità dell’evento, dicendo di una band che difficilmente esce dagli Stati Uniti, trovarsela lì a due passi è una vera fortuna. Friz si lascia convincere e a questo punto è fatta, perché due splendide ragazze, sole, a digiuno di inglese e geografia urbana, con orientamento ai minimi termini e fondi limitati per il taxi, dove vanno? Non è maschilismo ma real politik e  quindi il gioco è fatto. Adesso, penso dentro di me, una volta che ho convinto la ciurma, la devo far entrare in toto in teatro, e quel Sold Out di tutte le serate è piuttosto sinistro. Rischio di fare la figura dello scemo se fallisco la missione, niente concerto e niente cenetta al pub tipico. Musi lunghi per un paio di giorni. Ma quando si è giovani non si ha paura di nulla.  Costruito negli anni 30 e conosciuto come Finsbury Park Astoria e divenuto Rainbow Theatre nel 1971 dopo uno show degli Who, il teatro è stato sede di centinaia di concerti, da Frank Zappa ai Faces, da Alice Cooper ai Pink Floyd, da Bowie ad Eric Clapton, da James Brown ai Grateful Dead, dai Queen a Marc Bolan, per non dire di King Crimson, Bob Marley, Ramones e Van Morrison. La lista è lunghissima e i Little Feat sbarcarono lì la prima volta il 19 gennaio del 1975.  Arriviamo davanti al teatro l’afosa sera del 2 agosto , c’è un po’ di ressa, il pubblico diligentemente sta già varcando le porte ed effettivamente alle casse troneggia “tutto esaurito”. Sul viso delle fidanzate appare un misto di rabbia e ghigno soddisfatto, Friz è perplesso, io individuo in pochi minuti l’anello debole della situazione. Nella hall, prospiciente l’entrata principale, scordatevi  security,  metaldetector e i controlli di oggi (mi ripeto, era un’altra epoca) scorgo un robusto colored man ( mi piacerebbe chiamarlo afromericano ma siamo in Inghilterra ed evitatemi l’accusa di razzismo) addetto al taglio dei biglietti di entrata. Gli giro intorno alla chetichella, incrocio il suo sguardo, in un momento di pausa cerco di trovare un contatto orale con lui dicendogli del mio lungo viaggio dall’Italia e del desiderio di vedere questa band, impossibile da vedere alle nostre latitudini. Il tutto avviene furtivamente, con uno stentato inglese ma con una mimica che non lascia dubbi. Gli ripeto che non sapevo del concerto, altrimenti mi sarei munito di biglietti, insomma stabilisco una spicciola complicità mentre i paganti entrano sparsi. Lui mormora qualcosa e sorride, sembra suggerirmi una possibilità, che colgo al volo e da buon italiano dico agli altri tre di starmi appresso e non proferire verbo, solo seguire i miei passi. Mi avvicino al tipo di colore e gli allungo di nascosto delle sterline, stropicciate, se ricordo bene l’equivalente di un paio di biglietti. Lui non proferisce parola, le impugna come fossero dei ticket, se le tiene strette in mano, si sposta  guardando  l’orizzonte ed io mi infilo tra le tende del teatro portandomi dietro gli altri tre. Tu sei pazzo, mi dice quella che sarà la mia futura moglie, pazzo sì ma dentro il Rainbow Theatre,  in attesa dei Little Feat che non sono quelli del “dopo” ma quelli con Lowell George, cazzo. I problemi però non sono finiti perché senza biglietti non abbiamo nessun posto assegnato. Ci sediamo vicini in una postazione di buona visibilità ma non prestigiosa. Regola numero uno, è sempre meglio volare basso specie se si è clandestini, ma arrivano i legittimi detentori di quei posti per cui dobbiamo sloggiare. Facciamo un altro tentativo ma solita storia, la paura è diventare sospetti che vagano senza meta. Con il sold out è ingenuo aspettarsi posti vuoti a meno di qualche abbandono dell’ultimo momento. Invito gli altri a sparpagliarsi ( ci ritroveremo uniti al momento dell’encore tutti in piedi mischiati al pubblico plaudente, davanti a Mick Taylor che suona A Apolitical Blues e Teenage Nervous Breakdown) prima che  qualche “maschera” ci “avvisti” e ci accompagni fuori tirandoci per le orecchie e dandoci un calcio nel sedere. Altro che portoghesi, italiani! Così facciamo, per via che il teatro si riempie e noto altre persone in piedi. Ci confondiamo e aspettiamo un po’ tesi l’inizio del concerto. Poi mi sciolgo ed è un orgasmo perché l’esibizione sarà eccezionale, trionfale, esaltante, con i Little Feat raggiunti in otto brani dalla sezione fiati dei Tower of Power e da Mick Taylor fuoriuscito da poco dai Rolling Stones e ancora in perfetta forma. Morale : ancora oggi l’amico Friz non smette di ringraziarmi per avergli dato la possibilità di assistere ad un avvenimento così eccezionale, per di più immortalato da uno dei dischi live imprescindibili nella storia del rock, Waiting For The Columbus  pubblicato nel 1978 e oggi documentato in modo perfetto e ampio dall’odierna ristampa deluxe con l’aggiunta dell’intero concerto londinese del 2 agosto, di quello alla Manchester City Hall del 29 luglio del 1977 e di quello al Lisner Auditorium di Washington, D.C del successivo 10 agosto. Una band catturata al top delle proprie possibilità,  solo un anno prima della improvvisa morte del suo leader  Lowell George.

