Continua a
vivere Rory Gallagher, nel ricordo dei tanti estimatori sparsi in tutto il
mondo, nelle centinaia di band che suonano imitando il suo sound e i suoi
assoli, nei festival che ogni anno, in primis quello di Ballyshannon, rievocano
le sue gesta, la sua musica, la sua onestà, la sua indipendenza. Un bluesman
fuori dagli schemi, amato dal pubblico, spesso trascurato dalla letteratura
ufficiale del rock, un artista che ha dedicato tutta la sua vita alla musica in
modo totale e completo, fino alla prematura morte nel 1995. Non si sposò mai e
non ebbe figli, visse in solitario e con l'umiltà, l'orgoglio e la tenacia di
un working class man, trascorse la vita sui palchi, in tour e
nelle sale d'incisione forgiando una personalissima contaminazione tra blues,
rock e folk, uno stile che grazie all'enorme talento chitarristico ed una voce
dolce e sofferente, diventerà l'archetipo dell'irish rock/blues, uno stile
differente dal classico american blues da cui traeva influenze, in primis Muddy
Waters e Big Billy Broonzy, e dal British blues che lo circondava. Irlandese del Donegal, è nato a Ballyshannon
il 2 marzo del 1948, William Rory
Gallagher concentra in sé la purezza del bluesman autentico e la tenacia
del rocker, l'intensità della birra scura irlandese e del whiskey, di cui fu
fervente ammiratore, ed il cuore di un popolo temprato alle ingiustizie, alle
sofferenze e all'emigrazione. Nei suoi quarantasette anni di esistenza
Gallagher ha portato l'irish stout blues in giro per il mondo nonostante la
paura di volare, ha venduto oltre venti milioni di dischi, si è esibito nei
giorni difficili e pericolosi del conflitto nord-irlandese quando gli altri si
tenevano alla larga da Belfast e Londonderry, e già visibilmente malato ha
continuato da vero celtic warrior il suo never
ending tour fino a collassare a
Rotterdam in Olanda nel gennaio del 1995,
nell'ultimo suo show.
Ospedalizzato a Londra venne sottoposto, due mesi dopo, al trapianto di
fegato, danneggiato dalla combinazione di alcol e sedativi che l'artista
assumeva per vincere la sua fobia di volare. Tredici settimane di cure
intensive sembrarono aprire uno spiraglio di luce ma una infezione
improvvisa peggiorò irrimediabilmente il
suo già precario stato di salute ed il 14 giugno del 1995 Rory Gallagher se ne andò per sempre.
Quindici mila persone invasero le strade di Cork nel giorno del suo funerale,
ancora oggi un annuale festival a Ballyshannon celebra la sua figura di uomo e
musicista, una icona della cultura popolare irlandese, un musicista
indipendente mai compromesso col business .
Capelli lunghi, basette pronunciate, sguardo dolce, l'immancabile camicia a quadri
ed il giubbetto jeans, e soprattutto la sua amata Sunburst Fender Stratocaster del 1961 con la cassa scrostata dal
sudore di migliaia di esibizioni, assurta a totem del suo incendiario
rock-blues, sono gli elementi distintivi di un grande musicista, un autodidatta che inventò uno stile
chitarristico asciutto, appassionato, nervoso e lirico, rimanendo un tipo
semplice e alla mano anche nel momento del più grande riconoscimento. La sua
devozione al genere gli regalò riconoscimenti e stima da tutti i più grandi, Eric Clapton lo citò come uno dei
responsabili del suo ritorno al blues, i Rolling
Stones tentarono di ingaggiarlo per sostituire Mick Taylor, fu una
influenza fondamentale su diverse generazioni di chitarristi, il classico enfant
prodige che a nove anni ha già in mano la chitarra e si destreggia con
l'ukulele. Una storia lunga comprendente un periodo glorioso coi Taste, un trio nato sull'onda dei Cream
e della Jimi Hendrix Experience (a proposito, quando a Wight nel 1970 un
giornalista chiese a Hendrix come si sentisse ad essere il più grande
chitarrista in circolazione, lui rispose di rivolgersi nel camerino a fianco
dove c'era Rory Gallagher) ma che qui tratta esclusivamente il suo periodo
solista visto che in questi giorni 17 suoi dischi sono ristampati
rimasterizzati in CD ed in vinile ad un prezzo davvero economico. Un motivo per
fare un po' di luce sulla sua discografia.