E le ragazze mi chiederete ? Mah, visto l’entusiasmo del sottoscritto non poterono fare altro che buon viso a cattivo gioco ma di quel concerto non le ho sentite più parlare, tranne che citare l’escamotage dell’ingresso in qualche serata tra amici. Penso che dei Little Feat si ricordino poco, una l’ho persa di vista tanti anni fa, l’altra divenuta mia moglie è andata in trance a Zurigo nel 1981 vedendo il Bruce Springsteen del periodo The River  e giustamente perdendo la testa per lui. Dopo Londra raggiungemmo comunque l’Irlanda e fu una vacanza felice. A Dublino apprendemmo della morte di Elvis Presley ma il rock n’roll continuò ugualmente a vivere e a riempire di gioia la mia esistenza.

Mauro Zambellini

N.B Il pezzo continua con la disamina della ristampa di Waiting For Columbus e sarà pubblicata, assieme al testo qui, sopra nel prossimo numero di Ottobre della rivista Buscadero.

39 commenti:

Armando Chiechi ha detto...

Caro Mauro, ricordo ancora con emozione questa tua cronaca scritta sulle pagine del vecchio Mucchio e sul tuo blog prima versione, cui pare ora tu abbia aggiunto altri dettagli. Inutile dire quanto I Little Feat hanno significato per chi come noi ti seguiva e comprava assiduamente quelle riviste. Il disco doppio è un masterpiece che ancora si lascia girare con immutato coinvolgimento, idem per la versione expanded in CD edita anni fa dalla Rhino. A questo punto aspetto il tuo resoconto, per capire se varrà la pena di sborsare altri quattrini per questo corposo box..ma qualcosa mi dice che sarà d'obbligo, dopotutto queste pubblicazioni sono un succoso piatto per chi ancora si nutre di certe passioni !

Armando

Giancarlo Della Frera ha detto...

Il box completo è di 8 cd. Lo acquistati 2 o tre mesi fa ma non riuscito ad ascoltarlo

corrado ha detto...

Che figata di racconto!
Vado subito a recuperare il Mucchio con il racconto originale, anche se non sono un grande fan dei Little Feat.
Grazie Mauro!

Luigi ha detto...

Questo " Amarcord " zambelliniano in salsa rock è davvero irresistibile.

Unknown2 ha detto...

Livio. Neanch'io stravedo per il Piedino, ma naturalmente ho ampia parte della loro discografia, compresi tutti i lavori con LG presente.
Qui però d'altro si tratta, e cioè del periodo d'oro, della golden age del R'n'R e di come ci si approcciava all'epoca alla materia. Pochissime info, passaparola a volte autentici, spesso farlocchi. Tantissima passione e spirito d'avventura, trascinamento di amici\ragazze spesso recalcitranti. Errori, sviste, colpi di fortuna. Ricordi incancellabili. Giornali pionieristici fatti col cuore, conservati come reliquie e compulsati nevroticamente x 'farsi una cultura' in merito (ma, mea culpa, io nn ricordo, o mi sono perso, il racconto originale di Zambo).
Un altro mondo, insomma. O forse era solo.. la nostra gioventù!
Che nostalgia, che piacere leggere di storie vissute, magari 'in minore', più e più volte in prima persona!
Ps: E, Prof, complimenti ai raffinati gusti musicali della tua Gentil Consorte!

bobrock ha detto...

stupendo racconto picaresco di altri tempi , dall’inizio alla fine . Dalla attesa per l’attraversamento della Manica , alla scoperta del concerto sold out , selling england by the pound. Improponibile oggi è quindi ancora più affascinante .
É stato veramente bello leggerti , adesso sono curioso del seguito e sopratutto se vale la pena questo box.
Quello che mi preme é capire se l’esecuzione dei brani cambia da serata a serata come facevano gli ABB oppure se ripropongono le stesse versioni night after night.


Luigi ha detto...

Il 25 novembre verrà pubblicato un box quadruplo di tom petty tratto dai concerti al fillmore del 97.
Per me un sogno che diventa realtà.
Se poi fosse accompagnato da un approfondito articolo del prof Zambellini.....

Unknown2 ha detto...

Livio. Ottima notizia, che rende obsoleto il mio boot 'Live Frisco' 3cd, peraltro ottimo e ben recensito a suo tempo sul Buscadero.
Echo, '97, è uno dei suoi lavori migliori, benchè Petty all'epoca avesse rilevanti problemi di dipendenza. Con gli Heartbreakers sempre + the best r'n'r band i.t.w., strenna natalizia già aggiudicata!

Marco ha detto...

Per me Tom Petty è già la ristampa dell'anno, a meno che lo zio Bob non ci sorprenda con un nuovo Bootleg Series. Inoltre, sembrano confermate le voci di un nuovo album del Boss con cover di classici soul e R&B: si parla di 11 novembre come data d'uscita e possibile annuncio già questa settimana...

Luigi ha detto...

Per quanto riguarda Springsteen pare proprio che tra poco ci sia l'annuncio.
Parere personale :
Molto meglio la soul music di country e violini........

Unknown2 ha detto...

Livio. Negli USA però non accenna a scemare la polemica sui prezzi assurdi dei concerti nei teatri americani di SP.steen+E STb di primavera '23, vicini ai 6.000$ a cranio.
Un album di cover ha tutta l'aria del tentativo di toppa...
Certo che se tratterà i classici r'n'b come faceva live negli anni '70, beh, almeno musicalmente non ce n'è x nessuno!

corrado ha detto...

In questi giorni sono a letto con il Covid che mi ha conciato piuttosto male, ne approfitto per ascoltare musica e cercare notizie. All'alba, per puro caso, ho ascoltato in anteprima una canzone del nuovo (!!!) disco di neil Young. È suonato sempre con i Crazy Horse, ma il suono è molto diverso. Innanzitutto è registrato a Malibu, con la produzione di Rick Rubin e un team di studio notevole, rispetto alla buona la prima dell'eremo sperduto in Oregon. La band è in gran forma, suonano tutti complessivamente meglio e con opportune sovraincisoni che danno carattere al brano. Se il disco sarà tutto sul livello della canzone che ho sentito, potrebbe essere davvero un ottimo disco

Unknown2 ha detto...

Livio. Il Bisonte ha sempre colpi in canna: strepitosa vitalità! In boccallupo Corrado: coraggio, vedrai che passa.