l suo esordio solista risale al
1971, l'omonimo Rory Gallagher primo
disco di questo lotto d ristampe. Copertina nera come il disco esordio di
Johnny Winter, l'album è un ottimo biglietto da visita. Ci sono
classici del suo guitar riff, ereditati dal periodo coi Taste ma rivolti a
nuovi orizzonti. Sono Hands Up e Sinner Boy cavalli di battaglia dei suoi
live show, e Laundramat che racconta
il periodo in cui i tre Taste abitavano in un monolocale a Earls Court a Londra
nel cui seminterrato si trovava una lavanderia. Ma altrettanto significative
sono la introspettiva I Fall Apart con
la Fender in gran spolvero, Wayne Myself Goodbye altro tour de force
acustico con il pianoforte di Vincent
Crane (Atomic Rooster, Arthur Brown, Dexy's Midnight Runners) che
strimpella alla New Orleans, e It's You,
venata di country dal mandolino e dalla pedal steel, un rimando a Lonnie
Donegan e allo skiffle degli esordi.
Completano il quadro gli omaggi ai suoi miti Muddy Waters, con il quale registrerà l'anno dopo London
Session, e Otis Rush attraverso Gypsy
Woman e It Takes Time. Il
suggestivo episodio acustico di Just
Smile risente dell' influenza del folk inglese (in primis i Pentangle) degli anni 60 e 70. Per concludere Can't Believe It's True è uno sguardo verso il jazz, qui Gallagher
è alle prese col sassofono, uno strumento che solo occasionalmente sarà usato
nelle sue registrazioni.
Il secondo capitolo della sua avventure si intitola Duece ed è un altro must.
Registrato ai Tangerine Studios di Dalton, nella parte settentrionale di
Londra, fondati dal leggendario Jon Meek, vede all'opera gli stessi musicisti
dell'esordio ovvero l'esuberante bassista Gerry
McAvoy, vero alter-ego di Rory, ed il batterista Wilgar Campbell in un trio che non fa sconti e cerca di tradurre in
studio il feeling e la forza espressi nei live show. Come si vede il format a
tre è simile a quello dei Taste ma Gallagher è libero di agire come vuole
usando chitarra, slide e mandolino, passando dall'elettrico all'acustico, dal
blues al folk senza rendere conto a nessuno. L' album inizia in modo superbo
con le confessioni di un troubadour in perenne viaggio con la musica, nelle
stanze degli hotel di I'm Not Awake Yet, una
sorta di ballata venata di nostalgia dove spicca la voce abbandonata e la
chitarra acustica in chiave folk. In Used To Me le linee di chitarra
compongono un'atmosfera spagnoleggiante mentre la magnifica There's A Light , mostra ancora
influenze jazz e l'interesse per Charlie
Christian. Should've Learnt My Lesson
è puro Chicago blues alla maniera di Buddy Guy, In Your Town ha strette parentele con i Thin Lizzy e la loro Jailbreak, Crest of A Wave è uno strepitoso esercizio di slide e Out Of Mind è un affondo acustico nei
paesaggi della musica degli Appalachi di Doc Watson. Registrato in modo da
esaltare il carattere ruvido e terreo degli spettacoli dal vivo, Deuce
vende 17 mila copie, una cifra considerevole che però lascia deluso
l'artista. Andrà molto meglio Live
In Europe , primo disco ad entrare nella top ten e ultimo disco con
l'iniziale formazione a tre con McAvoy e Campbell. Raccoglie registrazioni
effettuate durante un tour effettuato nel febbraio e nel marzo del 1972 in
Germania, Belgio e Olanda e cattura l'essenza delle loro live performance.