Ieri, in contemporanea con l'annuncio ufficiale, Springsteen su tutti i notiziari di mammaRai per Only the Strong survive: impensabile fino all'altroieri.
Il brano pilota dice molto: niente E-St. Band, se non i cd E-St. Horns e alcune attempate, simpatiche, bravissime coriste da tempo nel giro del Boss. Violini sì, ma in funzione prettamente ritmica. Solita produzione dell'immancabile(???) Ron Aniello: suono secco, tonante, algido, all'opposto di quello caldo, avvolgente, sensuale degli originali. Più soul che r'n'b, purtroppo. Forse Sp.steen vuole imitare gli evergreen del rock che spesso si dilettano in cover del cd 'grande songbook americano'.
La voce c'è, l'interpretazione pure. Attendiamo altri brani di un lavoro che potrebbe essere molto piacevole, ma serve anche come occasione d'acquisto a traino del tour 23 (1,5mln di ticket già venduti, in barba ai superprezzi usa) x chi Letter lo ha già sugli scaffali da tempo. Mah, così va oggi...

Intanto gli eredi Zappa vendono lo sterminato, strepitoso catalogo di Frank x un ventesimo di quanto ha incassato Sp.steen x il suo. Altro segno dei tempi: tempi bigi.

E un saluto a Van Christian (Naked Prey). Non era un grande chitarrista, non un cantante nato, non un autore prolifico, ma la sua 'What Price for Freedom ' (Under the Blue Marlin, '86) sarà sempre nella mia playlist: furia, passione, disperazione, chitarre + younghiane di Young. Il vero vento del Rock, altro che Ron Aniello

Armando Chiechi ha detto...

Innanzitutto un sincero augurio a Corrado di pronta guarigione. Per quel che riguarda Young ho preso l' ultimo live pubblicato per gli archivi ed è un disco che mi è piaciuto molto come del resto il live a El Mocambo degli Stones. Il singolo di Springsteen sinceramente mi è piaciuto e dovrebbe essere un sentito omaggio al soul di più gloriose labels, per cui gli archi sono in linea con certe cose che faceva la Motown all' epoca, per cui gli estratti della Stax dovrebbero avere un approccio più caldo. Non mi sbilancio e aspetto l' album...anche perché erano anni che desideravo un progetto di questo tipo...speriamo bene !??

Armando

corrado ha detto...

Innanzitutto, grazie a voi per l'affettuoso zaluto: spero di rimettermi in salute quanto prima.
Dite quello che volete, ma a me la nuova canzone di Springsteen è piaciuta. Saranno cover, ma è un buon modo per tenersi in forma e prepararsi al mega costosissimo tour 2023...
Poi il disco fa parte sicuramente del super contratto che prevede un certo tot di uscite entro tot tempo, però finché il livello è più che buono, a me sta bene così. Quando avrò bisogno di più strada e più sincerità, mi basterà spostarmi su altri autori e altri dischi.
Su Neil Young, la cosa che noto è che quando si impegna a realizzare un brano compiuto in tutte le sue parti è a non lasciarlo a livello di prova in studio, il nostro riesce ancora a produrre musica bella e coinvolgente. Spero che l'impegno nella cura degli arrangiamenti è nel suono ci sia in tutto il disco.
Un saluto!

bobrock ha detto...

Do I love you .? Ma dai …un pezzo di una banalità sconcertante…. L’uomo di jungleland …
Ma se questo pezzo lo cantasse Mick Hucknall direste la stessa cosa ?

corrado ha detto...

Bob, sarà un pezzo banale, ma io di questi tempi avevo bisogno di una botta di vita che mettesse un po' di buonumore, che contrastasse le angosce causate da quello psicopatico russo e la sua bomba atomica del tubo. In questo momento anche la più insipida canzoncina di fine estate aiuta a ricordarci che la voglia di vivere in libertà è più forte di ogni paura. Poi il disco soul è poco più di un divertimento, certo non all'altezza degli ultimi lavori di Little Steven, ma a me ora va bene così..

Unknown2 ha detto...