Molto amato dai fans al pari di Irish Tour 74 il disco venne
pubblicato nello stesso anno del tour. L'album si apre con un grande omaggio al
blues, Messin' With A Kid di Mel
London è una delle registrazioni targate Chicago di Buddy Guy mentre al polo opposto I Could've Had Religion rievoca lo stile primordiale dei Reverendi Robert Wilkins e Gary Davis con una morbida introduzione di chitarra e armonica ed
un lento andamento delle dodici battute.
Anni più tardi Bob Dylan mostrerà
interessamento verso questa canzone credendola un blues tradizionale ed
ignorando il vero autore, Rory Gallagher. In Going My Hometown l'autore cita la famosa casa automobilistica
Ford, allora presente con le sue fabbriche nell'amata Cork, Pistol Slapper Blues è un altro dei suoi
stupendi ed innumerevoli country-blues acustici mentre Bullfrog Blues e Laundromat sono due dei
cavalli di battaglia del suo set dal vivo.
Le cose cambiano col terzo album in
studio, Blueprint registrato in sole due settimane e pubblicato
all'inizio del 1973. Assieme a Gallagher e Mc Avoy ci sono adesso Rod De Ath alla batteria ed il
tastierista e chitarrista Lou Martin,
entrambi provenienti dai Killing Floor. Il quartetto rimarrà assieme per cinque
anni, l'introduzione di un pianista abbellisce il sound, il power trio degli inizi si arricchisce di sfumature che
non intaccano l'essenza della musica di Gallagher, saldamente legata al blues.
Ma Daughter of The Everglades, uno
dei vertici melodici del suo vasto repertorio, è un saluto alla swamp music
della Louisiana (anche se le Everglades sono ubicate in Florida) che Rory
renderà tangibile in Fresh Evidence con un
tributo a Clifton Chenier, il re dello zydeco, e Seventh
Son of a Seventh Son prende spunto dai poteri sopranaturali del guaritore
della tradizione folk irlandese Finbar Nolan con una orchestrazione( tastiere)
ed uno sviluppo piuttosto anomalo per lo stile del nostro. Blueprint è un'altra
delle perle discografiche dell'artista di Cork,
attuale ancora oggi nella sua classicità e nelle sue diverse
sfaccettature, da quella più strettamente rock style di Hands Off a quella più
raffinata di Banker's Blues scritta
da Big Bill Broonzy e arricchita
dallo squisito pianismo barrelhouse di Lou Martin, dalla scalpitante Race The Breeze, un Delta blues
costruito sul ritmo dei vecchi treni merci, al brillante strumentale
acustico Unmilitary Two-Step, fino al
delicato e pacato soul di If I Had A
Reason .
Il momento prolifico ed il mood
creatosi con Blueprint invoglia Gallagher a ritornare quasi subito al lavoro,
il nuovo album nasce nelle prove effettuate in un club di Cork, e poi trova
completezza ai Polydor Studios con la produzione dello stesso artista. Sebbene
l'ampia discografia di Gallagher consenta diversi lavori memorabili, ogni fan
ha le sue predilezioni, personalmente tra i suoi album di studio Tattoo
è uno dei miei preferiti, occupa
un posto privilegiato nel mio cuore ed è difficile dire il perché visto che le
differenze coi dischi precedenti non sono così evidenti. Ma almeno
quattro/cinque tracce sono ad un livello eccelso, la supplicante Tattoo's Lady con cui si apre il disco e
la seguente cruda e autobiografica Cradle
Rock dove l'irlandese accende la sua bottleneck in un R&B di rara
potenza, accompagnandosi con l'armonica e sostenuto da una sezione ritmica in
cui Gerry McAvoy si muove come un indemoniato, pompando un basso micidiale. Non
si può rimanere indifferenti alla bellezza di 20:20 Vision, un altro dei raffinati numeri acustici di Rory nello
stile di Davy Graham, un folksinger
molto amato dal nostro , o non cogliere le sfumature jazzy di They Don't Make Them Like You Anymore dove
chitarra e pianoforte suonano all'unisono, e bearsi dell'emozionante incalzare
di A Millions Miles Away, uno dei
brani in assoluto più amati del nostro. E ancora sentirsi sballottati tra il
Delta e Chicago con Who's That Coming con il dobro e la bottleneck che dettano
legge. Ce n'è a sufficienza, compresa la bonus track Tucson Arizona estratta dal repertorio di Link Wray, per decretare Tattoo uno dei più riusciti e
apprezzati album di studio di Rory Gallagher, il cui materiale sarà l'ossatura
dei concerti del tour irlandese del 1974, incensato nell'originale album doppio
di quell'anno e celebrato in maniera completa con l'edizione in 7 CD più il DVD
del 2014 dove sono raccolti tutti i concerti di Cork, Dublino e Belfast. Più di
due milioni di copie vendute, performance da far accapponare la pelle, il
coraggio di un artista che nei momenti bui di una sanguinaria guerra civile non
ebbe paura di ritornare nell'amata Irlanda del Nord, dove qualsiasi artista si
teneva alla larga, ed incurante dei pericoli del terrorismo, accendere il cuore
ed emozionare col suo sanguigno, appassionato e sincero rock/blues centinaia di
giovani cattolici e protestanti che riempirono il Belfast Ulster Hall. Un vero
working class hero, un uomo ed un artista unico, personaggio simbolo di un rock
ancora espressione di sentimenti popolari come l'uguaglianza, la tolleranza, la
fratellanza. Adesso viene ristampato l'originale album con dieci brani, ma il
mio consiglio è quello di portarsi il box del 2014 con tutti i concerti.
Il settimo album di Rory Gallagher Against
The Grain, il cui titolo allude ai contrasti tra l'artista e
l'industria discografica la quale sempre gli richiese singoli di successo ed
una maggiore commercialità, esce in un momento in cui la popolarità
dell'irlandese negli Stati Uniti è lievitata fin a tal punto che la stampa lo
accosta ad Eric Clapton ed Alvin Lee. L'album segna il passaggio alla Chrysalis
e ad un sound più duro, cosa che piace
molto al pubblico americano. Diversi brani, a cominciare dalla furente Souped-Up
Ford e dal riff mainstream di Let Me In battono questa strada ma ciò non priva l'album di spunti interessanti, e sono la
maggioranza, come la rivisitazione straight-rock n'roll di un brano di Sam & Dave (I Take What I Want), come la introspettiva Lost At Sea dove Gallagher descrive gli effetti della solitudine,
come All Around Man dei Mississippi
Sheiks trasformato in uno sporco blues, come
la ballata in puro stile americano At The
Bottom, come il country rockabilly di My
Baby, Sure, come la strepitosa rivisitazione di Out On Western Plain di Leadbelly.
In definitiva un album molto più americano dei precedenti ma ugualmente
nobile.