Livio. A Bob piace 'mettere pepe' nel ns blog (: , ma naturalmente anche lui sa che Jungleland fu pubblicata 47anni fa, e che l'uomo che declamò dal palco 'bootleggers, roll your tapes!' semplicemente non c'è più.
E' un'altra persona, come lo siamo tutti dopo 1\2secolo. Sabato sera ha suonato ancora con i ... Killers, e finora non ha proferito sillaba sulla questione del ticket-price, in USA sentitissima: delusione e sconcerto imperano tra gli hardcore fans d'oltreoceano.
Detto ciò non scandalizziamoci. Le cover le hanno fatte tutti, perfino Nick Cave (Kicking again the Pricks, 1986, buon lavoro). Certo, chi con + classe, chi meno (Dylan col suo Sinatra, secondo me inascoltabile, non fa testo, ma lui può tutto!).
Fin che il Boss si fa produrre da Aniello, il risultato sarà questo: brano piacevole e ascoltabile, come dice Corrado, ma non certo memorabile, come dice Bob.
Attendiamo il cd completo e poi vedremo.
E Bob: non dimenticarti di noi, che attendiamo news sul tuo formidabile ottobre rock

Armando Chiechi ha detto...

A proposito di Springsteen, secondo me la verità sta nel mezzo ! Vero che non è più quello di un tempo e non potrebbe come non lo siamo noi. Il brano invece è in linea con l' originale, certamente rinverdito ma in linea se si ascolta l' originale. Penso e credo ad esempio,Southside Johnny avrebbe scelto più la Stax. Qui si pesca anche dalla Motown e la Motown rispetto alla Stax aveva un aggancio più votato al pop. Ad ogni modo non sono titoli scontati e vedremo. Giusto criticarlo ma non mi va di farlo senza aver ascoltato il tutto.

Armando

bobrock ha detto...

Lo sapete con Bruce mi diverto a buttare benzina sul fuoco 🔥 per vedere le vostre reazioni . A me le cover piacciono tantissimo. Non i dischi di cover che raramente mi scaldano l’anima ma il brano o i brani che vengono riproposti dal vivo assumono tutto un altro sapore. Posso immaginare che abbiate un paio di boot di Bruce tutti di cover . Circolavano un ventennio fa.
Allora mi chiedo anziché fare un disco in studio perché non ripescare brani live cucirli in un bel disco doppio o triplo e farci maggiormente contenti ?
Nb: Livio hai ragione su jungleland ed il tempo che é passato ….. sono perdutamente nostalgico . Quel disco é il disco perfetto.
Nb: kicking di Nick Cave é oggettivamente notevole uno dei rari dischi di cover in studio che mi ha fatto impazzire ….
Comunque caro Bruce Do i love u …….puoi fare di molto meglio 😂😂😂

Armando Chiechi ha detto...

Vero quello che dice Bob e stuzzicante la proposta del live composto di cover. Se non erro a fine anni '80 uscì un box composto di sole cover,ne lessi una recensione ma non lo presi anche per il costo esorbitante. Per rimanere in tema di cover mi piace molto il disco di Cave ma la serie più ascoltata personalmente è quella delle American Recordings di Cash, seppur contenga anche brani autografi. Ad ogni modo aspetto con ansia Petty...

Armando

Unknown2 ha detto...

Livio. In tema di cover non dimentichiamo gli assoluti maestri. I ns amati Gov't Mule mostrano costantemente conoscenza enciclopedica della ns musica dai Fifties in poi e amore assoluto nel riproporre i brani + belli e spesso poco conosciuti. Se poi penso che hanno rifatto i Pink Floyd(x i quali non stravedo) meglio dell'originale... chapeau!!

Sisi, esistono diversi ottimi boot con tutte le cover live del Boss. Ogni volta che risento il Detroit Medley mi viene la pelle d'oca. Su Spotify trovate anche un paio di compilation 'ufficiali', cioè prodotte dall'entourage dell'artista. Suono perfetto, etc. Devo dire che quelle degli anni 70\80 svettano nettamente su quelle degli decenni successivi.
Ma non dimentichiamo che un disco nuovo porta diritti nuovi, e dà comunque all'artista la possibilità di mettere in gioco anche la propria creatività nel riarrangiare e reinterpretare radicalmente quei brani.

Tendo ad eccedere in severità verso colui che è stato uno dei miei fari musicali fin dal suo primo album. Lo ritengo un grande, e fatico a perdonargli i (troppi) passi falsi (mezzi o interi) secondo me compiuti dopo le Seeger Sessions, ultimo disco\tour davvero entusiasmante.
Ma, appunto, gli anni passano x tutti, anche e soprattutto x me, che forse non ho + l'entusiasmo e la 'freschezza d'ascolto' di una volta

Armando Chiechi ha detto...

Grandissimi i Gov't Mule nelle varie riletture a prescindere che ripropongano classici del blues, Stones, Pink Floyd ecc. Personalmente mi piacciono tutte ma tra i tantissimi brani che hanno riletto stravedo in modo particolare per la loro interpretazione di Cortez The Killer ( Neil Young) rifatta con Dave Matthews. Chiaramente va da sé anche la Tedeschi Trucks Band e sul podio di qualche millimetro sotto i Muli !

Armando

Luigi ha detto...

Ho visto il concerto dei black crowes insieme a mio figlio a due passi dal nostro prof che pareva molto soddisfatto. A mio parere performance a dir poco commovente con momenti altissimi.
Non voglio rubare le parole a Zambellini che ,sono sicuro ,sapra' descrivere al meglio la serata.
Per me evento memorabile ,unico neo
un suono a volte un po' impastato.

bobrock ha detto...

Ciao Luigi riguardo al suono io ho trovato una volta tanto l’acustica dellalcatraz più che buona. Il suono era fortissimo e gli strumenti si sentivano bene . Piuttosto sulla durata avrei da ridire 95 minuti.
La cosa grottesca che si sono lamentati della durata di Clapton anni 77 che ha suonato lo stesso minutaggio con il solito manipolo di fuoriclasse che lo accompagnavano .

bobrock ha detto...

Miei prodi vorrei un vs commento sull’ultimo video di Bruce Nightshift …. Io non sono riuscito ad arrivare alla fine del brano…

Unknown2 ha detto...

Livio. Thank you, Bob. Sempre grato x tenerci aggiornati sui concerti migliori (spero e credo che i tuoi gustosissimi report non interessino solo me).
Allora d'ora in poi, vista la senescenza rovinosa di Dylan, x noi di Zambo's Place, His Bobness sarai proprio tu! (:
Ammetto di star rivalutando molto Clapton, che mi aveva un po' deluso nel periodo californiano, ma che invecchia con grandissimo stile, al contrario di qc altro...
Black Crowes only for the money? Può essere, ma così almeno non ci perdiamo del tutto uno degli ultimi grandi gruppi davvero ROCK!
Dream Sindycate condannati al sottobosco forse proprio a causa dell'immensa, incompresa qualità espressa, tranne quando però, x me, sbarellano troppo sullo psichedelico.
No, il progressive non fa x me, ma leggerei con piacere un tuo parere sui PT.
Il nuovo video del Boss lo trovo esattamente come il precedente: piacevole, cantato molto bene, ottimi i cori e i fiati (purtroppo sottoutilizzati), brano ruffiano quanto basta, omaggio ai trapassati Jackie Wilson e Marvin Gaye (continua qs sua ossessione x la morte, già 'pesante' su Letter). Detesto però basso e batteria, invadenti, pesanti, meccanici, x me fuori luogo.
Ultima: vista la scaletta del previsto 4cd di Tom Petty sui concerti al Fillmore '97, mi rendo conto che si tratta degli stessi nastri utilizzati x il 3cd boot 'San Francisco Serenade', 2017. Dei 56 pezzi del prodotto ufficiale quadruplo, 38 sono già, in ottima qualità provenendo da un broadcast, sul triplo boot. Altri 2 sono pubblicati sulla imperdibile Live Anthology. Io, che già possiedo tutt'e due (boot e L.A.), non so + se ne valga la pena, per una manciata di cover... Mi permetto di segnalarlo xchè purtroppo sul Busca se ne sono dimenticati, e trovo importante aiutare i fan salassati costantemente ad evitare i doppioni!

Armando Chiechi ha detto...