L'ultimo album con la formazione a
quattro con Mc Avoy, Martin e Rod de Ath esce nel 1976 e per la prima volta
Rory Gallagher si fa aiutare da un produttore esterno, il bassista dei Deep
Purple Roger Clover perché
l'intenzione è quella di continuare sulla strada inaugurata da Against
The Grain, indurire il sound in senso hard-rock-blues. Per fare ciò va
a registrare Calling Card al Musicland di Amburgo sottolineando quel feeling
con la Germania che le numerose apparizioni al Rockpalast hanno instaurato. La
sinergia che la band ha sviluppato dopo anni di concerti è garanzia di feeling
ed è ancora in grado di regalare pezzi da novanta. Dall'adrenalinico boogie woogie
di Country Mile al riff hard-rock di Moonchild tenuto in coordinate dall'intricato
fraseggio chitarristico e dalla bella melodia, dalle tinteggiature jazzistiche
di Calling Card con un interplay tra
la chitarra di Roy ed il pianoforte di Martin davvero straordinario, a quella Edged In Blue che nelle intenzioni
avrebbe dovuto essere un singolo per sbancare le classifiche Usa, idea poi
declinata. Un primo piano lo meritano
anche Jack -knife Beat il cui
ritmo funky era un omaggio ai Little
Feat, band molto ammirata da Rory, la dolce ballata Where Was I Going To? aggiunta come bonsu track, l'acustica Barley & Grape Rag, e Secret
Agent un rock frutto della passione di Rory per la letteratura noir. L'amore che Gallagher nutriva verso il noir ed
il poliziesco pareva un riflesso della sua vita solitaria e appartata ( gli
ultimi anni li passò vivendo in un hotel sopra l'attracco di Chelsea), quasi
una identificazione con i personaggi dei romanzi di Lawrence Block e Raymond
Chandler. Amava quel tipo di detective solitario e con la scimmia sulla
schiena dell' alcol, in una città scura e pericolosa, e se nella versione
americana prediligeva le storie hard-boiled, in quelle europee lo affascinavano
spie, agenti segreti, intrighi. Diverse le canzoni scritte con questo
umore, oltre a Secret Agent vale la pena
ricordare Sinnerboy, Big Guns, The Devil Made Me Do It, il poderoso
jam-blues B Girl cantato con uno
sprezzo da bassifondi, roba da far impallidire le migliori band americane, Kickback City, Continental Op, Off The Handle.
Ma c'è un altro aspetto decisamente
affascinante e talvolta sottovalutato nella musica di Rory Gallagher, la sua
bravura con la chitarra acustica ed il mandolino, il suo amore per le forme
tradizionali della musica popolare. Forse è solo col passare degli anni che la
portata e l'immensa ricchezza dell' opera di Gallagher può essere valutata in
tutta la sua reale bellezza, quello che Gallagher ha lasciato alle spalle è una
eredità di registrazioni che dentro una scabra purezza di forme celano un
oceano di sentimento, un approccio spontaneo ad espressioni come il folk, il
country, il jazz, usate per nutrire e personalizzare il suo blues
trasformandolo in quello che lui definiva a
good, vintage ethnic sound, un linguaggio del corpo e dell'anima che
riversava sul suo pubblico con una media di 300 gig all'anno, fradicio di
sudore e passione e con una devozione al
110% . Un eroe sempre pronto a
dare qualcosa in più. Arrivava il periodo natalizio e mentre gli altri
musicisti non vedevano l'ora di staccare la spina per riposarsi e stare in
famiglia, lui si imbarcava come un umile ed antico bardo in improvvisati tour
nell'Irlanda rurale. Rory Gallagher era un operaio della musica che andava dove
la musica lo chiedeva. Sono le sue
radici musicali a testimoniare quanto ampia fosse la sua fame di musica e la
sua umanità.