Come sempre preziosi e dettagliati i resoconti live di BOB, che ben si integrano a quelli del nostro padrone di casa. Mi fa piacere che Clapton si sia ripreso,anche perché fino a qualche anno fa sembrava aver detto di aver chiuso con l'attività live. Che i Black Crowes stiano guardando agli Stones ? Su Bruce Springsteen, il primo brano.. per quanto più fedele all' originale,mi è piaciuto di più rispetto al secondo video con cover dei Commodores* ( scelta discutibile..) nonostante l'abbia spurgata di quei suoni anni *80, sembra trattenuta e quasi cantata con timore. Sarà che ho il ricordo di suoi estratti presi da classici del soul, durante i vari tour (Eddie Floyd, Jackie Wilson,Wilson Pickett, Ben E.King, Arthur Conley, Sam & Dave, Geno Washington,Booker T & MG's..ecc..) mi sarei aspettato altri titoli, seppur forse un tantino abusati. Aspetto comunque di sentire tutto nel suo insieme,considerando che pare siano due volumi !? Il cofanetto di Petty sembra un piatto succulento ma aspetto di leggerne i dettagli, magari su queste pagine.
PS : mi permetto di segnalare se ancora non lo avete visto, il docufilm " Long Strange Trip" dedicato ai Grateful Dead e prodotto da Scorsese. Veramente ben fatto e coinvolgente...

Armando

Zambo ha detto...

Riguardo il concerto dei Black Crowes personalmente l'ho trovato ottimo esempio di come si facevano gli show un tempo, vigoroso, tosto, eccitante, certo come dice Bob manca l'effetto sorpresa ma lo si sapeva. Non sapevo invece di prendere il covid in quella occasione nonostante fossi uno dei pochi con la mascherina. La beffa o l'età? Penso comunque di essere più giovanile di Springsteen, in effetti di un anno, passi il primo video che nelle feste di Natale col panettone e lo spumante fa ballare anche la zietta che non si è sposata, il secondo è deprimente, sia per l'interpretazione che per la scelta del brano. Ma quando ero al Buscadero i Commodores li reputavamo come i Bee Gees di colore, soul patinato da salotto dei bianchi che in realtà centrano poco col vero soul tranne il fatto che siano usciti dalla Motown. Leggendo gli autori dei brani che Springsteen ha scelto per il suo disco mi viene da meditare, Jerry Butler, i Commodores, Diana Ross, Frank Wilson, meno male i Four Tops e qualche altro minore. Mi sembra ma potrò sbagliarmi perchè non scegliere visto il momento politico americano mondiali autori con un soul un po più sociale, Curtis Mayfield, Gil Scott Heron, Marvin Gaye, Donnie Hathaway o sconosciuti come George Jackson, Eddie Hinton e via dicendo. Staremo a sentire, i fans sono già in procinto di orgasmo ma anche sentire la cover di Only The Strong Survive le perplessità rimangono, un compitino su un brano neanche tanto eccezionale che però la voce melodia e sensuale di Elvis rendeva accattivante, mentre qui quella voce mezza roca sembra quella di un mezzofondista che fa fatica arrivare alla fine. Sarà comunque un gran album e tutti saranno contenti. Ps, non è che questa parodia del soul sia un obbligo con la Sony per rispettare un vecchio contratto?

Luigi ha detto...

Nel tuo post dici la frase :
Quando ero al buscadero.....
Non ci sei più?
Se è così dove potremo leggerti in futuro ?

Zambo ha detto...

Luigi scusa la fretta, grazie per avermelo fatto notare , quando ero al Mucchio Selvaggio

Unknown2 ha detto...