Nel 1984 Gallagher suonò in una serie
di show in compagnia di talenti del folk quali Juan Martin, Richard Thompson,
David Lindley ed uno dei brani suonati, Flight
To Paradise, una sorta di duello chitarristico tra Rory e Martin è finito
nell'album postumo Wheels Within Wheels, assieme alla collaborazione tra Rory e
Bert Jansch in She Moved Thro' the Fair/An Crann Ull e a Bratacha Dubha dove Gallagher è in
compagnia di Martin Carthy, Chris Newman e Mairie Ni Cathasaigh. Un disco postumo pubblicato nel 2003 e adesso
ristampato, dove viene esaltato il lato folkie di Gallagher, la sua bravura con
la chitarra classica, la National, il mandolino e la mandola elettrica, un disco di arte povera, il suo
riconoscimento verso quel mondo folk e tradizionale che amava tanto. Wheels
Within Wheels è un disco
meraviglioso anche se poco conosciuto e raccoglie registrazioni effettuate in
località diverse tra il 1974 e il 1994 con Martin
Carthy, Bert Jansch, Lonnie Donegan, Juan Martin, i Dubliners, un
aspetto meno spettacolare ma altrettanto suggestivo di Gallagher con affondi
nel folk tradizionale irlandese, nel flamenco, nel blues prebellico, nello
swamp-blues e nello skiffle. Consigliatissimo.
Tra le pubblicazioni postume ora
ristampate un posto di rilievo lo occupano il doppio CD BBC Sessions (1999) e Notes
from San Francisco. La radio ha costituito per Gallagher una delle sue
fonti di apprendimento e conoscenza musicale, l'artista ha sempre nutrito verso
la BBC una sorta di rispetto per l'ispirazione che ha ricevuto nell'ascoltare
le sue trasmissioni quando il blues ed il jazz erano merce da carbonari. Le
registrazioni radiofoniche per la BBC furono un modo per Gallagher per farsi
conoscere da un pubblico diverso da quello dei suoi show, era così legato alla
BBC che capitava che nel mezzo di un tour Rory raggiungesse Londra per
registrare, tanta era la considerazione che attribuiva a quelle apparizioni. Il
doppio CD, uno in studio ed uno in concerto, sintetizza le tante ore registrate
per l'emittente inglese. Il disco in studio è un'autentica festa del primo
Gallagher (la maggior parte del materiale si riferisce agli anni 1971-1974), il
disco in concert riporta incisioni di
proprietà della BBC avvenute tra il 1977 ed il 1979 in locali quali
l'Hippodrome, l'Hammersmith Odeon, il Paris Theatre di Londra, il Venue e una
hall di Leicester. Diversa invece l'origine di
Notes from San Francisco una registrazione del novembre del 1977 uscita postuma solo nel 2011. Una vicenda
rimasta per anni negli archivi. Dopo
aver completato un tour mondiale di oltre sei mesi, Gallagher era volato a San Francisco con la sua
band (Lou Martin, Gerry McAvoy, Rod
de'Ath) per lavorare col produttore Elliott
Mazer, noto per i suoi lavori con Dylan, Janis Joplin, The Band. Rory
attendeva questa occasione da tempo ma il risultato non fu pari alle
aspettative, non tutto girò giusto, ci furono incomprensioni con Mazer, e
Gallagher non rimase soddisfatto di quelle registrazioni, sciolse la band che
stava con lui da cinque anni e il disco non fu pubblicato. Prima di morire
ritornò sui suoi passi, intenzionato a rimixarlo e a farlo uscire ma non ne
ebbe il tempo. Per fortuna il lungimirante fratello Donal ha fatto sì che nel 2011 quelle session venissero rese
pubbliche col titolo esplicito di Notes from San Francisco. E lì si
ritrovano alcune delle tracce che sarebbero state l'ossatura di Photo-Finish
( Mississippi Sheiks, Overnight
Bag, Cruise On Out, Fule To The Fire, Brute Force &Ignorance) disco del
1978 che
sancisce il ritorno al power-trio dei Taste con il fido McAvoy
affiancato da Ted McKenna alla
batteria. Immediatamente dopo aver scartato il lavoro con Mazer, Gallagher si
fratturò un dito della mano, stette qualche tempo inattivo ma lasciata San Francisco raggiunse la Germania, una
piccola località vicino Colonia e con l'aiuto dell'ingegnere Alan O' Duffy, un irlandese che aveva
lavorato con i Kinks, con Paul McCartney, Clapton e gli Stones portò a termine il lavoro iniziato in
California, che intitolò Photo-Finish per averlo consegnato
all'ultimo momento alla casa discografica.
Fino al 1981 la band ritornerà ad
essere un trio dal sound crudo e spettacolare
fatto di assoli brucianti, riff assassini, scale contorte e sofferenti
slidin'. Personalmente prediligo il Rory Gallagher del passato ma Top
Priority e l'ennesimo live Stage Struck mantengono uno standard
elevato anche per chi ama soprattutto il Gallagher bluesman, mentre i dischi
degli anni ottanta, Jinx (1982) con Brendan
O'Neill al posto di McKenna e Defender, ben cinque anni dopo,
stessa formazione ma un nugolo di invitati tra cui l'ex Lou Martin, Bob Andrews dei Rumour e l'armonicista Mark Feltham dei Nine Below Zero, contengono
lo stesso dei momenti blues ma la produzione è del tipo mainsteam rock. In
particolare Defender abbonda di canzoni con quelle tematiche noir tante
care all'artista, Kickback City e Continental Hop ispirata agli scritti di
Dashiell Hammett, e Loanshark Blues, omaggio alla storica
Maxwell Street, I Ain't No Saint nello
stile di Albert Collins, Don't Start Me To Talking di Sonny Boy
Williamson con il geniale contributo di Mark Feltham non tradiscono le radici
blues dell'artista. Gli anni ottanta furono meno prolifici, palesando un netto
calo di ispirazione in parte dovuta ai suoi problemi di salute, alle sue
ossessioni e alla maniacalità nelle registrazioni, una vera fobia dei dettagli,
che lo rendeva insicuro e mai soddisfatto. La paura di volare compromise alcuni
tour in terra americana ma la passione di Rory Gallagher verso il blues non
fiaccò mai, così evidente nell'ultimo suo album del 1990, Fresh Evidence, un
sincero ritorno alle origini, a quei nomi e quegli stili che lo avevano
influenzato. Se The King of Zydeco è
il sentito tributo a Clifton Chenier,
altri titoli sono strettamente connessi con alcuni dei bluesmen che più
contarono nel modo di suonare e cantare di Rory, specie per quanto riguarda
l'uso della slide. "Talvolta uso il
tubetto del Coricidin quando suono la bottleneck, l'ottone ed il rame hanno un
suono più aspro e li uso con la National, il vetro è più dolce e morbido,
l'acciaio è un buon compromesso". Ci sono riferimenti a Robert Johnson
(Heaven's Gate), a Slim Harpo (Middle Name), a Big Joe Williams, a Tampa Red, a Robert Nighthawk, Empire State Express fa parte del
repertorio di Son House, Alexis è dedicata a Korner il padre del
British Blues, Slumming Angel è una
ballata da lacrime agli occhi dove la voce di Rory è un vero morso al cuore e Ghost Blues è un meraviglioso Delta blues che scivola sulla slide di Rory
con una sezione ritmica ed un'armonica (Mark Feltham) davvero brillanti,
qualcosa che avrebbe potuto appartenere al real
folk blues di John Lee Hooker. Fresh
Evidence è un'altra delle registrazioni imprescindibili di Rory Gallagher, il disco che chiude una
delle più belle avventure del rock/blues lasciandoci una amarezza difficile da
lenire. Impossibile dimenticarlo, ancora oggi i suoi dischi non hanno perso una
briciola della loro originale bellezza e lui rimane l'esempio di un musicista
onesto, sincero, coraggioso, fedele al suo pubblico, alla sua musica e alla sua
incendiaria Fender Sunburst. Un mito.
MAURO ZAMBELLINI MARZO 2018
2 commenti:
Questo articolo mi è utile per mettere ordine tra quelle poche cose che possiedo di Rory e dei Taste e perchè no...anche per rileggere meglio la carriera di un bluesman e tornarci con quei lavori che distrattamente ho tralasciato per altri acquisti. Grazie Zambo !
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