Livio. Terminata ristrutturazione casa mia, trasloco 'di ritorno'. Ho ritrovato il box 3cd del 2017 di Petty, e vedo che ha il bollino siae, ergo non è un boot. Titolo 'San Francisco Serenade', Etichetta 'Left Field Media'(?), riporta su 3cd in integrale il concerto finale (7 febbraio 1997) della '20 date residency' al Fillmore SF. 191 minuti totali, Bob, altro che i concertini odierni sotto i 100minuti!!!
Il quadruplo 'ufficiale' in uscita contiene in ordine diverso l'integrale dello stesso concerto + 18altri pezzi pescati dalle restanti 19date.
Springsteen già con Western Stars aveva palesato scelte discutibili in merito alle cover eseguite. Qua, sempre senza E-St.Band, persevera e propone + un soul patinato e di classifica che il ruspante r'n'b che ci aveva esaltato nel suo primo ventennio di carriera. Forse vuole allargare la platea di fan, deludendo fatalmente chi lo segue da sempre e che comunque non mancherà l'acquisto. Invecchia lui, invecchiamo noi... e nessuno migliora.
Augurissimi al possente Zambo: guarisci bene e in fretta!
Corrado, come va? Ti sei poi rimesso? Mi raccomando, eh!!!

Armando Chiechi ha detto...

Auguri di pronta guarigione Mauro. Io lo presi a Luglio e come te attento ed accorto ad ogni precauzione. Temevo di saltare un Festival Blues ed invece per fortuna guarii in tempo. Pare non ne usciremo più....!!??

Armando

Armando Chiechi ha detto...

Pardon : con ogni...

corrado ha detto...

Ciao, scusate, in effetti è stato un periodo un po' movimentato e travagliato.
10 giorni di Covid con l'incubo di non poter partire per due convegni in programma (faccio anch'io i tour, ma di Storia Medievale, non musica).
Poi sono riuscito in extremis a fare tutto, anche se convalescente è affaticato. Nel frattempo vi leggevo e ne approfitto per qualche breve considerazione.
Dylan ho smesso di seguirlo da anni. Come dice Bob, c'è un limite a tutto.
I Dream Syndicate lo avevano detto che erano in gran forma. Qui da noi viene Steve Wynn senza band e, nonostante la sua gran simpatia, non è la stessa cosa.. Se mettiamo insieme gli episodi migliori della nuova vita della band viene fuori il più gran disco che abbiano realizzato (ma forse anche mettendo il meglio della loro vita passata..).

corrado ha detto...

Springsteen, dai lo sappiamo, ha 73 anni, ma non è che sia bollito. Ha cambiato registro, vuole piacere al suo pubblico, non ha più l'urgenza di esprimersi. Quindi io lo accetto in questa sua nuova dimensione, rispettando come si fa con un vecchio amico. Aspetto Roma a maggio, quando aprirà il suo jukebox delle emozioni e spero di divertirmi con mia figlia. Il disco soul sembra carino, un intrattenimento in attesa di buttarsi nel tour e una clausola del super contratto da rispettare. Certo che se avesse collaborato con Little Steven e i Disciples of Soul...

bobrock ha detto...

Ragazzi come siete ecumenici …. Vogliamo tutti bene a Bruce ma che cazzo …. Vi accontentate di così poco!; se hai da rispettare una scadenza un disco di cover può essere un bello spunto.
Ma sei fai un brano dei Commodores vuol dire che qualcuno ha scelto per te 15 canzoni , sei entrato cinque volte in uno studio di registrazione e poi hai detto … dovevo comprare 12 cavalli per mia figlia e e ristrutturare la caserma dove lavora mio figlio …
Caro Bruce ti ho amato alla follia ma quanto mi hai deluso alla distanza .

corrado ha detto...

Eh va beh, dai, io mi tengo il Boss del passato e non pretendo più niente da lui che non sia un bello spettacolo di intrattenimento e nostalgia. Bruce ha smesso di dire qualcosa da The Rising (per qualcuno anche da prima), è che proprio non me la sento di gettargli la croce addosso. Piuttosto, io ho scoperto un gruppo che mai avrei pensato mi potesse piacere: Greta Van Fleet, un po Zeppelin, lui un po' Freddy Mercury. Non so perché, ma mi hanno fatto simpatia. Magari sono dei tamarri, però lui ha una gran bella voce che colpisce...

Unknown2 ha detto...

Livio. Sì, i Greta, da sempre bollati come cloni dei LedZep (ma loro tirano dritto) anche a me non dispiacciono affatto. Forse un po' + commerciali degli originali, ma che voce, ragazzi, e che potenza!